Storie originali > Avventura
Segui la storia  |       
Autore: Mistryss    06/07/2012    0 recensioni
Correva l'anno 1760 circa, e fra i tetti di una città del paese di Arjanne, si aggirava una misteriosa figura nerovestita.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il giorno del ballo finalmente arrivò. Quella sera il numero degli ospiti era piuttosto elevato. Ovviamente rispetto a quelli invitati era minore, ma questo era normale in simili occasioni. Il piccolo Charle, il motivo per cui c’era quella festa, era nel salone che chiacchierava con un altro bambino della sua età, l’unico presente oltre a lui, mentre monsieur De la Rou all’ingresso salutava e dava il benvenuto agli ospiti. Con la scusa del ritorno a casa del figlio più giovane, l’uomo aveva cercato di riunire nella sua dimora amici, collaboratori e uomini con cui avrebbe voluto fare affari, in modo da farsi notare in vista di collaborazioni future. Era tutto calcolato.
Jean nel frattempo si trovava nella sua stanza, dove si stava preparando assieme a René, con cui stava nel frattempo discutendo i dettagli del piano per la serata.
- Allora, non c’è molto tempo da perdere questa sera. Dopo le presentazioni, e l’inizio delle dance, vedrò di allontanarmi con una qualche scusa. - disse il giovane nobile mentre allo specchio si abbottonava la giacca.
- A quel punto toccherà a me, che indosserò i vostri abiti e tornerò alla festa facendomi passare per voi, giusto? - intervenne il servitore, che a braccia conserte e appoggiato alla porta ascoltava il ragionamento del suo padrone.
- Corretto. Con quanto ti ho insegnato, dovresti avere delle conoscenze di ballo più che sufficienti per reggere il gioco per buona parte della serata senza destare sospetti. Ovviamente per fare ciò dovrai tenerti alla larga da mia sorella e da mio padre, i quali potrebbero facilmente smascherarti. Fin qui tutto chiaro?
- Perfettamente.
- Ottimo. E mentre tu ti spaccerai per me al ballo, io invece andrò a ripulire qualche villa, poi tornerò. Ma finché non ti darò io il segnale, non ci dovremo ricambiare, in quanto ho ancora alcune cose da fare. - gli disse, ma senza rivelare nei particolari le sue intenzioni.
Il servitore rimase qualche istante interdetto, ma poi fece spallucce: se non aveva specificato, un motivo doveva esserci.
- Come volete. - si limitò a rispondere.
Jean sorrise, e dopo aver controllato di essere in ordine, si avviò verso la porta.
- Bene, allora andiamo! - esclamò.
 
Intanto, nella sua stanza, anche Maria, seppur controvoglia, si stava preparando. Marianne, la cameriera, le stava allacciando il busto dell’abito, mentre la giovane nobile fra sbuffi e sospiri si osservava disgustata allo specchio: fosse stato per lei, piuttosto che mettere quella robaccia, avrebbe di gran lunga preferito andare in giro nuda.
- Siamo sicuri che anche la mia presenza sia richiesta? Devo proprio andare? - stava domandando con aria afflitta alla serva.
- Sì, signorina: come membro della famiglia De la Rou è vostro dovere presenziare, in particolar modo se l’evento si svolge in casa vostra. - fu la pacata risposta.
La ragazza sospirò ancora. - Perché non ci vai tu al mio posto? Ho così tanti abiti che qualcuno che potrebbe starti di sicuro c’è! - propose, nella vaga speranza che la cameriera accettasse.
Ella però in tutta risposta si limitò a ridacchiare.
- Signorina, non dite sciocchezze, ve ne prego! Prima di tutto non ci somigliamo nemmeno lontanamente, inoltre, un’umile servitrice come me non potrebbe mai prendere parte a un simile ballo! Per quale motivo siete così restia?
- Mi pare ovvio! Perché odio i balli, sono pieni di gente irritante e noiosa! Tutti fissati con i convenevoli e il buon nome del loro casato. Tsk! Mi disgustano! E poi… odio i balli a causa di questa roba che mi tocca mettere! Potessi per lo meno vestirmi come Jean e mio padre! Ma invece no, sono costretta dentro a questi abiti infernali…
In realtà, quelli non erano gli unici motivi. Sapeva bene che suo padre, freddo e calcolatore uomo d’affari qual’era, non poteva dare un ballo per un motivo così banale. Doveva ricavarne qualche profitto, in qualche modo. E tutto ciò con buone probabilità, avrebbe coinvolto anche lei e i suoi fratelli. Più di una volta aveva approfittato di eventi mondani e visite di cortesia per il proprio tornaconto. Molte volte aveva cercato di rifilarle un ragazzo che si adattasse ai suoi scopi, in modo magari da entrare in buoni rapporti con qualche famiglia per qualche affare, dunque non si sarebbe sorpresa se questa volta nei suoi piani avesse incluso non solo lei, ma anche Jean e Charle.
