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Autore: Nightrun    22/05/2012    3 recensioni
Diverse spie rosse si accesero sulla console di controllo, mentre sul grande schermo comparivano vari grafici e valori sfasati: “Ecco, questo sì che è un gran bel problema!” Disse Uno, visibilmente sconvolto.
Odiava quando aveva quell’espressione… Significava che i guai erano almeno 100 volte più grandi di quanto il papero potesse mai immaginare.
Come se gli avesse letto nel pensiero, l’intelligenza artificiale si rivolse al suo socio, spiegandogli l’origine del problema: “Varchi dimensionali in apertura… In più punti sopra Paperopoli! E non è tutto, si stanno anche ingrandendo visibilmente… Se continua in questo modo, presto la nostra città si trasformerà in un gigantesco specchio dimensionale!!!”
Ma che bellezza… E, ovviamente, a chi toccava risolvere la situazione?
“Presto, Pikappa! Dobbiamo assolutamente fare qualcosa!”
Ecco, appunto…
L’eroe sollevò le braccia, facendo spallucce: “E va beh… Mi toccherà riprendere l’attrezzatura ed andare a ricucire tutto.”
Note: C'è un filone di PKNA che ritengo sia stato utilizzato davvero poco. Mi riferisco ovviamente a quello sulle dimensioni parallele, di cui abbiamo solamente qualche raro esempio (Vedi "Antico futuro"). Beh, ho pensato bene di sfruttare l'occasione per scriverci una storia in proposito.
Apprezzati commenti in merito. Buona lettura!;)
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'PKNA - Shattered Dimensions'
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Prologo:
 
-Notte fonda-
 
Buio. Buio e nient’altro.
Il cervello si stava in qualche maniera riattivando, ma tutto ciò che al momento riusciva a scorgere attorno a sé era un’oscurità pazzesca.
La nuca e la schiena provavano una sensazione fastidiosa: freddo? Come esser distesi su una lastra di ghiaccio, più o meno… O come un pavimento?
Sentì una lieve brezza accarezzargli le piume. Un vento sottile, proveniente forse da una finestra lasciata aperta…
Iniziò a capacitarsi della sua situazione: era riverso sul pavimento, forse svenuto…
Gli arti stavano ricominciando a prendere sensibilità: spinse con le dita verso il basso.
Gli occhi andarono lentamente ad aprirsi, e l’immagine del luogo in cui si trovava si fece ben nitida. Dov’era? Non conosceva quella stanza… Che ci faceva, lì?
Domande, domande e ancora domande! La testa sembrò pesargli come un macigno.
Per fortuna, la luce proveniente dai lampioni illuminava in parte il luogo, e gli occhi s’erano abituati a scrutare in mezzo a tutte quelle tinte di grigio. Si sollevò sulla schiena, portando una mano a tenersi la fronte. Era così confuso…
Si alzò in piedi con fare lento e impacciato, per poi continuare a guardarsi attorno. Niente di niente! Proprio non riusciva a capire dove si trovasse…
Chinò lo sguardo, osservandosi: era nudo! Non aveva alcun vestito addosso, neanche una canottiera. Strano, davvero strano… Il mistero dunque s’infittiva…
Notò uno specchio, poco distante da lì. Sì, gli sembrò estremamente stupido chiederselo, ma… doveva esser sicuro di riuscire a riconoscersi!
Avanzò dunque lentamente verso la sua immagine: pian piano i tratti del corpo si fecero vividi, ed il papero poté osservare i lineamenti del suo volto: gli occhi, la forma del becco… Si sfiorò ancora la faccia, continuando ad osservarsi. Tutto combaciava con l’identità che ricordava. Già, ma qual’era la sua identità?
Chinò il becco verso il basso, riflettendo… Quindi, disse alla sua immagine riflessa, con un leggero sussurro: “Paolino Paperino…” E dunque tacque.
Sì, era proprio lui. Ma questo… Non aveva alcun senso! Come aveva fatto a ritrovarsi lì?
Una tremenda fitta alla testa lo fece chinare in avanti. I ricordi presero ad assalirlo, e la stanza sembrò mutargli attorno:
 
Al posto del soffitto, comparve un cielo color crema, denso di nubi e senza la benché minima traccia di aerei o quant’altro. Anche l’ambiente circostante si dissolse, facendo posto ad una strada ricolma di persone, mentre dal terreno s’innalzavano diversi grattacieli.
Il papero guardò in giro: la gente della sua città gli correva attorno, fuggendo da chissà cosa. Si accorse di non essere più nudo… Vestiva i panni di Paperinik!
La visione continuò: alzando gli occhi, vide una luce. Una luce bellissima, quanto folgorante… Fu questione di pochi secondi, attimi: poi, il buio!
 
“Aaaah…” Emise un gridolino, accasciandosi al suolo. Ancora non riusciva a capacitarsi di niente.
Si mosse verso un armadio, per poi prendere il primo soprabito che trovò. Era… da donna? Non importava. Se non altro, poteva usarlo per coprirsi. Se ne andò, lasciando l’appartamento con estrema fretta.
Questo succedeva qualche settimana prima dello svolgersi degli eventi.
 
Tempo presente:
 
