GHOST
1° PARTE –
Poeti,
scrittori e cantanti le avevano parlato dell’Amore sin da
quando era bambina.
Qualcuno le aveva detto anche che l’Amore non è mai eterno.
Lei non aveva mai voluto crederci, e quell’infatuazione adolescenziale che
all’inizio sembrava dovesse durare per sempre e
sconfiggere qualsiasi difficoltà… alla fine era terminata.
Per Bulma era
rimasta solamente l’intimità di un’autentica amicizia con Yamcha, ma il
sentimento forte della passione e del desiderio era andato perduto con l’andare
degli anni.
Perchè l’Amore, da parte sua, non era finito dall’oggi al domani, ma c’era stato
qualcosa di più profondo e del quale non si era accorta, o forse aveva fatto
finta di non accorgersene, finché un giorno…
Bulma si era svegliata e aveva sentito dentro di sé che il metodo artificioso
con cui la sua relazione con Yamcha era stata mantenuta era collassato come un
castello di carte.
Si era chiesta
il motivo.
Tante volte.
Poi aveva capito che non c’era una vera e propria ragione nella fine del suo
Amore per lui.
“Bulma, cara!”
La voce squillante di sua madre la ridestò di colpo dai suoi pensieri.
”Yamcha è
tornato, finalmente! Non vieni a salutarlo?”
E’
così il momento era
finalmente arrivato, pensò Bulma. Yamcha era stato via per qualche settimana
per un allenamento speciale, e lei aveva passato tutto il tempo a cercare le
parole giuste per dirgli quello che sentiva dentro.
Senza tuttavia riuscirci!
D’altronde quale frase poteva usare?
Non ti amo più.
Voglio lasciarti.
Credo che la nostra relazione non sia più una… relazione.
Farlo soffrire
era l’ultima cosa che voleva al mondo, ma non aveva saputo pensare a niente di
meglio.
Si avviò in
salotto e lo trovò, bello come sempre, e intento a mangiare un pasticcino
offertogli dalla signora Briefs.
”Mamma, puoi lasciarci soli?”
Yamcha si alzò dal divano e le andò incontro.
“Bulma, mi sei
mancata! Come stai?”
La ragazza aspettò che sua madre se ne fosse andata,
dopodichè prese Yamcha per le mani.
”Devo
parlarti…”
Yamcha sorrise, e in tutta risposta la baciò sulle labbra.
Bulma ripensò ai tempi in cui un bacio come quello le faceva sentire le
farfalle nello stomaco, un brivido correre lungo la schiena, l’aumento dei
battiti cardiaci e un bollore improvviso nel basso ventre.
Sembrava passata un’eternità dall’ultima volta in cui aveva sentito tutto
quello!
“Anche io devo dirti una cosa: ti ho comprato un regalo! Così
non dirai più che non penso a te quando vado via”.
Il ragazzo
frugò nella tasca della giacca ed estrasse un pacchetto mal incartato e
piuttosto piccino. Bulma lo prese e rimase qualche
istante a rigirarselo tra le mani, indecisa se accettarlo o meno. Si sentiva
sempre più in colpa!
Infine lo
scartò vinta dalla curiosità, e scoprì che si trattava di un grazioso scrigno portagioie
in legno.
”Aprilo!” le ordinò Yamcha, con un fremito di ansia.
Bulma obbedì e non si accorse del soffio gelido che le spirò in viso quando ebbe aperto la scatoletta. All’interno vi era
una piccola ballerina che danzava rigirandosi su sé
stessa, ed una musica delicata ed infinitamente triste si diffuse nella stanza.
”Ti piace?”
Bulma singhiozzò sapendo di aver perso il coraggio di dire la verità riguardo i
suoi sentimenti. “E’ un carillon bellissimo, Yamcha. Ti ringrazio”.
Nessuno dei
due poteva sapere che quel cofanetto era custode di ricordi, segreti e qualcosa
di terribilmente oscuro.
CONTINUA…