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Autore: Lau2888    27/06/2012    7 recensioni
ora vi racconterò una storia... una storia che ha come protagonisti dei semplici ragazzi che ancora una volta sono chiamati a combattere.
questa volta però non sarà facile, perchè questa volta dovranno affrontare un nemico invisibile e invincivile.
un nemico conosciuto con tanti nomi e forme diverse, ma che per semplicità lo chiameremo odio.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti ecco una mia nuova ff, buona lettura spero piaccia ^^
Solo una piccola precisazione: il prologo è narrato dal punto di vista di Tai, mentre il resto è … beh diciamo che è un punto di vista un po’ particolare (chissà magari qualcuno lo indovina). Dico solo che è presente della serie e che si mostrerà a poco a poco.
 
 
 
Digiprescelti…
Non avrei mai immaginato che questa parola potesse essere associata a un significato negativo.
Non avrei mai pensato che potesse essere pronunciata con rabbia, paura e perfino odio.
La prima volta che la sentii ero poco più di un bambino, avevo undici anni e avevo una vita semplice e spensierata… una vita dove il mio unico pensiero era giocare e divertirmi con i miei amici e la mia unica preoccupazione era la scuola.
Tutto era maledettamente più semplice: non c’era nessuno da impressionare, nessuno da salvare e nessuno dipendeva da te.
Già… semplice… peccato che in un caldo giorno d’estate tutto questo finì.
Quel giorno, insieme ad altri sei giovani ignari, fui strappato da quella vita e gettato senza alcuna cura in un turbinio di eventi che avrebbero cambiato tutto il mio mondo.
Eravamo solo dei bambini, io ero solo un bambino.
Avevamo sogni e speranze, volevamo vivere avventure fantastiche, volevamo solo fare la cosa giusta… Ma allora perché è andato tutto storto?
Perché le nostre speranze sono state infrante? Perché non ci è stato permesso realizzare i nostri sogni? Perché le nostre avventure e le nostre buone intenzioni ci si sono state rivoltate contro?
Avevamo combattuto con coraggio e onore, anche nelle situazioni più brutte non ci siamo mai tirati indietro… Mai.
Avevamo paura ma siamo andati avanti, ci sentivamo soli e sperduti ma ci siamo fatti forza a vicenda e incredibilmente siamo sopravvissuti.
Nonostante fossimo solo dei bambini avevamo preso sulle nostre fragili spalle il peso di ben due mondi. Ci avete mai sentito lamentarci di questo? Ci avete mai sentito tirarci indietro?
No, non l’abbiamo mai fatto e ne avevamo mai pensato di farlo. E allora perché? Perché è andata a finire così?
Avevamo quattordici anni quando questo peso non divenne più solo il nostro. Una nuova squadra ci affiancava e nuovi digiprescelti nascevano in tutto il mondo.
La nostra responsabilità ora era anche la loro.
Mi chiedo spesso se dividere con loro digiworld sia stata la cosa giusta. Certo al momento sembrava tutto bello: nuovi amici, nuove avventure… per non sottolineare il fatto che i nuovi arrivati ci guardavano con rispetto facendoci sentire importanti.
Ma sfortunatamente quest’immagine era solo un’illusione momentanea.
Eravamo solo dei bambini e come tali eravamo ingenui. Non avevamo pensato a come avrebbe reagito il mondo alla nostra presenza.
Le battaglie negli anni si erano susseguite senza esclusione di colpi.
All’inizio l’unico campo di battagli era digiworld e solo digiworld, ma ora non era più così.
Sempre più spesso i combattimenti si svolgevano nel mondo reale, con conseguenze devastanti.
Purtroppo, però, imparammo presto che la terra è diversa da digiword. I palazzi distrutti non vengono ripristinati una volta messo a posto il digicode, gli alberi sradicati ci mettono anni a ricrescere, le ferite non passano con la digievoluzione e le persone non rinascono sotto forma di uovo.
Nonostante questo siamo andati avanti, accettando ogni rischio e lo avevamo fatto solo per il mondo che amavamo e che volevamo proteggere.
Peccato che il mondo non avesse fatto lo stesso. Peccato che il mondo non lo avesse accettato. Noi non eravamo stati accettati.
Non mi sono mai pentito di essere stato un bambino prescelto. In quel mondo ho incontrato delle persone fantastiche, dei bambini che come me erano stati mandati in una guerra che non era nemmeno la loro. Ho incontrato il mio digimon, che ora è come un fratello per me. Ho vissuto degli anni incredibili fatti di fantastiche imprese, che non dimenticherò mai.
Ma come tutte le cose belle era finito… Il tempo di essere liberi e felici era finito.
Alla fine è apparso qualcosa che nemmeno noi potevamo sconfiggere.
Non si può battere un male invisibile che si diffonde nei cuori delle persone senza pietà.
Ci abbiamo provato, come sempre non ci volevamo arrendere, ma questa volta era diverso. Non c’era un nemico da affrontare perché stavamo combattendo contro il mondo. Non potevamo ricorrere ai digivise perché il nemico non era tangibile. Era un male incurabile, una piaga che affligge il nostro mondo da tempo immemore. Certo si può tentare di eliminarla ma torna sempre, è inevitabile, perché questa è la natura degli esseri umani.
Il mio nome è Taichi Yagami e all’età di sedici anni sto combattendo contro un avversario che sembra invincibile. Ha avuto molti nomi nel corso della storia: discriminazione, odio, razzismo… ma penso che il più appropriato sia paura.
È quello che senti quando ti trovi davanti qualcosa che non puoi o non vuoi capire, qualcosa di diverso, qualcosa che è al di fuori degli schemi. È allora provi paura… paura per te stesso e per il cambiamento che ne deriverà.
Provi così tanta paura che non cerchi nemmeno di dare una possibilità a quello che hai davanti. Provi così tanta paura che l’unica cosa che sei in grado di fare e schiacciare tutto quello che è diverso, che è fuori dagli schemi.
Noi eravamo fuori dagli schemi, noi eravamo diversi, noi eravamo troppo pericolosi per il mondo e ci stavamo diffondendo senza limiti. È allora il mondo ha reagito.
Ci hanno dipinti come dei mostri sanguinari senza onore e coscienza. Hanno dato a noi la colpa di tutto quello che era successo, di tutta la distruzione, di tutte le vite spezzate…
Noi che avevamo difeso la terra eravamo ora una minaccia troppo grande.
I nostri digimon li spaventavano, la loro potenza era tale che poteva mettere in ginocchio la terra in pochi attimi. Noi li spaventavamo perché controllavamo queste potenti creature a nostro piacimento.
Perché? Mi chiedo. Non avevamo mai mostrato volontà diversa da quella di custodire e proteggere il nostro mondo. E allora perché ai loro occhi siamo dei mostri?
 
