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Autore: harua_96    04/06/2012    2 recensioni
Ciao!:) è da molto che non pubblico niente in questo fandom e, poiché sta mattina sono bloccata a casa, sono andata a rileggermi alcune storie che avevo scritto anni fa, tra cui questa e quindi mi sono decisa a pubblicarla. è una song-fic dedicata a Shade che ricorda il tempo passato con Rein e il suo amore per lei; avverto che è abbastanza malinconica.
La canzone che ho utilizzato è, come dice il titolo, Non capiva che l'amavo di Paolo Meneguzzi, che credo che per questo anime-manga sia piuttosto appropriata.
Per chi deciderà di darvi un'occhiata spero vi piacerà!:)
Harua
Genere: Malinconico, Song-fic, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Shade
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non capiva che l'amavo
Ciao a tutti!
è da tantissimo che non vengo su questo fandom e, rileggendo ciò che avevo scritto su Twin princess, mi sono detta "perché non pubblico questa song-fic che avrò scritto tipo uno o due anni fa?" insomma sono a casa per il terremoto e di studiare non ne ho molta voglia, quindi ho revisionato un po' il tutto e quindi eccomi qua!
Dunque, questa fic parla dei pensieri di Shade - o è meglio dire del suo dolore? - rivolti a Rein dopo alcuni anni finiti gli studi all'Accademia Reale.
Beh spero vi piacerà, buona lettura!

Non capiva che la amavo






Qui seduto sul letto ripenso a noi
A quei giorni che il vento ha portato via
Quante sere passate allo stesso bar
Con gli amici che adesso non vedo più


Era lì. Ancora lì.
Nuovamente a guardare il soffitto di quella camera sempre buia e spaziosa. Troppo spaziosa.
Ma dire che realmente guardava il soffitto sarebbe stato come raccontare una menzogna, i suoi occhi vacui lo provavano.
Le coperte blu del letto erano ormai spiegazzate e il peso del ragazzo aveva fatto introflettere il materasso morbido.
Chissà quanto pesava lei ora...?


Il suo sguardo era luce negli occhi miei
La sua voce era un suono dolcissimo


Il principe dagli occhi cobalto si alzò fiaccamente, da troppo tempo era diventato difficile alzarsi e continuare a vivere.
Con lentezza trascinò gli stanchi piedi fino alla finestra dall’altro lato della stanza.
Fuori pioveva a dirotto, come se il cielo fosse scoppiato in un pianto disperato, il suo.
Avvicinò il viso al vetro: poteva avvertirne la freddezza, mentre il suo respiro vi si infrangeva e gli donava un flebile e troppo corto momento di tepore.
Ritrovò la propria immagine rispecchiarsi in modo indistinto: i capelli e la maglia a collo alto erano scuri, in contrasto con i pantaloni dorati. Gli occhi cobalto avevano perso la lucentezza dell’amore della gioventù.
Se ora lei l’avesse visto, con una sola parola, con un’unica carezza, le sue iridi avrebbero ricominciato a splendere.
Un nuovo viso si sovrappose al suo.
Era un viso delicato e dall’espressione buona. Era il viso capace di trasmettergli amore e dolore.
Quegli occhi... quello sguardo dolce... oh come desiderava rivederlo.
Appena il cobalto si univa al verde acqua, in esso affioravano mille emozioni e il suo cuore faceva un tuffo, ritrovandosi totalmente spiazzato da quella creaturina così fragile e indifesa che con un’occhiata sembrava chiedergli di proteggerla.
Quello era lo sguardo che aveva saputo infiammarlo nel corpo e nell’anima, che l’aveva attratto, che l’aveva cambiato.
Rimembrava ogni più piccolo particolare della ragazza dagli occhi del cielo, perfino la voce di miele... quella che poteva essere paragonata al canto di una dolce ninna nanna o a quella di un usignolo ammaliatore.


