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Autore: EvgeniaPsyche Rox    27/05/2012    12 recensioni
Insomma, il suo vero problema non era quello; oh, no. Assolutamente no.
C'era ben altro che aveva sempre minacciato la sua tranquilla vita.
E questa minaccia aveva un nome ben preciso: latino.
Roxas non riusciva proprio a capacitarsi l'esistenza di una materia così inutile, stupida e, soprattutto, che era in grado di rincoglionirgli completamente il cervello; quando si era iscritto alle superiori aveva trovato piuttosto interessante l'idea di studiare una lingua morta, ma presto si era accorto che era stato tutto un fottutissimo errore.
Genere: Comico, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Axel, Roxas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
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Latinorum.

 

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In realtà a Roxas la scuola non era mai dispiaciuta.
Certo, era una faticaccia svegliarsi ogni stramaledetta mattina alle 06.15 -Dato che abitava in culo ai lupi, come diceva Hayner- e cercare di non perdere l'autobus; ma, insomma, tutto sommato non se la passava male.
Indossava la sua uniforme scolastica accuratamente lavata e stirata ogni giorno da sua madre, arrivava a scuola, chiacchierava con i suoi amici e sentiva gli svariati commenti delle ragazze su quanto fosse tenero e adorabile con quel musetto da micio.
Un pò troppo esile -Gli avranno chiesto sì e no una ventina di volte se fosse mai stato anoressico o qualcosa del genere, ottenendo come risposta da parte del biondo il dito medio in bella mostra-, e basso, terribilmente basso; questo era sicuramente il suo difetto peggiore.
Aveva diciasette anni compiuti da circa tre mesi, ma tutti gli davano quindici anni -Anche quattordici, a seconda della clemenza delle persone- e tutto ciò era a dir poco imbarazzante, se non spossante e fastidioso per il diretto interessato.
«Sarà una crescita ad effetto ritardato.», aveva cercato di consolarlo il suo migliore amico con un mezzo sorriso dipinto sul volto, nonostante si vedesse chiaramente quanto fosse divertito.
«Ma vaffanculo Hayner; a te e a questa cazzo di crescita ritardata.», si era limitato a ringhiare lui a denti stretti, mandandolo poi a quel paese ripetutamente.
Crescita ritardata, certo! Così come lui aveva un ritardo al cervello.
Ma, alla fine, non era poi così male essere bassi; spesso riusciva ad entrare gratis nei Luna-Park o nei parchi acquatici e questo era sicuramente un bene.
Insomma, il suo vero problema non era quello; oh, no. Assolutamente no.
C'era ben altro che aveva sempre minacciato la sua tranquilla vita.
E questa minaccia aveva un nome ben preciso: latino.
Roxas non riusciva proprio a capacitarsi l'esistenza di una materia così inutile, stupida e, soprattutto, che era in grado di rincoglionirgli completamente il cervello; quando si era iscritto alle superiori aveva trovato piuttosto interessante l'idea di studiare una lingua morta, ma presto si era accorto che era stato tutto un fottutissimo errore.
Odiava a morte il Martedì e il Venerdì, i due giorni in cui quell'obesa della sua professoressa di latino varcava la soglia della classe, pronta ad interrogare qualche vittima e ad andare avanti nella spiegazione; con quegli occhi piccoli e lo sguardo da castoro, scrutava con estrema attenzione ogni singolo studente, divertendosi poi ad estrarre sadicamente il prescelto con dei bigliettini.
«Roxas Sparks.», e, quando sentiva pronunciare il proprio nome da quella specie di reincarnazione vivente di Satana, si irrigidiva, sentendo il proprio cuore battere furiosamente.
«Buona fortuna.», gli sussurrava poi Olette che si sforzava di sorridere, nonostante fosse a conoscenza della sua ignoranza abissale nella materia.
Fortuna? Si ripeteva poi mentalmente, qui ci vuole un miracolo divino.
E a quel punto gli sembrava di stare in una soap opera.
La prima parte dell'interrogazione non era poi così tragica: la professoressa chiedeva semplicemente di tradurre la versione assegnata di compito -Che lui, prontamente, aveva scaricato da Internet- e quindi se la cavava.