 
Passo 1) 24 ore all’inferno
 
È una fredda mattina d’inverno. Il sole è da poco sorto e crea un magico gioco di luci con quella poca neve che è ancora rimasta sui tetti delle case.
Le strade della città sono semideserte, il traffico è quasi inesistente e solo ora i primi negozianti cominciano le loro attività.
Un vento gelido dal nord porta con se il caldo odore del pane appena sfornato. La città di Odaiba si sta svegliando.
In queste prime ore del mattino la città è avvolta in un innaturale silenzio, che attende disperato di essere interrotto. E dei passi rapidi accontentano questa richiesta.
È presto, molto presto, soprattutto per te, che sei solo un ragazzo che sta andando a scuola. Cammini veloce, devi arrivare in un luogo pubblico e chiuso al più presto possibile.
Il tuo cuore batte forte, il tuo corpo è rigido e i tuoi sensi ben attivi. Hai paura e non ti vergogni ad ammetterlo. Eviti più che puoi gli sguardi di quei pochi passanti che già solcano le strade. Sono occhi che fanno male, sono occhi carichi d’odio.
Rabbrividisci e abbassi il capo, quasi a volerti scusare. Anche se lo sai, tu non hai nulla di cui scusarti, perché non hai fatto niente di sbagliato.
Preghi ogni mattina che tutto ritorni a come era prima, che quegli sguardi spariscano, ma ogni mattina le tue speranze vengono amaramente deluse. Niente tornerà come era prima. Voi siete e sarete per sempre per tutti solo dei mostri.
Allora acceleri il passo, devi arrivare a scuola, anche se sai che lì non sarà affatto diverso.
 
