Grey’s Anatomy e i suoi personaggi sono proprietà di Shonda Rhimes
e della ABC. Se non lo fossero, Lexie sarebbe viva, Izzie e Alex avrebbero
tanti bambini e Cristina avrebbe sposato Burke. Oh, e anche Henry sarebbe vivo,
lui e Teddy erano carinissimi assieme.
Once upon a
dream
Because we all
deserve a “happy ever after”.
La
dottoressa Grey inspirò profondamente, l’odore di pini e quello ferroso del
sangue che le entrava nelle narici. L’ennesima folata di vento la fece tremare
nella giacca troppo leggera per quella notte gelida, e la giovane dottoressa si
rannicchiò contro Cristina, ugualmente infreddolita. Da quando il loro ultimo
fiammifero si era spento, nessuno dei sei sopravvissuti aveva più parlato; nemmeno
Cristina, che inizialmente aveva tentato di tenere il gruppo sveglio, era
riuscita a scuotere i chirurghi e Jerry, il pilota. Ormai dormivano quasi
tutti, e la Yang aveva il timore che qualcuno di loro non avrebbe superato la
notte.
Meredith
aveva tentato più e più volte di non pensare a Lexie, ma adesso che non aveva
nulla da fare le era impossibile allontanare il ricordo dell’ultimo sorriso
della sorella. Il chirurgo non riusciva a credere che fosse successo davvero;
parte di lei continuava a sperare che fosse soltanto svenuta, che presto
sarebbero arrivati i soccorsi, l’avrebbero salvata e portata a casa. È una Grey, dannazione! Non poteva
essere morta in quel modo assurdo, non dopo essere sopravvissuta ad un pazzo
assassino che aveva pure tentato di ucciderla. Lexie sarebbe dovuta morire a
novant’anni, circondata dai nipoti, dopo essersi sposata, essere diventata un
famosissimo neurochirurgo, aver vinto un Harper Avery o due… Non schiacciata da
un fottuto aereo!
“Stai bene?”
La domanda di Cristina interruppe il filo totalmente illogico dei suoi
pensieri, e per un attimo Meredith desiderò di poterle urlare contro, sfogare
in qualche modo quella rabbia e dolore che la stavano consumando; tuttavia,
dentro di sé sapeva che l’amica non aveva alcuna colpa per l’incidente, e
nemmeno per la morte di Lexie.
“Ho passato
tutto quel tempo provando a odiarla.” Sussurrò infine a Cristina, percependo
quel groppo alla gola che non l’aveva lasciata da quando aveva visto il corpo
di sua sorella – senso di colpa? “La invidiavo, sai.” Cristina rimase in
silenzio, limitandosi a guardarla di sottecchi, e Meredith le fu grata del gesto.
Non sapeva se sarebbe stata in grado di rispondere ad un’altra domanda senza
scoppiare in lacrime. “Aveva avuto tutto quello che desideravo. Una madre che
la adorava, un padre affettuoso, popolarità e tanti amici… Non era come me,
cupa e tenebrosa. Lei era luminosa.”
Percepì lo
sguardo preoccupato della Yang su di sé, e cercò di concentrarsi sul respiro irregolare
di Derek, scandito di tanto in tanto dai colpi di tosse della Dottoressa
Robbins. Inspira, espira, inspira,
espira. Il groppo in gola era talmente grosso da fare male fisico, come se
qualcuno le avesse fatto una tracheotomia particolarmente rozza. “Volevo
evitare di avere dei contatti con lei. Fare come se non esistesse.” Si fermò
un’altra volta, ricordando una delle tante occasioni in cui aveva cercato di
allontanare la sorella. “E invece lei continuava… Continuava a volermi bene. Anche
quando ero una stronza con lei, Lexie…” Non riuscì a reprimere l’ennesimo
singhiozzo, e Cristina le strinse una mano, in uno di quei sui rari gesti di
conforto; Meredith cercò di trattenere le lacrime, ma il pensiero della sorella
le tolse praticamente il fiato. L’unico membro della sua famiglia che le fosse
rimasto… Dio, perché proprio la mia
sorellina?
