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Autore: Hotaru_Tomoe    03/06/2012    6 recensioni
Pre-slash, post-Reichenbach, ambientata durante i tre anni in cui Sherlock si finge morto.
Sulle note della canzone di Yoko Kanno, John e Sherlock riflettono su tre semplici parole che non sono mai riusciti a dirsi.
Genere: Angst, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimers: Sherlock appartiene ad Arthur Conan Doyle, alla BBC e a Moffat/Gatiss. Insomma, a un sacco di bella e brava gente, ma non a me.
La canzone "Words that we couldn't say" fa parte dell'ost dell'anime di Cowboy Bebop, la musica è di Yoko Kanno e The Seatbelts ed è cantata da Steve Conte. Su Youtube si trova senza problemi.
Mio primo tentativo con una vera songfic. Non sono del tutto convinta del risultato, specie per quel che riguarda Sherlock che trovo un po' OOC, ma la canzone si adatta in modo diabolico e perfetto ai tre anni in cui lui si finge morto e il mio neurone si è messo in modo da solo. Blame it on him (semi-cit.)
 

 
WORDS THAT WE COULDN'T SAY

 
JOHN

 
We couldn't say them

So now we just pray them

Words that we couldn't say

Se qualche anno fa mi avessero chiesto "Preferisci avere rimorsi o rimpianti?" avrei risposto "Rimpianti." Perché il rimorso implica senso di colpa per qualche torto compiuto e io sono un medico, il buon samaritano per definizione: avere rimorsi mi sembrava l'antitesi di ciò che sono.
Se me lo chiedessero oggi, non avrei alcuna esitazione nel rispondere "Rimorsi." Vorrei tutti i rimorsi di questa terra per barattare questo dannato rimpianto che mi sono ritrovato addosso con la tua morte, Sherlock.
Il rimpianto di quelle parole che non ho potuto dirti.

 

Funny ain't it?
Games people play

La vita con te era come un gioco, un infinito viaggio sulle montagne russe. Quando ripenso a quei giorni, e, dio, ci ripenso di continuo, le immagini mi scorrono veloci e confuse davanti agli occhi. La sola cosa chiara è la tua schiena dritta davanti a me, mentre mi trascini verso l'ennesimo caso, l'ennesima partita da giocare.


Scratch it paint it
One in the same

We couldn't find them
So we tried to hide them
Words that we couldn't say

Ogni tanto avevo la tentazione di chiamare il tuo nome e fermarti, per dirti... già, per dirti cosa? All'inizio nemmeno io lo sapevo e, comunque, credevo di avere più tempo per capire me stesso, accettare questa cosa e lanciarla a te.
Ma questa cosa era troppo grande per me. Ci provavo, ma non riuscivo a tradurla in parole, non ho mai trovato il coraggio dentro di me.
Mi dicevo "Adesso lo faccio." ma l'attimo dopo mi sembrava sbagliato ed ero certo che tu, sposato col tuo lavoro, isolato nel tuo Mind Palace, non avresti accettato le parole che volevo dirti.
Ho avuto paura di rovinare quel poco che avevamo, ho preferito tacere e quelle parole sono rimaste nascoste dentro di me.
Se solo avessi potuto immaginare.
 

It hurts don't it?
Fools on parade

Da soldato ho sperimentato sulla mia carne il dolore fisico: un proiettile mi ha perforato la spalla e sono svenuto per il bruciore devastante e gli spasmi dei muscoli lacerati.
Ma credetemi, il dolore fisico non è niente rispetto a quello dello spirito. Il corpo può essere anestetizzato, riparato, sanato, ma per il mio rimpianto non c'è cura.
Oggi rido amaro delle mie incertezze e mi sento un idiota nel non averti detto quelle parole, Sherlock. 

Taint it own it
Chase it away

Oggi le percepisco più chiare che mai, quelle parole, schiacciate contro la mia cassa toracica. C'erano anche allora, forse fin dal principio, nelle nostre corse silenziose in taxi, nelle mattine in cui facevamo colazione insieme, nelle notti insonni ad analizzare le prove.
 

We couldn't make them
So we had to break them
Words that we couldn't say

C'è una domanda che mi tormenta, Sherlock. Tu sapevi cosa avrei voluto dirti? A volte penso che mi sarebbe bastato guardarti negli occhi ed esclamare "Deducimi!" e tu avresti capito.
In qualche modo mi consola l'idea che tu potessi aver capito le parole che non sono riuscito a dirti:
"Io ti amo, Sherlock."