Vedi l’edificio in lontananza e tiri un sospiro di sollievo. Ma quella sensazione di sicurezza dura solo pochi attimi. Appena attraversi il pesante cancello di ferro sai che inizierà un nuovo incubo.
Stringi con forza la tua cartella e cerchi di respirare con calma. Fai appello a tutto il tuo coraggio e ti dirigi verso l’entrata principale. Speri con tutte le tue forze che non sia ancora arrivato nessuno.
I corridoi sono deserti, la maggior parte delle aule sono chiuse, le luci sono spente e il riscaldamento non è ancora stato acceso.
Senti un brivido attraversarti la schiena, ma è sempre meglio che essere fuori al freddo.
Con calma attraversi il lungo corridoio, devi goderti più che puoi questi pochi attimi di pace.
Ti soffermi accanto a una delle ampie finestre. Da lì lo puoi vedere benissimo… Puoi vedere il tuo amato campo di calcio.
Ogni mattina quando passi in quel punto senti un dolore profondo lacerarti l’anima. Era il tuo sogno quello di diventare un giorno un calciatore professionista. Era la tua speranza quella di vincere una borsa di studio e di andare all’università. Ma ora non è più possibile perché il mondo è cambiato.
Sospiri pesantemente e tiri dritto verso la tua classe. Ormai l’hai capito, è inutile torturarsi ancora con i bei ricordi del passato. Sai che non tornerai più a giocare, sai che non potrai più far parte di una squadra, sai che nel tuo nero futuro non ci sarà posto per il gioco che ami. Lo sai bene perché i mostri come te non vengono considerati al pari delle persone normali.
Continui a camminare, non puoi voltarti indietro, non puoi guardare ancora quella distesa d’erba verde perché sai che ti farebbe ancora più male.
Le immagini di quei giorni passati sui campi a inseguire una palla con i tuoi amici sono un tormento troppo grande.
Ti soffermi e ti appoggi pesantemente al muro. Sei solo non ti importa che qualcuno ti veda.
Stringi con forza i pugni, faresti qualunque cosa per riavere la possibilità di giocare con una squadra, di giocare con Davis… Davis… il tuo pupillo.
Quanto vorresti anche solo passare un po’ di tempo con lui o anche solo parlagli. Ma non puoi, ormai non puoi più farlo. Vuoi troppo bene a quel ragazzino pestifero per trascinarlo a fondo con te.
La forza con la quale stai stringendo le mani e tale che le nocche sono praticamente bianche. Senti crescere sempre più un sentimento misto di rabbia e frustrazione.
Respiri. Cerci di riprendere il controllo.
Decisamente quello era uno di quei giorni. Quei giorni in cui non riesci a sopportare il peso della vita, in cui daresti qualsiasi cosa pur di tornare in dietro, in cui vorresti solo mollare tutto perché sei arrivato al tuo limite.
 
Sei così concentrato sul tuo respiro che non senti dei passi lenti che vengono verso di te. Il dolore che provi e così forte che non avverti una presenza che ti affianca, almeno non fino a quando una mano calda si appoggia delicata sulla sua spalla.
Sussulti a quel contatto. Senti il tuo cuore battere a mille.
Ti giri lentamente, temi di scoprire chi è il proprietario di quel tocco.
Il tuo corpo si rilassa quando incontra due occhi cremisi e un amorevole ma triste sorriso.
Una bellissima ragazza dai capelli rossi ti guarda con aria preoccupata. – ciao Tai -
Le sue parole sono appena sussurrate ma al solo sentirle ti rilassi. –ciao Sora-
Si avvicina a te, la sua mano è ancora ferma sulla tua spalla, quasi avesse paura di perderti se solo allentasse la presa. – un penny per i tuoi pensieri?-
Vorresti sorriderle e dirle che va tutto bene, ma lei ti conosce meglio di chiunque altro e sa quello che stai passando. – mi manca-
Non dici altro, non ce ne è bisogno. Lei ha capito. – sì, anche a me-
Senti stringere con più forza la sua presa, ti senti in colpa per aver sollevato in lei dei vecchi ricordi.
Ti giri e le prendi la mano. Lei sorride, sente il tuo calore e si sente rincuorata. – grazie-
Anche lei, come te, ha dovuto rinunciare ai suoi sogni. Sarebbe diventata una grande tennista. Aveva passione e talento. Amava tutti gli sport, ma quello era il suo preferito. E tu amavi guardarla giocare, lei era felice e tu eri felice per lei.
Vorreste rimanere lì per sempre, per godere di quel calore che solo la vostra amicizia vi sa dare. Ma la vita è ingiusta e crudele e voi lo avete imparato bene. Vero?
Sussultate quando sentite delle voci avvicinarsi. Le riconoscete, sapete bene chi sono.
Ti guardi intorno velocemente, devi pensare e in fretta.
A due passi da voi c’è l’aula di chimica, ancora chiusa e vuota. È lunedì mattina e sai bene che quella stanza non verrà usata per le prossime due ore.
Prendi per le mani la tua migliore amica e la trascini di peso verso l’aula. Spalanchi la porta e la spingi dentro.
Lei vorrebbe protestare, lo capisci dal suo sguardo deciso, ma tu non glielo permetti. Le metti un dito sulle labbra e la fai accucciare accanto al muro.
Lei tenta di trattenerti, ti fa segno di sedersi lì con lei, ma non puoi. Loro sanno che voi siete già li.
Scuoti con calma la testa e le sorridi. Esci dalla stanza chiudendo la porta alle tue spalle.
Cominci a camminare, devi allontanarti il più possibile.
Non hai fatto molti metri quando li vedi arrivare. Sai bene chi sono e sai bene cosa accadrà.
Uno di quei ragazzi ti vede e sorride. Ma è un sorriso che trasuda rabbia e odio.
Si muove verso di te con il suo branco al seguito. Ti odia e lo sai, non passa giorno che lui non te lo ricordi.
Vorresti odiarlo a tua volta, ma non puoi, non del tutto.
Ha perso sua madre in uno degli scontri che hanno visto la terra come ring. Vuole vendetta per questo e la vuole su di te, perché tu sei il leader dei prescelti.
Gli altri ragazzi lo seguono senza fiatare, non hanno nulla contro di te, ma ti faranno passare ugualmente un brutto momento. Non c’è odio nei loro occhi ma solo paura. Hanno paura che se protestano si troveranno al tuo posto e allora devono scegliere tra la loro vita e la tua.
Sai già cosa sceglieranno e non te la senti di odiarli per questo.
Vorresti scappare, ma pensi alla dolce ragazza dai capelli rossi che è rannicchiata nel buio di quella stanza. E allora accetti il tuo destino. Sai bene che se non prenderanno te allora cercheranno un altro prescelto.
Sei accerchiato. Stringi i pugni. Non fiati, reagisci al minimo. Preghi perché quella tortura abbia presto fine.
Le loro parole cariche di odio fanno male quasi più dei loro colpi. Le senti rimbombare nei silenziosi corridoi, le senti lederti l’anima e, lo sai, le senti ferire anche quella ragazza che nel buio cerca rifugio.
Non avevi mai notato quanto fossero freddi i pavimenti della tua scuola, non fino a quando la tua faccia viene premuta con rabbia verso quest’ultimi.
Alla fine il tuo corpo cede e tu cadi nel mondo dei sogni. Il tuo ultimo pensiero coerente è sempre rivolto alla tua migliore amica. Speri che siano soddisfatti e che non vadano a cercarla.
 
