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Autore: CBradbury    11/06/2012    3 recensioni
"Ricordami come si respira, ti prego, perché sento che potrei morire qui, nel profumo dei ricordi e dei rimpianti. Sto affogando in un mare di parole che avrei voluto dirti e di ricordi che avremmo dovuto ancora scrivere assieme, ma che purtroppo non si avvereranno mai. Sono nella mia mente, tutti, come un libro già scritto che non aspetta altro di essere letto, ma manca il protagonista. Manchi tu."
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nda: Prima di leggere vi consiglierei di ascoltare la canzone Echo - Jason Walker durante la lettura, perché direi che ci sta a pennello **

 

 



                                                          
Affondo le unghie nella mia poltrona nel nostro appartamento. Respiro la nostra aria e il tuo profumo ancora impresso nelle pareti, negli oggetti che mi circondano e nella tua poltrona. Cerco di memorizzare ogni cosa proprio come sta per paura che presto potrei scordarmene, ma lo so, so che non lo farò mai. Come potrei scordarmi di qualcuno come te?

Volto la testa verso la finestra e accarezzo il tuo violino con lo sguardo ripensando alle nostre melodie, quelle che tu scrivevi per esprimere quello che entrambi non avevano il coraggio di dire. E non c’era bisogno di dire nulla, le parole non servivano, eppure ora sento il bisogno di dirti tutto.

Ricordami come si respira, ti prego, perché sento che potrei morire qui, nel profumo dei ricordi e dei rimpianti. Sto affogando in un mare di parole che avrei voluto dirti e di ricordi che avremmo dovuto ancora scrivere assieme, ma che purtroppo non si avvereranno mai. Sono nella mia mente, tutti, come un libro già scritto che non aspetta altro di essere letto, ma manca il protagonista. Manchi tu.

Passo lo sguardo su quel vecchio teschio impolverato che amavi tanto, ricordando quelle lunghe notti passate ad ascoltarti confabulare cose senza senso a quell’ammasso di ossa inutile. Eppure lo avrei fatto per il resto della mia vita, ascoltarti, intendo. Non esisterà mai più nulla di così interessante come la tua voce.

Sento ancora una volta una puntura all’altezza del cuore, come un ago conficcato nella carne, o peggio. Mille spade appuntite vengono rigirate all’interno del mio corpo, riducendo quell’organo così colmo di emozioni in mille pezzi. E odio, odio quell’organo, perché mi ha fatto innamorare così fottutamente di te ed è la cosa più bella e spaventosa che io abbia mai provato.

Perché non abbiamo avuto più tempo? Perché ora devo soffrire così?

Se solo quel giorno io non avessi incontrato Mike al parco e non avessimo parlato dell’appartamento mi sarei risparmiato tutto questo. Ma forse è meglio così, forse è stato meglio soffrire; è meglio soffrire, non trovi?

So che da qualche parte anche tu mi stai guardando, ovunque tu sia, e ti prego, ancora, dimmi che anche tu senti questa stretta al cuore, perché se non fosse così mi sentirei un completo idiota. So che ce l’hai, il cuore, l’ho sempre saputo. L’ho capito da come guardavi Molly e le dicevi che il rossetto le stava bene, facendo finta che te ne importasse qualcosa. Non ti importava, ma lo facevi per lei, non è vero? O quando parlavi con Mrs. Hudson con quella finta aria da menefreghista, ma dentro di te la ringraziavi sempre per la cena preparata con cura, le lenzuola messe a posto, e la buonanotte che ogni sera puntualmente ci dava. L’ho capito dalla complicità con Greg e con quegli stronzi della polizia. Non li odiavi non è vero? Li amavi perché senza di loro le tue giornate sarebbero state vuote.

Ma sai come ho capito realmente che tu possiedi un cuore? Quando mi hai rivelato che ero il tuo migliore amico, e lo hai detto con una tale semplicità che forse all’inizio non ci ho anche creduto. Tu hai solo un amico, un solo vero amico… sono io. So che non sono l’unico, ma sapere che tu mi hai sempre messo in cima a tutti mi lusinga, e mi fa stringere il cuore sempre di più. Fa male sai? Devi smetterla.