Odiava quell’uomo, non aveva scrupoli e metteva il lavoro davanti a tutto. Sapeva benissimo quanto poco in realtà gli importasse dei suoi figli, con loro era sempre piuttosto freddo. Se non fosse stato per le ultime volontà di sua madre, che lo aveva scongiurato di non dividere la famiglia, a quest’ora lei a Charle sarebbero stati destinati alla vita monacale in modo che il patrimonio andasse a Jean. Apparteneva a quella categoria di persone che più di una volta s’era ritrovata a criticare assieme al fratello maggiore. Come poteva essere suo padre? Le veniva quasi da vergognarsi.
I suoi pensieri furono interrotti da alcuni leggeri colpi alla porta.
- Signorina, siete pronta? Vostro padre vi attende sotto. - disse una cameriera da oltre la porta.
- D’accordo, vengo… - rispose la nobile non prima dell’ennesimo sbuffo.
 
Il salone era perfettamente splendente, brillava quasi come se fosse stato d’oro, grazie alla luce di numerose candele e dei lampadari di vetro che pendevano dal soffitto. L’intera stanza era praticamente piena di ospiti riccamente abbigliati e con maschere di pregiata.
Monsieur De la Rou fece il suo ingresso seguito dai tre figli. Indossava una giacca rosso carminio con dei decori dorati, un paio di pantaloni neri e la camicia bianca. Jean invece aveva una giacca marrone - dorato von decori color argento, la camicia bianca, e dei pantaloni marroni. Maria vestiva un abito color pesca con ricami e pizzi vari, che cercava di sistemare nonostante fosse tentata di strapparlo. Infine, il piccolo Charle portava gli stessi abiti del padre, solo in taglia più piccola. Il padrone di casa osservò con fierezza gli invitati e la sala, e dunque prese la parola.
- Signori, benvenuti! Vi ringrazio per essere venuti così numerosi! Ho voluto dare questo ballo per dare il bentornato al mio terzogenito Charle, tornato pochi giorni fa dal collegio. Il mio desiderio è che sia lui che voi vi divertiate!
Maria e Jean ascoltavano il discorso del padre piuttosto scettici. Sapevano bene che non erano cose da lui, doveva esserci un secondo fine. Il giovane nobile però cercò di non pensarci e di occuparsi dei suoi furti.
- Sai che vestita così sembri davvero una ragazza? - commentò sghignazzando rivolto alla sorella.
Era divertente prenderla in giro ogni tanto! Ma evidentemente lei non la pensava allo stesso modo, in quanto gli lanciò un’occhiata omicida, e senza farsi vedere gli mollò un calcio negli stinchi.
- Idiota! - esclamò.
Come al solito si volevano un gran bene.
Ben presto l’orchestra prese a suonare, dando inizio così alle danze. Ciascuno indossò una maschera, e la festa poté ufficialmente incominciare. Jean come al solito fu subito attorniato da ragazze desiderose di ballare con lui, erano anche troppe, ma gentilmente promise che avrebbe fatto un giro con ciascuna di loro, dovevano solo andare insieme agli altri ospiti e attendere pazientemente che lui al momento giusto danzasse con loro. Maria invece come al solito non cercava e non riceveva inviti, dovette però unirsi agli altri solo per il buon nome della famiglia. Avesse potuto, sarebbe scappata volentieri. Non le era mai interessato ballare, né probabilmente se ne sarebbe mai interessata in futuro.
Jean intanto aveva accettato la richiesta di una delle ragazze di ballare, e così, non appena tutti si erano schierati, si diede il via alle danze. Come al solito lui si dimostrava un ottimo ballerino e un eccellente cavaliere. Nessuno s’era mai lamentato di lui in questi termini. Alla fine della danza, si concesse ancora due ragazze, poi con una scusa si allontanò dalla sala e si diresse nella sua stanza, dove poco dopo lo raggiunse il fedele servitore, che lo aveva visto allontanarsi.
