Nickname:
Shizue Asahi
Titolo:
Memorie del sottosuolo
Personaggi:
Martel, Dolcetto, Alphonse Elric
Genere:
Generale, Sentimentale
Reating: Verde
Fandom: Full Metal Alchemist
Pairing:
Martel/Dolcetto
Prompt: (1,
12, 5, 6, 2)
1) Impiegare
un minimo di 90 parole prima di mettere un punto.
12) Di 100
parole esatte sul tema "è nato prima l'uovo o la gallina?".
5) In cui i
protagonisti siano bambini ( 0 - 14 anni ) o anziani ( 65 - ... anni ).
6) Che prenda
spunto dal titolo di un film, di un libro o di un quadro, senza che
l'opera
venga mai nominata come tale - se non ovviamente nelle note d'autore.
2) Che inizi
e si concluda con una domanda.
Note autore:
La quarta drabble, dato che il prompt a cui è ispirata
richiedeva di utilizzare
il titolo di un’opera, prede vita da “Memorie del
sottosuolo” di Dostoevskij,
così come tutta la raccolta, dato che le drabble si svolgono
quasi unicamente, appunto, nel
sottosuolo o in un luogo
simile.
La raccolta
avrebbe dovuto partecipare al “Drabble
Contest, “L'apologia dell'Improbabile” indetto
da TheDecemberist06 sul
forum di EFP, ma sono arrivata tardi e le iscrizioni si erano
già chiuse. La
ringrazio ugualmente per aver risvegliato la mia povera ispirazione e,
anche se
non la conosco, le sono davvero grata, ragion per cui le dedico la
raccolta
>.<
“Con
infallibile amorevolezza, la vita sempre ti offre ciò
che hai bisogno di imparare. “
Charlotte
Joko Beck
Memorie
del
sottosuolo
Gli si
drizzano i capelli sulla nuca e avverte uno spiacevole vuoto allo
stomaco,
mentre la osserva prendere un sorso dalla sua borraccia, corrugando
appena la
pelle sottile della fronte, contrariandolo, pulendo
l’apertura della fiaschetta
con un lembo della maglia lercia e logora che indossa; ringhia appena,
offeso,
ma lei finge di non essersene accorta e continua indisturbata a bere,
rilassando lentamente i muscoli del viso e assumendo
un’espressione tranquilla
e appagata, mentre una goccia d’acqua si fa spazio tra le sue
labbra e le
traccia una linea verticale sul mento, prima di lasciarsi cadere nel
vuoto.
Dolcetto la
osserva infilarlesi tra i seni con ritrovato interesse.
-Smettila di
scodinzolare!- soffia Martel, cogliendolo di sorpresa, divertita nel
vederlo
arrossire.
Quando la
donna si sporge in avanti, socchiudendo gli occhi chiari con fare
minaccioso,
lui non si tira indietro, portandosi alla sua stessa altezza e
sfiorandole una
guancia con la punta del grosso naso.
-Stupido
cane- brontola, scostandosi di malo modo.
Dolcetto la
osserva dargli le spalle e lasciare la stanza inviperita. Per poco non
si
scontra con uno stralunato Roa.
-E’ nato
prima l’uovo.- le grida un’ultima volta,
sogghignando.
Alphonse,
seduto per terra, sfiora la superficie fredda della parete con la
schiena, mentre
lascia le braccia mollemente adagiate sulle gambe. I polsi, stretti da
una
pesante catena, non gli recano alcun fastidio. Non sente alcun dolore,
né lo
sfregare dell’acciaio sull’armatura, né
i lenti movimenti di Martel, nascosta
dentro di lui, come un’invisibile carceriera. E’
unicamente la voce della donna
a ricordargli della sua presenza.
Dolcetto lo
osserva in disparte, con fare annoiato, attento a ogni parola
pronunciata dalla
compagna.
Quando
Alphonse gli chiede con che cosa sia stato combinato, lui sorride.
–Prova a
indovinare.- dice con fare spavaldo.
Alphonse tace
e Dolcetto ha la sensazione che gli occhi vitrei
dell’armatura non lo stiano
davvero guardando.
- Guardalo
bene, lo vedrai alzare la gamba quando fa pipì.- interviene la donna,
rompendo il silenzio.
-Non è vero!-
abbaia, nascondendo la soddisfazione di sentirla ridere.
Nel
sottosuolo di Dublith si snoda un dedalo di tunnel e cunicoli, tubature
e
anfratti quasi del tutto sconosciuti, dove l’acqua e i
rifiuti passano
indisturbati. Le pareti sono marce e consumate e a pochi verrebbe in
mente di fargli
visita. Le fogne di Dublith sono inospitali, il luogo perfetto dove
nascondersi, testimoni silenziose di scappatelle notturne e fughe
disperate.
Nascondono i segreti dei loro visitatori, indifferenti e fredde.
Il corpo di
Dolcetto galleggia privo di vita, a faccia in giù,
nell’acqua stagnate e le
grida di Martel si spengono in un basso brontolio, mentre la lama di
King
Bradley le trapassa la gola.
Le fogne di
Dublith non si preoccupano delle macchie di sangue che imbrattano il
muschio,
cresciuto sulle pareti, sanno che saranno solo altre memorie
del sottosuolo.
-Stai bene?-
latrò con un filo di voce.
Lei non si
mosse, continuando a starsene accovacciata all’interno della
propria gabbia. Attraverso
le sbarre lui poteva intravedere la curva del seno nudo, nascosto dalle
esili
braccia, i capelli biondi arruffati e una miriade di piccole squame
segnarle la
pelle chiara. La donna sembrò riscuotersi solo quando una
creatura, rinchiusa
in una delle gabbie vicine, emise un grido d’angoscia.
-Ehi!-
La donna
cambiò posizione, attenta a coprire quanta più
pelle possibile, in un ultimo
gesto di pudore, per osservarlo. Nudo anche lui, costretto a star steso
dalle
piccole dimensioni della gabbia, il viso scavato, segnato, dove la
barba
cresceva e si annodava, ispida. Gli occhi tondi, liquidi, gialli non la turbarono tanto per la loro
anormalità, ma per la
lucidità che rivelavano.
-Come ti
chiami?- ritentò, sperando di avere più fortuna.
Lei socchiuse
gli occhi, scrutandolo sospettosa, seppur certa che, qualunque risposta
avesse
dato, non avrebbe fatto alcuna differenza.
Aspettò
qualche secondo, cercando di ricordare il proprio nome, ma alla fine,
non
potendo farlo, ne scelse uno a caso.
–Martel-
concesse, con voce rauca.
-Io sono
Dolcetto.- gli rispose pronto l’uomo, mostrandole una fila di
denti appuntiti.
-Che razza di
nome è?!-