-Paperopoli, primo pomeriggio-
 
La porta del piano segreto si aprì, permettendo così a Paperino di entrare. L’eroe era decisamente stanco: gli occhi semichiusi e la schiena dolorante lasciavano intendere che avesse passato una giornata tutt’altro che rosea.
La testa verde nell’ampolla si volse verso di lui, mostrando la solita espressione rilassata: “Oh… Ben tornato, socio.” Esordì.
Tuttavia, il Nostro non lo degnò di una risposta, andandosi semplicemente a lasciar cadere sulla sua poltrona.
Chinò il capo in avanti, buttando fuori l’aria: “Uff… Sono distrutto. Me ne aveva parlato oggi, il mio oroscopo…”
Il supercomputer si avvicinò un poco: “Riguardo a cosa?”
“Angus…”
Prima che potesse terminare la frase, Uno sbottò: “Angus?! Non sapevo che gli oroscopi fossero così specifici… L’astrologia sta proprio facendo passi da gigante!”
“Umpf! Mi riferivo al fatto che l’oroscopo mi avesse parlato di una giornata di lavoro estremamente stressante…”
“Ah…”
Scese giù dalla poltrona, alzando le mani al cielo e prendendo a sbraitare: “Quel reporter da quattro soldi mi ha obbligato a rivoltare tutto l’archivio delle cassette, alla ricerca di un suo vecchio servizio da cui aveva intenzione di trarre qualche immagine!”
“Capisco…” Continuò il supercomputer, sorbendosi quello sfogo da parte del suo alleato: eh, cosa non bisognava fare, per amicizia…
“Ed ora ho la schiena a pezzi…” Continuò Paperino, inclinando il busto in avanti, con fare rassegnato.
“Oh, ha finito!” Pensò il supercomputer, mentre da un vano faceva uscire un piccolo cestino in vimini.
“Guarda il lato positivo, Pikappa! Domani non hai in programma un picnic coi nipotini? Eheh! Sono sicuro che ti tirerà un po’ su di morale…”
Il papero annuì, osservando Uno: “Sì… Forse hai ragione. E mentre loro si divertono, potrei approfittarne per schiacciare un bel pisolino. Ne avrei proprio bisogno…”
“Bravo, questo è lo spirito giusto! –continuò la testa verde- E non preoccuparti della ronda, stasera! Scandaglierò Paperopoli in ogni dove grazie al sistema di telecamere. Nessun criminale mi sfuggirà!”
L’eroe annuì a quelle parole, passandosi una mano sotto al becco: “Già… E, con un po’ di fortuna, potresti intravedere quella femme fatale in nero che per poco non mi faceva commettere una sciocchezza...” (*Numero precedente: “Notti di caccia”)
Le bolle nell’ampolla aumentarono leggermente: “Ah, a tal proposito: inizierò la scansione del pezzo di asfalto su cui quella creatura s’è dissolta. Sia mai che ne salti fuori qualcosa di utile!”
Paperino annuì alle parole dell’amico virtuale, massaggiandosi quindi le tempie: “Molto bene. Dovrebbe esser tutto… Allora, visto che non c’è altro, inizio ad avviarmi verso casa.”
“Ok, socio!”
Le porte dell’ascensore si aprirono, permettendo così al Nostro di entrare all’interno della cabina e venir trasportato “con gentilezza” fino al pianterreno.
Abbandonata la torre, il papero iniziò a cercare le chiavi nella blusa, mentre nella sua mente iniziò a pregustarsi quella tanto sperata giornata di puro relax!
“Che bello! –Pensò- Ce ne andremo fuori Paperopoli, in quella zona vicino al fiume… Così, se proprio non prenderò sonno, potrò mettermi a pescare: in genere fa più effetto del mettersi a contare le pecore! Eheh!”
Oh, aveva finalmente tirato fuori le chiavi dalla tasca! Ora non restava che trovare la macchina…
“Ma certo! Potrei invitare anche Paperina. Avremo l’occasione di stare un po’ insieme… L’ho vista così di rado, da quando la Ducklair Tower è diventata la mia “residenza fissa”… Sì! La inviterò, e per l’occasione comprerò anche un bel mazzo di fiori, e… Ma… Un momento! Dov’è la 313?”
Strabuzzò ben bene gli occhi, mentre con l’immaginazione poteva ben notare la sagoma della sua macchina nel posto dove l’aveva parcheggiata, neanche il giorno precedente. Pensò ad un errore, e così si guardò attorno con estrema calma. Niente… Non c’era!
La calma iniziò sin da subito a lasciar spazio all’inquietudine, tipica del suo carattere, e dunque la testa prese a guardare in ogni dove ad una velocità tale che, con quel movimento, testa e collo di Paperino sembravano più le pale di un elicottero. Nulla! La 313 non era più lì! Che gliel’avessero rubata?
Si batté la mano sulla fronte: “Questo è il colmo! Paperinik derubato della sua vettura! Angus c’andrebbe a nozze…”
Riprese fiato: “No, devo mantenere la calma. Pensa Paperino… Pensa!”
Di nuovo la testa si volse in ogni dove, fino ad intravedere una telecamera di sicurezza, che col suo obiettivo di certo copriva l’intera zona circostante, compresa quella in cui si trovava, fino al giorno prima, la macchina del Nostro.
All’improvviso, un lampo di genio: “Ma certo!”
Si volse sui suoi passi, correndo a più non posso verso l’entrata della Ducklair Tower e, nella fretta, rischiando di venir investito dalle macchine.
-Skreeeek! Peet! Peet!-
“Ma guarda dove vai!” “Delinquente!” “Le strisce pedonali per te sono un optional, eh?” Gli gridarono i vari automobilisti che, per un pelo, riuscirono ad evitare di metterlo sotto.
Lui nemmeno li stette a sentire, carico d’adrenalina com’era in quel momento. Raggiunta l’entrata, s’infilò dentro non appena vide le porte scorrevoli aprirsi.
Angus Fangus, che si trovava dall’altro lato, venne sbalzato via dalla furia del papero, ritrovandosi a terra.
Ripresosi dalla botta, sollevò un pugno al cielo, agitandolo con fare minaccioso e sbraitando: “Brutto impiastro! La prossima volta ti costringerò a sistemare l’archivio delle cassette in ordine alfabetico!”
Aveva finalmente raggiunto l’ascensore. Le porte si aprirono all’istante: probabilmente qualcUno aveva visto l’eroe rientrare in tutta fretta ed aveva fatto scendere l’ascensore proprio a quel piano.
Dopo che la cabina si chiuse, prendendo a salire, il papero prese a saltellare sul posto: “Più in fretta! Più in fretta!”
Sbraitò: “MA VUOI SBRIGARTI???”
Come se l’ascensore l’avesse sentito, -e in parte era vero- la salita si fece più rapida. Estremamente più rapida… MOSTRUOSAMENTE più rapida! In soldoni, quando giunse finalmente al piano segreto, il papero che uscì dalla cabina sembrava più una specie di gnomo, tant’era basso e tarchiato.
La testa verde che gli comparve davanti di lì a poco aveva sul capo un piccolo turbante ed un pizzetto sotto al mento, anch’essi digitali: “Il signore aveva ordinato una risalita rapida? Esaudito! Ora ti restano due desideri, Paperino. Cos’altro posso fare per te?”
“Ah, ah… Molto divertente…” Bisbigliò, cercando di riprendere una forma più naturale.
Ripresosi dallo stordimento dovuto all’accelerazione, l’eroe ricominciò a dare di matto: “Uno! La mia macchina! Devi fare qualcosa! Non riesco più a trovarla!” Starnazzò.
“Piano, piano… La 313 è scomparsa?”
“Sì! Non c’è più!” Continuò lui.
“Mmm… Aspetta che faccio un rapido controllo delle telecamere di sorveglianza. L’avevi messa al solito posto, no?” Disse pazientemente il supercomputer, mostrando un viso piuttosto tranquillo.
“Sì, il solito.”
La ricerca iniziò. Diverse subroutines si attivarono, mentre l’intelligenza artificiale andava a riversare in sé le immagini prese dalle telecamere di sorveglianza, la notte precedente. Pochi secondi, che per Paperino parvero ere, prima che il papero potesse ottenere il responso che attendeva.
L’espressione di Uno mutò, divenendo dapprima sorpresa, e quindi dubbiosa: “Ehm… Socio?!” mormorò, facendo avvicinare il suo alleato all’ampolla, perplesso: “Che c’è? Hai visto chi è il ladro?”
“Ehm… Sei proprio sicuro di non ricordare niente?”
“Ricordare cosa? Non parlare per enigmi! Spiega cos’è successo alla mia macchina!!!” Sbraitò di nuovo, agitando i pugni.
Un televisore gigante andò ad accendersi, alle spalle dell’eroe.
“Perché non ti volti, Pikappa… Così puoi spiegarlo tu a me.”
“Eh?”
Paperino fece quanto chiesto, volgendosi rapidamente verso lo schermo, su cui presero a comparire le immagini della notte precedente. La sua macchina era proprio lì, dove l’aveva parcheggiata.
La registrazione proseguì speditamente: Uno ne aumentò la velocità, per giungere direttamente alla parte rilevante. Non appena si scorse un’ombra in lontananza, la arrestò.
“Ecco, socio. Qui! Spiegami questo!”
L’eroe osservò con attenzione: perché Uno era così agitato? L’avrebbe scoperto a breve.
Una figura si mostrò ad un certo punto, avvicinandosi verso la 313 e prendendo a scrutarsi attorno con attenzione, tastandosi i vestiti come se cercasse qualcosa. Per il momento, non era possibile vedere chi fosse, per via dell’angolazione della telecamera. Ma fu quando il papero mostrato nell’immagine prese a sbraitare, che Paperino ebbe un sussulto:
«Assurdo! Non ho le chiavi! Dove accidenti sono le chiavi???»
Quel timbro di voce… Così stridulo, così snervante, così… familiare!
Gli occhi di Paperino si sgranarono ben bene, mentre le pupille si allargavano appena per assimilare ogni dettaglio di quella figura ed il becco si apriva in un’espressione di stupore e meraviglia…
Come a fugare ogni minimo dubbio che ancora albergava nella mente del papero, il tizio nel video si volse di scatto, per guardarsi in giro: lo sguardo era corrucciato e la qualità dell’immagine non era delle migliori, tuttavia il Nostro poté vedere con chiarezza sé stesso, in quel ladro!
«E va bene… Ti faccio vedere io!»
Il Paperino del video si tirò su le maniche con estrema cura, per poi prendere a scassinare la 313, collegando i fili per farla partire. Infine, sgasò a tutta manetta, lasciando in breve tempo la “scena del misfatto”.
“Io non capisco, Uno…” riuscì solamente a dire, al termine di quella registrazione.
“E lo dici a me, socio?” Continuò l’intelligenza artificiale.
Ok, doveva rimanere calmo… Ciò che aveva visto era assolutamente irreale! Come poteva trovarsi lui stesso a scassinare la 313? Per quale motivo? Ma, soprattutto, perché se l’aveva fatto non ne portava memoria?
I calcoli mentali di Uno elaborarono invece ad una soluzione differente: il supercomputer iniziò a dubitare del suo alleato, come plausibilmente avrebbe fatto chiunque altro con un po’ di sale in zucca. E dunque mormorò, senza peli sulla lingua: “Voglio fare qualche test, Paperino.”
“Eh?” Disse incredulo l’eroe, sentendo quelle parole.
Una testolina più piccola gli comparve di fianco: “Ascolta: non sto dicendo che non ho fiducia in te, ma devi ammettere che questa faccenda è terribilmente strana… Eppoi, considerando gli accadimenti degli ultimi giorni…”
Lo sguardo accigliato di Paperino mutò lentamente in un’espressione rassegnata, mentre il capo veniva reclinato in avanti: “Pensi che sia ancora infettato dall’Entità, vero?”
Il computer ci mise qualche secondo a rispondere, ma poi disse: “Non sappiamo quasi niente di quel che ti è capitato. Mettiti pure nei miei panni! Cosa dovrei pensare, di fronte ad una registrazione del genere?”
Sospirando, il papero si arrese: “Massì, forse hai ragione. Allora: come funziona? Credo di aver visto una cosa del genere in qualche film…”
“Seguimi!” disse secco Uno, mentre Pikappa poté nitidamente vedere la direzione indicata da una freccia che era comparsa sul pavimento.
Qualche metro, e raggiunse una sorta di ampolla gigante.
Il computer non perse tempo e disse: “Togliti tutti i vestiti ed entra lì dentro. Ci vorrà solamente qualche minuto…”
“Spero tu l’abbia lavata bene, dall’ultima volta che l’ha usata Angus…” (*PKNA#01: “Ombre su Venere”)
 
-E infatti, qualche minuto dopo-
 
“Allora, posso uscire?” Chiese dopo un po’ Paperino, all’interno dell’ampolla.
“Sì, Sì… Certo.” Uno non sembrava poi così soddisfatto del risultato ottenuto. E infatti non degnò l’amico di uno sguardo, concentrandosi sui risultati ottenuti da quella visita.
L’eroe si rivestì rapidamente, avvicinandosi all’intelligenza artificiale, bramoso di risposte: “Allora? Cos’ho che non va?”
Un foglio stampato sbucò fuori da una fessura. Il papero lo strappò, leggendolo poi con cura: “Ehm… Puoi tradurre, Uno?”
“Mmm…” La testa verde si volse lentamente, per poi fissarlo assai perplesso: “Non dice niente di nuovo. E’ questo il problema, socio. Secondo i risultati, godi di ottima salute…”
“Ottima salute?” Incrociò le braccia, fissando altrove, soddisfatto: “Eheh! La prossima volta che Paperina vorrà consigliarmi una delle sue diete dimagranti, saprò con certezza cosa dirgli…”
“Beh, ottima salute non significa che tu abbia proprio quel che si definisce un fisico “scultoreo”, Pikappa…” Precisò Uno.
“Sgrunt! Quel che sia… Quindi? Non hai scoperto nulla?”
“Apparentemente no… Potresti soffrire di sonnambulismo, forse…”
Il papero rimase in silenzio, riflettendo un poco: che lui ricordasse, gli era successo davvero di rado di prendere a camminare mentre dormiva. Però… Il Paperino del video gli era parso fin troppo sveglio.
Fu Uno a distoglierlo da quei pensieri: “Suvvia, socio. E’ inutile logorarsi le meningi a quel modo. Tornatene a casa. Io analizzerò le registrazioni delle telecamere di Paperopoli… Prima o poi il tuo macinino salterà fuori. Garantito!” Concluse ammiccandogli.
“Ehi, piano con gli insulti!” Sbraitò lui, in risposta: “Sai quanto tengo a quella macchina…”
Sospirò, per poi continuare: “In ogni caso… Hai ragione, Uno. E’ meglio che me ne torni a casa.”
“Bene. Vedrai che per la serata avrò già capito dove si trova la tua vettura. Tranquillizzati: spremerò a fondo i miei circuiti, pur di farti andare a quel picnic!”
Un sorriso da parte del papero: “Beh… Molto gentile da parte tua.”
“Non fraintendere. Mi servi vigile e attento, per difendere Paperopoli.”
Si avviò verso l’uscita del piano segreto. Le porte dell’ascensore si aprirono e Paperino fece per entrarvi. Si bloccò un attimo sulla soglia: “Solo per chiedere… -bisbigliò, per poi voltarsi- … quante possibilità ci sono che tu mi permetta di usare una delle auto d’epoca di Everett, invece dei mezzi?”
La testa verde rispose senza remora: “Sarà sincero, socio: evitando le virgole, pressoché zero.”
“Umph! Come non detto…”
Entrò nell’ascensore, scendendo quindi ai piani inferiori.
 
