Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |      
Autore: W_Morgan_Bryn    21/06/2012    3 recensioni
Sebbene la vita di una persona a un certo punto finirà comunque, chi avrà il coraggio di prendere il posto delle regole della Natura?
Alla fine dei giochi non tutto va come l'avremo sempre pensato. Certe volte chi spegne la luce della vita, non è tanto distante da noi. Sta a noi capire chi. O morire.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
“Evie, sei brutta quando piangi, davvero.”

Mi svegliai di soprassalto.
Prima ero stata tentata di urlare, ma non capivo perché.
O almeno, io ci avevo provato più volte, ma non usciva voce dalla mia bocca, nemmeno un fiato.
Guardai la sveglia.
Erano a malapena le sei e mezza di mattina.
Lui era accanto a me e dormiva, neanche quando mi alzai si destò.
Mi guardai intorno: per tutta la stanza erano disseminati vestiti, come muti testimoni di ciò che era successo la sera prima.
Iniziai a provare freddo. Non andava il riscaldamento in quella stanza, quello era il lusso che spettava al soggiorno.
Mi diressi al bagno, non c’è bisogno di spiegare il perché.
Mentre tornavo a letto mi specchiai. Non mi somigliava nemmeno un po’ quella donna che mi guardava. Aveva un viso stanco e non sorrideva da un po’, non provava piacere se non perché era necessario ad arrivare per lo meno al giorno seguente.
Tornai nella stanza, ma mi fermai sulla porta a osservarlo.
Lui non mi aveva mai amata, nemmeno quando mi scopava.
L’unica cosa che amava era fare baldoria quando sua moglie era fuori per un raduno di cucito.
Nemmeno la vita che tutto sommato conducevo mi appagava.
Lavoro da commessa.
Il supermarket in cui lavoravo era piccolo e aveva solo pochi scaffali riempiti dalla stessa roba da anni, quella non scadeva mai. E a tutte le ore c’erano solo clienti abituali che ti sbattevano in faccia gli oggetti che compravano, come se fossi una schiava ai loro servizi. I vecchietti, poi, lasciavano sempre cadere a terra qualcosa e, mentre ti chinavi a raccogliere la merce caduta, quelli ne approfittavano per dare una sbirciata al sedere e alla scollatura, in cerca di ritrovare gli ardori perduti.
Niente di tutto quello che avrei desiderato pochi anni fa, quando ancora conducevo una vita da studentessa.
Sognavo un futuro da ricercatrice nel campo medico, ho sempre avuto un debole per la divisa.
Ma più per la divisa, sono una sentimentalista. Mi piace aiutare gli altri, essere gentile e sentire che la gente mi è riconoscente. Mi piacciono i loro sorrisi. Le loro facce contente.
Abbandonando i cari ricordi, ritrovai una me stessa persa in una stanza ormai piuttosto illuminata.
Dalla finestra filtrava una calda luce, che abbracciava i mobili, quasi con affetto.
Svegliarlo forse non sarebbe stata male come idea, dato che la moglie sarebbe rincasata di lì a poco.
Mi cascò lo sguardo sui suoi pantaloni, troppo casual per un uomo in affari e troppo costosi per un disoccupato, ma abbastanza per un mantenuto. Non penso abbia mai saputo cosa sia un lavoro, e che nemmeno si sia mai posto il problema.
Cercai di distogliere lo sguardo un attimo, ma l’occhio mi cadde su qualcosa di luccicante.
Senza averci pensato due volte mi ero già precipitata a curiosare. Basta poco per incuriosirmi.
In men che non si dica tirai fuori dalla tasca una pistola.
Passarono dei minuti di silenzio, agghiaccianti, direi.
Io, che non avevo mai visto una pistola, me la trovavo in mano, e per giunta carica.
Mi prese paura ed ero abbastanza shockata per non riuscire a reagire nell’immediato.
-Mmmh, Eve..-
Sobbalzai. Si era svegliato e io avevo la sua pistola in mano. Panico.
Mantenni la calma, c’era altra scelta? Non credo.
-Dimmi, Ian.-
Dimmi perché sei venuto qui e ti sei portato dietro questa diamine di pistola, dimmelo.
-Che stai facendo, perché non sei a letto? Forse la cavalcata di ieri sera non è stata abbastanza? Facciamo il bis?-
Gli scappa un ghigno sorridente. Maiale.
-Non dire cazzate.- Nel mentre si stropicciava gli occhi io avevo messo l’arnese dietro la schiena. Ma non cessava la paura. Era come un tono sordo nella mia mente, non mi lasciava lucida.