- Bene, dato che sei già qui, facciamo lo scambio. - disse il giovane nobile mentre da uno scomparto segreto nell’armadio prendeva i vestiti di Black Rose e cominciava a cambiarsi. René acconsentì, e prendendo gli abiti del suo signore fece come lui. Poco dopo se qualcuno fosse entrato, davanti a sé avrebbe visto solo il nobile Jean Jacques De la Rou, e il famigerato ladro Black Rose. Nessuno avrebbe capito come stavano realmente le cose.
- Perfetto! Ora mentre tu scenderai sotto e prenderai il mio posto alla festa, io andrò a far “visita” alle case degli invitati. - disse il nobile mentre si avvicinava alla finestra, che aprì e da cui si calò dopo aver salutato l’amico con un cenno della mano. Il giovane servitore attese che Jean se ne andasse, dopodiché con un sospiro si avviò. Il piano di per sé non lo turbava, solo temeva di non riuscire a farsi passare per l’amico, e soprattutto di fare brutta figura in quanto non era al livello del suo giovane signore.
 
                                            ***
 
Il giovane ladro correva, agile e scattante come sempre, a volte passando sui tetti, in modo da fare più in fretta. La strada la conosceva, l’aveva studiata quindi non era un problema, ma in ogni caso non intendeva prendersela comoda. L’abitazione verso cui era diretto non era quella da lui esaminata per prima, era una villa piuttosto semplice, senza particolari sfoggi di lusso, ad esclusione delle fontane nel giardino, che nelle statue imitavano le sculture dell’età antica. Calcolando occhio e croce la distanza che lo separava dal primo balcone libero, rispetto al tetto su cui era salito, fece roteare il rampino, dopodiché cercò di farlo agganciare alla balconata. Il primo tentativo fallì, ma al secondo ce la fece, e dopo essersi assicurato che reggesse, si lanciò. Avendo mal calcolato la velocità, per un attimo temette di spaccarsi i piedi contro il muro, ma per sua fortuna se la cavò solo con un dolore che dalle piante dei piedi si propagava lungo le gambe. Si arrampicò con cautela, e dunque arrivò sul balcone, dove trovò la finestra socchiusa.
<<È qualche giorno che fa più caldo del solito, quindi l’avranno lasciata aperta per far entrare aria. Pessima scelta, così ho campo libero! >>pensò divertito mentre la spalancava ed entrava.
All’interno tutto taceva, forse in assenza dei padroni la servitù era già andata a dormire. Era buio, quindi si trovò costretto ad accendere una candela per farsi luce e capire cosa prendere o no. Procedette silenzioso come un gatto lungo il corridoio, prendendo con sé un candeliere d’oro che intendeva portare via. Per ora gli pareva tutto troppo facile, possibile che fosse vero? Forse però era solo quell’abitazione ad essere così, dunque era meglio approfittarne. Decise di provare ad aprire una delle porte che si affacciavano nel corridoio, ma era chiusa a chiave. Non aveva un passepartout, Né aveva idea di dove si trovassero gli oggetti più di valore, quindi preferì passare oltre.
<< Meglio dare un’occhiata in ogni stanza prima di decidere se aprire quelle chiuse. >>pensò mentre passava alla successiva.
Infondo, per quanto ne sapeva, poteva benissimo trovare qualcosa di valore in una di quelle aperte senza dover perdere tempo altrove.
La prima stanza che trovò aperta era un salottino di modeste dimensioni, alcune sedie e divani erano disposti intorno a un tavolino, altri ai lati della stanza. Alcuni quadri erano esposti sulle pareti, ma nulla particolarmente di valore. Proseguì, e dopo pochi metri, vide una luce uscire da dietro una porta socchiusa non troppo distante da lui. Interessato, allungò e accelerò il passo e arrivò così alla porta da cui arrivava la luce. La aprì lentamente, in modo da non far rumore. Si trattava di una camera da letto, evidentemente quella della padrona di casa, in quanto era non solo grande, e con un letto molto spazioso, ma anche e soprattutto lussuosa. La luce era prodotta dalle candele della stanza, accese da una cameriera che ora, girata di spalle rispetto a lui, stava sistemando i cuscini del letto. A grandi passi la raggiunse, e le picchiettò su una spalla. Quando la cameriera si voltò, trovandoselo davanti per poco n on lanciò l’allarme, ma Jean fu più veloce: estrasse da una tasca una boccetta il cui contenuto spruzzò verso la donna, che annusandolo, quasi immediatamente svenne. La prese al volo e la adagiò per terra, divertito dalla reazione della serva.