-Qualche ora dopo-
 
Raggiungere casa sua coi mezzi era stata una vera e propria odissea, considerando il fatto che oramai s’era ben abituato ad usare la macchina.
“Quanto tempo è passato, dall’ultima volta? Ah, già… Non prendevo più i mezzi da quella volta che fui costretto a farlo per via di Xadhoom. Sigh! Se penso a com’era ridotta la 313… La MIA 313!”
Alla mente gli tornò l’immagine di quel mucchio di rottami che era diventata l’auto, dopo il fugace incontro con l’aliena ribelle. (*PKNA#0/3: “Xadhoom”)
Ma era inutile avvelenarsi il sangue col passato. Quel che era stato era stato… I ricordi belli di quelle avventure li teneva tutti segretamente celati nello scrigno del suo cuore, e nessuno avrebbe mai potuto toglierglieli! Però, per l’appunto, erano oramai nient’altro che ricordi: qualcosa a cui pensare quando si era nostalgici, nulla di più.
“Ah, ecco casa mia!” Mormorò con gioia: distolse così l’attenzione verso il presente. Ora che era arrivato, doveva inventarsi un modo per spiegare ai nipoti il motivo per il quale, il giorno dopo, non avrebbero potuto recarsi al picnic… Una cosa non facile, soprattutto pensando che anche lui non vedeva l’ora di quel lieto evento…
“Sigh… Com’è dura la vita del supereroe. La mia solita sfortuna!” Pensò, con lo sguardo chinato verso il basso.
La strada di casa si faceva sempre più vicina, ed il papero stava cuocendo ben bene nel suo brodo: che scusa inventare? Già s’immaginava quei musini tristi, che probabilmente neanche gliel’avrebbero fatta pesare troppo. Avrebbero finto che non gliene importasse nulla del picnic…
“Devo trovare un po’ più di tempo per i miei cari. Anche se è il momento meno adatto!”
Sollevò di nuovo lo sguardo, mentre dalla tasca tirava già fuori le chiavi di casa: “Uh?!”
Rimase sbigottito da quel che vide: la macchina! La SUA macchina era lì! Proprio davanti a lui, ben parcheggiata davanti casa!
Ebbe un capogiro, e sentì di doversi tenere allo steccato di legno per evitare di cadere. Il fatto che l‘auto fosse lì, alimentava di certo i sospetti di Uno: che soffrisse davvero di sonnambulismo?
Non ebbe il tempo per domandarselo, visto ciò che accadde subito dopo:
“Che bello, Zio Paperino! Davvero andremo al lunapark, prima di andare a cena fuori?”
Il papero conosceva quella voce: era Qua! E non era solo…
“Prima però passiamo da casa mia, Paperino. Voglio cambiarmi d’abito per la serata.”
Paperina?! L’eroe non ci stava capendo più nulla, ma intuì che erano grane in arrivo. Scavalcò il basso steccato, avvicinandosi di soppiatto alla finestra per vedere meglio…
Non fece in tempo: qualcuno stava già aprendo la porta!!!
“Gasp!” Riuscì a lanciarsi appena in tempo dietro ad un cespuglietto, prima che potesse vedere la porta di casa sua aprirsi. Ne uscirono i suoi nipoti, dal volto decisamente estasiato, seguiti da Paperina. Cosa ci faceva lì, la sua fidanzata?
La papera, superato l’uscio, si volse sui suoi passi, dicendo: “Coraggio, tesoro. Non vorremo far tardi, spero?!”
Tesoro?! Far tardi? Con chi accidenti stava parlando?
Vide un’ombra uscire dalla casa. Iniziò ad agitarsi un poco: chi altro c’era, lì dentro?
Un papero fin troppo conosciuto, che stranamente per l’occasione sfoggiava un vestito piuttosto elegante, richiuse la porta alle sue spalle, esordendo: “Questo mai! Coraggio, ragazzi! Ho sentito che hanno aperto un’attrazione nuova: da brivido!”
“Yeeeeh!!!” Fecero i tre paperotti, entusiasti.
Il Nostro, ancora ben nascosto dietro ai cespugli, trattenne un grido a stento di fronte a ciò che vide.
“Ma sono io!!!” Disse nella sua mente, così forte che per poco non parlò.
Ebbene sì! Davanti a lui, sul vialetto di casa, c’era un papero che avrebbe potuto essere suo fratello e che, con modi estremamente amichevoli e gentili, confabulava bellamente con i suoi nipoti e, soprattutto, con la sua ragazza!!!
Ancora col becco ben aperto per la sorpresa, Paperino impose a sé stesso di non muoversi da dietro quel cespuglio, per osservare meglio la scena. Capacitarsi di una cosa del genere era estremamente difficile!
Il sosia aprì la portiera della 313 –stavolta, con le chiavi- e fece salire a bordo gli altri paperi. Quindi, accesi i motori, sollevò un dito al cielo: “La sfortuna ha provato a portarmi via la macchina, ma la testardaggine me l’ha fatta ritrovare! Andiamo a festeggiare il lieto evento… E domani tutti al picnic!!! Eheh!”
“Yeeeeh!!!” Fu l’ennesimo grido di risposta dei nipotini, mentre la macchina sgasava, allontanandosi dalla casa.
In tutto questo, Paperino era rimasto imbambolato dietro al cespuglio, col medesimo sguardo perso nel vuoto ed il becco ben aperto…
 
-Ducklair Tower, qualche ora dopo-
 
“E tu che hai fatto?” disse Uno, decisamente incuriosito dalle parole di Pikappa.
“Cosa vuoi che facessi?! Ero paralizzato dallo stupore! Quando mi sono ripreso, me ne sono andato via...” Gli rispose il papero, agitando le braccia, per poi portare le mani all’altezza delle tempie e stringere la testa.
“Ma ti rendi conto?! Un clone! C’è un altro Paperino, uguale a me, che vive nella MIA casa coi MIEI parenti e la MIA ragazza!”
Una testa verde assai minuta spuntò di fianco all’eroe: “Cerca di calmarti, socio. Di sicuro c’è una spiegazione razionale. Oltretutto, non è certo l’unica stranezza che sta capitando, al momento…”
“Eh?!”
Il supercomputer accese lo schermo gigante, su cui andarono a formarsi diversi grafici a bastoncello in continuo movimento, affiancati da diagrammi d’onda.
“Molto, molto interessanti, Uno. Che roba è? Il grafico del mio stato finanziario?” Affermò Paperino. A quanto pare, la voglia di scherzare non gli passava mai.
“La questione è molto più grave di quel che sembri, socio! Ti prego di prender posto.”
La poltrona, come al solito, comparve dal nulla. Stavolta però l’eroe poté mettersi seduto su di essa “di sua spontanea volontà”, senza che “qualcuno” gli desse la solita spintarella.
“Molto bene. Allora, sarò sintetico: temo che il nostro piano dimensionale stia per collassare.”
Il papero sussultò sulla sedia: “Gulp! Non sembra una buona notizia.”
Uno si spostò verso i grafici, tramutandoli poi in una simulazione video, di modo che Pikappa potesse rendersi conto con mano di ciò che sarebbe capitato alla città, se non avessero preso provvedimenti: un gigantesco buco violaceo si sarebbe aperto nel cielo, espandendosi fino ad inghiottire tutto all’interno della sua circonferenza.
“Non lo è, infatti! Ho registrato diverse alterazioni atmosferiche, nonché onde elettromagnetiche anomale… Se non capiamo qual è l’origine di questi fenomeni e non vi poniamo subito rimedio, Paperopoli potrebbe scomparire… inglobata dalla bolla dimensionale.”
Si lanciò giù dalla poltrona, sollevando le braccia: “Aspetta, aspetta! Stai correndo un po’ troppo. Spiegami prima una cosa: che cos’è quello?”
“Quello… cosa?”
Avvicinatosi allo schermo, il papero indicò l’interno del buco dimensionale. In effetti, aguzzando la vista, al suo interno poteva vedersi… una città vista al contrario!
“Ah… Quella è solo una delle tante dimensioni parallele. Non credo serva che te ne parli, visto che in passato hai avuto modo di affrontare l’argomento…”
Allontanò il dito, senza staccare gli occhi dallo schermo: “Stai cercando di dirmi che…”
“Sì. Quando lo squarcio dimensionale avrà raggiunto una certa grandezza, la nostra dimensione verrà in qualche modo “schiacciata” dal peso delle altre, e si sfalderà. In definitiva, la nostra città… la nostra realtà, smetterà di esistere.”
Ecco un buon modo per far passare il sonno al prossimo! Paperino mostrò un’espressione ancor più scioccata, e quindi disse: “C-c’è un modo per impedirlo?”
Il computer stette in silenzio qualche secondo, quindi fece uscire da un vano alcuni strani strumenti, dalla forma vagamente rassomigliante a parabole in miniatura.
“E secondo te starei così tranquillo, se non avessi già la soluzione pronta? Sarò anche sintetico, ma ci tengo alla mia CPU!”
C’era da dire che sembrava sempre avere la risposta ad ogni quesito: Pikappa era davvero fortunato ad avere un alleato come lui!
“Bisogna localizzare i vari punti in cui le distorsioni si stanno facendo più forti, e quindi “tappare” i buchi, così da ricostruire il film dimensionale.”
Non aveva capito mezza parola di quel che gli era stato detto, ma si sentì comunque sollevato. Passò una mano sulla fronte, asciugandola del sudore accumulatosi: “Fiuuuu! Menomale… Una brutta notizia in meno. Beh, fallo subito, Uno!”
Un altro vano si aprì, mentre usciva fuori da esso il costume di Paperinik.
La testa nell’ampolla si schiarì la voce: “Ehm-ehm…”
“Snort! E ti pareva!” mormorò il Nostro, poggiando la testa sul suo palmo.
 
