Il
dove non lo so, il quando è un dopo molto dopo con tanti unicorni e
farfalle e il perché è il compleanno di Diletta. Fortuna che sono
solo cinquecento parole *sviene*.
Ah,
non so neanche il genere... “Cretinata” è un genere?
Fiducia
(è cosa da femmine)
“Una
cosa da femmine” è un sintagma infantile, ma il naso di Sasuke
mentre lo pronuncia, la linea indignata della bocca, i suoi occhi
stretti in biasimo – lo sguardo però sfugge di lato, perché lo sa
anche lui che è un capriccio – sono impagabili, per Sakura.
E dunque lo chiede di nuovo, la mano ferma e la lama a un centimetro
dal suo collo, le labbra a un centimetro dal suo orecchio.
«Perché
non sei andato da un parrucchiere?» e via capelli neri sotto la
forbice.
Stare
raccolta dietro a Sasuke, le ginocchia sull'engawa, le piace: è
vicina, le basta allungare un dito per toccargli la schiena; le
spalle di quell'irrequieto, irresponsabile, capriccioso, borioso
ragazzo che ama – perché lo ama, sì – sono ad un palmo da lei,
rilassate: non scapperà, se ne sta solo seduto lì, diligente come
un ragazzino dell'accademia, giusto un po' scocciato - Sakura lo sa
che sta pensando “sei noiosa”.
«Perché
è una cosa da femmine» ribadisce infatti, compunto. Lei
scuote la testa e tace, ma ride con gli occhi e con le labbra.
Decapita un'altra, due ciocche.
«Esistono
anche i barbieri se ci tieni alla virilità, Sasuke kun» propone, e
le dita di Sasuke si stringono nervose sulle ginocchia: sta
raccogliendo veleno da distribuire in democratici monosillabi d'odio.
«Non
mi faccio puntare una lama alle spalle da un cane di Konoha».
Sakura
sa anche questo; osserva le forbici che tiene in mano, i riflessi sul
metallo affilato e quelli bui nei capelli di lui.
«Che
fai?»
Lei
tace, il mento sulla sua testa, i capelli nel naso e le forbici
impugnate come un kunai, sotto la gola di Sasuke – immobile,
composto.
«E
di me non hai paura?» domanda, casuale.
«Io
non ho paura» puntualizza
lui, con spregio. «Né di loro, né di te».
«Ma
io, a differenza di loro, posso» sussurra Sakura, quasi a se
stessa, tanto che il tono gongolante che aveva programmato d'adottare
si perde. Chiude gli occhi, rigira le forbici tra le dita; scivola
con viso tuffato tra i ciuffi neri e le lascia cadere a terra senza
rumore, innocue.
«Che
stupida» borbotta Sasuke seccato, scostando svelto il capo.
Sakura
lo guarda spazzolarsi spiccio le spalle del kimono, per liberarsi dei
capelli sparsi; sospira in attesa che lui si volti di qualche grado,
a spiarla fosco – sa che lo farà.
«Beh,
che hai da ridere?» la interroga, oltraggiato al solo sospetto che
stia ridendo di lui.
Il
sorriso di Sakura si fa più largo; poi le labbra lasciano sfuggire
uno sbuffo quasi affranto, meritandosi un'occhiata ora perplessa di
Sasuke – che sicuramente la giudica schizofrenica.
«Sono
sempre pronta a ucciderti, Sasuke kun» conclude, compita. «Conta
pure su di me!» e se non fosse indecoroso, ci aggiungerebbe un
sonoro “dattebayo!”; invece scoppia a ridere davanti
all'espressione scandalizzata di Sasuke. Perché è anche un po'
tardo lui, l'irrequieto, irresponsabile, borioso ed emotivamente
impacciato – per restare sul gentile – Sas'kekun. E sì,
lei lo ama.
Nda
O
magari tipo anche NO.
Se
qualcuno avesse qualche domanda, la risposta è Quarantadue (L).
Non le so scrivere la sasusaku, avrei bisogno di un assistente sociale, invece che di un betareader (e oggi mi manca pure quello). Però ci ho provato e ci ho messo tanto ammore e bla bla bla... Sì, insomma, buon compleanno, otouto *morde*