E l’elfo si avvicinò alla grande quercia che s’innalzava di fianco all’ansa del fiume e che protendeva i suoi rigogliosi rami verso di esso; la creatura fatata si fermò a osservare i riflessi che la luna piena creava sull’acqua, ma non vedeva solo quelli: il suo pallido volto e i suoi neri capelli ramati si distinguevano nettamente dall’acqua scura.
Era la prima volta che faceva il Rituale e il nervosismo lo stava lentamente divorando, ma lui non l’avrebbe mai ammesso, almeno non davanti a Lei, non davanti al capitano Tappo.
- Forza Arty, è ora. - disse l’elfa accanto a lui…”Arty” pensò, lo chiamava così da qualche tempo, ma lui non ci aveva ancora fatto l’abitudine e tutte le volte gli “partiva” dallo stomaco una strana sensazione, una di quelle poche sensazioni che non riusciva a spiegare, una di quelle sensazioni che gli venivano solo in presenza di Spinella.
Era pronto, sapeva cosa doveva fare e come farlo.
Si avvicinò al possente albero e colse una ghianda, si allontanò calcolando i passi e, scavando una piccola buca, la infilò nel terreno, pronunciando le frasi in gnomico:
- Ti restituisco alla terra e reclamo il dono che è mio di diritto. -
Quasi immediatamente delle scintille azzurrine, che sembravano brillare di vita propria, gli percorsero il corpo, partendo dal braccio e salendogli lungo la spalla, diramandosi sulla schiena e sull’altro braccio e poi, così come uscirono dal terreno, vennero assorbite dal suo corpo e diventarono parte di lui.
Si rialzò, aiutato da Spinella, la quale ricordava bene che cosa aveva provato dopo il suo primo Rituale; da allora la sua vita sarebbe cambiata, e non poteva che farlo in meglio.