Il problema arrivava dopo; partivano domande di grammatica e il suo cervello si svuotava completamente -Infatti, in quei momenti, si ricordava di essere fratello di Sora.
«Allora? Parlando di analisi logica, che cos'è?»
E Roxas osservava la frase di fronte a sé, sforzandosi in ogni modo di tirare fuori una risposta accettabile; eppure tutto quello che gli veniva in mente era la sigla di Spongebob, le notizie ascoltate il giorno precedente al telegiornale, la bontà dei dolci della pasticceria vicina a casa sua e la storia della crescita ad effetto ritardato.
Il fatto è che a lui non fregava assolutamente niente se quella parola si trovasse in caso nominato o accusativo; sicuramente avrebbe preferito fare altro nella vita piuttosto che tradurre delle versioni che non facevano altro che parlare di Cicerone, dei Romani e della guerra di Troia.
«Perfetto del verbo laudare. Forza.»
L'unica cosa veramente perfetta sarebbe stata abolire definitivamente quella dannata materia che gli faceva venire gli incubi di notte.
«Sparks, io non so cosa dirti: non capisco a cosa sia dovuto il tuo blocco su questa materia.», gli ripeteva ogni santa volta la professoressa, scrivendo con la penna rossa un quattro e mezzo regalato accanto al nome dello studente.
«Secondo me da piccolo ho avuto qualche trauma riguardante il latino.», aveva azzardato il biondo in mensa, seduto accanto all'amico intento a divorare il panino di prosciutto a tre strati.
«Probabile.», annuì Hayner con la bocca piena. «Magari per caso hai visto un film porno in latino che ti ha portato ad odiare la materia, oltre a bloccarti la crescita.»
Ogni fottuto estate si ritrovava ad andare in spiaggia con il libro di latino in mano; ovvio, alla fine a Settembre l'esame andava bene, ma era una vera scocciatura.
Non potevano di certo bocciarlo, dato che nel resto delle materie era praticamente impeccabile.
«Ho un piano.», il suo migliore amico, dondolandosi sulla sedia in camera sua, faceva finta di leggere il libro di storia.
«E sarebbe?»
«Per essere perfetto in tutte le materie e farmi comprare un nuovo computer dai miei potrei diventare transessuale e farmi donna: mi farò una quinta di seno e terrò le gambe perennemente aperte. Scommetto che di matematica e di inglese avrò subito un nove spaccato.»
Il suo interlocutore aveva invece sollevato un soppraciglio. «E con le altre professoresse?»
«E' qui che entrerai in gioco tu con il tuo bel faccino.»
«Hayner, smettila di sparare minchiate e piuttosto studia come fa la gente normale.», e, dopo averlo rimproverato, Roxas era tornato a svolgere le proprie equazioni.
Uno dei misteri più grandi dell'Istituto era proprio come diavolo aveva fatto Hayner a non essere stato bocciato nemmeno una volta; c'era chi diceva che in realtà lui era un mago in grado di ipnotizzare i professori e obbligarli a promuoverlo; c'era chi diceva -Soprattutto quelli di seconda e di terza- che in realtà era stato adotatto e che il suo vero padre era il preside; c'era chi invece affermava che forse lui faceva parte della mafia e che minacciava i professori di fargli passare l'anno con un fucile calibro sessanta.
Ma Roxas sapeva perfettamente che quelle erano tutte un ammasso di stronzate: la risposta stava semplicemente nella villa a tre piani che possedeva e, soprattutto, nei numerosi verdoni che venivano ospitati allegramente nelle tasche dei suoi genitori.
Quindi non aveva alcun bisogno di diventare transessuale e farsi donna.
Comunque, tornando al dilemma della vita del giovane studente, durante la verifica era un vero e proprio dramma degno del Titanic; con lo sguardo vagante per la classe e l'aria disperata, già tradurre il titolo della versione che si ritrovava sotto il naso diveniva un'impresa pressochè impossibile.
Dopo aver sfogliato il dizionario per un'ora buona, cercando di capire il significato della parola familias, si accorgeva con enorme terrore di avere ancora dodici righe e mezzo da tradurre in meno di trentacinque minuti.