Senti qualcosa di caldo che ti tampona delicatamente il volto, senti un liquido dolce che ti scende in gola. Un brivido attraversa il tuo corpo, mentre al contempo qualcosa di caldo lo rassicura.
Apri lentamente gli occhi. Davanti a te solo una distesa azzurra. Il cielo.
Ti ci vuole qualche attimo per mettere insieme i pezzi, poi ti alzi di scatto con in mente una sola parola. Sora.
Una mano ferma ti tira giù e ti fa sdraiare. È un ragazzo più grande di te con i capelli blu, gli occhiali e un' aria seria e distinta. Sta cercando disperatamente di andare oltre le tue proteste e di medicarti. – Joe -
Lui sorride sollevato. –bentornato-
Cerchi di alzarti ancora ma ora è un’altra mano che ti tira giù.
Sei improvvisamente sollevato a quella vista. –Sora! Stai bene?-
Lei ti guarda e vorrebbe mettersi a piangere, ma si trattiene, sa che ti farebbe solo del male. Scuote la testa e ti scruta con occhi severi. – questo dovrei essere io a chiederlo a te-.
Fai del tuo meglio per sorriderle, vuoi tranquillizzarla, non vuoi farle vedere che sei ferito nel corpo e nello spirito. – tutto bene… ma come sono arrivato sulla terrazza?-.
Joe è accanto a te che lotta con un pezzo di ghiaccio. Alza gli occhi al cielo mentre pensa quanto sia imprudente il suo leader. – ci ha chiamato Sora… dovevamo rimetterti in sesto e questo ci è sembrato il posto più adatto per avere un po’ di calma-.
Interiormente sorridi, hai ancora dei buoni amici, anche se vi vedete poco loro ti vogliono ancora bene.
Guardi Joe farsi in quattro per te. Ammiri la sua capacità e la sua pazienza. È dotato, sarebbe un ottimo medico se solo potesse seguire i suoi sogni. Lui lo sa, glielo leggi in faccia. Vorresti abbracciarlo e dirgli che sarà un grande dottore un giorno, ma non vuoi dare false illusioni.
Ti riprendi dai tuoi pensieri.- ci..?-
I tuoi due amici stanno per parlare, ma la risposta che cercavi si è palesata da sola. La porta che conduce al piano sottostante si apre lasciando passare la figura di un ragazzo dai capelli biondi e gli occhi azzurri. Cammina con calma mantenendo un aspetto freddo e distaccato.
Sora sorride – beh pensavi che io e Joe da soli saremmo bastati a portarti qui?-.
L’aria fredda e distaccata del ragazzo scompare quando ti vede sveglio. Accelera e viene verso di te. Ti fissa attentamente. Il suo sguardo è un misto tra rabbia e preoccupazione.
-ciao Matt - lo saluti, vuoi dimostrare di essere ancora vivo – grazie per il passaggio- scherzi, tentando di smorzare la tensione che si era creata.
Ma lui non sorride, non pensa che quello che ti è successo sia divertente. Vedi la sua rabbia crescere, lo prendi per un braccio, hai paura che possa andare a cercare quei ragazzi per fargliela pagare. Tu non vuoi vendetta, vuoi solo che i tuoi amici siano al sicuro.
Sente la tua presa ferrea e si calma. La rabbia piano piano sparisce, ma al suo posto compare un altro sentimento. – Tai… mi dispiace avrei dovuto essere li-.
Colpa. Si sente in colpa perché non era lì con te a condividere il tuo dolore.
Allenti la presa e guardi i profondi occhi azzurri del tuo migliore amico. – Matt… non hai nessun motivo di chiedere scusa… -.
Lui si volta dall’altra parte, vuole evitare il tuo sguardo.
Ti metti seduto, senti un po’ di vertigine ma non te ne preoccupi, il tuo amico ha la priorità. – Matt… davvero… sto bene… e poi ti stai scusando per che cosa esattamente? Eh? Per non essere stato lì a farti massacrare?-.
Tenti di istigarlo, sai bene che non resiste alle provocazioni. – e poi dopo chi mi salvava? Oh matt mio possente cavaliere!-
Non puoi vederlo in faccia, ma sai che hai fatto centro.
Non vuoi che lui sia arrabbiato… lui non deve odiare, c’è già troppo odio nel mondo.
Si gira e mette il broncio. – tsk! Stai zitto!-
Il ritmico suono della campanella attira la vostra attenzione, è ora di andare in classe.
Il tuo migliore amico ti fa da bastone, così che tu possa arrivare verso la porta. Joe ti da le ultime raccomandazioni per assicurarsi che tu arrivi vivo fino a sera. Sora ti sta accanto, il suo sguardo è triste, si sente in colpa. Ti deve la vita. Ma non è triste per questo. Nel suo cuore sa che questa non è stata la prima volta e che, purtroppo, non sarà nemmeno l’ultima.
Vi dividete, ognuno per le sue classi.
È finito il tempo in cui eravate compagni di banco. Vi tengono distanti il più possibile, hanno paura che se state insieme potreste decidere di distruggerli.
Prendete le vostre borse che fino a pochi istanti prima giacevano per terra dimenticate.
Il tuo migliore amico si allontana. Nella sua figura manca qualcosa di essenziale.
Ti fa male vederlo senza la sua chitarra. Amava quello strumento più di ogni altra cosa.
Ricordi bene il dolore che c’era nei suoi occhi quando, solo per un gesto d’odio, quello strumento è stato fatto a pezzi.
Certo ne ha comprato un altro, ma il suo nuovo amore non uscirà mai più da casa sua.
Sarebbe diventato un grande cantante. Sospiri. Ecco un altro sogno che è stato distrutto.
 