<>e lui ci provava anche gusto. <>pensò osservando la boccetta e rigirandosela fra le mani..
In origine suo zio dall’oriente gli aveva mandato un profumo, poi lui mischiandolo con un’altra sostanza, ne aveva scoperto l’effetto soporifero.
Ispezionò la stanza, in modo da cercare degli oggetti di valore. Su un mobile a cassetti si trovavano un paio di portagioie, pieni di orecchini, collane e anelli di ogni tipo che una volta venduti probabilmente sarebbero valsi un bel po’ di denaro. Senza perdere altro tempo infilò tutto quello che ci stava dentro un sacco che, una volta certo di aver sufficientemente riempito, si legò alla cintura. Dunque posò sul mobile una rosa nera, la sua firma, per poi prendere la porta alla volta della stanza successiva. Questa doveva avere la funzione di guardaroba principale, in quanto conteneva un enorme armadio in noce finemente intarsiato in ogni minimo particolare, al cui interno si trovavano numerosi ed eleganti abiti da donna.
<>pensò divertito.
Poiché non se ne intendeva di stoffe, non sapeva se fra quei vestiti ce ne fosse qualcuno di tessuto pregiato che potesse meritare di essere trafugato, quindi preferì lasciar perdere e passare oltre.
La stanza successiva doveva essere del padrone di casa, dato che pareva la copia di quella della signora, solo al rovescio e con oggetti tipicamente di uso maschile, quali il tricorno e alcuni gioielli ornamentali per gli abiti, ovviamente tutti di grande valore. Infilò questi in un secondo sacco, assieme a un paio di quadretti, poi lasciò un’altra rosa, e uscì, pronto a cercare altro. Ma aveva fatto pochi passi, che una voce prese a urlare.
- Al ladro! Al ladro!
Era un’altra delle cameriere che, trovata la collega svenuta e i gioielli rubati, aveva lanciato l’allarme.
- Oh, pare mi abbiano scoperto! - commentò ilare.
Non avendolo notato fino a quel momento, non si preoccupava troppo: erano solo semplici servitori, anche chiamandoli tutti non l’avrebbero raggiunto in tempo.
Aprì una finestra lì vicino per depistarli e far credere che fosse scappato di lì, dunque tornò sui suoi passi, pronto a fuggire dalla finestra da cui era entrato, ma uno sparo che lo mancò largamente lo fece fermare sul posto.
- Eccolo! È lì! È quel Black Rose! - stava dicendo una cameriera, mentre lo indicava a un uomo che probabilmente era il maggiordomo, armato di un fucile da caccia sicuramente del padrone. Fece partire un secondo colpo, anche questo a vuoto, ma sufficiente a risvegliare Jean, che si rese conto di dover scappare, e anche in fretta. Con i due servitori alle calcagna tornò nel’ultima stanza da lui visitata, e spalancò la finestra.
- Avanti, prendilo! - gridava la cameriera.
Il ladro fece per saltare giù, e il maggiordomo sparò. Ma era troppo tardi, lui era già fuggito, e quel colpo aveva solo beccato il mantello.
- Dannazione, è scappato! - disse la donna affacciandosi.
Intanto, poco più in là, il giovane ladro traeva un sospiro di sollievo per averla scampata.
 
Nel frattempo, nella villa della famiglia De la Rou, il ballo in maschera continuava senza intoppi. René non era un eccellente ballerino come il suo padrone, ma se la cavava più che a sufficienza per far sì che nessuno notasse lo scambio. Nella pausa fra una danza e l’altra, si appoggiò al muro della sala in modo da riprendere fiato, ma non si accorse dell’arrivo di Maria, che come lui si appoggiò al muro, osservando gli invitati.
- Non ne posso più di questa “festa”! Odio ballare e non sopporto la superficialità di tutta questa gente! - gli disse la ragazzina, non poco seccata.
René non sapeva bene che cosa dire o fare, lei conosceva bene sia lui che l’amico, sarebbe bastata una minima cosa fuori posto perché notasse lo scambio! Per questo gli era stato detto di evitarla! In quel momento si maledì per aver voluto assecondare l’idea del padrone.
- Beh… però cosa ci vuoi fare? - si limitò a replicare, con un grande sforzo mentale per riuscire a darle del “tu”, pregando dentro di sé che la giovane non notasse nulla.
- Niente… - ammise lei, per poi togliersi la maschera e lanciargli un’occhiata dubbiosa. - Tu non sei Jean, vero? - disse improvvisamente.