«Pss...Pss...», cercava quindi di attirare l'attenzione di Hayner che era intento a cercare di spostare la lancetta dell'orologio appesa al muro con la forza del pensiero. «Mh?»
«Hai tradotto la quart'ultima frase?», chiedeva mimando; e, a quel punto, partiva la sfida per cercare di far capire al compagno che cosa stava chiedendo.
«Eh? Ho rotto il quartiere francese?», fece lui, porgendo l'orecchio con aria perplessa; Roxas allora si tirava una manata in faccia, ripetendo almeno una quindicina di volte la domanda: e, non appena l'altro riusciva finalmente a capirla, la campanella suonava, annunciando lo scadere del tempo.
La cosa più triste era che poi, alla fine, Hayner aveva solamente scritto il proprio nome e cognome sul foglio, annunciando che aveva completato il resto del compito con un inchiostro invisibile e che non era colpa sua se i professori non riuscivano mai a vederlo.
Leggendo il secondo capitolo de 'I Promessi Sposi', Roxas si era accorto di compatire perfettamente il giovane Renzo che, di fronte alle scuse di Don Abbondio, aveva esclamato che non se ne faceva nulla del suo latinorum; ecco, lui avrebbe voluto dire la stessa identica cosa alla sua professoressa, ma sapeva che, se non voleva fare un'allegra passeggiata dalla preside, sarebbe stato meglio chiudere la bocca.
Parlando invece degli esercizi in classe, la situazione non cambiava poi molto; quando l'insegnante sceglieva un esercizio che riguardava l'argomento appena spiegato, tutto quello che lui riusciva a dimostrare era che era un asino patentato in quella materia. Come se il resto della classe -Se non dell'Istituto intero- non lo sapesse già.
Stava iniziando seriamente a pensare di farsi una giustificazione medica che lo avrebbe esonerato dalla lezione:
Il giovane Roxas Sparks non puo' partecipare alla lezione a causa di problemi di nausea a contatto con la materia stessa.
A metà anno tutta la scuola stava parlando di una dolce attesa da parte dell'insegnante di latino; Roxas, invece, si ostinava a ripetere che fosse semplicemente ingrassata di altri cinque chili.
Eppure non era così. Quella donna su cui lui e Hayner si erano divertiti a prendere diabolicamente in giro, parlando della sua vita sessuale praticamente inesistente, era incinta.
«Ed è proprio per questo che andrò in maternità e non sarò più presente, purtroppo.»
«Purtroppo.», aveva sottolineato il biondo con un sorrisetto ironico dipinto sul volto, osservando poi l'espressione allegra di Hayner che sembrava voler tirare dei coriandoli da un momento all'altro per festeggiare il memorabile evento.
E ora, con il cellulare tenuto premuto tra l'orecchio destro e la spalla e i pop-corn in mano, gli occhi puntati verso la tv, Roxas stava chiacchierando animatamente con il suo migliore amico.
«Hanno detto che il supplente sarà un uomo.»
«Mi auguro che tu non intenda tirare nuovamente fuori la storia del diventare transessuali.», lo prese allegramente in giro il biondo, soffocando una mezza risata.
«Nah, con i supplenti non c'è n'è alcun bisogno. Sono degli sfigati del cazzo. Magari con lui riuscirò anche ad avere un sei, tu che dici?»
«Me lo auguro. Ma ricorda che, quasi sicuramente, lui starà insieme a noi fino all'anno prossimo.»
«Poco importa. Resta pur sempre un supplente, no?», domandò retoricamente il pigro studente, intento a giocare con i videogiochi. «Sto per battere il mio record; ci si sente domani, vecchio lupo di mare.»
Roxas sospirò di fronte ai suoi strani appellativi. «A domani, coglione.»
Si immaginò l'altro mandarlo a 'fanculo mentalmente e chiuse la chiamata.
Per una volta non avrebbe sognato la professoressa trasformarsi in un mostro marino pronto a sbranarlo con la terza e la quarta declinazione.
E, infatti, il giorno successivo, alla seconda ora, sembrava essere particolarmente di buon umore, al contrario delle volte precedenti; sorrideva più del solito e continuava a ripetere di quanto fosse bella la vita senza quell'obesa -Ora perfino incinta- della sua professoressa.