Entri in classe e prendi posto nell’ultimo banco. Ti piace quella posizione, da li puoi vedere l’intera aula…Quell’aula che è ancora la stessa dal tuo primo anno del liceo. Lo stesso colore pallido delle pareti, la stessa identica vecchia lavagna che ha visto tempi migliori, i banchi pieni di scritte e disegni che sembravano tanto grandi quando eri più giovane, mentre ora ti vanno un po’ stretti, lo stesso acquario che è rimasto tristemente vuoto per anni… lo stesso panorama alle finestre.
Eppure qualcosa è cambiato. Lo percepisci chiaramente ogni volta che solchi l’entrata e ti siedi lontano da tutti. Lo vivi ogni giorno quando c’è un’interrogazione, quando c’è lezione, ma anche solo quando sei in attesa del cambio dell’ora.
Le risate che ti accompagnavano il primo anno sono state sostituite da sguardi d’odio e disprezzo. Sguardi che ti seguono ogni secondo della tua esistenza, che scrutano e studiano con attenzione ogni movimento che fai.
Ogni volta che li vedi ti senti soffocare. Le vite che avevi contribuito a salvare nel corso degli anni ti stanno ora togliendo la tua.
Vorresti odiarli, così sarebbe tutto più facile. Ma non puoi. Hai imparato che dall’odio non nasce mai nulla di buono. L’odio genera solo altro odio in una catena che non ha mai fine, in una maledizione eterna.
Ringrazi il cielo che oggi i tuoi compagni hanno deciso di ignorarti. Forse i numerosi lividi che il tuo corpo mostra li hanno resi soddisfatti.
Entra il professore, puoi riprendere a respirare, la lezione sta per cominciare e per un po’ nessuno baderà a te.
 
