Margareth Phoebe
Alcott.
Odio il mio nome. Fa troppo 'prima donna', non credete?
Margareth. Bah.
Non mi piace, per questo tutti mi chiamano Maggie.
Oppure Meg, ma solo mia madre usava questo soprannome.
Da poco ho compiuto diciassette anni.
Mi definisco una ragazza normale, come tante altre. Come quelle che
incontri al supermercato o in spiaggia.
Ma di normale nella mia storia c'è davvero poco.
Quando mia madre ha lasciato mio padre, mio fratello Eric e me, otto
anni fa, gli occhi verdi prato di quella 'piccola
me' spensierata
e ingenua
si sono trasformati in occhi più scaltri
e responsabili.
Ho smesso presto di essere una bambina e ho iniziato ad essere una
donna.
Mia madre mi manca molto. Troppo. Ma oramai mi sono abituata alla sua
assenza.
Tutto quello che mi rimane di lei sono una vecchia fotografia e i miei
capelli.
Sì, i miei capelli. Sono l'unica cosa che ho ereditato da
lei: dei lunghi e mossi capelli castani.
Ha avuto il coraggio di lasciarci con un biglietto sul tavolo da
pranzo. E la odio per questo, ma è mia madre e l'amore che
provo
per lei è più forte di qualsiasi altro sentimento.
Edwin, mi sono accorta di non amarti più. Non sopporto questa situazione.
Non mi cercare. Pensa tu ai bambini.
Meg, Eric vi amo con tutto il cuore. Addio.
-La vostra mamma.
Questo era
scritto sul biglietto, in una calligrafia per niente curata. Come
quella di qualcuno che ha fretta.
Il giorno prima c'era e il giorno dopo non più.
Sono cresciuta da sola. Sì, perché mio padre non
mi è mai stato accanto e Eric, dopo che la mamma se
n'è andata,
ha deciso di studiare in un' accademia militare per sopprimere la
tristezza e la malinconia, lasciando il posto alla determinazione e
alla rigidità del campo militare.
Così ora combatte in Afghanistan o in Uzbekistan, non me lo
ricordo mai.
Non so neanche se è vivo: non ricevo sue notizie da quasi un
anno.
E' la mia occasione. Sì, la
mia occasione d'oro.
La mia occasione per poter finalmente scappare da questa orribile
realtà.
Tutto quello che devo fare è entrare, prendere, uscire e...
adios a todos!
Libera. Finalmente.
Da un po' di tempo a questa parte sono costretta a lavorare come
cameriera in un' albergo di Atlanta, USA.
Esattamente: costretta. Costretta da mio padre. E' uno di quegli uomini
a cui importa solo di sé stesso.
Dopo la scomparsa improvvisa da parte di mia madre ha pensato bene di
iniziare ad essere un cattivo padre.
Torna a casa ubriaco, o ancora peggio, fatto, tutte le sere.
Comunque, faccio la cameriera perché mi servono soldi,
logicamente.
Ho la necessità di lavorare nonostante io abbia appena
diciassette anni.
Mio padre mi obbliga a lavorare perché lui, così
mi dice, non può. Cazzata.
Non vuole.
Non ha voglia.
E' sempre troppo ubriaco per lavorare.
Preferisce bere e fumare tutto il giorno piuttosto che aiutare sua
figlia.
La lista è lunga.
E' questa la verità.
Quindi sono io a sgobbare tutto il giorno.
'La tua occasione d'oro' –
penso – 'La
tua occasione d'oro'.
Mi ripeto quelle poche parole in testa decine e decine di volte. Mi
convinco sempre di più che devo farcela. Non posso fare
errori.
'Se
ti beccano è la fine, Meg'. Sento l'ansia
assalirmi.
Honey_eyes' corner
Ciao gentesssssss! Questo che avete letto era il primo capitolo (no, sul serio?!) :D
Siete troppo dolciose *w* (?)
Per questo è un po' corto. .-.
Ok, torniamo serie. Mi piacerebbe che voi mi diceste cosa ne pensate, se ho fatto errori grammaticali o cose del genere.
Non esitate a farvi sentire :)
Vi voglio già bene.
A presto.
-Honey_eyes