La campanella interruppe finalmente la monotona lezione di matematica, costringendo così il professore a chiudere il libro e ad uscire velocemente dall'aula con aria spossata; la classe scoppiò quindi nel solito caos caratteristico dei cambi dell'ora, aggiunta alla curiosità di sapere chi fosse il nuovo supplente.
Roxas fece per voltarsi verso il suo migliore amico, quando un astuccio lo colpì in faccia, facendogli così quasi perdere l'equilibrio; si aggrappò alla cattedra e lanciò uno sguardo omicida ad Hayner che sventolava allegramente la mano dall'altra parte della classe, chiedendogli umilmente scusa.
«Ma sei fuori di testa?!», iniziò a tuonare il biondo, gesticolando animatamente ed indicando il bernoccolo che si era formato sulla fronte. «Stavi quasi per ammazzarmi, razza di-», e, proprio mentre stava per terminare la frase con un elegante insulto, lanciando a sua volta l'astuccio come vendetta, sentì una mano avvolgergli prontamente il polso.
«Ah, ah, ah. Non si fanno queste cose.», un'improvvisa voce bassa e rassicurante creò un immediato silenzio nella piccola aula e ogni studente si affrettò a tornare al proprio posto, scrutando con estrema attenzione l'uomo che aveva appena varcato la soglia: capelli rossi come il fuoco che sfidavano qualsiasi forza di gravità, un sorrisetto sghembo dipinto sul volto caratterizzato da un paio di occhi verdi e felini circondati accuratamente da un filo di eye-liner e, sotto di essi, due strani tatuaggi viola che sembravano lacrime capovolte.
Al contrario, l'abbigliamento gli dava sicuramente un'aria più professionale; pantaloni aderenti di colore blu scuro, una giacca di seta del medesimo colore che mostrava una parte della camicia bianca che aveva sotto, il tutto accompagnato da una cravatta a righe.
Il biondo, dopo lo stupore iniziale, sibilò qualcosa a denti stretti e spostò con violenza il braccio dall'altro, affrettandosi a tornare al proprio posto con aria estremamente scocciata; nel frattempo il nuovo arrivato soffocò una risata divertita e iniziò a parlare: «Salve ragazzi. Io sono Axel, Axel Stoner; memorizzate bene il mio nome, perchè sarò il vostro nuovo insegnante di latino.»
E Roxas lo odiò immediatamente a morte.
Era irritante il modo in cui si rivolgeva alla classe, con il tipico narcisismo di un ventitreenne in grado di far cadere ai suoi piedi le giovani ragazzine di tutta la scuola; chissà perché, infatti, esse avevano iniziato a considerare il latino come la loro materia preferita.
«Secondo me ha stile.», Hayner annuì, chiudendo gli occhi e dondolandosi sulla sedia, sotto lo sguardo irritato del compagno. «Ma che cazzo stai dicendo?! E' un pagliaccio!»
«Ma dai, hai visto i suoi tatuaggi? Sono fighi! », commentò l'altro, incrociando le braccia. «E poi, tutto sommato, spiega bene. Grazie a lui ho finalmente capito la quinta declinazione. »
«Se stai diventando finocchio, stammi lontano.», ringhiò con acidità il giovane dagli occhi blu, alzandosi di scatto e facendo per andarsene, quando si scontrò con un'imponente figura; dopo aver barcollato un pò, alzò appena gli occhi e si tuffò negli smeraldi del professore che stava sorridendo allegramente.
«Parlavate forse di me?»
Se c'era una cosa che Roxas detestava immensamente di quell'uomo era proprio il fatto che sbucava nelle situazioni più improponibili; durante la ricreazione, mentre prendeva qualcosa da mangiare alle macchinette, in mensa... Perfino fuori dalla scuola! Diamine, se lo ritrovava sempre in mezzo ai piedi; neanche avesse addosso chissà quale calamita attira-pagliacci.
Quando tutta la scuola era impegnata a chiedersi se il professor Stoner avesse i capelli tinti o naturali, lui invece si domandava perché si sentiva trattato in maniera diversa da quest'ultimo; insomma, ogni volta che lo incrociava per i corridoi, gli scompigliava giocosamente i capelli, gli tirava una pacca sulla spalla o alzava la mano in cenno di saluto con un allegro sorriso dipinto sul volto.
