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Autore: Halina    25/06/2012    4 recensioni
[Dany/Jorah - 02x02]
Missing moment nel bel mezzo della Desolazione Rossa che si riattacca al ritorno del cavallo di Rakharo; Dany cede al torpore dovuto al caldo soffocante del deserto e Jorah veglia su di lei.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Daenerys Targaryen, Jorah Mormont
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Dev’essere stato il caldo

[Dany/Jorah -02x02 ]
Missing moment nel bel mezzo della Desolazione Rossa che si riattacca al ritorno del cavallo di Rakharo; Dany cede al torpore dovuto al caldo soffocante del deserto
e Jorah veglia su di lei.

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Caldo. Il caldo era ormai diventato un elemento imprescindibile dalle loro vite, dalle loro esistenze, dal loro quotidiano arrancare nella Desolazione Rossa, alla ricerca di una via di uscita dalla fame, dalla sete e dallo sconforto.

Solo al calare del sole una tregua era loro concessa, quando l’escursione termica abbassava di qualche grado la temperatura, concedendo un po’ di riposo. Ma anche nella notte non si poteva parlare di fresco; quanto al freddo, Jorah Mormont non riusciva neanche più a ricordare cosa si provava, ad avere freddo.

Stava seduto lì, Jorah, la schiena appoggiata alla parete rocciosa, gli occhi chiusi contro il sole, una gamba distesa e l’altra piegata, una mano sul ginocchio e l’altra sull’elsa della spada, un’abitudine ormai consolidata perfino in momenti di immobile stallo come quello. La camicia era sbottonata sul collo lasciando intravedere uno scorcio di petto abbronzato: perfino respirare nell’afa gli risultava difficile.

Freddo, annaspò nella memoria alla ricerca di quella sensazione. Da quando era giunto oltre il Mare Stretto, in esilio, aveva dovuto abituarsi al cambiamento di clima, niente a che vedere con il vento e la neve degli inverni sull’ Isola dell’Orso.

L’ Isola dell’Orso, casa. Suo malgrado il pensiero andò alla grande casa sul promontorio, alla spiaggetta di sassi nascosta in una caletta e raggiungibile solo a piedi, scendendo un sentiero quasi invisibile, rischiando ogni volta di spaccarsi l’osso del collo.

Lì nessuno lo aveva mai cercato, nessuno aveva mai  rubato al Lord quei momenti di quiete e di refrigerio, di libertà assoluta, di fuga delle vesti formali e dei titoli, delle responsabilità e della fatica, dalle delusioni e dal dolore. Lasciava i vestiti sui sassi e saliva su quello scoglio osservando le acque scure, perennemente scosse dal vento, pronto al tuffo, pronto al gelido impatto contro le mani, le spalle, il viso, il collo...

Un diverso tipo di impatto, su una spalla, qualcosa che gli lambiva il viso e il collo, proprio ora. Ma non era acqua. Aprì gli occhi trovandosi a fissare un diverso tipo di onde, onde argentate. I capelli della Khaleesi erano arruffati, impolverati, ma non avevano perso il loro splendore.

Sbatté gli occhi un paio di volte prima di capire che la testa di Danaerys era appoggiata sulla sua spalla, che la ragazza, con le mani posate delicatamente sul ventre e la schiena piegata in un angolo innaturale, dormiva.

Un piccolo sorriso fece la comparsa tra la barba dell’uomo, colmo di affetto e non di illusione. Sapeva che quel tocco, quella posizione, non era intenzionale. Si era addormentata, e nel sonno era scivolata di lato, nulla più.

Non aveva mai cercato conforto nel suo tocco, le uniche volte in cui si erano toccati, sfiorati, era  stato quando lei aveva dato conforto a lui, rassicurandolo, come quando la paura di vederla gettarsi tra le fiamme della pira di Drogo lo aveva lasciato senza fiato, quando le sue labbra gli avevano sfiorato il viso annichilendolo ancora di più.

Tutto il conforto che lui era stato in grado di darle era stato nelle parole, nel suo essere lì quando lei ne aveva bisogno. Era la donna di un altro, la moglie di un altro, prima venduta, poi felice. Era principessa, e poi Kalheesi. E lui non era niente più che un cavaliere in esilio, prima traditore, poi innamorato. Disperatamente innamorato.

Non le aveva mai detto nulla, mai chiesto nulla, era sempre stato al suo posto, sempre un passo dietro a lei, la sua ombra fedele. Anche ora, ora che lei era libera, Jorah non aveva fatto passi avanti, non si era preso confidenze, sarebbe stato come approfittarsi di lei, lei che in una notte aveva perso il suo status, il suo popolo, suo marito e suo figlio. Lei che ora era vulnerabile, ma non debole. Debole, mai.

Ma solo qualche giorno prima era arrivata quella frase maledetta che gli rimbombava nella testa facendogli perdere il sonno.

“Devi essere la loro forza.”
“Come tu sei la mia.”

Aveva visto l’espressione della sua Khaleesi, la stava fissando per capire se davvero avesse sentito quelle parole uscire dalla sua bocca, e aveva visto la sua espressione imbarazzata, come se non avesse voluto ammetterlo, non così, non ora. Jorah aveva visto l’impulsività, la gratuità e il moto sincero dietro quelle parole, e il suo cuore aveva perso un battito, il suo animo aveva osato vedere uno spiraglio che indicasse che forse, da qualche parte ben nascosta dentro di lei, Danaerys potesse provare qualcosa per lui.

Anche ora, con quella faccia stanca, le spalle piegate, le labbra spaccate dalla disidratazione, le mani protettivamente poste sul ventre, a difesa di un bimbo mai nato, un bimbo che da giorni ormai non c’era più, Jorah la trovava bellissima, e forte.

Non avrebbe voluto altro che posarle un braccio attorno alle spalle, tirandola a sé per farla stare più comoda, accarezzarle i capelli e posarle un bacio sulla fronte. Nulla di più. Guardarla dormire, cullandola tra le braccia e vegliando il suo sonno.

Sospirò. E il leggerissimo alzarsi delle sue spalle svegliò di scatto Dany, che raddrizzò il collo sbattendo gli occhi un paio di volte.

“Jorah..” mormorò con aria confusa.

E il suo cuore prese a battere furiosamente al solo sentire il proprio nome uscire da quelle labbra.

“Non è niente Khaleesi, ti sei addormentata.”

Lei annuì, massaggiandosi il collo per poi puntellarsi a terra, spostandosi, mettendo una distanza più consona tra i loro corpi, andando ad appoggiarsi perpendicolarmente a lui.

“Dev’essere stato il caldo..” commentò solo.

“Sì Khaleesi” rispose lui accondiscendente, prendendo la borraccia e svitandone il tappo.

Già, troppo, troppo caldo.

Prese un corso d’acqua e tornò a volgere il capo lontano da Danaerys,  verso la desolazione; come in un miraggio la grossa sagoma scura di un cavallo stava emergendo dalle onde di calore che si sollevano dal suolo.

Era il cavallo di Rakharo. Senza Rakharo.

“Khaleesi…”
 

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