Appoggio lo sguardo sul tavolino di fronte a me, e posso ancora vederci seduti assieme a mangiare colazione come ogni mattina. Ti chiedevo di passarmi il latte, e tu prontamente mi rispondevi che ti eri dimenticato di comprarlo, quando in realtà non eri mai uscito per andare a prenderlo. Facevo sempre io la spesa, razza di pigrone.

Se avessi la possibilità di rivivere ancora una volta una delle nostre mattinate assieme, credo che piangerei dalla gioia, perché amavo ogni tua lamentela sul cibo a colazione, sul sole che – è ovvio – a Londra non esce mai fuori, e sulla noia che non faceva altro che perseguitarti. Sarà una cosa scontata da dire, ma io con te non mi sono mai annoiato e sopporterei altri milioni di tue lamentele se servisse a farti rimanere qui con me.

L’ultima cosa che faccio nella nostra casa, il 221b di Baker Street, è sussurrare il tuo nome affinché tu possa sentirmi e magari ricordarti che sì, sono ancora qui e non ti mollo. Non dico nient’altro perché quelle due parole così semplici e perfette per la situazione non riuscirebbero a descrivere quello che ho sempre provato e provo tutt’ora per te. Quelle due parole non sono alla tua altezza, come forse non lo sono io, ma cosa importa ora?

L’echo della mia voce rimbomba nella stanza ormai vuota di te e sembra sia l’unica cosa che possa farmi compagnia, perché la tua, di voce, non la potrò mai più sentire e devo rassegnarmi al fatto che ora le cose stanno così e la mia vita sta per cambiare per l’ennesima volta.

Abbandono quel salotto privo di vita, quella cucina e quelle camere da letto. Dico addio anche alla carta da parati vittoriana e allo smile; ai colpi di pistola conficcati nel muro e al teschio a cui io sarei dovuto “essere di rimpiazzo”. Sfioro con le dita il tuo violino che reputavo insopportabile, ma che ora è uno dei pochissimi ricordi che ho di te.

Il nome Sherlock viene pronunciato un’ultima volta mentre chiudo la porta alle mie spalle; la porta di mesi della mia vita che ora  vivono solo nella mia mente.

Nel momento esatto in cui il mio piede tocca l’asfalto, sento una melodia di violino provenire dall’interno e anche se vorrei non crederci, nella mia mente tu sei lì e quella melodia la stai suonando per me… per noi.



 
 
 
 
 
 
 
 
E proprio in questo momento, nel 221b di Baker Street, un violino sta suonando una melodia che parla di due uomini che era stati colleghi, amici, migliori amici  e nel loro cuore, anche amanti. E quelle note piene di dolore, non sono altro che l’inizio di una nuova storia, dove il protagonista c’è, ma gli manca la sua spalla destra e lui ha deciso a riprendersela. 













Angolinoinoino!

Lo so, ho appena pubblicato una fic e ora ne pubblico un'altra. çwwwç
In realtà sto sfogando tutta l'ansia per gli esami sulla Johnlock, perché se no non saprei proprio come sfogarmi!
Ad ogni modo, questa one-shot è post-Reichenbach, e sono tutti i pensieri che John fa nel loro (<3) appartamento subito dopo la morte di Sherlock.
Non avresti potuto scrivere una cosa più deprimente! *dissero in coro i lettori*
Lo so, lo so T_T *rispose la fanwriter con il capo basso*

Vorrei anche dirvi che se mai qualcuno avesse scritto una fic simile - e ne sono sicura -, questa mia versione non è una copia, ma solo una mia visione del post-Reichenbach! Ed è pure una schifezzuola, la mia çwwwç

Quindi, vi lascio questa shot non betata, che sarà piena di errori e di ansia repressa per gli esami e alla prossima **
  
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