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Autore: IlaOnMars6277    20/06/2012    6 recensioni
"I ricordi lo avevano distratto dallo stress ma la porta che si aprì e rivelò l’ospite atteso, lo fece sobbalzare leggermente e riprendere a fremere nervosamente. La sua cortesia lo portò a presentarsi, cercando di metterlo a suo agio, quando invece l’unico che aveva bisogno di rassicurazioni, in quella stanza, era lui."
Genere: Introspettivo, Mistero, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Jared Leto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Kevin fissava il mondo fuori dalla finestra della sala che lo ospitava. Le automobili erano ferme nel traffico e riusciva ad intravedere qualcuno che camminava nel parco di fronte all’edificio. Si asciugò le leggere gocce di sudore sulla fronte con il dorso della mano e tornò a guardare i fogli che stringeva nella mano sinistra. Più rileggeva quello che aveva scritto, più sembrava banale e scontato; afferrò il bicchiere d’acqua e mandò giù il contenuto in un sorso.
Erano settimane che si preparava a quell’evento. Lavorava da anni per quel giornale insignificante e non aveva occasione migliore di questa per riscattarsi. Aveva accettato quel lavoro subito, senza ripensamenti, sebbene sapesse che non era quello che avrebbe voluto fare. Ma in qualche modo doveva portare a casa i soldi per l’affitto di casa e per pagare le bollette. Il suo capo era menefreghista e superficiale, non gli importava del contenuto degli articoli o che fossero scritti bene; ma solo di provocare scandali e far parlare di sé. La qualità non era di certo il suo obiettivo, non la pensava sicuramente come Kevin che passava le ore a rileggere quello che scriveva e ad analizzarlo da ogni punto di vista. Probabilmente in molti pensavano che fosse maniacale e puntiglioso, ma a lui non importava, voleva solo fare bene il suo mestiere, era l’unica cosa a cui teneva, informare;  informare sul serio. Forse era proprio per questa sua puntigliosità che veniva deriso dai colleghi e non veniva preso in considerazione per articoli di spessore. La settimana prima aveva dovuto scrivere la storia del gatto che si era arrampicato sul palo del telefono e dell’eroicità di un bambino che l’aveva salvato. Aveva scritto alla perfezione anche quello, ma voleva qualcosa di più succulento ed interessante. Quel qualcosa era arrivato due giorni dopo, mentre fissava la fotocopiatrice con sguardo perso nel vuoto. La sua collega di corridoio gli aveva picchiettato le unghie smaltate di rosso sulla spalla risvegliandolo dai pensieri negativi e gli aveva allungato un foglio dicendo " Articolo per la sezione musicale del giornale. Intervista al leader della band e scrivi qualcosa su di loro. L’intervista è tra due giorni e l’articolo deve essere finito entro quattro " Kevin fissava le labbra della collega come se fosse un pesce nell’acquario. Le parole arrivavano distorte e rallentate. La donna si lisciò una ciocca di capelli biondi e aggiunse con tono svogliato " Ti sei beccato una bella rogna, non credere di aver ricevuto una bella occasione; il leader della band dicono che sia difficile da intervistare e l’articolo finirà sicuramente a piè di pagina, tagliato oltre misura " alzò il mento in cenno di saluto e tornò alla sua scrivania dove aveva interrotto la lettura di un sito di gossip.
Kevin passava lo sguardo allibito dalla collega al foglio che stringeva tra le mani, tremava leggermente ma un sorriso gli era spuntato sul viso. Avrebbe scritto finalmente qualcosa di interessante, avrebbe finalmente avuto un confronto diretto con un artista e “chi se ne frega se è un uomo difficile, farò del mio meglio per farlo parlare!” aveva pensato.
In due giorni aveva letto di tutto sulla band, aveva ascoltato le loro canzoni e persino acquistato l’ultimo album. Era entrato a spiare in qualche forum e ne era rimasto affascinato, il fanbase era qualcosa che non aveva mai visto. Scrisse più di trenta domande e riflessioni, per arrivare a scartarne la metà.


I ricordi lo avevano distratto dallo stress ma la porta che si aprì e rivelò l’ospite atteso, lo fece sobbalzare leggermente e riprendere a fremere nervosamente. La sua cortesia lo portò a presentarsi, cercando di metterlo a suo agio, quando invece l’unico che aveva bisogno di rassicurazioni, in quella stanza, era lui.
Cominciò con le domande più semplici, quelle di rito, che sicuramente non avrebbero scartato e che, dalla voce annoiata del cantante, gli facevano tutti. Nonostante questo rispondeva senza batter ciglio, sempre che riuscisse a vedere qualcosa oltre quelle lenti scure che continuava ad indossare.
Mentre lo ascoltava teneva stretto il registratore con la mano destra e torturava i bordi della maglietta con la sinistra. Voleva dare il massimo, doveva dimostrare quanto valeva, non era quell’uomo a renderlo nervoso…o forse si?