-Paperopoli, sera-
 
“Tsk! Ma tu guarda se devo mettermi anche a fare il fisico, adesso…” Bisbigliò Pikappa, mentre osservava con attenzione lo strumento che teneva in mano. Per lui, era rassomigliante più o meno ad una sorta di telefonino di vecchia data, con tanto di superantennone.
“Su con la vita, socio! So che ti stai annoiando, ma sono sicuro che troverai di tuo gradimento la parte in cui chiuderai i buchi dimensionali.” Gli giunse in risposta dall’Extransformer, tramutato in cintura per permettere al papero mascherato di brandire nell’altra mano una sorta di pistola, terminante con una piccola parabola.
“Se lo dici tu… Piuttosto, spiegami ancora perché tocca a me fare “il lavoraccio”…”
“I miei sensori possono rivelare con sicurezza la zona interessata dal fenomeno, ma non il punto esatto in cui esso si formerà. Per questo motivo ti ritrovi con quest’equipaggiamento da “disinfestatore”.”
Il tono di voce di Uno era calmo ed in parte sarcastico: sapeva bene che il suo alleato avrebbe di gran lunga preferito menar le mani con qualche minaccia concreta, piuttosto che star lì a monitorare la situazione.
-Brip!Brip! Brip!-
“Sì, sì… Come no! Ad ogni modo, questo coso rileva qualcosa. O almeno credo… Potrebbe pure essere il segnale che la batteria è quasi scarica.” Paperinik e la tecnologia non erano mai andati d’accordo, si sapeva.
“Ci siamo!”
-Brip!Brip! Brip!-
Seguendo le indicazioni del segnalatore, Pikappa proseguì verso… Già, verso cosa? Non aveva mai avuto il piacere di vedere un taglio nel tessuto dimensionale. Che forma aveva? Com’era fatto? Bah, domande inutili, al momento: sapeva solo che, se non fosse riuscito a richiuderlo, la sua Paperopoli ne avrebbe pagato le conseguenze. Come al solito, insomma…
-BRIP!BRIP! BRIP!-
Ad un certo punto, il papero mascherato si ritrovò davanti a qualcosa d’insolito: era il muro di un palazzo. Ok, la cosa strana non era il muro in sé, ma quel che c’era davanti ad esso. Sulle prime, pensò fossero dei murales: “Però! Davvero ben realizzati…”
Commentò il Nostro, vedendo uno sterminato deserto aprirsi all’interno di quella che era una perfetta circonferenza, con un diametro di più o meno un paio di metri, e che si staccava dal suolo di circa una trentina di centimetri..
Portò la mancina a sfiorare quello che credeva essere un dipinto.
Il suo stupore crebbe alle stelle non appena si accorse di poter letteralmente attraversare quella barriera ed affondare la mano all’interno del deserto.
“Ah… Decisamente insolito.” Mormorò, osservandosi il palmo: era coperto di sabbia.
Di nuovo, una voce sbucò fuori dalla sua cintura: “Vuoi darti una mossa? Comprendo il tuo stupore, ma se quel buco dovesse allargarsi, sarebbe la fine.”
“Tsk! Uno, Uno… Devo proprio dirtelo, alle volte… -bisbigliò raccogliendo l’insolita arma da terra e sollevandola in direzione dello squarcio- … prendi il “lavoro” troppo sul serio!”
-Vuuuummm!-
Il colpo dell’arma liberò diverse onde nell’aria, che stranamente sulle prime non parvero far nulla al buco. Ci volle qualche secondo prima che la circonferenza diminuisse di diametro, fino a ridursi ad una capocchia di spillo, per poi scomparire.
“Bene! Ed ora che ho finito di rammendare, che faccio?”
“Molto semplice: controlla che non ci siano altri squarci dimensionali e, nel caso, richiudili.”
“Snort! Questa sarà una lunga notte…”
L’apparecchio venne puntato in ogni dove, anche se c’è da dire che Pikappa non prestò particolare attenzione, immotivato com’era a fare quella che considerava una semplice perdita di tempo. Ok, era senz’altro di vitale importanza per il benessere della sua città, tuttavia…
Per sua fortuna, però, la situazione parve motivarsi non appena girò il vicolo di un palazzo.
“Mmm…”
In lontananza, di fronte alla vetrina di un negozio d’abbigliamento, alcune persone dal volto ben coperto sembravano in procinto di fare qualcosa di non propriamente legale…
“Dai, dai! Facciamo presto!” “Passami quella spranga, coraggio!”
Poté udire con chiarezza l’eroe, nascondendosi prontamente dietro al palazzo dal quale stava venendo e pregustandosi già quel che sarebbe avvenuto dopo.
“Eheh! Molto bene. Sarà un piacevole diversivo…”
Uno tacque: massì, 10 minuti di “svago” poteva pure darglieli!
Si passò una mano sotto al becco, riflettendo: “Mmm… Vediamo: come potrei fare la mia entrata in scena?”
Essì, anche la teatralità voleva la sua parte! Era pur sempre un eroe mascherato, non poteva entrare in scena puntando l’Extransformer contro i ladri e dicendo: “Fermi tutti!” Sarebbe stato troppo dozzinale.
Prese i lembi del mantello, girandolo attorno a sé come fosse un sudario e cercando di mostrare il suo sguardo più minaccioso e, al contempo, ironico: “Vediamo… Potrei entrare in scena col mantello avvolto così, e poi…”
“E’ Paperinik!!!” Gli arrivò tuttavia alle orecchie, ad un certo punto.
Per lo stupore, strinse il becco con tanta rapidità da mordersi la lingua, facendosi non poco male: “Quack!”
Come avevano fatto a scoprirlo? Eppure era ben nascosto!!! Sospirò: entrata in scena rovinata…
“E va bene, ragazzi… Mi avete trovato. Non c’è gusto a giocare a nascondino con v-“ S’interruppe. I ladri non stavano minimamente guardando nella sua direzione! Sembravano anzi ben attenti ai movimenti di una figura nell’ombra, proprio davanti a loro.
Uno di essi alzò la pistola, provando a sparare.
-Bzzzzzzzploc!!!-
 Un raggio di colore vagamente verdognolo colpì l’arma del delinquente, tramutandola in breve tempo in… formaggio fuso?!
“Fermi tutti! Ho una pistola a raggi trasformanti, e non ho paura di usarla!”
Quella voce… Impossibile!
I ladri osservarono sconcertati quella che sembrava una scamorza ben cotta ricadere a terra e fumare un poco, per poi portare gli occhi sulla sagoma che, ora, era ben visibile per via della luce dei lampioni.
Il papero mascherato allargò le braccia al cielo, facendo spallucce e mostrando un sorriso sarcastico: “Nome troppo lungo, eh? Volevo ribattezzarla PART, ma poi avreste frainteso la sua utilità…”
Pikappa, dietro al palazzo, digrignò ben bene il becco, stringendo con forza i pugni: “Grrr!!! Non questo! Non è possibile…”
“Però! Devi ammettere che fa entrate in scena davvero divertenti. Ihih! Mi ricorda qualcuno…”
Commentò Uno, che dall’interno della Ducklair Tower si stava godendo la scena come un teenager coi popcorn davanti ad un film demenziale.
I ladri, dopo essersi ripresi dallo sconcerto, scattarono verso il sosia del vecchio mantello: “ADDOSSO!”Gridarono, all’unisono.
“Ehi, ehi. Rispettate la fila: farò l’autografo a tutti, tranquilli…” Disse lui a gran voce.
Ripose quindi la pistola nella fondina, per poi chiudere i pugni e prepararsi a ricevere i malviventi. La questione durò poco, e certamente il vero Paperinik non si stupì troppo dell’agilità che dimostrò il suo “fratellastro”.
-Sbam! Bonk! Sock!-
“Ecco qua! Un destro a te, un gancio per il tuo amico… Tu hai preferenze? Lascia, faccio io!”
-Stump! Sbam! Stomp!-
“Argh!”
“Eheh! Tu eri decisamente un tipo da piedata sul grugno!”
Pochi minuti, perché su Paperopoli regnasse nuovamente il silenzio: la banda di ladri era stata accatastata a formare una sorta di piramide umana.
Il clone dell’eroe batté i palmi l’uno contro l’altro, come a togliere della polvere.
“Uff… E anche questa è fatta!” Bisbigliò, ponendo il torso delle mani sui fianchi, con fare baldanzoso.
Intanto, dietro al palazzo: “Stavolta ha passato il segno!”
Paperinik rimise la strana pistola nella fondina e si avviò senza alcuna remora verso il suo sosia, evitando entrate strane o quant’altro, visto che non ce n’era bisogno e, soprattutto, non si sentiva  decisamente in vena…
“Ehi, tu!” Si limitò a dire, non appena si trovò abbastanza vicino.
L’altro papero mascherato sembrò estremamente sorpreso, vedendo apparigli il Nostro vicino.
Strabuzzò gli occhi, come se non ci credesse: “Eeeh? Che storia è questa?! Chiunque tu sia, togliti subito il mio costume!”
Il SUO costume?! Basta, aveva sentito anche troppo! Si avvicinò al clone, ponendogli un dito sul petto: “Ascoltami bene: non so che razza di travestimento tu abbia usato, ma di Paperinik ne esiste uno solo, perciò… TU togliti subito il MIO costume!”
A quell’ennesima affermazione, l’altro scansò il dito con la mano: “Non diciamo idiozie! Di Paperinik da che mondo è mondo ne esiste soltanto uno, e quello sono IO!!!”
“Balle! –incalzò l’altro- Tu sei solo un farabutto che s’è sostituito a me! Mi hai portato via il costume, la macchina, gli affett-“
“Ehm… Pikappa!” Intervenne subito la voce tonante del supercomputer, direttamente dalla cinta del papero. Già… Non conveniva rivelare troppo, soprattutto perché non era ancora sicuro di niente!
“Cos’era quella voce? Sei forse un ventriloquo?” Bisbigliò l’altro papero.
Paperinik, a quel punto, aveva sentito abbastanza: “SCUDO!” Esclamò, mentre la cintura cambiava forma, avvolgendosi attorno al suo braccio destro e plasmandosi per diventare l’Extransformer.
La copia, vedendo quel che accadde, rimase un attimo perplesso: “M-ma cosa… Quello…”
Si mise una mano sulla tempia. Un altro flash:
 
Solo per qualche istante, la mente dell’altro Pikappa mostrò a quest’ultimo un’immagine del passato. Un ricordo… Sì, ne era sicuro! Aveva brandito quello scudo, un tempo. Com’è che si chiamava?...
 
“E-Extra… Extransf…” Bisbigliò con voce fioca, accasciandosi al suolo.
“Ehi, tutto bene?” Disse lievemente preoccupato Paperinik. Non gli aveva ancora fatto niente, e già andava ko?!
Ad ogni modo, il papero mascherato stramazzò a terra, svenendo.
 