Con gli altri non si comportava così e questo l'aveva notato da poco; anzi, sembrava particolarmente infastidito dal fatto che le studentesse continuassero a gironzolargli intorno come delle pazze assatanate.
E forse tutto ciò, nel suo intimo, lo lusingava un pò.
No, non era assolutamente così.
La verità era che lo infastidiva e basta.
Però, effettivamente, ciò che lo infastidì davvero quel giorno fu il suo migliore amico; aveva passato la lezione di italiano a chiamarlo da una parte all'altra dell'aula, chiedendogli che cosa avrebbe fatto durante il pomeriggio e se potevano uscire a prendersi un gelato.
«Ma non me lo puoi chiedere quando siamo fuori dalla scuola?!», aveva poi urlato sull'orlo di una crisi isterica, alzandosi in piedi e ottenendo così l'attenzione di tutta la classe e in particolare della professoressa che stava scrivendo alla lavagna. «Bene, signorino Sparks, siccome ha tanta voglia di rimanere in piedi e di muoversi, oggi resterà un'ora in più a scuola a pulire le aule di questo piano.»
Roxas aveva guardato in cagnesco il compagno che aveva mostrato le mani con aria innocente, maledicendolo in tutte le lingue che conosceva -Tranne, ovviamente, il latino- e si era seduto: ecco, almeno sapeva che non sarebbe potuto uscire a prendersi un fottuto gelato.
Infatti alle diciassette si ritrovò a pulire il pavimento della propria classe, continuando ad imprecare ad alta voce su quanto detestasse la propria vita, il latino e, soprattutto, Hayner; infilò la scopa dentro il secchio pieno d'acqua e riprese a passarlo lungo le piastrelle, sbuffando ripetutamente.
«Ma guarda un pò chi si vede», si voltò di scatto, notando una presenza a lui poco gradita. «Il mio studente preferito tutto solo soletto.», commentò con un'allegra cantilena l'uomo dai capelli fiammeggianti, entrando nell'aula per poi sedersi su un banco, accavallando le gambe con un sorrisetto ironico dipinto sul volto.
La giornata non poteva andargli peggio.
Roxas ringhiò qualcosa a denti stretti, mordendosi la lingua nella speranza di non mandarlo bellamente a quel paese. «Devo pulire le aule.»
«Punizione?», azzardò con aria divertita il professore, sollevando un soppraciglio.
«Già.»
«Oh, povero piccolo.», lo prese sarcasticamente in giro il fulvo, incrociando le braccia e ottenendo un'occhiataccia nascosta da parte del biondo che si voltò, riprendendo il proprio massacrante lavoro.
«Vuoi che ti dia una mano?», interruppe nuovamente il breve silenzio il più grande, scendendo con un balzo dal banco.
«Mi farebbe un'enorme favore.», brontolò il giovane dalle iridi blu, indicando con un cenno della testa il corridoio. «Dovrebbe esserci un'altra scopa in bidelleria.»
L'altro scosse la folta chioma fiammeggiante con aria divertita. «Non servirà.»
«E allora come ha intenzione di aiutarmi?», chiese di rimando Roxas, iniziando immediatamente ad irritarsi dal comportamento ambiguo dell'uomo che scoppiò in una grassa risata con l'aria di chi la sa lunga. «Non ti piace proprio il latino, non è vero, Roxas?»
Il diretto interessato si voltò con un'espressione accigliata, perplesso dal fatto che lo abbia chiamato per nome. «No, ma questo che diavolo c'entra?»
L'insegnante continuò a sorridere beffardemente, facendo un passo in avanti verso lo studente che, nel frattempo, strinse con forza la scopa, quasi fosse pronto a difendersi in qualche modo.
«C'entra, c'entra.», fece improvvisamente il rosso con le iridi smeraldine splendenti di uno strano luccicchio, avvicinandosi ulteriormente all'altro, il quale indietreggiò a sua volta, finendo con le spalle contro la gelida parete; rabbrividì e sentì la calda mano dell'uomo posarsi sulla sua, costringendolo a lasciar cadere la scopa per terra con un tonfo.