Quante volte ho pensato di dirglielo
Quante volte ho creduto di farcela
Ore in macchina a parlare sotto casa sua
Si rideva si scherzava e non capiva che


Fin dalla prima volta che l’aveva vista, aveva capito che c’era qualcosa di speciale in lei, che andava oltre al semplice potere di Prominence, quello che allora bramava.
Quel tarlo si era insinuato nella sua testa.
Un tarlo che sapeva della principessa azzurra.
Un tarlo che probabilmente era la principessa azzurra.
Col tempo Shade aveva capito che era Rein ciò che bramava, più di ogni altra cosa.
E, sfortunatamente per lui, il principe incarnava perfettamente il tipo di persona che non si arrende finché non ha conquistato quello che vuole.
Il ché l’aveva portato a stare spesso accanto all’azzurra e a salvarla da ogni tipo di guaio in cui si cacciava stati veramente tanti>.
Ma era arrivato il tempo in cui quello stupido sentimento che Rein provava per il principe Bright era diventato forte e quest’ultimo aveva abbandonato la sua fiamma Fine, facendola totalmente cadere tra le braccia di Shade, che non aveva potuto far altro che accoglierla, cercando di dimenticare colei che aveva da sempre voluto.
Poi erano cresciuti, i mesi e gli anni erano passati all’interno dell’Accademia Reale e Shade aveva continuato a seguire la principessa azzurra di nascosto, nell’ombra come lui sapeva fare.
La vedeva studiare, impegnarsi per diventare una brava sovrana per lui, trasformarsi per salvare l’universo, camminare nel giardino e fermarsi ad assaporare la fragranza dei fiori del suo giardino.
E in ogni attimo, in ogni cosa che faceva, Rein era sempre bellissima, divinamente bella.
Solo la sera, quando si sedevano l’uno accanto all’altra su quella panchina a parlare, poteva bearsi del suo profumo, dei capelli azzurri legati in quella coda sempre bassa, delle luminose iridi acqua marina e soprattutto della vera bellezza della ragazza: il carattere.


Non capiva che l’amavo
E ogni volta che soffriva io soffrivo
Quante notti ho pianto senza dire niente


Aveva perso il conto delle volte in cui aveva cercato di esternare i suoi sentimenti, ma ogni stupida volta aveva fallito. Era come se gli occhi gioiosi di Rein gli facessero ricordare che lei aveva già tutto quello di cui aveva bisogno per essere felice. Era inutile, lui non c’entrava nella sua vita. Era solo un amico, solo e nulla di più di un amico!

E da ogni buon amico, Rein correva da lui quando era triste, quando una morsa terribile le attanagliava il cuore, senza sapere che quella dolorosa morsa raggiungeva il suo cuore, come la più fatale delle malattie.
Inevitabilmente, come un bambino a cui hanno rubato il pupazzo più prezioso, si ritrovava a non permettere al proprio cuore di scoppiare.


Perché, perché, perché, perché
Non capiva che l’amavo
E ogni volta che non c’era io morivo
Quante notti ho pianto senza fare niente
E mi nascondevo all’ombra di un sorriso
Non capiva che l’amavo


Ma nonostante la tristezza e la profonda solitudine che sentiva dentro di sé, non aveva mai fatto nulla per cambiare quella situazione.
Ogni volta che la vedeva sorridere con chiunque, una parte di lui era felice nel trovarla spensierata.
In questo modo si ritrovava nella notte a soffocare singhiozzi intrattenibili a cui dava sfogo solo al buio, così da non lacerare ulteriormente l’orgoglio già ferito.
O altre volte quelli che doveva soffocare nel silenzio notturno erano i gemiti di Fine, e, con le tenebre che ne coprivano il volto e l’intero corpo, lui poteva immaginare le iridi acqua marina.
Non serviva a niente, Fine era totalmente diversa da Rein e non avrebbe mai potuto essere lei, non avrebbe mai potuto colmare quel vuoto.
Quel vuoto che poteva essere in parte colmato, quando si ritrovavano da soli, insieme, sulla loro panchina.
Erano i momenti di maggior felicità che ricordava.
Poteva guardarla da vicino e assaporare il suo dolce profumo.
E per quegli attimi, Rein era tutta per lui. I suoi occhi, i suoi pensieri, erano rivolti tutti a lui.
E Shade poteva essere felice.
Ma quando era tardi e lei doveva andarsene, la solitudine tornava forte e dirompente, irradiandosi in ogni fibra del suo corpo. Ed era inutile cercare di darsi pace sapendo che si sarebbero rivisti la sera dopo.
No, Shade sprofondava nei suoi cupi pensieri ed era come morire.
L’assenza di Rein era più dolorosa della morte stessa.