“Meredith,
devi respirare.” Sentì la voce concitata di Cristina, e la mano del
cardiochirurgo che si serrava con maggiore forza sulla sua. “Mer, respira. Ho
bisogno che tu rimanga con me, per favore.” Meredith chiuse gli occhi, cercando
di fermare i singhiozzi che minacciavano di sopraffarla. “Ti prego, siamo le
uniche in grado di muoversi qui. Devi resistere.”
La maggiore
delle sorelle Grey non disse nulla, limitandosi a tentare di recuperare
l’autocontrollo che l’aveva contraddistinta per quasi tutta la giornata. Sentì
Mark mormorare il nome di Lexie, e non riuscì a trattenere le lacrime. Aveva
sempre creduto che, alla fine, sua sorella e Sloan avrebbero avuto il loro
finale felice – proprio com’era successo a lei e Derek – visto tutto quello che
avevano passato. E invece era morta a ventisette anni, amando qualcuno che la
ricambiava ma che non glielo aveva detto in tempo.
“Vorrei
averle detto più spesso che le volevo bene.” Sussurrò Meredith, la voce
strozzata dal pianto, guardando Cristina senza davvero vederla. “Vorrei averle
potuto dire addio, e non essere stata così stronza con lei all’inizio.”
Le due
dottoresse rimasero in silenzio per qualche minuto, mentre qualche sporadica
folata di vento faceva tremare i sopravvissuti. Il cardiochirurgo si sfiorò la
spalla sinistra, trattenendo un gemito di dolore; Arizona si mosse leggermente,
tossendo di nuovo, dopo di che richiuse gli occhi. Cristina sperò con tutte le
sue forze che la donna riuscisse a sopravvivere: non credeva che Callie sarebbe
riuscita a riprendersi da una tragedia simile. A dire la verità, non sapeva
nemmeno come avrebbe fatto Meredith a superare un colpo del genere, ora che era
finalmente felice. Lexiepedia aveva letteralmente adorato sua sorella fin da
quando si erano conosciute, per chissà quale motivo, e non aveva suscitato le
simpatie di Cristina all’inizio. L’aveva chiamata Tre, e non si era fatta
troppi problemi a maltrattarla, anche se, dopo qualche tempo, aveva imparato ad
apprezzarne le qualità; il pensiero che fosse morta le dava davvero la nausea,
ancora più di quando era successo a George. Dannazione, non sarebbe rimasta al
Seattle Grace Mercy Death nemmeno per tutto l’oro del mondo. Quel posto portava
sfiga.
“Se usciamo vive
da qui, giuro che non tornerò mai più in quel maledetto ospedale.” Mormorò
Cristina, mentre una fitta di dolore le attraversava la spalla sinistra. Sentì
il grugnito di approvazione da parte di Meredith, che aveva chiuso gli occhi,
cedendo finalmente alla stanchezza.
Meredith si
risvegliò di colpo, sbattendo il lato posteriore della testa contro qualcosa di
stranamente morbido. Il chirurgo si sfregò gli occhi, irritata dalle luci che
si erano improvvisamente accese sopra il suo viso. Che fossero arrivati
finalmente i soccorsi?
“… Abbiamo
raggiunto l’aeroporto di Boise con circa venti minuti di ritardo. La
temperatura esterna è di circa 46 gradi Fahrenheit…” Sentì la voce gentile di
Jerry informare i passeggeri dell’atterraggio, e si guardò attorno con notevole
confusione. Cristina stava controllando alcuni appunti, borbottando a bassa
voce i passaggi della procedura, e Arizona aveva in mano un cellullare; Mark
era intento a sbadigliare, e, poco più in là, Lexie stava leggendo un libro.
Meredith incrociò lo sguardo di suo marito, che le sorrise con un velo di
stanchezza negli occhi.
“Ho davvero
bisogno di un caffè… Non so come tu sia riuscita a dormire mentre passavamo
dentro quella perturbazione.” Derek fece uno di quei suoi sorrisi alla Dottor
Stranamore, e si slacciò la cintura, senza vedere l’occhiata attonita che gli
aveva rivolto la moglie.