Oh, no! Lo aveva scoperto! Che fare? Ammettere tutto? Ma così facendo, sarebbe scattata anche la copertura del suo padrone!
- Eh? Ma cosa dici?! Certo che sono io! - replicò cercando di convincerla.
La ragazzina intanto lo osservava, braccia conserte e un sorrisetto ironico stampato in viso.
- No che non lo sei, René.
Ecco, era la fine di tutto.
Sospirò, quindi dopo aver controllato che nessuno li guardasse, si sfilò a sua volta la maschera. Doveva prendere tempo e pensare a una scusa.
- Come avete capito che ero io? - le domandò.
Maria sorrise, compiaciuta e vittoriosa.
- Beh, Jean al mio commento di prima avrebbe risposto quasi sicuramente prendendomi in giro. In più, il tono era un po’ tentennante, cosa non da lui, quindi era un’altra persona. Se fosse stato un semplice ospite, alla mia constatazione avrebbe ammesso. Dunque qualcuno lo stava sostituendo. Ma chi? Qualcuno della sua stessa taglia, che opportunamente sistemato gli poteva somigliare. In più, questa persona mi si è rivolta con un “tu” stentato, forzato, di chi non lo farebbe mai normalmente. E chi corrisponde a queste caratteristiche? Tu. E ora, sai dirmi dove si trova quell’idiota di mio fratello?
La risposta che avrebbe dato alla domanda avrebbe decretato la salvezza o meno del segreto del suo padrone. Prendendo tempo era riuscito a pensare a una scusa plausibile, si sperava che almeno quella la signorina se la sarebbe bevuta.
- Vostro fratello… non si sentiva bene, così è tornato nella sua stanza, e per non far fare brutta figura alla famiglia, ha voluto che prendessi il suo posto.
La ragazza però lo guardava scettica, evidentemente non ci aveva creduto.
- Tsk! Non proteggerlo! Sono certa che fin dall’inizio non gli interessava la festa e ha pianificato lo scambio! Certamente ora è in camera a ridersela per essere riuscito a svignarsela! - disse mentre ribolliva dalla rabbia.
- Ah! Comodo, lui poteva scambiarsi con René e sfuggire al ballo, lei invece non aveva nessuno, se fosse sparita lo avrebbero notato, quindi le toccava sorbirsi quello stupido ballo!
Conoscendolo, certamente era chiuso nella sua stanza a leggere i testi di quell’igalico di cognome Beccaria che aveva scritto contro la pena di morte. L’era capitato di darci un’occhiata, e tutto sommato aveva ragione, ma in ogni caso non s’era addentrata a leggerlo più di tanto. Suo fratello invece ne era rimasto affascinato, e altrettanto era accaduto con altri autori: Voltaire, Montesquieu e  altri di cui non ricordava il nome. Era sempre lì, a leggerli e a provare a commentarli con lei, che però ci capiva poco.
Il servitore fu tentato di tirare un sospiro di sollievo: almeno in parte, se l’era bevuta!
- Effettivamente è così… - confermò immediatamente.
Una cosa era certa: in qualche modo, gliel’avrebbe fatta pagare al suo signore per quello che gli toccava dire e fare! Lo sapeva fin dall’inizio che lo scambio era una pessima idea! Quando lo avrebbe rivisto gli avrebbe fatto fare almeno una volta le sue faccende! Normalmente non avrebbe osato manco pensarlo, ma in quel caso in qualche modo andava ripagato.
- Tu adesso divertiti pure, non hai colpa, ci penserò io al mio sciagurato fratello! - gli disse Maria, con una luce strana negli occhi.
Anche lei meditava vendetta nei confronti del fratello. Lei e il piccolo Charle si dovevano sorbire la festa, mentre lui stava nella sua stanza a rilassarsi. Un bel secchio d’acqua gelata sulla porta però lo avrebbe fatto pentire il giorno seguente. Non sarebbe andata subito a disturbarlo per fargli sapere che lo aveva beccato, no, lo avrebbe lasciato con la convinzione di averla scampata fino all’indomani.
 
                                       ***
 
Il giovane ladro correva, correva, quasi come se alle calcagna avesse avuto il diavolo in persona. Era ormai la quinta dimora che svaligiava ma, a differenza delle altre volte, aveva avuto non poche difficoltà. Alla prima i servitori armati di fucile a momenti lo ammazzavano, alla seconda il padrone di casa era un fissato con armi e armature del medioevo, che teneva in tutta l’abitazione, in particolare vicino agli oggetti di valore, poste in modo da scattare con la spada al minimo tocco inavvertito, motivo per cui anche lì a momenti non veniva ucciso, alla terza le cameriere avevano difeso la casa lanciando pentolame e argenteria, nella quarta aveva scoperto un membro della famiglia che soffriva di sonnambulismo, e ora dopo la quinta casa era inseguito da due cani da caccia. Tutte le case peggiori era riuscito a scovare!