 

 SHERLOCK

 
Sometimes baby
We make mistakes
Dark and hazy
Prices we pay

In gergo militare si chiamano danni collaterali: danneggiamenti fortuiti di edifici civili nei pressi delle installazioni militari che si intendevano colpire o persone che si trovavano casualmente sulla linea di fuoco. Data l'importanza della partita che stavo giocando e l'intelligenza del mio avversario li avevo messi in conto, erano inevitabili.
Ho raggiunto il mio obiettivo: io sono vivo, lui è morto e ora sto silenziosamente smantellando la sua organizzazione.
La guerra è finita, il fumo e la polvere delle esplosioni si sono dissolti; ho avuto modo di guardarmi attorno e di pensare al danno collaterale che la nostra battaglia ha provocato.
Ho vinto, ma ho pagato un prezzo salato. Sei tu, John, il mio danno collaterale.

I sit here on my shelf
Just talking to myself
Words that we couldn't say

Sono solo, in una anonima camera d'albergo di terza categoria a Yerevan [1], tra dieci minuti uscirò da qui e andrò ad uccidere un trafficante d'oppio che era uno dei finanziatori di Moriarty.
Dovrei essere elettrizzato, un tempo lo sarei stato. Ma questo avveniva prima di conoscerti, John.
Sto per uccidere un uomo e tutto quello a cui riesco a pensare sono quelle parole che non sono riuscito a dirti.

Someday maybe
We'll make it right
Until that day
Long endless nights

Non dormo molto, tu lo sai. Quando sto lavorando a un caso posso fare a meno di mangiare e di dormire per giorni, ma il dover agire e muovermi in incognito mi costringe spesso a lunghe giornate di attesa.
La solitudine che un tempo era mia abitudinale compagna, ora mi pesa.
Allora mi sdraio sul letto e penso perché, e tu lo sai bene, il mio cervello non si riposa mai. Dipingo i possibili scenari del mio ritorno a Londra, quando potrò porre fine a questa tediosa pagliacciata. Studio, analizzo, esamino, cerco di capire quale sia il modo migliore per presentarmi a te.
Quel momento sembra non voler arrivare mai. Le notti sono una lunga agonia di insonnia e noia.

We couldn't say them
So now we just pray them
Words that we couldn't say

"Ti chiedo perdono."
E' la prima cosa che ti dirò; sarà giusto farlo perché so che stai soffrendo. Mycroft mi tiene aggiornato su di te, so che hai ripreso a zoppicare e so che è colpa mia. Sarà facile chiederti scusa perché mi dispiace, mi dispiace davvero che proprio tu, John, sia stato il mio danno collaterale.
Sono altre le parole che ho bloccate qui in gola da tempo, da molto prima che mi fingessi morto. 

We couldn't say them
So now we just pray them
Words that we couldn't say

E' che non erano da me quelle parole. Sapevo che c'erano, lì tra noi due, ma ogni volta che pensavo di dirtele, mi sembravano così strane, così aliene sulla mia bocca. E così ho preferito sigillarle dentro di me.
Proprio io che ti avevo tenuto a distanza, dicendoti di essere sposato con il mio lavoro, come avrei potuto dirti quelle parole, John?
Eppure ora sento che avrei dovuto, che non avrei dovuto lasciarle in sospeso tra di noi.
Sai John, le scrivo spesso sul mio cellulare quelle parole. Le scrivo tante e tante volte, ormai posso farlo ad occhi chiusi. Altrettante volte sono tentato di spedirti il messaggio [2] ma all'ultimo mi trattengo: non è ancora il momento, non sei ancora fuori pericolo e non voglio altri danni collaterali. 

Someday maybe
We'll make it right
Until that day
Long endless nights

Passo molte notti a cercare di capire quale sarà la tua reazione quando mi vedrai: nella mia mente a volte è triste, a volte è furibonda, spesso finisco all'ospedale per i tuoi pugni. Se sono particolarmente di malumore immagino che tu non voglia più parlarmi, non voglia avere più a che fare con me ed io non avrò mai la possibilità di dirti quelle parole. E' uno scenario assai probabile e mi fa paura. Non voglio che finisca così: ora sono più che mai deciso a dirti quelle parole, sai John?
Lo farò, ho deciso. Qualunque sarà la tua reazione, lo farò.


We couldn't say them
So now we just pray them
Words that we couldn't say.

 
C'è una domanda che mi tormenta, John. Ti avrebbe fatto stare peggio o sarebbe stata una consolazione per te conoscere quelle parole che non sono riuscito a dirti? Quelle poche, semplici parole:
"Io ti amo, John."

 FINE

Note:
[1] Capitale dell'Armenia.
[2] Ispirato al canone di Doyle: ne "L'avventura della casa vuota" Holmes confessa a Watson che in quei tre anni ha pensato spesso di scrivergli e fargli sapere che era vivo.

   
 
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