Inspirò un paio di volte e pose le domande successive, cercando di sorridere e rimanere rilassato. L’uomo di fronte a lui si tolse gli occhiali tenendoli tra le mani e rispose con un’altra domanda " Ti senti bene? "
Kevin strabuzzò gli occhi "Si..si..certo. Sono solo un po’ agitato, è la mia prima intervista, mi scusi "
  "Dammi del tu amico, mi fai sentire un vecchio decrepito, anzi…chiamami Jared " e sorrise cordialmente.
  "D’accordo Jared…ecco, riprendiamo da dove ci siamo interrotti. Cosa vorresti fare nella vita che ancora non hai fatto? "
  "Troppe cose… " sbadigliò, raddrizzò la schiena appoggiando i gomiti alle gambe magre e aggiunse " e tu? "
Kevin, che stava valutando se fare o meno la prossima domanda, distolse lo sguardo dal foglio e incrociò quello incuriosito di Jared. Inghiottì la propria saliva rumorosamente e rispose senza pensare " Tutto…o meglio, non ho fatto molto nella mia vita. Vede…oh scusa, vedi…non ho mai avuto occasioni come questa, quindi voglio giocarmela bene. Scusa la sincerità "
"Allora dovresti chiedere qualcosa che gli altri non hanno il coraggio di chiedere o sono troppo poco informati per formulare domande interessanti "
"Ammetto di non conoscere bene la tua..la vostra musica. Ho fatto ricerche velocemente, ascoltato qualcosa…" Jared non gli diede tempo di terminare " E non hai nessuna curiosità personale? "
Kevin pensò che ne aveva fin troppe di curiosità. Guardò Jared che lo incitava a parlare fissandolo con un accenno di sorriso. Si decise a parlare solo dopo che il cantante distolse l’attenzione.
  "Una domanda c’è…più una curiosità. Mi ha colpito una canzone in particolare…"
"Certo..dimmi pure" e accavallò la gamba destra su quella sinistra con spontaneità.
"A cosa ti sei ispirato per il testo di "93 Million Miles"?"
 "E' una storia lunga temo.."
"Oh, mi dispiace, vediamo posso fartene un’altra.. "
"E’ che sono un gran chiacchierone…"
 "Oh non è un problema..sto registrando, puoi dire quello che vuoi "
"Non tentarmi, potrei parlare per giorni"
"La curiosità mi porterebbe ad ascoltarti per giorni.."
Jared sorrise guardando oltre la finestra, il cielo grigio rendeva l’atmosfera piatta.
"Allora a tuo rischio e pericolo..."
Si sistemò meglio sulla poltrona, mandò giù un sorso d'acqua mentre Kevin, di fronte a lui, sistemava il registratore. Aspettò che premesse il tasto Rec e iniziò schiarendosi la voce
"Vedi...questa canzone si ispira ad un ricordo di un altro posto ed un altro tempo. Ero bambino, forse avevo sei anni, forse sette, non ricordo con precisione. Era inverno, ma il sole era forte e non lasciava spazio alle nuvole, riscaldando le giornate. Ci eravamo trasferiti per l'ennesima volta, ma non nel solito condominio abitato dalle persone più differenti; quella volta venimmo ospitati da un amico di mia madre, si faceva chiamare Sugra, non chiedermi perché. Era un uomo molto alto, o forse lo ricordo cosi perché ero io quello basso che lo fissava sempre con il collo teso verso l'alto. Quando si é piccoli, gli altri sembrano sempre più alti e più bravi di te. Nonostante fosse un uomo strano, catturava la mia attenzione; portava sempre un cappello piumato, un gilet nero e dei pantaloni troppo corti per lui. Viveva in una comunità, quindi pensò bene di portare anche noi li, sempre meglio che stare in mezzo alla strada. Ero solito seguirlo ovunque, anche se mamma mi ripeteva che dovevo rimanere al mio posto. A lui non dispiaceva, si lasciava seguire senza parlare, mi indicava soltanto le cose e le persone più interessanti; lasciava che scoprissi da solo quello che voleva farmi vedere. Di giorno, quel posto, era un nido di formiche all'opera, per la maggior parte artisti, era la consuetudine trovare gruppi di persone ad un angolo con i propri strumenti ad improvvisare canzoni, o pittori che disegnavano su qualsiasi cosa trovassero, non avendo soldi per materiali decenti. Ognuno faceva quel che poteva, quel che le proprie abilità tiravano fuori. Una sera qualcuno aveva organizzato una festa, tutti gli abitanti della comunità erano stati invitati, quindi anche io, mamma e mio fratello. Le stradine erano state abbellite da fiori e luci colorate e la musica proveniva da ogni angolo, da ogni radio e da ogni piccolo concerto organizzato lungo le vie. Mi sentivo a mio completo agio in quell'atmosfera, come se avessi finalmente trovato il mio