-Che c’è, eh? Era una battuta. Permalosa.-
Tralasciamo i commenti su quest’ultima frase.
-No, niente.- Non volevo che s’innervosisse.
-Non mi sembra. Hai una faccia, che, oddio.-
Sperai con tutta me stessa che non s’accorgesse che io avevo la sua pistola.
-No, davvero, tutto a posto, davvero.-
Una benemerita secchia tutto a posto. Per poco non ero collassata quando avevo beccato ‘sta roba nella tasca di quell’idiota.
Quando mi innervosisco divento sempre più sboccata.
-Bene, adesso passami i vestiti perché sennò quando Sam torna a casa e non mi trova per raccontarmi i pettegolezzi della vicina ci rimarrà malissimo quella poverina..-
Sì torna proprio da Sam, da Samantha, la tua dolce mogliettina, di cui non te ne frega un benemerito nulla, perché mi scopavi per lo meno tre volte alla settimana. Maiale, solo un porco con pretese.
Intanto non mi ero accorta che s’era infilato già la camicia e cercava i pantaloni, senza pistola.
-Ma dove diavolo sono..?- E imprecava. Oh, poverino.
Li presi, dovevo infilarci dentro la pistola, accidenti.
-Ah, eccoli grazie.- Mentre cercavo di mettere la pistola nei pantaloni, lui gli aveva già aggrappati.
Il secondo dopo che sentii il suo strattone, vidi che la pistola mi era cascata in terra.
Ero impietrita, no meglio, ero finita. Lo capii dal suo sguardo agghiacciante.
Inutile dire che i minuti che seguirono furono di silenzio e pesanti come delle tonnellate sulla schiena.
-Eve-
Lui non si era scomposto più di tanto, forse non era un particolare così determinante quella pistola nella sua tasca, ma no, affatto.
Non spiccicai parola, ero nel terrore più cupo.
-Così hai visto la pistola, mi dispiace piccola, non volevo spaventarti.- Nelle sue parole c’era un che di patetismo, ma tutto contornato da un palese sadismo nemmeno un po’ camuffato.
-Perché?- Riuscii a spiccicare.
-No Eve, non è colpa tua, è colpa mia, solo mia. Tranquilla.- Lo fissavo male dai miei occhi leggermente arrossati.
-In che senso? Non ti sarai mica infilato in qualche casino?- Non riconoscevo nemmeno il mio tono.
Troppo acuto rispetto al solito, ma non ci riflettei troppo. Non era quello il dato importante. Cercavo risposte.
-Tranquilla, davvero.- Cercava di rassicurarmi, ma non ci stava riuscendo e io non capivo dove volesse andare a parare.
-Dimmi perché. Non m’interessa se è per causa tua. I tuoi problemi risolviteli in un altro momento, non dovevi portare quell’affare in casa mia.- La mia spavalderia era solo frutto della paura.
-Oh, Eve. Evie, non fare la sciocca, se continui a farmi delle domande non potrò fare altro che risponderti.- Continuava a sorridere. Giocava con me come un gatto col topo, solo che alla fine dei giochi il topo era nello stomaco del gatto.
-Allora rispondi.- Cosa non voleva dirmi?
-Va bene, Evie. Ma non ti arrabbiare, eh. Diventi brutta quando ti agiti.- Sospirò, come se gli facesse fatica. - Hai presente il cugino di Sam? Sì, quello che ti ho presentato alla grigliata l’altro anno. Lui è un pezzo grosso. Uno che lavora con i vertici.- Trattenni il sospiro. Cosa c’entrava lui con tutto questo? Non capivo il nesso.
- Lui, beh, lui tiene a me come un fratello e dato che non ho un lavoro, mi ha offerto un posto nella sua ditta. Da dirigente. Signor Dirigente Ian Mallory. Che nome altisonante, vero Evie?- Non lo seguivo e volevo arrivare al punto, non mi piace dilungarmi.
-Che sciocco. Non sai che la famiglia di Samantha è molto religiosa. Vanno in chiesa tutte le domeniche.- Quel suono gutturale che fece sembrava una risata, come se fosse un gioco crudele del destino. –Quelli nemmeno sanno che cosa sia tradire un membro della propria famiglia, perché nessuno oserebbe mai mettersi contro di loro.-
E che colpa ho io, che non sapevo niente?
O forse la domanda corretta sarebbe: che c’entro io se la colpa è sua?
- Non penso tu possa capire, Evie. Nessuno mi capisce, tantomeno quelle che mi scopo.-
Lui alzò la pistola.
In quel momento tutto si fece più nitido.
Non sentivo più la paura: l’accettazione della morte ormai non era un processo così difficile.