“Perturbazione?”
Nonostante la confusione di non trovarsi più nella foresta al freddo, Meredith
rimase calma. Si doveva essere addormentata a causa della stanchezza e del
freddo, e adesso stava sognando. Tra qualche secondo Cristina l’avrebbe
risvegliata, non c’erano dubbi.
“Già.
Abbiamo avuto un volo piuttosto movimentato.” Derek sospirò, alzandosi dal
sedile, e raccolse i suoi documenti, infilandoli poi in una valigetta. “Per non
parlare di quando la Robbins si è messa a strillare al telefono con Karev,
proprio quando avevamo smesso di sballottare qua e là. E…” La donna registrò
lentamente le informazioni, mentre Derek parlava di come Cristina si fosse
incazzata praticamente con tutti i dottori sull’aereo, il tutto in nemmeno un’ora
e mezza di viaggio.
“… Sì,
Callie, va tutto bene. Dì a Karev di smetterla di chiamare, è licenziato
comunque. Come sta Sofia?” Arizona superò i coniugi Shepherd, continuando a
parlare con la moglie, mentre Cristina si trascinò verso l’uscita dell’aereo,
preceduta da Mark. Anche Derek si diresse verso la porta d’uscita, invitandola
con un cenno a seguirlo, ma la moglie lo ignorò, tentando di stabilire cosa
fosse meglio fare.
“Meredith,
ti senti bene?” Domandò Lexie, affiancandola. La maggiore delle Grey annuì,
ancora scossa dalla situazione, dopo di che si voltò ad osservare il volto
della sorella. “Sembri piuttosto pallida, magari dovresti… Uh…” Lo sguardo
vagamente stranito dell’altra la fece impappinare, e la specializzanda arrossì
appena, imbarazzata. “Tipo bere del caffè… O mangiare qualcosa?”
“Lexie. “
Sembrava davvero reale, talmente tanto da fare male. Meredith dovette
ricordarsi che nulla di tutto ciò era vero, e che il loro aereo era caduto, sua
sorella aveva perso la vita e probabilmente anche loro sarebbero morti, se non
fossero arrivati i soccorsi. Un sogno
lucido, ecco cos’è. Devo svegliarmi. Ignorò per qualche secondo la sorella,
che la stava guardando sempre più stupita, e si affrettò ad afferrare un
magazine lasciato lì da Derek. Lesse alcune righe della prima pagina, dopo di
che distolse lo sguardo e ritentò la lettura; il testo rimase lo stesso, e ciò
la confuse ulteriormente. In teoria, dato che quello era un sogno, sarebbe
dovuto cambiare. Tentò di saltare, ma non rimase assolutamente sospesa per aria;
così provò a sbirciare fuori dal finestrino, vedendo solo alcuni hangar e il
paesaggio brullo tipico delle periferie aeroportuali. Sempre più perplessa, si
tirò un pizzicotto al braccio, ottenendo solo un leggero fastidio. Ma che diamine…?
“Mer, forse dovrei
chiamare Cristina o Derek…” Commentò cautamente Lexie, pronta a correre verso
il cognato o la Yang. La maggiore delle Grey continuò a ignorare la sorella,
valutando attentamente la situazione. I suoi controlli non avevano funzionato,
e Lexie sembrava decisamente illesa, così come il resto del gruppo; Meredith
tentò di ricordare il momento in cui il loro aereo era caduto, scoprendo di non
riuscire assolutamente a visualizzarlo. Di fronte al silenzio della sorella,
Lexie si mosse verso l’uscita, decisa a chiamare uno dei suoi colleghi, ma
venne trattenuta dalla mano di Meredith, che si strinse attorno alla sua
spalla.
“Aspetta,
sto… Sto bene.” Disse Meredith, ancora leggermente scossa. Che l’incidente
fosse stato solo un incubo, allora?
“Sicura?”
