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Autore: Gengiva    21/05/2012    1 recensioni
Un sospiro rassegnato. Pigramente, sventolo una bandiera rosa-shocking in favore di una deforme ribellione contro il canone. Letterario, culinario, politico o quello che vi pare. Nessuno schema, tradirei altrimenti la categoria.
A.A.A. PRO perditempo. Astenersi idealisti e teste vecchie.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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GAMMA.
 
Il lettore medio cerca emozioni facili. Quello che Brian Hugh Warner definirebbe fast-food-nude, nell’orgasmica (e gradirei poter definire inedita) "Slo-Mo-Tion". Verità neutra; valida sovente anche per la sparuta categoria degli occhialuti leggi-tutto, sofisticate macchine al soldo di un perfezionismo zoppicante - chissà che non rientri anch’io in questa categoria, occhiali a parte. Quello che voglio dire è che l’atlante di un romanzo, movie o striscia non può semplicemente essere uno scrittore/lettore/regista/cameraman/fattorino/sturacessi/laureando.
La vita media annoia; la cornice più preziosa equivarrebbe a sputo. Nodosa barba di saliva. Insomma, basta pensare ai classici di qualunque genere. Laddove l’incipit è ordinario, ci si piazza uno spoiler a stelle e strisce che promette movimento. Peter Parker? Si, pizzaiolo e pseudo nerd. Ma si sa che è Spiderman, e lo squallore statico delle prime dieci pagine è una tappa obbligatoria, non ci pesa più di tanto. Limitless? Ah, l’imperituro stereotipo del talento senza smanie, il sonetto hollywoodiano, l’infallibile meccanica del secchione capellone pronto a strapparci il cuore a… morsi? Magari. Moine, sorrisetti e improvvisa evoluzione ad un più moderno e saggiamente mascherato He-Man. Le pasticche magiche trasformano un polpettone altrimenti destinato ad apparire quale miserabile copia&incolla di un qualche drammone norvegio-finlandese. Non mettetemi in bocca svedeggiamenti alla Larsson e altri reflussi gastrici del genere. All’occorrenza potrei rispolverare una qualche mediocre conoscenza stilnovista e spacciarla per un’aria appena dignitosa. Pigrizia, stomaco e un abisso d’ignoranza che dovrei tener nascosto, avendo alle spalle i cosiddetti studi classici, m’impediscono di approfondire, concedendomi uno stringato rigurgito da plebea: Dante. Onestamente, dubito del sincero interesse didattico nella straziante esperienza di lettura dei canti politici. Sotto sotto anche loro, le maestrine, aspettano una cultrombettiana digressione su elementi più suggestivi dell’imperiale flatulenta Aquila giustiniana. Voltiamo pagina.
 
Sono qui. Bloccata nel paradosso di un prologo in prima persona femminile. Una sfida sciocca contro un palato saggiato da secoli, scientificamente rispondente a canoni. Roba che, diversamente predisposta, potrebbe fare presa su un pubblico di indefinite preadolescenti dai capelli grassi. Così è uno schianto assicurato. Non una Bibbia, nel senso filisteo del termine. Facendo leva su una coscienza denutrita, non ripercorro strade battute, piste facili e camuffate garanzie. Né mi attengo all’esperimento, al rischioso calcolo individuale. Cos’è in realtà? Un ABORCIDIO. L’aborto delle comuni aspirazioni, sangue del mio sangue. Il suicidio difettoso di promesse autoconclusive: cerco di non cercare ammirazione, eppure m’espongo. Per la prima volta, vigliaccamente anonima, né più né meno di tanti.
 

Test.

 
In cerca di irrisioni; un masochistico “via” per gli indifferenti. Prescindendo da competenze e qualità, ed arrancando tra più o meno volontari analfabetismi letterari, agli altri offro i nauseabondi avanzi: il labirinto dell’istinto.

Ecco, me.

  
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