-Ducklair Tower, piani sotterranei-
 
Il sosia di Pikappa s’era ripreso dallo svenimento in tempo in tempo perché Uno concludesse i suoi esami preliminari. Essi avevano dimostrato che il DNA dei due era pressoché identico, ad eccezione di qualche piccola divergenza: in sostanza, erano praticamente fratelli gemelli! Nessuna maschera, insomma.
“Certo che la somiglianza è davvero impressionante…” Mormorò il supercomputer.
“Bah! Che vuoi che ti dica, Uno? Ora capisci come mi sono sentito, quando l’ho visto gironzolare attorno alla mia famiglia!”
Il trio si trovava all’interno del laboratorio sotterraneo. Una sorta di déjà vu, considerando che, neanche qualche giorno prima, al suo interno aveva “alloggiato” un altro individuo sospetto…
A separare Uno e Pikappa dal papero sconosciuto era stato alzato una sorta di finto specchio.
Il clone non era legato, visto che in teoria non sembrava essere una minaccia. Per ovvi motivi, però, gli erano state tolte sia le armi che la maschera dal viso.
“Abbassa il vetro, voglio farci due chiacchiere.” Esordì l’eroe, ad un certo punto.
-Vvvvvmmm-
Uno rimase in silenzio, mostrandosi ma non accennando a parlare.
I due Pikappa si osservarono a vicenda, anche se in verità lo scrutare del clone sembrava per lo più celare la rabbia che stava provando. Osservò il Nostro con estremo astio per un altro po’, quindi disse semplicemente: “Che cosa volete da me?”
Cosa volevano LORO da lui?! Entrambi rimasero assai sbigottiti, di fronte a quella domanda. Alla fine, Paperinik trovò il coraggio di farsi avanti: “Per quanto mi riguarda, voglio solamente capire come accidenti fa ad esserci l’immagine sputata di me stesso di fronte ai miei occhi!” Ecco, come al solito, aveva già dato in escandescenze.
La sfera verde decise quindi d’intervenire tempestivamente, portando l’attenzione su di lei: “In verità, io ed il mio socio volevamo semplicemente capire che cosa t’è successo, prima. Sei svenuto senza alcun motivo, eppure godi di ottima salute… Perché?”
Quella testa nell’ampolla… Dove l’aveva già vista? Ne era sicuro, non era la prima volta che i suoi occhi si trovavano di fronte al supercomputer. Supercomputer? Come sapeva che era…
“N-non lo so… E’ da un po’ che ho delle visioni strane… che non riesco bene a comprendere, Uno…”
“UNO???” Gridò il vero Paperinik, rimanendo basito.
“Come sai il mio nome?” Esclamò la testa olografica, anch’essa sorpresa.
Il clone sgranò bene le palpebre, come se fosse anche lui assai sbigottito da ciò: quindi, si passò una mano sulla testa: “I-io… Non lo so. E’ tutto così strano… E’ da quando mi sono risvegliato che mi succedono cose assurde…”
“Risvegliato?!”
 
-E così, dopo le dovute spiegazioni…-
 
“Questa è la storia più assurda che abbia mai sentito!” Blaterò il papero mascherato, sollevando le braccia al cielo. I due Pikappa si scambiarono il medesimo sguardo, digrignando i denti e stringendo forte i pugni.
“Uhm… Quindi, a quanto dici, non ricordi con precisione né il come, né il perché, ma ti sei risvegliato in un appartamento a te sconosciuto…” Sintetizzò Uno.
“Sì, è proprio così!” Rispose l’altro Pikappa, non staccando gli occhi dall’originale.
 “Ma avevi la mente come offuscata -queste le tue parole- e, dunque, hai fatto fatica a ricordare bene dove vivessi. Quindi, hai pensato di dormire in strada, per quella notte.”
“Esatto…”
“Invece, non riuscendo a concludere niente neanche il giorno successivo, hai pensato bene di ritornare in quell’appartamento... Puoi indicarmelo di nuovo su questa cartina ingrandita?”
Lo schermo gigante mostrò una piccola “fetta” di Paperopoli, coerente con le descrizioni del clone. Quindi, raggiunto un determinato palazzo, il papero fece senza indugio: “Qui.”
Ed indicò una determinata finestra.
Paperinik sbottò di nuovo: “E’ impossibile, ti dico! Uno, sta mentendo! Non può essersi risvegliato proprio nell’appartamento di L-“
“Ehm-ehm…” Si schiarì di nuovo la voce il computer, come a sottolineare la necessità di non far nomi, almeno per il momento.
“Sgrunt!” E Pikappa tacque, calciando l’aria a ridosso del pavimento.
“Dicevamo… Hai vissuto in quell’appartamento. Finché qualcosa è scattato dentro di te, e allora hai iniziato a ricordare che tu una casa l’avevi... Hai deciso di tornarci, e di dimenticare tutta questa faccenda… Finché non hai ricordato di avere anche una macchina, ed un lavoro. Infatti, se non ti avessimo trovato, saresti venuto alla Ducklair Tower, proprio il giorno dopo…”
“…”
Al termine dell’analisi, il sosia mostrò un’espressione di smarrimento più totale… Espressione che, in qualche modo, contagiò pure Paperinik: “Mi spieghi come fai ad essere così tranquillo, Uno? Questa cosa non ha senso! In primo luogo: perché conosce così tanti dettagli, che dice di ricordare come suoi?”
Il supercomputer sorrise: “E’ una domanda piuttosto ovvia, Paperino. Perché lui è te. Anzi, per esser precisi… è un ALTRO te.”
La risposta sempre pronta… Cercò in qualche modo una rivalsa con un’ennesima domanda: “E allora come mai ricorda parecchie cose che mi sono capitate prima d’incontrare te, ma non ha memoria di nient’altro?”
La testa, con pazienza, cercò di trovare una risposta spiccia ed allo stesso tempo esaustiva: “Vedi, socio. Il nostro è solo uno dei possibili mondi. Ne esistono diversi, che si incrociano tra loro… anzi, è meglio dire che si sovrappongono. In alcuni ci sono pochi cambiamenti, quisquiglie… In altri, si ha l’impressione di trovarsi davvero in un’altra realtà. Probabilmente, nel suo, non ha mai affrontato tutte le minacce che noi, nostro malgrado, abbiamo dovuto combattere. Questo inoltre spiega come abbia trovato il tuo costume, a casa tua, nonché il tuo vecchio arsenale… Probabilmente, anche nel suo mondo lui è diventato Paperinik…”
Quella risposta fece tacere il papero mascherato per un tempo assai limitato.
“Uno… So già dove vuoi arrivare, ma non abbiamo prove certe che…”
Un piccolo schermo con antennina incorporata gli comparve davanti, mostrando una un numero intermittente: “Certo che le ho! Guarda, qui: decadimento tachionico!”
“Non è il mio mondo…” Riuscì a dire solamente il clone, fissando a terra. Beh, se non era facile accettarlo per il Nostro, figurarsi per lui che aveva la memoria che funzionava a tratti!
La sorpresa di Paperinik fu doppia: prima di tutto, perché quello schermo gli era comparso a pochi centimetri dal becco, facendogli venire quasi un infarto. Secondo poi…
“…se quel che mi stai dicendo è vero, allora ci troviamo di fronte ad un altro dilemma: come ha fatto a finire proprio qua da noi?”
La testa verde sorrise: “Non lo so. Ma è qui da un po’ di tempo, quindi non è colpa del- Uh?”
Diverse spie rosse si accesero sulla console di controllo, mentre sul grande schermo comparivano vari grafici e valori sfasati: “Ecco, questo sì che è un gran bel problema!” Disse Uno, visibilmente sconvolto.
Odiava quando aveva quell’espressione… Significava che i guai erano almeno 100 volte più grandi di quanto il papero potesse mai immaginare.
Come se gli avesse letto nel pensiero, l’intelligenza artificiale si rivolse al suo socio, spiegandogli l’origine del problema: “Varchi dimensionali in apertura… In più punti sopra Paperopoli! E non è tutto, si stanno anche ingrandendo visibilmente… Se continua in questo modo, presto la nostra città si trasformerà in un gigantesco specchio dimensionale!!!”
Ma che bellezza… E, ovviamente, a chi toccava risolvere la situazione?
“Presto, Pikappa! Dobbiamo assolutamente fare qualcosa!”
Ecco, appunto…
L’eroe sollevò le braccia, facendo spallucce: “E va beh… Mi toccherà riprendere l’attrezzatura ed andare a ricucire tutto.”
“Non è così semplice… -mormorò Uno, senza staccare gli occhi dai grafici- Non capisco… Questa crescita esponenziale non può avere origini naturali. Va troppo in fretta! Come se… Ah!” Sussultò.
Una testa più piccola comparve di fianco ai due Paperinik, facendo ovviamente sussultare il sosia:
“Glab!”
“Tranquillo… Io oramai c’ho fatto l’abitudine.” Sentenziò il Pikappa originale.
“Ascoltami bene. Abbiamo sbagliato tutto!”
“Che vuoi dire?” Il papero inclinò la testa. Ecco, altri guai in arrivo…
“Abbiamo “ricucito” il buco dal lato sbagliato. Il problema non è nella nostra dimensione, ma nell’altra!”
Bene, altre belle notizie! Immaginò cosa sarebbe venuto dopo…
“I miei rilevamenti indicano che gli squarci sono stabili: potrai attraversarli senza problemi e, una volta giunto lì-“
“In pratica mi stai mandando allo sbaraglio! E cosa succederebbe se il fenomeno cessasse? Resterei rinchiuso per sempre nell’altra dimensione?”
“Ah, socio… Certe volte sei proprio smemorato…”
Non sopportava quando Uno gli parlava con tanta sufficienza. Facile per lui ricordare tutto, no?!
Beh, non gli avrebbe dato questa soddisfazione ancora una volta! Suvvia, poteva arrivarci… A cosa si stava riferendo?
“Mmm…” Chinò lo sguardo, fissando involontariamente lo scudo.
“Ma certo!!!” Gridò Paperinik, facendo sussultare per l’ennesima volta il suo clone.
“Voi qua siete tutti matti!” Riuscì solamente a dire l’altro, cercando di riprendersi da quell’ennesimo shock.
L’espressione di Uno era decisamente divertita: “Eheh! Vedi che, se ti impegni, le cose le ricordi?”
Il papero mascherato sollevò lo scudo, indicando un aggeggio attaccato ad esso: “Beh, era parecchio tempo che non usavo più questo switch di rientro…Ovvio che non me ne ricordassi!” (*Se anche voi non ne portate memoria, vi consiglio di leggervi PKNA#24: “Crepuscolo”)
“Insomma, volete spiegare anche a me?” Disse l’altro Pikappa, agitando le braccia. Però, erano proprio uguali! Persino il carattere era estremamente simile…
Ricolmo d’orgoglio per avere la risposta pronta, il Nostro mostrò una certa superbia verso l’altro sé stesso. Indicò di nuovo lo scudo, dicendo, con fare dotto: “Vedi, quando si viaggia in un’altra dimensione, per ritornare a casa è indispensabile sapere il proprio tracciato BIOCIBERNETICO…”
“Biocinetico…” Corresse prontamente Uno.
“Ehm… Biocinetico… Dicevo… Quest’apparecchio contiene il mio, e consentirà a me ed a chiunque mi stia attaccato di ritornare in questa dimensione.”
“Yawn… Finito?” Disse sbadigliando la copia.
L’intelligenza artificiale sorrise. Sotto ai suoi occhi c’erano due Pikappa: uno, l’originale, temprato dalle avventure che aveva vissuto e da tutti gli ostacoli che aveva dovuto superare; l’altro, di una qualche dimensione parallela, che probabilmente aveva passato il tempo a sgominare le solite bande di criminali di una Paperopoli decisamente più tranquilla di quella attuale…
Ed ora che li aveva lì, davanti ai sensori, poté davvero vedere come il suo alleato fosse divenuto più maturo, col tempo. Sì, ne era certo, ora: aveva fatto la scelta giusta a rivelare parte dei segreti della Ducklair Tower a Paperinik!
Cambiò immagine facciale, riprendendo un contegno: “Forza, Pikappa! Abbiamo poco tempo!”
L’eroe annuì: “Va bene, va bene! Vieni anche tu, Paperinik?”
Il sosia sussultò: “Eh?”
Il papero mascherato gli ammiccò: “Di che ti stupisci? Uno ha detto che sei un altro me, no? Quindi è giusto che ti chiami “Paperinik”…”
“No, non era quello che mi aveva lasciato perplesso. Perché dovrei venire con te?”
“Beh, mi sembra ovvio, no? Paperopoli è in pericolo!”
Il clone fissò altrove, portando le braccia dietro la schiena: “S-sì, però…”
Cadde un silenzio imbarazzante, che per fortuna durò poco: “Coraggio, socio! In marcia!” Disse Uno, per poi volgere per un attimo un’occhiata colma di perplessità verso l’altro Pikappa.
 