“Sì,
davvero.” Replicò con un po’ più di forza, cercando di non mostrare l’ondata di
sollievo che l’aveva travolta. Lexie non era morta, Derek non aveva la mano
spappolata e il loro aereo non era caduto. Grazie,
grazie, grazie. “Muoviamoci, gli altri ci stanno aspettando.”
L’operazione
era andata dannatamente bene, anche se avevano avuto bisogno di più tempo del
previsto; i medici del Seattle Grace Mercy West sarebbero stati aggiornati
riguardo il post operatorio una volta tornati a casa, ma non sembrava esserci
alcuna ragione per essere preoccupati. Meredith sollevò in alto le braccia, stiracchiandosi
pigramente, dopo di che seguì il resto dei chirurghi oltre la porta del pulmino
che li aveva ricondotti sino al loro velivolo.
Il vento causato dai motori dell’aereo la colpì in faccia, portando con
sé un fortissimo odore di benzina – niente
sangue, stavolta. La dottoressa Grey si coprì la bocca con una mano, trattenendo
a malapena uno sbadiglio, dopo di che si affrettò a salire sul mezzo assieme a suo
marito; dietro di sé udì la risata di Lexie, e si girò in tempo per vederla
sorridere assieme a Mark. “Sembra che le cose si siano sistemate anche per
loro, vero?” Commentò Derek, cingendole le spalle e baciandole la fronte. Anche
lui aveva finito per interessarsi a quella specie di soap opera, gli ricordava
molto la storia tra lui e Meredith.
“Così
sembra.” Meredith annuì, senza trattenere un sorriso, e lanciò la borsa sopra
il portabagagli. Mark si piazzò nel sedile davanti a quello di Derek,
ammiccando un’ultima volta verso Lexie; la ragazza evitò l’occhiata del
chirurgo plastico, abbassando lo sguardo con un certo imbarazzo, e si andò a
sedere poco più indietro. “Ti spiace se vado a parlare un attimo con Lexie?” Derek
annuì, mormorando qualcosa a proposito di una chiacchierata con Mark, e
Meredith marciò verso il posto vuoto accanto a quello della sorella,
lasciandosi cadere su di esso.
Lexie le
lanciò un’occhiata incuriosita, ma prima che potesse dire qualsiasi cosa, il
pilota li avvisò di allacciarsi le cinture. Meredith notò che non era la voce
di Jerry, e si chiese pigramente che fine avesse fatto l’uomo; poi si allacciò
una cintura, rilassando la schiena e
abbassando appena il sedile. Le due dottoresse rimasero in silenzio, mentre i
motori dell’aereo ruggivano e il velivolo iniziava a rullare sulla pista; pochi
sedili più avanti, Derek e Mark stavano ridendo di chissà cosa, lanciando
qualche occhiata sporadica verso le sorelle Grey. A quel punto, Meredith capì
che era il momento giusto di dire qualcosa, prima che qualcuno potesse
interromperle.
“Lex, so di
non avertelo detto molto spesso…” Esitò per un istante, anche se lo sguardo
curioso della giovane specializzanda la invitava a continuare. E se si fosse
svegliata subito dopo, ritrovandosi in quella foresta gelida con il corpo della
sorella ad un centinaio di metri di distanza? Deglutì appena, lanciando uno
sguardo oltre il finestrino. Oh, al
diavolo. “Insomma, voglio che tu sappia che ti voglio bene. E che mi spiace
di essere stata una stronza quando ci siamo conosciute.”
Meredith
socchiuse gli occhi, aspettandosi di risvegliarsi di colpo, ma tutto ciò che
sentì fu la stretta della mano di Lexie sulla sua. “Anche io ti voglio bene,
Mer. Sei una brava sorella.” Replicò semplicemente la ragazza, con un sorriso
di gratitudine dipinto sul volto. “E non
c’è bisogno che tu me lo dica… Lo so già.” Si fermò un attimo, lanciando uno
sguardo oltre il finestrino. “Anche se ogni tanto è bello sentirselo ripetere.”