Un’altra ora è finita. Un'altra giornata è finita. Finalmente puoi tornare al sicuro a casa tua, nell’amorevole abbraccio protettivo della tua famiglia.
Se pensi a loro sei felice. Felice per il semplice fatto che loro sono ancora lì per te e non ti hanno abbandonato…Ma al contempo sei triste… Triste perché devono sostenere il difficile peso della discriminazione con te. Certo, per le famiglie dei bambini prescelti è forse un peso più lieve. La gente li guarda non con occhi ricolmi d’odio ma di pietà, come se fossero appestati da una strana malattia che non si può diffondere ma nemmeno eliminare.
La loro pietà ti fa pensare e forse anche un pochino sperare. Speri che in fondo al loro cuore e persone sappiano che in realtà non siete pericolosi, speri che un giorno lo ammettano a se stessi e vi lascino la possibilità di vivere tranquillamente su questo pianeta. Ma probabilmente anche questa è solo un’effimera illusione.
 
Delle risate ti fanno ritornare alla dura realtà. Ti guardi intorno sorpreso del fatto di essere arrivato senza neanche accorgerti nel giardino della scuola.
Tieni la testa bassa, è un grande parco se non dai nell’occhio c’è la possibilità che nessuno noti la tua presenza.
Ma quella risata, che prima ti ha risvegliato, ora ti attrae nuovamente. Reagisci seguendo il tuo istinto e alzi lo sguardo. Lo punti verso un gruppetto di ragazze che attorniano con aria adorante la loro leader. Ed eccole li, le venerate regine della scuola, le ragazze più popolari, ma anche le più egoiste e piene di se. Loro sono le cheerleader.
Quando le guardi una nota di delusione appare sul tuo volto, perché lì in quel branco, in cui ogni membro esiste solo per sfruttarne un altro, vedi comparire una chioma rosa adornata di brillanti stelle.
-Mimi- sussurri solo il nome di quella giovane donna, non vorresti mai che qualcuno ti senta.
non lo fai tanto per te ma per lei, la prescelta della sincerità, una tua cara amica d’infanzia.
Ma lei può percepire comunque la tua presenza, il vostro legame è ancora esistente.
Sussulti quando vedi il suo sguardo puntato verso di te. Sussulti perché puoi leggervi chiaramente tutto il suo senso di colpa.
Colpa per avervi abbandonato, per avervi voltato le spalle, per aver rinnegato il suo ruolo di prescelta e per aver mentito ogni giorno da quando è tornata dall’America.
Ma tu non sei arrabbiato con lei. Tu non puoi odiarla per la scelta che ha fatto. Perché lo sai lei voleva solo sopravvivere. Fingerà per tutta la vita di essere quello che non è, vivrà nel suo bel castello di menzogne e lo farà tutta sola, questa è la punizione che si è inflitta. Perché le persone che la circondano ora non sono suoi amici, non le vogliono bene, non tengono a lei e soprattutto non la conoscono e nemmeno vogliono farlo.
E tu vorresti salvarla da tutto questo, ma non puoi perché Mimi non te lo permette. Lei ha fatto la sua scelta e ha accettato tutte le conseguenze… ha scelto di rinnegare il suo passato, di cancellarlo con un colpo di spugna, di fare finta che nulla è accaduto… ha scelto di mascherarsi da persona normale.
Sei deluso per la sua decisione ma non arrabbiato. Perché in fondo riesci a capirla, perché anche tu vorresti essere libero. Ma la libertà che la tua amica ha scelto è solo un’effimera illusione, un castello di sabbia molto fragile che crollerà alla prima folata di vento.
Ma tu altro non puoi fare se non essere presente accanto a lei quando quel vento la colpirà così da raccoglierne i pezzi.
 
È per te ora di tornare a casa, è il tuo stomaco che ti ricorda questo fatto. Anche oggi non sei riuscito a pranzare, eri troppo occupato a celare la tua presenza al resto del mondo.
Il tragitto verso casa è silenzioso e solitario, come sempre è accompagnato da sguardi che vorrebbero lacerarti l’anima.
Sospiri pensando al tempo in cui i tuoi pomeriggi erano occupati da partite di calcio, uscite con gli amici… da tutti quei piccoli frammenti di libertà che rientrano nel concetto stesso di vita.
 
Il sole che fino a qualche istante prima aveva accarezzato il tuo viso sparisce dietro a un complesso di tua conoscenza e tu sussulti per quella mancanza di calore.
Alzi gli occhi e senti finalmente la tensione della giornata che ti abbandona. Sei finalmente a casa.
 