Alla fine decise che era ora di darci un taglio: prese un’altra delle fiale soporifere che aveva con sé, e la mischiò con il liquido che generava fumo. Attese che i due cani si avvicinassero il necessario, dunque gettò a terra il fumogeno, che ebbe l’effetto sperato: non solo fece perdere le sue tracce ai due animali, ma con il soporifero riuscì anche a rintontirli. Una volta sistemati loro, rapidamente si diresse verso la villa, mentre il cielo carico di nuvole scure minacciava pioggia.
 
Arrivò piuttosto velocemente e senza alcuna difficoltà. Entrò nel giardino e raggiunse la pianta rampicante che usava ogni volta come scala, sulla quale si arrampicò entrando infine nella sua stanza. Lì si sfilò i vestiti da ladro, che ripose nello scomparto segreto del suo armadio, e da quest’ultimo, estrasse un abito nero con decori argentati: era quello che aveva chiesto alla sarta di cucirgli. Lo aveva finito giusto il giorno prima, per fortuna il tempo era bastato. Lo indossò immediatamente, prima i pantaloni, dunque la camicia con il fazzoletto al collo, poi il gilet color argento, e infine la giacca, la parte più caratteristica del completo, abbinata al cappello e ala maschera di Black Rose. Si guardò allo specchio presente nella stanza e sorrise compiaciuto: ora era pronto per la seconda parte del piano. Controllando che nessuno lo notasse, scese le scale che portavano al salone, dove si mescolò agli invitati. Erano parecchi, quindi sarebbe passato inosservato. Decise di agire fin da subito, senza attendere che l’orchestra riprendesse a suonare. Si avvicinò a una donna, il fisico era asciutto ma aggraziato, era alta una decina di centimetri meno di lui, e alle dita portava alcuni anelli.
- Bonne soir, madame. - esordì andandole incontro con fare elegante. - Posso dirvi che vi trovo splendida? - dunque s’inchinò, delicatamente le sollevò la mano destra, e la baciò, sfilandole un paio di anelli senza che nemmeno se ne accorgesse. - E questo abito vi sta d’incanto.
La donna ridacchiò civettuola, compiaciuta di quei complimenti.
- Mi concedereste il prossimo ballo? - continuò il giovane con voce suadente, prima di rialzarsi di scatto, come se punto da qualcosa. - Oh oh, mia moglie mi ha visto! Mi perdoni, ma devo ritirare l’invito!
E con tali parole sparì nuovamente fra gli ospiti, alla ricerca del suo prossimo bersaglio. Come secondo obiettivo scelse una giovane donna, circa della sua età, già perfettamente distratta dal corteggiamento da parte di un uomo poco più grande di lei. Puntava ai suoi orecchini fatti d’oro e pietre preziose, e se voleva prenderli, doveva farlo da dietro, rapidamente, e in modo che nessuno lo notasse.. Quindi si avvicinò lentamente, arrivandole alle spalle, mentre l’uomo che la stava corteggiando s’inchinava per baciarle la mano. Agì in quel momento: con un movimento rapido, preciso e leggero, afferrò gli orecchini e glieli sfilò, per poi nasconderli nella giacca e andarsene come se nulla fosse, senza che la vittima notasse nulla.
Poco dopo l’orchestra cominciò nuovamente a suonare, e lui si diresse verso una donna, chiedendole di ballare. Ella accettò, quindi prese posto di fronte a lui insieme alle altre dame, mentre il giovane si allineò con gli altri uomini, per poi avanzare a ritmo di danza come tutti. Attese il momento opportuno, poi sfilò la collana che la donna indossava, a quel punto passò a un’altra, a cui sfilò nuovamente la collana, e presa per mano, un paio di anelli, e dopo di lei una terza, una quarta e una quinta che vennero presto spogliate dei loro gioielli e si trovarono appuntate agli abiti una rosa nera. Ma questi furti non passarono del tutto inosservati: Maria, che nel corso delle danze più volte s’era trovata vicina alle vittime nel momento dei furti, aveva notato quel ladro in abito color nero e argento, e non intendeva lasciarlo fare a casa sua. Attese che si fermassero di nuovo le danze, quindi da dietro lo raggiunse.