-Cieli di Paperopoli-
 
“Gulp! La situazione è peggio di quanto pensassi!” Esclamò il Nostro, in volo grazie al propulsore insito nello scudo. Davanti a lui, un panorama pressoché irreale. Sopra e attorno a Paperopoli si trovavano diversi dischi lievemente frastagliati nel bordo, disposti disordinatamente. Sembravano tanti piattelli da tiro, di dimensioni chiaramente variabili: ce n’erano alcuni grandi appena un metro, ed altri veramente enormi. La città, ovviamente, pareva nel panico. Per fortuna, almeno all’apparenza, non sembravano esserci dischi rasenti al terreno, come quello che l’eroe aveva chiuso, oramai qualche ora fa.
“E peggiorerà! Quindi, ti consiglio di sbrigarti ad entrare nell’altra dimensione. Piccolo appunto: scegli un buco dal quale riesci a vedere un panorama libero da ostacoli. Ti sarà più facile evitare di schiantarti, quando raggiungerai l’altro lato.”
“Ah, grandioso. Altre cattive notizie?”
Il supercomputer tacque per qualche secondo, per poi dire: “Sì. Non appena giungerai dall’altra parte, le comunicazioni saranno interrotte. Dovrai cavartela da solo…”
“Beh, mi farà bene agire un po’ per conto mio!”
Il papero scrutò ben bene gli squarci, scegliendo poi uno in cui era ben visibile un cielo limpido: sì, quello andava bene!
“Buona fortuna, Pikappa!” Riuscì a dire Uno, proprio mentre il suo alleato attraversava il limite tra le due dimensioni.
La testa verde si volse quindi verso il papero che era rimasto con lui, dicendo solamente: “Allora… Vediamo se riesco a farti ricordare altro.”
 
-Altra dimensione-
 
Non appena si ritrovò dall’altro lato, si sorprese per il caldo: “Puff! A saperlo, mi sarei vestito più leggero…”
Prese a guardarsi attorno: quel che credeva fosse un deserto, si dimostrò esserlo solo in parte. In verità, si trattava di una vasta fetta di terreno desolato, vicino al quale s’innalzavano, radi, vecchi ruderi e palazzi abbandonati da tempo. Una domanda iniziò a frullare nella testa dell’eroe: una domanda la cui risposta era difficile da accettare.
Uno aveva detto che si trattava di una dimensione parallela. Dunque, visto che si trovava nello stesso posto, ma in un universo diverso, quella era… la sua città?
Scese in picchiata, ritrovandosi in breve tempo a terra. Il contatto col terreno lo fece rabbrividire: sembrava proprio sabbia, eppure era scura, parecchio scura. Una lieve brezza fece scuotere il suo mantello, mentre il papero continuava ad osservare lo sfacelo attorno a sé, con estrema attenzione.
“Sarà bene che mi muova…” Si disse, per darsi coraggio. Guardò in alto: era pieno di quei dannati buchi dimensionali!
“Tsk!” Mise mano alla fondina, estraendo l’arma che gli sarebbe servita per chiudere tutti quei buchi. Quando la estrasse, parve avere solo il manico: tuttavia, non appena pose la mano sul grilletto, un’estensione uscì dalla pistola, mentre attorno ad essa andava assemblandosi la piccola parabola.
Fece un profondo respiro, attivando di nuovo il reattore dell’Extransformer. In breve tempo, si ritrovò in alto nel cielo, circondato da quei maledetti dischi. Si erano allargati? All’eroe parve proprio di sì.
“E va bene! E’ il momento di giocare al tiro al piattello!” Disse risoluto, sollevando la mancina così da prendere la mira.
-Vuuummm! Vuuummm! Vuuummm!-
Uno dopo l’altro, i vari fori andarono a richiudersi, scomparendo poco dopo. Era un lavoro duro, ma ce l’aveva quasi fatta!
 
-Qualche minuto dopo-
 
“Fiuuuuu!!! Ah, come mi mancano gli Evroniani… Almeno con loro c’era più gusto a sparare!” Si asciugò la fronte col torso della mano, guardandosi attorno. Ogni buco era chiuso, e la situazione pareva tornata alla normalità.
“Ecco fatto!” Esclamò soddisfatto. Chinò quindi lo sguardo sullo scudo, avvicinando il dito allo switch: “Ed ora, torniamo a casa!”
Si guardò attorno solo per un secondo, e la sua espressione mutò visibilmente.
Proprio mentre il papero si stava accingendo a premere il bottone di ritorno, qualcosa d’inspiegabile e decisamente seccante accadde.
“Sgrunt! Non è un buon segno…”
Rapidi, così come s’erano chiusi, i dischi dimensionali tornarono a riaprirsi, espandendosi fino a riprendere le dimensioni che avevano poco prima che Paperinik li richiudesse.
Sgranò ben bene gli occhi, così da inquadrare ben bene gli obbiettivi, mentre si faceva un po’ indietro: “Ok… Secondo tentativo!”
Sollevò di nuovo la pistola, prendendo a sparare ancora una volta contro le aperture che s’erano rigenerate.
-Vuuummm! Vuuummm! Vuuummm!-
“Krsk…Fermati, Pikappa! Brzz…E’ tutto inutile!”
Quella voce computerizzata… Era davvero lui?! Chinò lo sguardo sullo scudo, sobbalzando per la sorpresa: “Uno! Sei proprio tu?! Ma come, mi avevi detto che le comunicazioni non sarebbero state possibili!”
Una risposta gli giunse dallo scudo, e solo allora Paperinik si accorse di due particolari decisamente strani: nessuna immagine compariva sul minischermo, ed il tono di quella voce era parecchio disturbato.
“Brrzzgrzz… E’ bello sentire ancora la tua voce, socio. Vrskss… Vorrei poter credere che sei proprio tu, ma… Zzzrr… So bene che sei il Paperinik di un’altra dimensione. Frrkss…”
“Altra dimensione?! Aspetta, ma allora…” Pensò il papero, guardando il deserto che gli si stendeva davanti. Abbassò di nuovo lo sguardo sull’Extransformer: “Uno, forse puoi spiegarmi che cos’è successo, qua… La tua controparte credeva che fosse un problema della nostra dimensione, ma…”
Dopo qualche secondo di attesa, giunse la risposta: “Vrrzz… Sarebbe stata la mia stessa conclusione, se non avessi intercettato quel segnale. Grzzz…”
“Segnale? Quale segnale?” Gli enigmi a quanto pare non smettevano mai d’aumentare. Se non altro, però, quell’Uno sembrava sapere cosa fosse successo.
“Vnrrz…Il fenomeno non è naturale… Brgrzzzz… Sospetto che ci sia un qualche apparecchio che… Vrgrzz… produce queste onde.”
Il papero mascherato si grattò dietro la testa: “Di bene in meglio…” Pensò.
“E… Scusa una domanda, Uno. Se avevi questi sospetti, come mai non hai mandato me… –voglio dire- … la mia controparte a dare un’occhiata?”
Prima che la risposta giungesse, passarono diversi secondi: “Ehm… Uno?!”
In un antro tetro e buio, nascosta sotto alle macerie del centro città, che un tempo accoglieva palazzi altissimi, tra cui una certa torre, vi era una stanza sotterranea che pareva essersi miracolosamente salvata dalla distruzione che aveva praticamente annientato quella che un tempo era una florida cittadina. Al suo interno, macchinari e cavi un po’ dovunque occupavano l’ambiente, oltre a qualche raro detrito. Qui, ben ancorata al muro, c’era una sorta di piastra, collegata ad una serie di apparecchi che continuamente emettevano mille lucine. Questi, a loro volta, erano attaccati a giganteschi cavi della corrente, che si perdevano nel sottosuolo, attraverso giganteschi fori visibilmente rozzi, praticati sul pavimento stesso. Una lucina verde a intermittenza dominava il quadro comandi, una lucina da cui, per mezzo di uno speaker, il fioco suono di una voce poteva essere udito dall’eroe mascherato.
“Brrrzzgrz…Non ha potuto. Vrzzz… Così come non ha potuto difendere la sua città. Vgrrrzz… Ma non gli porto rancore: purtroppo non si può… Grrzzvrrr……fare nulla contro il destino… Vrrrzznn…”
“Io…” Bisbigliò Paperinik, ma venne prontamente interrotto.
“Vrrrz… Ora abbiamo cose più importanti da risolvere, Pikappa! Frrrzz… Posso guidarti fino all’origine del segnale, ma da lì dovrai cavartela da solo. Brrz…”
Com’era strana, quella situazione: l’eroe sentì una stretta al cuore, di fronte a quello spettacolo terribile che gli si mostrava senza alcun ritegno davanti agli occhi. Sentire inoltre quella tonalità di voce, oramai così naturale per lui, arrancare con tanta incertezza…
Cercò di ritrovare un contegno: non avevano tempo da perdere!
“Parlami, Uno…”
 