È un vecchio edificio costruito intorno agli anni 70 ma è stato conservato e mantenuto con cura. È stato ridipinto l’estate precedente con colori caldi quasi tendenti all’arancione. C’è un vecchio ascensore ma tu non lo prendi mai, ami fare attività fisica.
Arrivi al quarto piano e come di rito ti affacci al parapetto per salutare il giardino dello stabile. È piccolo, con pochi giochi ma accudito con amore dai condomini. Ti piace quel luogo, sorridi ogni volta che lo vedi, ami i ricordi che ti ridesta. Quel giardino, piccolo ma curato e quello stabile, vecchio ma tenuto con attenzione, erano stati i vostri parchi giochi. Il tuo e degli amici che ti venivano a trovare.
Continui la tua corsa fino al sesto piano, cammini lungo il corridoio fino alla terza porta a destra. Ecco finalmente la casa dove hai sempre vissuto. L’unico luogo al mondo in cui ti senti al sicuro e ti senti amato.
 
Entri nell’appartamento, è tutto spento, è ancora presto perché i tuoi genitori siano già tornati dal lavoro. Gridi un ‘sono a casa’ giusto per rompere il silenzio assordante che circonda quelle mura.
Una luce si accende dal corridoio che porta alla stanza che dividi con la tua sorellina. Ti sorprendi, di solito non c’è mai nessuno a quell’ora a casa.
Una giovane donna, dai capelli castani pettinati in un adorabile caschetto, fa il suo ingresso nella sala. È più giovane di te di tre anni e indossa una divisa bianca e azzurra. Sorridi ogni volta che la vedi con quell’uniforme, ti ricorda un angelo. Un dolcissimo angelo sceso direttamente dal cielo.
-ciao Kari. Già a casa? Come mai?- glielo chiedi con un sorriso, ma in realtà temi la risposta.
Temi che lei venga scoperta, che possa subire la tua stessa sorte, che venga trascinata all’inferno con te. Questa è la tua paura più grande.
Nessuno sa che lei è una prescelta, avete fatto carte false per nasconderla al mondo intero. Una scuola diversa, un cognome diverso, passato creato per l’occasione, tutto solo per tenerla al sicuro. Non solo per lei, ma anche per tutta la nuova generazione di bambini prescelti. Nascosti sotto gli occhi di tutti, lontano da voi ma sempre nei vostri cuori. Ecco la speranza che vi siete creati, il futuro che volete preservare a ogni costo.
-ciao fratellone. Sai, Matt ha chiamato Tk e gli ha detto cosa è successo a scuola stamattina.- la sua voce è calma ma il suo sguardo mostra una tristezza infinita.
-non è grave come sembra. Sono solo un po’ ammaccato. Domani starò meglio- non vuoi che lei sia triste o preoccupata per te, la vuoi vedere sempre sorridente e serena, faresti di tutto per farla felice.
Lei sospira e scuote il capo. Vede chiaramente le tue menzogne. Sente che la tua anima è ferita e dolorante. –dai, vieni che ti cambio la medicazione. Altrimenti Joe si preoccupa.-
Ti prende per mano e ti porta nella stanzetta che dividete. Un letto a castello, una scrivania e un paio di armadi, ecco ciò di cui è composta la camera. Non molto, ma per voi è più che sufficiente. Stare insieme è tutto ciò che volete, solo questo, niente di più e niente di meno.
Lei ti sta accanto e ti cura, trasmettendoti l’amore che solo una sorella ti sa dare.
Sta in silenzio mentre osserva una per una le tue ferite. Leggi chiaramente un senso di colpa sul suo viso. Quante volte ha protestato dicendo che questo peso dovrebbe essere anche il suo. Quante volte ti ha pregato di permetterle di starti vicino. Quante volte ti ha chiesto scusa per quello che devi sopportare. Quante volte ti ha ringraziato per quello che fai per lei.
- come stanno i ragazzi?- decidi di interrompere il silenzio che si era creato. Vuoi distrarla dai suoi pensieri negativi.
- stanno bene, stiamo tutti bene… anche se continuiamo a nasconderci come conigli.- la tua sorellina è frustrata da tutto questo e non prova nemmeno a nascondertelo.
-Kari… è necessario lo sai- le prendi amorevolmente le mani e le sorridi. La tua voce è calma e calda, quasi paternale.
- si lo so… ma questo non vuol dire che sia giusto- ricambia la tua stretta con vigore, si aggrappa a te assorbendo il tuo calore. Rimanete stretti in un fraterno abbraccio per diversi minuti.
Non avete bisogno di parlare, lo avete già fatto molte volte. Ora avete solo bisogno di sapere che siete lì l’uno per l’altra e che sempre sarà così a prescindere da quello che succederà.
 