Aggiunse velocemente. Non capitava spesso che Meredith avesse questi momenti da
sorella maggiore, ma a lei piaceva quando si comportava così. E chissenefrega
se quel discorso sembrava strano, visto che era uscito dal nulla… Erano delle
Grey, loro erano strambe di natura!
La
specializzanda – ormai quasi ex – sorrise, restituendo la stretta alla mano e
trattenendo un sospiro di sollievo. “Lo terrò presente.” Promise, con un lampo
di allegria negli occhi. Aveva ancora la sua famiglia, e quell’incubo le aveva
ricordato quanto fosse importante non darla per scontata. C’erano tante cose
che avrebbe voluto dire a Lexie in quel momento, ma aveva la netta sensazione
che avrebbe avuto altro tempo con lei: perciò, avrebbe solo chiesto di Mark
Sloan, divertendosi a imbarazzare la sorella e prendendola un po’ in giro per
come finisse sempre a cascare lì – proprio come lei con Derek – e si sarebbe
goduta il viaggio di ritorno a casa, dove sua figlia la stava aspettando.
Angolino dell’autrice
Ehilà gente!
Complimenti se siete riusciti ad arrivare fin qua. Dopo aver visto l’ultimo
episodio di GA, ho sentito l’assoluta necessità di scrivere qualcosa. Sarà
perché questo è veramente il peggior finale che potesse regalarci Shonda, sarà
perché Lexie era il mio personaggio preferito, ho deciso di buttare giù una
What if…? In cui è tutto un incubo di Meredith. Ho preferito usare lei come
protagonista perché a) adoro il rapporto che lega le due sorelle Grey
(maledetta Shonda), b) ho sempre visto gli Slexie come una coppia estremamente
somigliante ai MerDer, con tutti i casini e i tira e molla.
Onestamente
mi sembra che l’episodio abbia avuto tonnellate di stranezze, tra aerei che
cascano misteriosamente manco fossimo in Lost, peraltro senza che nessuno se ne
accorga, mogli che non chiamano i rispettivi partner per avvisarli di essere
atterrati (dai, chi ci crede che Callie non fosse preoccupata per non aver
ricevuto nemmeno un messaggio da Arizona?), e cellulari che si trovano in uno
strano campo elettromagnetico, visto che sono tutti scarichi o non hanno campo.
Personalmente non guarderò la nona stagione, dato che è probabile che qualcun
altro schiatti nel primo episodio – scommetto qualsiasi cosa che sarà Arizona,
così mi ammazza anche la mia ship preferita – e non ho proprio voglia di vedere
una cosa del genere, mi limiterò a convincermi che sia stato tutto un sogno. A
tal proposito, alcune precisazioni:
-
Le
“prove” di Meredith sono tentativi fatti per accertarsi di essere in un sogno
lucido, ossia un sogno in cui si sa di stare sognando. Dato che Mer è stata per
un bel po’ a studiare i cervelli, immagino sappia diverse cose sulla disciplina
dei sogni. Per maggiori informazioni, consiglio Wikipedia J
-
La
temperatura di 46 gradi Fahrenheit è di circa 7 gradi. Ho dato un’occhiata al
sito dell’aeroporto della città di Boise, che mi ha gentilmente fornito questo
dato (temperatura valida alle sette del mattino). Ho presunto che potessero
arrivare all’incirca a quell’ora, visto che stanno viaggiando di notte, non si
sa bene quando, e si risvegliano che è già mattina. Tra Seattle e Boise, per la
cronaca, ci sono 800 km circa!
-
Viene
detto che Arizona ha fatto una telefonata in aereo; ciò è attualmente
possibile, se il velivolo è dotato di una particolare apparecchiatura.
-
Meredith
si riferisce a Lexie come “l’unico membro della sua famiglia rimasto”.
Ovviamente sto parlando dei legami di sangue, dato che Mer considera Lexie come
sua sorella, ma Thatcher e Molly non sono parte di quelli che lei considera
famiglia.
Detto ciò,
non c’è altro. Mi auguro che la fic vi sia piaciuta, che Meredith non fosse OOC
(anche se non mi convince in qualche modo), e spero esprimerete la vostra
opinione con una recensione. Bye!