-Intanto, nella Ducklair Tower-
 
“Partita a dama?” Disse Uno, avvicinando in direzione del clone il tavolino da gioco.
Paperinik rimase in silenzio, scostandosi rapidamente, per poi andare a guardare fuori dalla finestra: “Come fai ad essere così tranquillo? L’hai mandato lì fuori, e lui non ci capisce niente di dimensioni parallele…”
“Non esserne così sicuro…” Disse il supercomputer.
L’eroe si volse, guardando la testa nell’ampolla con un espressione che la diceva lunga (-_-).
“Ok… Ne sei sicuro. Infondo, tu lo sai meglio di me…” Si corresse, per poi continuare: “Beh, se sei così preoccupato per lui, perché non vai a dargli una mano? Dopotutto, in teoria siete la stessa persona... Potrei fornire anche a te gli strumenti e le armi adatte.”
L’espressione del clone mutò, divenendo cupa: “No, Uno… Ti sbagli. Io… Non me la sento.”
Il papero digitale rimase in silenzio, attendendo che Paperinik gli desse qualche spiegazione in merito: “Io… sono solo un piccolo papero. Quel che sta succedendo è più grande di me e… ho paura…” Nel momento esatto in cui proferì quell’ultima parola, ebbe un ennesimo flash:
 
“Ho  paura…”
“E tu vorresti ritirarti per così poco?”
Si osservò: si trovava di fronte ad una vetrata. Quando andò a volgersi c’era… Uno?! Allora l’aveva già incontrato, in passato… Ecco come faceva a sapere il suo nome! L’architettura della stanza era la stessa di quella in cui si trovavano nella realtà, solo senza la vetrata.
La visione continuò:
“Poco? E’ tutto, Uno… Ma tu cosa vuoi capirne di sentimenti?”
 
“Argh!” Si chinò a terra, tenendosi la testa.
“Che ti succede, Pikappa? Ancora qualche altro ricordo?” Disse una testolina più piccola, comparsa lì vicino.
Lui si aiutò poggiando la mano sul muro, per poi rialzarsi… Per un secondo, ebbe la sensazione di sfiorare del vetro, al posto di quella ruvida superficie: “Sì… Se non altro, ora so di averti conosciuto, in passato.”
“è pur sempre qualcosa! I tuoi ricordi stanno lentamente riaffiorando.”
“Già… E ricordo anche… il Piano segreto. E’ qui sopra, vero?”
Questo era interessante. Dunque i ricordi del clone arrivavano almeno fino al primo incontro con Uno… L’intelligenza artificiale era combattuta: cosa fare? Infondo, era pur sempre Paperinik, no? Che importava se veniva da un’altra dimensione o meno… Era sempre il suo “socio”!
Le porte della stanza si aprirono, mentre in fondo al corridoio era ben visibile l’ascensore, aperto.
“Da questa parte, Pikappa!”
 
-Nello stesso momento…-
 
Grazie al propulsore dell’Extransformer, Paperinik poté attraversare senza problemi le strette vie che ancora erano rimaste intatte, nonostante la desolazione che avevano attorno. Qualcuna era bloccata da macerie, ma gli bastava salire un poco di quota per proseguire senza intoppi.
“Vrrrzz… Ora gira attorno a quel palazz-Vrgrrrvzzz… palazzo… Scusa… Brrzz…”
Un’ennesima occhiata verso lo scudo, mentre faceva come Uno gli aveva detto. Si ritrovò quindi di fronte ad altre macerie: “E adesso?”
“Vrrnzz… Controlla lì… Grrzss… Segnale… Crrrzz… forte…”
Gli occhi dell’eroe sondarono la zona, in cerca di una qualunque cosa potesse spiegare i buchi dimensionali. Certo, non aveva idea di che forma avesse, o di che cosa fosse… in qualche modo, però, la sua attenzione fu catturata da qualcosa che decisamente stava fuori posto. Essì, non ci voleva un genio per capire che l’apparecchio che si trovava a qualche metro di distanza da lui non faceva parte del “panorama”.
Era una sorta di fiore meccanico. Ecco, questa la definizione più appropriata. Era composto da uno stelo piuttosto robusto, di forma cilindrica che, salendo, si apriva in quattro bracci piuttosto appiattiti, proprio come dei petali. Al centro, infine, un globo che, continuamente, ondeggiava… Sembrava fatto d’acqua, a dire il vero.
Di fronte a ciò, Paperinik iniziò a chiedersi se fosse davvero quella l’origine del problema.
“Beh, direi che sto per scoprirlo!” Riassunse infine, sollevando lo scudo e preparandosi a sparare una bella laserata decisa.
“Grrrrzzz… No, socio! Brrzzz… Non così! Vrrnn…”
“Waaaahhh!!!” Spostò l’angolazione in tempo in tempo per evitare di colpire lo strano apparecchio. Un raggio di colore rosso partì verso il cielo, perdendosi all’orizzonte. Il papero mascherato si portò una mano al petto, riprendendo fiato: “Anf-anf… Ma sei matto?! Per poco… Anf… non mi prendeva un colpo…”
“Vrrrzzz…Perdonami, socio… Brrgzz… E’ solo che non è così che chiuderai i buchi Grrggsss… Se lo fai saltare, potresti far collassare il film dimensionale… Crrrzzz…”
Ripresosi dallo spavento, Pikappa disse: “Beh… E come potrei fare?”
Ancora un’altra manciata di secondi di silenzio assoluto. Ci metteva sempre più a rispondere…
“Brrzz… L’Extransformer. Csssggg…Il tasto vicino a quello del comando densomorfico… Brrgggzz… Premilo. Vrrnzz…”
Si grattò dietro alla testa: “Vediamo…”
E’ vero! C’era un tasto, proprio lì. Perché non se n’era mai accorto?
“Chissà che arma è… Mmm… Massì, dai! Io lo premo!” Pensò, portando la lingua al lato del becco.
Non appena fece ciò, un pezzo dello scudo parve staccarsi e finirgli in mano: era una zona rettangolare, dalla quale uscirono otto piccoli braccetti meccanici: sembrava un ragnetto, alla lontana.
“Wow! Che cos’è?”
“Crrrzzz… Granata a impulsi elettromagnetici. Bzzzz… Distrugge qualsiasi circuito elettrico su cui viene posizionata. Crrrzzz… Ha un timer base di 30 secondi, modificabile. Ma a te basteranno eccome, per allontanarti in tempo e tornare nella tua dimensione. Vrrrzz…”
La osservò ben bene, grattandosi nuovamente dietro alla testa, stavolta col pugno nero dello scudo.
“Non sapevo di possedere un’arma simile.”
“Frrzz… Ne deduco che tu non abbia mai finito di leggere il manuale d’istruzioni… Crrzzz… Neanche a distanza di tanto tempo… Frrzzz…”
Tanto tempo? Ora o mai più!
“A tal proposito, Uno. Mi spieghi che cos’è successo a Paperopoli? Perché non sono riuscito a proteggerla?”
Il silenzio questa volta durò parecchio. Quasi un minuto! Tempo che Paperinik utilizzò per posizionare il “ragnetto” su uno dei petali di quello strano apparecchio.
Ancora nessuna risposta: “Uno…”
“Vrrzz… E’ inutile che ti racconti di qualcosa che nella tua realtà non è mai successo. Vrrrzz… Premi il bottone sul dorso della granata e poi scappa, socio. Brrzz! Scappa, tornatene al tuo tempo! Cbrzzz…”
Rimase immobile a fissare lo scudo, quindi allungò la mano verso la granata. Diede una rapida occhiata al cielo: gli squarci dimensionali s’erano fatti davvero enormi, ed alcuni s’erano persino fusi assieme. Non restava più un secondo da perdere, dunque…
Premuto il tasto, le zampette della bomba si ancorarono saldamente al “fiore”, mentre essa si apriva, facendo comparire un timer.
-30…29…28…27…26…-
Attivata la modalità per il volo dello scudo, Paperinik si mosse rapidamente verso il disco dimensionale più vicino.
-25…24…23…22…21…-
Dall’altro lato, come poté ben vedere, c’era solamente il cielo… il cielo della sua realtà!
Attivò il comunicatore sullo scudo: “Uno… Grazie di tutto… Se il me stesso di questa realtà non ha mai avuto occasione di dirtelo, sappi che sei l’intelligenza migliore del mondo, e…”
-20… 19…18…17…16…-
Era arrivato sopra alle macerie, oramai si trovava parecchio in alto.
“Crrrzzz… Risparmia i complimenti e dimmi solo una cosa, socio: gli Evroniani… Sei riuscito a sconfiggerli? Brrrzzz…”
-15…14…13…12…11…-
Oramai era ben vicino al disco. Solo una manciata di metri e l’avrebbe attraversato… Chinò un’ultima volta lo sguardo sulle rovine: tutto ciò che restava di Paperopoli era proprio sotto di lui. Fu allora che, scrutando da così in alto, si accorse che persino la Ducklair Tower non esisteva più. Il punto esatto in cui si trovava oramai era un deserto di sabbia marrone. Strinse forte i pugni, prima di rispondere: “Sì… Io e te li abbiamo sconfitti, Uno. Con un pizzico di aiuto da parte di Xadhoom…”
-10…9…8…7…6…-
Chiuse gli occhi, volgendosi verso il disco ed aumentando la potenza del propulsore: voleva lasciare subito quella dimensione… La dimensione dove aveva fallito, dove non era riuscito nel suo intento…
-5…4…3…2…-
Proprio mentre stava per attraversare quella sottile membrana che separava le due realtà, aprì gli occhi. Uno gli stava rispondendo: “Brrzzz… Xadhoom?! Chi è Xad-“
-1…-
Il “ragnetto” meccanico emise diverse scariche, mentre dal fiore usciva del fumo. Il globo acquatico al centro collassò, per poi liquefarsi e finire a terra.
“Uno… UNO!!!” Mormorò Paperinik allo scudo.
“Che succede, Pikappa? Tutto ok?” Gli arrivò subito in risposta. No, non era più la voce dell’altro Uno… Era tornato nella sua realtà, adesso.
Si volse. Il disco si chiuse rapidamente alle sue spalle, scomparendo così com’era comparso.
Un senso d’inquietudine lo assalì. Non era facile accettare il fatto che il destino di quell’altra realtà fosse irrimediabilmente segnato… Chinò lo sguardo: sotto di sé, Paperopoli s’era appena illuminata della luce del sole, anche se era ancora presto. Che ore saranno state? Non gli importava…
Un sorriso gli si stampò sul becco, a quel punto, e l’inquietudine sparì: la sua città era salva, era riuscito a proteggere la sua VERA città…
“Sì… Missione compiuta, Uno!”
 