- Sporco ladro, cosa pensi di fare in casa mia? - domandò minacciosa.
Jean sorrise: e così la sua sorellina lo aveva beccato ancora una volta. Visto che c’era, tanto valeva far entrare in scena Black Rose ancora una volta. Alterò la voce, parlando con una tonalità  più bassa del normale e con un forte accento britanno.
- Oh, dunque è questa casa tua, piccola Maria. - le disse senza voltarsi.
- Quindi i miei sospetti erano fondati: Black Rose!
- Mh, complimenti per l’acume! - fu la risposta ironica e provocatoria.
La giovane strinse i denti dal nervoso, quasi come se ringhiasse.
- Finiamo una volta per tutte la nostra sfida, ora.
Il ragazzo si guardò intorno: nonostante la loro discrezione, stavano cominciando ad attirare l’attenzione, e ciò non andava bene, affatto.
- D’accordo, ma prima devi riuscire a prendermi.
E senza attendere una risposta, cominciò a nascondersi fra gli ospiti, facendo in modo che la sorella lo seguisse.
- Maledetto bastardo…! - imprecò lei.
Non gli avrebbe permesso di fuggire, quindi rapidamente corse nella sua stanza, prese la spada, e si precipitò nuovamente al pian terreno giusto in tempo per vedere il suo acerrimo nemico correre fuori. Senza nemmeno pensarci su un attimo, si tolse le scarpe e lo seguì.
Aveva appena fatto pochi passi fuori, che prese a piovere a dirotto, con tuoni e lampi. Ma non volle fermarsi, e continuò a seguire il ladro, che nella sua corsa si allontanava sempre di più dalla villa. Infine egli si fermò, ormai erano abbastanza lontani da non poter attirare l’attenzione di nessuno degli ospiti al ballo. Nessuno avrebbe riconosciuto Maria, forse avrebbero solo visto il ladro Black Rose.
- Alla fine ti sei fermato, bastardo.
Lui in risposta sorrise, aveva l’aria di chi aveva qualcosa in mente.
- Mi affronti scalza? Non hai paura di sporcare e bagnare i tuoi piedini, mademoiselle dei miei stivali? - le chiese provocatorio.
In realtà però temeva che ad affrontarlo sotto la pioggia e a piedi nudi si sarebbe potuta prendere un malanno.
Lei in risposta avanzò verso di lui, pestando i piedi e puntandogli la spada contro.
- Affatto! Senza scarpe mi muoverò meglio. E ora in guarda, ladro!
Il nobile non se lo fece ripetere due volte, e dopo aver accennato una guardia, immediatamente scattò avanti, attaccando con un dritto sgualembro, un colpo che descrive un mezz’arco in diagonale inclinato di 45° e che tende a colpire la spalla sinistra dell’avversario, ma la giovane parò l’attacco e si allontanò di qualche passo, per poi tornare alla carica con un montante, ossia un colpo che va dal basso verso l’alto, ed è l’opposto del fendente. Tal colpo però lasciava scoperte le difese, quindi l’avversario ne approfittò per attaccare con un affondo, senza che lei riuscisse a pararsi. Non intendeva ferirla troppo seriamente, per cui, esattamente come quando si allenavano insieme, ridusse la potenza dell’attacco, limitandosi a bucarle l’abito e a provocarle quello che era un graffio poco più profondo di quello che avrebbero provocato le unghie di qualche animale. Lei lo guardò sorpresa, e allo stesso tempo furibonda.
- Che fai, ti trattieni?!
- Sì: non mi va di riempirti di buchi. - disse provocatorio.
Maria nervosa tornò all’attacco con un dritto tondo, un attacco che viene eseguito orizzontalmente da destra a sinistra e che colpisce il fianco sinistro, ma Black Rose con una battuta allontanò la lama.
<>pensò.
 Effettuò una finta, dopo la quale eseguì una stoccata che andò a segno, ferendo la ragazzina. Non le diede nemmeno il tempo di reagire che eseguì un dritto ridoppio, un colpo diagonale che va da sinistra a destra a partire dal basso. Anche questo andò a segno, provocando una seconda ferita alla ragazza. Solitamente quando la affrontava si tratteneva, sia perché non voleva farle troppo male, era pur sempre sua sorella, sia perché temeva che per via dello stile di combattimento lei avrebbe potuto capire chi veramente sfidava, però questa volta la giovane stava iniziando a tenergli testa, per il livello a cui si teneva di solito, e se non avesse fatto qualcosa, presto lo avrebbe scoperto.