Tutti sanno come sarebbe andata a finire la storia: io muoio.
Ma chi siamo noi per determinare il futuro di una mediocre vita come la mia?
Nessuno.

Mi mancò.
Nel momento in cui sparò non si accorse che mi ero abbassata.
Pura fortuna.
Quel poveraccio doveva essere stordito dall’alcool della sera precedente. Forse aveva dimenticato che attaccarsi alla bottiglia non è mai stato salutare.
Non perdo tempo: mentre lui incomincia a realizzare che non mi aveva ammazzata, io ero già fuori dalla porta.
Faceva freddo e mi ero catapultata fuori in maglietta e biancheria, ma se sarebbe bastato a salvarmi, sarei uscita anche nuda.
Non mi aveva momentaneamente seguita, non per il momento.
Sbarrai la porta dell’appartamento con qualsiasi cosa avessi nel raggio di quei pochi metri: piante, porta ombrelli, zerbini.
Anche se sarebbe durata poco mi avrebbe aiutato a chiamare perlomeno la polizia.
Mi misi a cercare qualcuno che mi potesse prestare un cellulare in strada.
La poca gente che c’era mi guardava in maniera curiosa: che ci fa una pazza per strada in maglietta e mutande?
Dovevo provare a chiamare la polizia.
Prima possibile.
- Mi scusi! Avrebbe un cellulare? La prego! Si sbrighi!-
La tizia mi rivolse uno sguardo alquanto vacuo, non mi stava seguendo.
- Scusi?-
- Mi dia il suo cellulare, la prego! Non ho tempo per spiegarle!-
E se lui aveva già disincastrato la porta e mi era alle calcagna ?
Guardavo in maniera frenetica la porta del condominio.
Aspettavo che lui varcasse la porta.
I pochi minuti che mi erano rimasti erano per me vitali.
- Senta signorina, se per lei è davvero così cruciale glielo presterò, non vorrei essere la causa di un suo possibile attacco epilettico.- Sì, sì signora. Faccia pure dell’ironia, non è sicuramente lei in pericolo di morte.
- Aspetti, eh. E’ in fondo alla borsa..-
Avevo voglia di prenderle la borsa e spargergliela sulla strada per trovarlo.
Intanto mi massacravo le braccia, le mani e le unghie per il nervosismo.
-Eccolo, tieni..-
Finalmente!
Adesso dovevo chiamare la polizia e tutto sarebbe meravigliosamente finito!
Mi immaginavo già la scena: lui sbattuto in galera, la sua mogliettina in lacrime e io non avrei mai più fatto sesso con uomini sposati per non ricadere vittima di un pazzo maniaco.

Bang.

La tizia che un secondo fa mi stava porgendo il cellulare si accasciò a terra lentamente.
Un colpo le aveva fracassato la tempia.
Non stavo realizzando, non volevo.
No, non era vero, era uno scherzo.
Non era possibile.
Era solo un brutto tiro del destino.

Mi voltai dalla parte in cui era partito il colpo.
Vidi lui affacciato alla finestra del condominio con un’aria alquanto dispiaciuta.
Povero, non mi aveva colpita.
- Ops, tesoro non ti ho presa.. Stai tranquilla che rimedierò subito.- Che idiota, non riesce nemmeno a reggersi in piedi e vuole mirare alla mia testa.
E’ costretto a tenere la pistola a due mani.
Sparò.

Tutti sanno che non è possibile avere un’altra chance dal destino. Se ti va male, ti va male, punto.
Non puoi lamentarti, non puoi piangere.
L’unica è imboccare la strada che ci viene lasciata libera e proseguire, anche se ci condurrà alla morte certa.

Subito dopo pensai: bravo, hai mantenuto la promessa.
E poi il Buio.

-Evie, Evie. Eri davvero brutta. Perché ti ostini a piangere? E poi guardami adesso. Non mi hai lasciato altra scelta. Non solo mi avevi reso così come sono, ma hai anche ucciso un’altra persona! Non puoi sfuggire al destino, e quello era il nostro, di un bel colore vermiglio.-
Poi un suono e un corpo a terra.

Alla televisione mandavano il Telegiornale, alla radio un nuovo motivetto abbastanza orecchiabile, per le persone comuni era un giorno come un altro: tutti correvano per andare a lavoro, i bambini andavano a scuola, le donne rimaste a casa pulivano e pensavano al pranzo che avrebbero dovuto preparare e in una via dimenticata da Dio giacevano tre morti. Insomma, tutto regolare.
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: W_Morgan_Bryn