«Sono molto felice di averti incontrato, sai, Roxas?», domandò retoricamente l'insegnante, appoggiando un braccio accanto al volto terrorizzato del biondo che non riusciva ad emettere alcun suono.
«Oh, ma cos'è questo faccino impaurito?», continuò a chiedere il rosso, afferrando il mento dell'alunno con l'altra mano. «Non avevi bisogno di una mano a scopare?»
Roxas sgranò istintivamente le iridi blu, afferrando in un lampo il concetto ambiguo che aveva l'altro di quel termine; ma, prima di poter dire qualsiasi cosa, sentì le proprie labbra innumidirsi non appena vennero a contatto quelle del fulvo che aveva socchiuso gli occhi.
Cavolo.
Eppure era piuttosto sicuro di non essersi fatto donna.
Si irrigidì completamente, senza avere il coraggio di parlare nè di muoversi in nessun modo - Soprattutto perchè aveva il corpo schiacciato tra il muro e il peso dell'altro - ; tremò appena quando l'uomo iniziò a mordicchiargli giocosamente il lobo dell'orecchio, sussurrandogli: «Scommettiamo che ti trasformerò in un piccolo genio del latino? Magari inizierà perfino a piacerti, chissà.»
Spesso si chiedeva come diavolo aveva fatto a cacciarsi in una situazione così surreale e imbarazzante, ma, alla fine, non ci faceva più neanche caso.
Con le gote arrossate e il respiro affannato, talvolta si stringeva un poco al petto caldo di Axel, alzando timidamente le iridi blu cobalto. «Perché proprio io?»
E lui gli scompigliava i capelli con un sorriso soddisfatto sul volto, baciandogli appena la fronte. «Non lo so. Probabilmente la tua bellezza angelica ha fatto effetto anche su di me. Dovresti sentirti onorato, sai?»
In quei momenti si sentiva sempre un pò checca. Anzi, molto probabilmente lo era.
Soprattutto quando lui lo invitava a casa sua; quando lo faceva sdraiare delicatamente sul letto e gli sbottonava la divisa scolastica senza vergogna, baciandogli nel frattempo il collo.
Non sapeva mai che fare ed era come se qualcuno avesse rissucchiato via tutta l'ironia e la durezza che lo caratterizzavano.
Si sentiva tremendamente piccolo di fronte al corpo nudo e ai pettorali scolpiti del fulvo che poi si coricava sopra di lui, senza smettere di torturare le sue labbra sottili che amava tanto.
Però alla fine, se ci pensava bene, non era così male.
Anzi.
«Domani ti interrogherò, piccoletto.», gli sussurrò soffiandogli accanto all'orecchio, avvolgendo i suoi fianchi tra le proprie braccia. «Sulla scrivania hai tutte le domande che ti farò e le risposte. Preparati, mi raccomando.»
E in quei momenti non riusciva a soffocare una mezza risata. Prepararsi, certo.
Axel aveva sempre seguito le domande che gli scriveva sul foglio: solamente qualche volta faceva il sadico e gli poneva una domanda diversa, o posta semplicemente in maniera più complicata, mandandolo in crisi più totale.
«Sei uno stronzo!», aveva così tuonato una volta rimasti soli in classe, puntandogli il dito addosso con aria accusatoria. «Mi avevi promesso che-», ma non riusciva mai a terminare le proprie lamentele, perchè lui lo spingeva contro il muro e gli afferrava entrambi i polsi, appoggiando immediatamente le labbra calde sulle sue. «Scusa, piccoletto. E' che sei tremendamente eccitante quando ti guardi attorno con aria spaesata, alla ricerca di qualche suggerimento.», e ridacchiava appena, iniziando a spogliarlo lentamente.
«Suo figlio ha fatto un notevole miglioramento.», una delle scene più divertenti era sicuramente l'incontro tra i genitori di Roxas e Axel; quest'ultimo accennava un largo sorriso a trentadue denti, mostrando alla madre i voti del giovane che erano sempre dal sette in su.
«E' incredibile!», commentava così la donna con gli occhi luccicanti. «Finalmente non dovrà più passare l'estate a studiare! Gliel'avevo detto io che bastava un pò di impegno!»