Il ricordo è una lama nell’anima
Un dolore che brucia senza pietà
Il suo nome vivrà nell’eternità
Come un segno profondo e indelebile
Ore e ore a soffocare tutto dentro me


E adesso l’immagine di loro due a parlare era solo un ricordo lontano.
Da mesi ormai non vedeva più Rein... da quel giorno, quello che li aveva divisi per sempre.
Il principe della Luna fece un mezzo sorriso.
Non si poteva dire che lui non ci avesse provato.
Il giorno del matrimonio di Rein e Bright, Shade l’aveva presa in disparte. Che domanda stupida le aveva fatto.
“Sei sicura di quello che fai?”
Ma certo che era sicura! Una persona non si sposa sicuramente perché non ha nulla di meglio da fare!
Eppure Rein aveva vacillato per un momento, forse non si aspettava una domanda del genere da lui? Probabilmente sì, eppure, ancora adesso, una parte di Shade, quella egoista, quella invidiosa dell’amico Bright, amava pensare che forse una qualche speranza l’aveva avuta e si crogiolava nonostante sapesse bene che oramai non aveva più importanza.
E mentre Rein viveva in quel palazzo dorato, coccolata dal suo principe azzurro, il castello della Luna sprofondava lentamente e inesorabilmente nelle tenebre.
Il dolore che aveva provato alla fine della loro prima avventura, quando Rein e Bright avevano finalmente ballato insieme, da quasi innamorati, non si era mai affievolito, era rimasto bruciante nel corpo e nell’anima.
Ed era straziante quando pensava che i posteri avrebbero ricordato Rein e Bright come una coppia perfetta.
Mentre il suo nome sarebbe finito inevitabilmente accostato a quello di Fine, prima o poi. Volente o nolente.


Mi parlava, mi guardava e non capiva che
Non capiva che l’amavo
E ogni volta che soffriva io soffrivo
Quante notti ho pianto senza dire niente, fare niente


Ma perché non l’aveva mai capito?
Rein non aveva mai capito che Shade l’amava. Non aveva mai capito che l’amava più di sé stesso.
Rein era l’acqua e il cibo, era l’aria che gli permetteva di respirare, di vivere.
Ma ora lui stava scendendo in un baratro oscuro, senza speranza di tornare su.
La sua luce gli era stata rubata il giorno stesso in cui l’aveva vista l’ultima volta.
Dopo tutti gli sguardi che le aveva riservato, dopo tutte le loro chiacchierate e dopo tutte le volte che l’aveva salvata, davvero Rein non aveva mai capito che l’amava?
Eppure sì, i fatti parlavano chiaro. Oltre i rapporti confidenziali da amici, erano questo che loro rimanevano, o, meglio, era questo che lui rappresentava per Rein.


Perché, perché, perché
Non capiva che l'amavo
E ogni volta che non c'era io impazzivo
Quante volte ho fatto finta inutilmente
E mi nascondevo all'ombra di un sorriso
Non capiva che l'amavo
Non capiva che l'amavo
Non capiva che l'amavo
E ogni volta che non c'era io impazzivo
Quante volte ho fatto finta inutilmente
Non capiva che l'amavo
Non capiva che l'amavo
Non capiva che l'amavo


Oramai era da stupidi sperare in un suo ritorno.
E lui doveva mostrarsi normale.
Doveva farlo per il Regno, per gli amici che aveva, per la famiglia.
Avrebbe voluto farlo per lei, sarebbe stato più semplice difficile?>, ma lei non c’era più. Era uscita dolorosamente dalla sua vita per sempre.
E nonostante tutto, Shade sapeva che avrebbe amato Rein per sempre.



Angolino:
se siete arrivati fin qui vuol dire che non era poi tanto male no??xD spero che chi ne avrà voglia mi lascerà un commentino per dirmi se è piaciuta, se faceva schifo o era così così.
La canzone che ho utilizzato è quella di Paolo Meneguzzi - Non capiva che l'amavo, che era già stata usata nella coppia Bright x Fine, spero che l'autrice non me ne voglia!
Volevo chiarire alcuni punti:
-all'inizio Shade si chiede quanto ora pesi Rein, è un riferimento a quando la salvava prendendola in braccio
-quella della panchina su cui si sedevano ogni sera per parlare è una cosa che mi sono inventata io

Ho finito, grazie a chiunque abbia dato una letta, ciao :)
  
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