-Ducklair Tower-
 
Rientrò nella torre da uno dei gargoyles del tetto. Quello più vicino a lui si aprì, permettendogli di entrare. Probabilmente qualcUno si era accorto del suo arrivo.
Giunto nel piano segreto, si tolse la maschera. Si poggiò quindi al muro, chiudendo gli occhi ed ansimando un poco.
“Tutto ok, Pikappa?”
Quella voce… E dire che l’aveva sentita giusto pochi minuti fa. Stava per dire qualcosa, ma si interruppe subito. C’era qualcun altro, nel Piano segreto.
Sussultò: “Gasp! E lui cosa ci fa, qua?” Disse fuori di sé, indicando col dito il suo clone che, in abito da Paperino, se ne stava bellamente seduto a giocare a dama con una testa verde decisamente più piccola dell’originale, che muoveva attraverso l’uso di mani robotiche.
“Beh, i ricordi hanno ricominciato ad affiorare… E visto che portava memoria del Piano segreto, ho pensato che condurlo qui lo avrebbe aiutato a ricordare…”
“E così è stato! –intervenne il clone- Ora ricordo parecchi particolari. Per esempio, so che Uno fa delle frittelle niente male… Eheh!”
Uno sorrise: “Già… Per esserne sicuro, però, ha pensato bene di fare il bis.”
Mentre i due scherzavano tra di loro, l’eroe poggiò il gomito al muro, passandosi la mano dietro alla testa e prendendo ad osservarli: in un certo senso, gli sembrò di rivedere sé stesso, ai tempi in cui il legame con Uno non era ancora così ben consolidato. Un tuffo nel passato che gli fece senz’altro bene. Poggiò la maschera su un ripiano, avvicinandosi: “Mmm… Io però ho ancora qualche dubbio, in proposito! Ehi, socio: che ne diresti di farne una bella porzione anche per me? Richiudere buchi dimensionali mette fame!”
 
Epilogo:
 
-Paperopoli, prime ore del mattino-
 
Paperinik raccontò ad Uno di aver ricevuto aiuto dalla sua controparte, nell’altra dimensione, ma non aggiunse altro. Non seppe perché lo fece, perché nascose al suo amico quel che aveva visto e sentito, in merito… Forse, semplicemente, anche lui voleva lasciarsi quella storia alle spalle, dimenticare. Il supercomputer, dalla sua, comprese che il papero gli stava nascondendo qualcosa, ma decise di non insistere: oramai lo conosceva fin troppo bene.
Ci pensò il clone a distogliere l’attenzione dei due. Dopo tutto quel che era successo, ancora pieni di domande riguardo al suo arrivo nella loro realtà, dovettero accettare il fatto di non poterlo tenere rinchiuso. Dopotutto, non aveva fatto nulla di male e, come se non bastasse, era una sua libera scelta.
“Dovrai rimanere qui, fino a che non troveremo il modo di rimandarti nella tua dimensione.” Gli aveva detto Uno. Già, non potevano più usare l’Unità cronale, visto che s’era scaricata con l’ultimo viaggio che Paperinik aveva fatto per riportare a casa Urk…
Ad ogni modo, una soluzione momentanea s’era trovata…
Paperino si trovava di fronte all’entrata di un palazzo da lui ben conosciuto: lì, un tempo, ci abitava una certa amica… Poggiava il posteriore sullo sportello della sua amata 313, con lo sguardo perso ad osservare il grande edificio. Quando lo calò in basso, i suoi occhi s’incrociarono con quelli di un altro papero. Esso aveva la sua stessa corporatura: non fosse stato per gli abiti diversi, i capelli biondi ed un paio d’occhiali da sole, si sarebbe detto che fossero la stessa persona.
“Allora… Sei proprio convinto di ciò che fai?” Disse ad un certo punto, trattenendo uno sbadiglio. Aveva proprio bisogno di dormire, visto tutto quello che era successo il giorno precedente.
L’altro rimase in silenzio qualche secondo, prima di rispondere: “Sì. Questa è la tua città, il tuo mondo… Ho già invaso la tua vita una volta, ora è giusto che me ne costruisca una nuova… una MIA!”
Calò di nuovo il silenzio. Ad un certo punto, a Paperino scappò da ridere.
“Mpf! Ahahahah!” Si tenne una mano sulla fronte, sghignazzando di gusto.
L’altro non capì il perché di quell’ilarità, e dunque ovviamente chiese: “Che c’è da ridere?”
Asciugatosi le lacrime, il papero rispose: “Nulla, nulla… E’ solo che con quella ciocca bionda ricordi terribilmente il cuginastro! Ahahah!”
Battuta decisamente azzeccata. Il clone, all’inizio stizzito, pian piano si lasciò andare anche lui in una risata liberatoria, spezzando la tensione che aleggiava nell’aria.
Ripreso il contegno, Paperino si volse, prendendo con la mancina una busta dal sedile della macchina. La aprì, porgendone il contenuto al papero. Erano una piccola chiave e diversi documenti. Ovviamente, falsi.
“Molto bene. Questa è la chiave del tuo appartamento: i primi tre mesi sono già pagati. Trattalo bene, mi raccomando. Ah, ed eccoti anche un po’ di contanti, nell’attesa che ti rimediamo un posto di lavoro.”
“Grazie. Piuttosto, perché proprio questo palazzo?”
Il papero sorrise: “E’ qui che hai ripreso conoscenza, no? Uno è convinto che, facendoti vivere proprio nell’appartamento di Lyla, probabilmente i ricordi torneranno prima.”
L’altro Pikappa osservò a lungo il palazzo, per poi dire: “Prima o poi dovrai raccontarmi un bel po’ di cose… A cominciare dai tuoi rapporti con questa Lyla… Non è che hai tradito Paperina, vero?”
Il Nostro guardò altrove, sorridendo: “Sai che non lo farei mai.”
Il clone si volse, entrando nel palazzo: “A presto, Paperino.”
L’eroe sollevò la destra: “A presto, Paperino!”
“No…” Gli giunse in risposta dall’altro.
“No?!” Non capiva il perché di quell’affermazione.
Il papero biondo ritornò sui suoi passi, avvicinandosi a lui e porgendogli il documento d’identità.
“Ora è questo il mio nome. E’ meglio per te e, in un certo senso, è meglio anche per me…”
Paperino chinò lo sguardo, leggendo le lettere stampate vicino alla foto e sussurrandole a mezza voce: “Quackmore… Coot…”
Un sorriso gli giunse dal clone, prima che i due incrociassero lo sguardo.
“Il nome di papà… ed il cognome di Nonna papera?”
L’altro annuì con decisione: “Già. Da uno ho… ABBIAMO ereditato il nostro carattere “particolare”… l’altra ci ha cresciuti come una madre. Mi è sembrato il minimo!”
Cadde nuovamente un silenzio imbarazzante. Ecco, ora Pikappa avrebbe proprio voluto che qualche alieno\minaccia strana cercasse di distruggere Paperopoli... Ora, prima che avesse mostrato un lato un po’ meno “eroico” del suo carattere…
Comprendendo forse lo stato d’animo della sua controparte, il clone afferrò l’unica valigia che aveva, entrando nel palazzo: “E comunque non somiglio a Gastone!” Disse con una finta faccia imbronciata.
A quelle parole, le lacrime che stavano per uscire dagli occhi di Paperino parvero tornare indietro, sostituite da un ennesima risata: “Ahahah! Suvvia, basterà cambiare pettinatura. Ci vediamo, Quackmore!”
Detto questo, saltò in macchina, sgasando ed allontanandosi dal luogo.
Quando entrambi si trovarono ad una certa distanza, poterono finalmente dar sfogo alle loro emozioni: Paperino si asciugò una lacrima, proprio quando oramai era giunto di fronte alla torre, mentre il clone si lasciò andare subito dietro all’uscio della sua stanza.
C’erano giorni, nella vita di un supereroe, che iniziavano con un fatto increscioso, e potevano concludersi nel migliore dei modi, anche se con un leggero retrogusto amaro in bocca. Quello era uno di quei giorni…
 Il papero vestito da marinaretto parcheggiò davanti casa. Nei suoi pensieri, la giornata che si trovava davanti: sarebbe sprofondato nel suo bel lettuccio e, il giorno successivo, avrebbe portato  finalmente Paperina e nipoti al tanto agognato picnic.
Intanto, all’interno della Ducklair Tower, un certo kiwi aveva già preparato una bella pila di cassette varie ed eventuali.
“Che combini, Angus?” Gli aveva chiesto qualcuno della Direzione, vedendolo bello spaparanzato su una sedia.
Ed il reporter, con un ghigno ben stampato sul viso, disse solo: “Attendo che arrivi il fattorino. Questi servizi sullo strano fenomeno di stanotte vanno catalogati dalla A alla Z. Igh!Igh!”
“Se ti riferisci a Paperino, oggi non verrà.”
“Eeeeh?” Sussultò, cadendo dalla sedia e portandosi dietro tutta la pila di cassette.
Camera 9 sbucò di lì a poco, sollevando le braccia e facendo spallucce: “Rassegnati, Angus. Oggi ti toccherà sgobbare.”
 

-Fine-
  
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