«Già. Solo un pò di impegno.»
«La ringrazio di cuore, davvero.», e, prima che la donna abbandonasse l'aula, l'uomo, con un sorrisetto sghembo dipinto sul volto, la raccomandava. «La prego, mi saluti Roxas.»
Sbattè il foglio sulla scrivania del professore, alzando il tono della voce quasi fino a gridare. «E questo? Che cosa significa?!», trillò mostrandogli il cinque scritto in rosso sul compito svolto il giorno precedente. «Avevi detto che questa volta mi avresti dato anche nove!»
L'uomo non sembrò prestare particolare attenzione allo studente, continuando a correggere i compiti delle prime con aria concentrata. «Avevo detto.», si limitò a sottolineare, mandando in bestia l'altro che strillò: «Che cazzo vuol dire 'avevi detto'?! Axel, vaffanculo! Non aspettarti che io... Che io... », e abbassò improvvisamente la voce, sentendo le proprie guance andate a fuoco; storse il naso in una smorfia. «Sì, insomma, hai capito.»
«Che tu cosa?», lo sfidò il fulvo, alzando finalmente lo sguardo dai fogli.
«Che io venga a casa tua 'sta sera.», brontolò il biondo, voltandosi per poi allontanarsi velocemente verso l'uscita, quando venne improvvisamente fermato da una forte stretta al polso. «Axel, lasciami!»
Il diretto interessato sospirò, scuotendo la chioma rossa per poi afferrare il volto del giovane, chinandosi verso di lui per raggiungere la sua altezza. «Roxas, che cosa ti avevo detto riguardo quella ragazza? »
«Chi, Naminè?», chiese timidamente lo studente, stringendosi impacciatamente le spalle.
«Sì, lei. Cosa ti avevo detto?», ripetè la domanda l'uomo, osservandolo intensamente.
«Ecco, mi avevi detto che... Che non dovevo frequentarla perchè io le piaccio... »
«Esatto. E allora perchè ieri ti ho visto uscire insieme a lei, dopo scuola?», Axel sollevò un soppraciglio con aria rimprovera, costringendo il ragazzo a continuare a guardarlo nonostante l'imbarazzo. «E' che lei... Non c'era nessuno che l'accompagnava a ca-»
«Non mi interessa.», commentò aspramente il professore, stringendo la presa sul volto del biondo che socchiuse istintivamente un occhio.
«Axel, io...»
«Se oggi vieni a dormire da me, forse potrei anche cambiare quel votaccio.», bisbigliò improvvisamente il rosso, interrompendolo con un sorrisetto ambiguo dipinto sul volto per poi lasciarlo libero.
«Ma... E con i miei come faccio? »
Il diavolo dai capelli fiammeggianti fece spallucce, tornando a sedersi alla cattedra. «Non lo so, di' loro che vai a dormire da un amico.»
Roxas annuì appena, abbandonando poi la stanza prima di borbottare: «A dopo, allora.»
E, quando a fine anno strinse la sua pagella tra le mani, scrutando il nove cerchiato accanto alla voce 'latino', si disse che, forse, quel professore non lo detestava poi così tanto.
Anzi.
Ora trovava il latino una materia piuttosto affascinante.
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*Note di Rox'*
Cioè, Oh my God!
Va bene, ehm... Non ho la più pallida idea di come mi sia venuta in mente codesta storia. Anzi, in realtà sì; ho semplicemente pensato alla mia totale ignoranza nel campo del latino e ho deciso di ironizzarla un pò, infilandovi il nostro caro e vecchio Roxas insieme ad un Axel in versione professore.
Purtroppo non sono riuscita a continuare 'La Terra Di Mezzo' *Sbatte la testa contro il muro* ;_; Adesso, piuttosto, andrò finalmente a sistemare un pò il mio profilo. *Fiss*
Beh, comunque, mi auguro che alla fine la storia sia stata di vostro gradimento e, vi prego, se l'avete letta, commentate.
Siamo in un sito dove ci si deve confrontare e bla, bla, bla... *Non ha neanche voglia di ripetere le solite cose*
Well', adesso posso sparire di scena.
Alla prossima.
E.P.R.

 

   
 
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