La magia viene interrotta da un suono ritmico e costante. Ti sciogli da quell’abbraccio, ma nel momento in cui lo fai senti già quel calore mancarti.
Frughi nel tuo zaino imprecando per la tua incapacità di tenere in ordine le cose. Alla fine lo trovi ed estrai con un gesto vittorioso l’oggetto che ha rovinato il vostro momento.
- un messaggio di Joe- sei sempre in ansia quando vedi comparire il nome di uno dei tuoi compagni sul cellulare, i vostri contatti sono ridotti allo stretto indispensabile, non sapete fino a che punto vi stanno perseguitando.
-ah! A quanto pare non ho più impegni oggi- da un lato la notizia ti solleva perché non devi più uscire di casa, ma dall’altro ti rattrista perché sai bene il motivo della tua sostituzione.
- ma fratellone, non dovevi andare da Izzy? Tocca a te questa settimana portagli quello che avete fatto a scuola- il tuo angioletto si alza in piedi e ti si avvicina con aria preoccupata.
- ci pensa Joe, in fin dei conti lo sai è meglio così… se Izzy mi vede in questo stato potrebbe avere un altro crollo- lo dici con disinvoltura, cercando di dare poco peso alla cosa, ma in realtà ti provoca un grande dolore pensare al tuo amico.
Tua sorella annuisce. Sa a cosa ti riferisci e sa quanto ti addolora tutto questo. Ma altro non può fare se non prenderti la mano e farti sentire la sua presenza.
- ora che sta meglio… non possiamo rischiare- annuisce ancora a questa tua affermazione, anche lei ci crede. Crede che il vostro amico si riprenderà del tutto, crede che in un futuro non troppo lontano sarete di nuovo una squadra unita, crede che un giorno sarete tutti liberi e felici, lei crede nel futuro.
- Izzy è forte- altro non dice, non vuole aprire vecchie ferite, non vuole ricordare quanto è stata dura per voi all’inizio. Una prova crudele, che non tutti avete superato. Izzy, il genio del gruppo, non ce l’aveva fatta, non aveva sostenuto l’odio che il mondo vi aveva versato contro e alla fine era crollato. No, non il suo corpo, quello c’era ancora ed era ancora intatto, ciò che è crollato è il suo spirito… Il suo spirito così legato alla logica e così avido di conoscenza non aveva retto alla razione irrazionale e ignorante che l’umanità aveva avuto.
Voleva arrendersi ma voi non glielo avete permesso. Avete continuato a lottare anche per lui. E ora piano piano con l’aiuto di tutti si stava riprendendo, stava reagendo e ritornando il vecchio se.
 
 
 
Gli ultimi raggi del sole accarezzano la finestra della tua stanza, il loro calore, che fino a pochi attimi prima, aveva cullato il tuo corpo stanco ora ti sta lasciando. Ti alzi dal tuo letto, insegui quei fili di luce, avvicinandoti ai vetri ora tinti di una calda luce arancione.
Il sole e il suo colore sono sempre stati il tuo simbolo, la tua forza, la tua guida. Quando al mattino il cielo abbandonava i freddi colori della notte in cambio di sfumature d’orate tu ti sentivi vivo e pieno di energia. Era un nuovo giorno, era una nuova speranza.
Ma ora guardi il sole scendere e a quella vista senti il tuo animo sollevarsi. La giornata anche per oggi è finita.
Come è cambiata la vita, una volta amavi il nascere del nuovo giorno, mentre adesso aneli il suo morire.
La tua mano appoggiata sul vetro sente piano piano la temperatura scendere. I tuoi occhi vedono l’orizzonte diventare prima d’oro, poi bronzo e infine carbone.
Nel nero la luna brilla sovrana permettendo a chi sa attendere di vedere i contorni della notte.
All’inizio la luna è sola, poi lentamente compaiono una per una tante stelle provenienti dai più disparati angoli dell’universo.
Guardi il cielo, guardi le storie raccontate dalle quelle stelle. Ogni cultura nel corso del tempo ha associato figure, racconti e speranza a quei piccoli puntini luminosi che solcano la notte…Notte che anche per te vuol dire speranza. Ogni sera prima di coricarti guardi le stelle e aspetti che una cada per te, cosicché nella sua scia tu possa esprimere un desiderio. Il desiderio che domani possa essere diverso, che tu possa trovare un modo per sconfiggere questo nemico invisibile, che i tuoi amici possano essere di nuovo liberi di vivere e non solo di sopravvivere…
Eccola! Tre volte un desiderio… l’universo trema… chissà forse sei stato ascoltato o forse il desiderio di qualcun altro è stato più forte del tuo….
 
 
 
Primo chappy andato… che ne pensate? Bello? Brutto?
So che è scritto in un modo un po’ diverso ma non so perché mi è venuto così ^^’ ( probabile effetto esami)
Ciao ciao  
  
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