mondo, ma...mi sbagliavo. Un gatto bianco attirò la mia attenzione, così iniziai ad inseguirlo tra le casette, le vie, i cespugli, le gambe di amici e sconosciuti finché non mi ritrovai lontano dalla musica, dal chiasso e dalle abitazioni. Ero arrivato ad uno spiazzo sterrato ed il gatto era sparito. Di colpo sentî freddo e rimpiansi di non aver dato ascolto a mamma per una volta e di non aver portato con me mio fratello. Decisi di provare a fare la strada a ritroso così mi avvicinai al buco nella rete che aveva aiutato la mia fuga, ma quando spostai le erbacce che lo tenevano al riparo, il foro era sparito. Una voce mi fece trasalire, mi voltai a vedere chi avesse pronunciato il mio nome; fu in quel momento che vidi una donna seduta a terra, dove mi trovavo io pochi minuti prima. Aveva le gambe incrociate, indossava una gonna lunga ed una camicia molto più grande della sua taglia. Tese il braccio verso di me intimandomi di avvicinarmi a lei, ero curioso di chiederle come sapeva il mio nome, ma sia la lingua che le gambe sembravano incollate. La paura si stava impadronendo di me senza che io me ne accorgessi e senza che gliele avessi dato il consenso. Non capivo perché la mia reazione non corrispondesse alle mie sensazioni. Fu lei a rispondere alle mie domande silenziose, " Hai paura delle cose che non conosci, é normale.. Non rimproverarti " avrei voluto dirle che non mi faceva paura, ma nessun suono usciva dalla mia bocca. Continuò lei per me " Questa terra non ti appartiene, nessun mondo, nessun pianeta ti appartiene. Non sei fatto per startene in un luogo prestabilito. La tua curiosità e voglia di vivere ti porterà lontano, più vicino a te stesso e alle stelle, ma più lontano dal cuore e dalla semplicità. Sai dove devi andare e cosa c'è da vedere, ma sarai tu stesso a rallentare il tuo cammino. Il dono della curiosità ti si ritorcerà contro quando proverai altre vie, altri mondi; diventerai il tuo stesso nemico senza rendertene conto ed il fantasma del tuo inconscio. Ricorda questo ed eviterai di perderti " detto ciò si alzò da terra rovistando nelle tasche, ne tirò fuori un foglio che appallottolò e lanciò dalla mia parte prima di andarsene nell'oscurità della vallata. Come se la magia fosse scomparsa, riuscì finalmente a staccare i piedi da terra e mi allungai a raccogliere il pezzo di carta stropicciato; lo aprì lentamente e scorsi una scritta, diceva “Il viaggio è la destinazione”. Al momento rimasi deluso, la mia mente aveva immaginato chissà quale rivelazione scritta su quel foglio..Lo piegai con cura e lo rimisi nella tasca quando, al’improvviso, da lontano vidi arrivare un cane randagio che ringhiava ferocemente, una bestia alta quasi quanto me con i denti scoperti ed i muscoli scattanti. Il mio corpo stavolta reagì e corsi a perdifiato senza meta, cercavo solo di impedire a quei denti di finire dritti nella mia carne. Sentivo male alle gambe per quanto correvo veloce e mille lame nella gola che faceva entrare più aria del necessario per mantenere l'andatura. Corsi per vari minuti finché non scavalcai un muretto gettandomi dall'altra parte. Caddi e mi rialzai velocemente, neanche controllai se il cane mi inseguisse ancora. Entrai nella casa dove mia madre si trovava, casa di amici, mi bloccai quando arrivai in cucina. Aveva un piatto in mano quando mi vide e mi guardò con sguardo severo, io rovistai nelle tasche per farle vedere il foglio che mi era stato dato, per discolparmi dell'assenza, ma erano tutte vuote. Lacrime di frustrazione e rabbia scesero a bagnarmi il viso e me ne andai sul pianerottolo esterno a fissare i bambini giocare nel giardino finché non arrivò mio fratello a farmi compagnia.
Non dimenticai mai più quell'esperienza..si può dire che sembrerebbe quasi inverosimile "

Finì di bere l'acqua che era rimasta nel bicchiere, sorrise al ragazzo di fronte a lui che lo guardava con aria perplessa, si alzò e gli diede una pacca sulla spalla per salutarlo. Kevin si riscosse a quel tocco, spense il registratore e chiese al cantante, che stava uscendo "Jared, é vera la storia che ho appena ascoltato? "
Jared si voltò e rispose " No…ma se guardi oltre le semplici parole, spero ti possa essere  utile "  sorrise, rimise gli occhiali sul naso, lo salutò con un cenno della mano ed uscì dalla stanza.




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