Il duello continuò senza esclusione di colpi, più il tempo passava e più gli attacchi si facevano serrati e precisi, tant’è che anche Jean presto si trovò pieno di tagli, e ci mancò poco che un attacco non gli portasse via la maschera. Stavano ancora combattendo quando all’improvviso, Maria lasciò andare la spada e prese a tossire violentemente, quasi come se le mancasse il respiro. Il fratello fu preso alla sprovvista, tant’è che incapace di reagire, stette fermo a guardare. Intanto la tosse aumentò d’intensità, mentre la ragazza cadeva in ginocchio, quasi senza forza, e poi a carponi, mentre la tosse diventava così forte che pareva pronta a distruggerle i polmoni e la gola. Il giovane osservandola infine ripose la spada, attirando per qualche istante l’attenzione della ragazza.
- Non combatto contro i malati. - si limitò a dire per poi allontanarsi.
Ma quella in realtà era solo una finta: invece di allontanarsi, Jean s’era nascosto dietro il muro di una casa lì vicino, in modo da tenerla d’occhio. Era terribilmente preoccupato per la salute della sorellina, ma come Black Rose non poteva fare nulla, quindi ascoltava e attendeva, e se la tosse fosse ancora peggiorata, sarebbe corso a casa, si sarebbe cambiato e sarebbe corso a prenderla. Si maledì più e più volte per essersi fatto scoprire al ballo e per averle permesso di affrontarlo nonostante pioggia battente. Come aveva potuto?! Come fratello era proprio un disastro. Dopo un po’ la tosse si placò, e lui poté tirare un sospiro di sollievo.
<>si disse, e silenziosamente si dileguò.
 
Tornò alla villa che il ballo ormai era finito, alcuni ospiti stavano andando via, assieme a suo padre. Lui si arrampicò fino alla sua stanza, dove trovò i vestiti che aveva dato a René, con un suo biglietto. Si fasciò dove era stato colpito, si cambiò, e dopo aver nascosto il completo bagnato, ripose anche quello della festa. Uscì dalla sua stanza con mille pensieri per la testa, e arrivò alla scalinata che conduceva al pian terreno, proprio mentre Maria, bagnata fradicia, rincasava. Fu sollevato di vedere che era tornata, anche se sembrava affaticata.
- Maria! - la chiamò andandole incontro.
Lei non rispose, si limitò ad alzare lo sguardo verso di lui.
- Dove sei stata fino ad ora?! René mi ha detto di averti vista uscire! Si può sapere che ti è saltato in mente? Fuori diluvia!
Non stava proprio fingendo: si chiedeva veramente perché nonostante la pioggia lo avesse seguito.
Lei volse lo sguardo altrove, palesemente nervosa.
- Non sono affari che ti riguardano.
- Sì che mi riguardano! Ero preoccupato! Non puoi andartene in giro sotto la pioggia, e per di più scalza!
D’accordo che era lui ad averla affrontata sotto la pioggia, ma a parer suo aveva fatto un’idiozia.
- Non puoi dirmi tu cosa posso o non posso fare!
- Certo che posso! Sono tuo fratello maggiore, quando non c’è nostro padre sono io che devo occuparmi di te!
Maria lo guardò torva, poi senza nemmeno raccogliere le sue scarpe, o strizzare il vestito, corse su per le scale diretta verso la sua stanza.
- Fatti i fatti tuoi, idiota! - gridò rivolta al fratello, per poi sparire in corridoio.
Jean sospirò.
- Già, sono un’idiota incapace di prendersi cura dei suoi fratelli. - si disse, per poi salire anche lui le scale, diretto nelle sue stanze.
Maria era meglio lasciarla sbollire.




Come detto nel capitolo precedente, questo l'ho pubblicato immediatamente! Con questo si conclude un'altra delle avventure del nostro Jean u.u Più passa il tempo e più adoro i miei personaggi, sapete? E tra l'altro, per chi fosse interessato, MSMistyKa ha disegnato Jean =D Io lo metto qui sotto, se volete ^^''


Image and video hosting by TinyPic Tralasciando la posa insensata e le spade che sono diverse da quelle che usa lui, questo occhio e croce è come dovrebbe essere Jean! ^ ^
Che ne dite? Spero che commentiate!

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Avventura / Vai alla pagina dell'autore: Mistryss