Promissionem
“ Ponimi come
Sigillo sul tuo cuore,
Ponimi come Sigillo
sul tuo braccio;
perché l’amore è
forte come la morte”
Ca
8:6
Louisa
si accasciò sul petto di Jason, il braccio sinistro le pulsava sordamente e
ogni volontà di alzarsi e combattere era totalmente prosciugata dalla paura e
dalla disperazione per la salute di Jason.
-
Un bello spettacolino davvero. Erano secoli che non si vedeva un umano parlare
la lingua del Cielo, ma mia piccola Sigillo, ora è tempo di andare. I miei
amici saranno curiosi di conoscerti. Ovviamente, non giocherai con loro, sei troppo importante per dare
piacere a un branco di uomini arrapati. – la presa si Belial si strinse sulla
sua spalla e la rimise bruscamente in piedi, mentre il demone biondo si chinava
a raccogliere l’anello della ragazza – Non dimentichiamoci questo, non mi va di
portarmi dietro un Sigillo a metà. - come sfiorò il gioiello, ritrasse
bruscamente la mano – Ah! – mostrò i denti all’anello, con il bel volto
stravolto da una smorfia di dolore – Oro benedetto. Se esiste una cosa che mi
fa vomitare è proprio l’oro benedetto
con cui vi proteggete voi Sigilli. – fece un sorriso a Louisa, che senza dire
una parola, continuava a fissare completamente svuotata, il petto di Jason che
si alzava e si abbassava in maniera sempre più flebile.
La
mano di Belial salì dal collo fino alla testa. Louisa si morse la lingua
trattenendo un gemito di dolore, quando Belial le strattonò i capelli fino a
metterle a nudo il collo – Perché Dio ha scelto una ragazzina così carina per
essere un Sigillo? È una crudeltà costringermi a non toccarti fino a farti
urlare di piacere, ma questo non farà danni. Almeno non permanenti. – il morso
di Belial le strappò un grido di dolore, e sentì la pelle morbida del collo
venir risucchiata tra le labbra del ragazzo, mentre le mani di lui risalivano
sotto la giacca e la camicia, fermandosi sul reggiseno – In genere preferisco
quelle con le tette grosse, ma per un volta faccio volentieri uno strappo alla
regola. – nonostante fosse scossa per la sorte di Jason, Louisa ebbe il
violento impulso di vomitare per ciò che Belial le stava facendo, e scattò
all’indietro tornando improvvisamente in sé – Non toccarmi. – Belial la strinse
più forte, incidendole le unghie nella pelle della delicata del seno – Non così
in fretta. Ci sono altre cose che possiamo fare senza che tu ci rimetta la
verginità. Sai com’è alla fine, no? Una questione di forma. – il sangue
accelerò i battiti e le gambe di Louisa iniziarono a tremare violentemente e
tutti i suoi sensi diventarono improvvisamente più acuti stimolati dal una
nuova ondata di terrore – Lasciami! – spinse via Belial, ma nonostante Louisa
fosse un Sigillo e avesse il sostegno del Cielo, non postò minimamente il corpo
del demone, che scoppiò a riderle in faccia – Sei un Sigillo deboluccio, vero?
I tuoi predecessori non erano come te, avevano la forza per combattere quelli come me, ma questo rende tutto
incredibilmente più divertente. Dimmi, Sigillo, dov’è la tua emanazione
angelica? – Louisa lo spinse via ancora più forte, e gli graffiò il viso,
sperando di allontanarlo, mentre le lacrime le pungevano i margini degli occhi –
Aiuto! – l’eco delle voce di Louisa rimbalzò da una vallata all’altra, perdendosi
nella brughiera scozzese e la ragazza si sentì improvvisamente sola e
abbandonata.
-
Nessuno aiuta una straniera – disse dolcemente Belial a un soffio dal suo viso
scostandole una ciocca di capelli – E anche se lo facessero, non c’è nessuno a poterlo fare. Sei mia. – la
strinse ancora più forte, strappandole un grido acuto e il sapore metallico del
sangue le invase fondo della gola – Aiuto. – sussurrò chiudendo gli occhi,
troppo spaventata per continuare a guardare il demone. I tremori la scossero
violentemente, mentre sentiva la risata di Belial scuotergli il torace, mentre
le risaliva il collo, mordendola violentemente. Terrore e disperazione le si
accavallarono in mente, impedendole di formulare pensieri coerenti, non poteva
farcela da sola, ma l’unica persona che era con lei a parte Belial era..
-
Jason! – il nome del ragazzo le esplose in gola, mentre il braccio sinistro si
mosse autonomamente a cercarlo. La mano di Belial, si staccò improvvisamente
dal suo petto, per poi tapparle la bocca – Jason è morto. Capito? Il tuo eroe è
morto. Nonostante il marchio che gli hai posto nella lingua del Cielo, è.. –
-
Io non ripeterei morto una terza volta. A quanto pare sono ancora qui. – la
voce di Jason, fece accelerare i battiti del cuore di Louisa, più di quanto non
avesse fatto fin ora Belial.
Il
terrore scomparve improvvisamente quando vide Jason in piedi, coperto da una
maschera di sangue secco. Fissava Belial con il mento proteso in avanti, le
braccia incrociate al petto, e uno sguardo di furia repressa – Normalmente, non
interverrei in una situazione del genere, ti lascerei fare, ma tu mi hai
veramente fatto incazzare. E poi, se le facessi qualcosa, Will se la
prenderebbe con me, quindi, – si mise in posizione da combattimento,
ripulendosi una goccia di sudore con il
braccio – non te la prendere se ti prendo a calci in culo. -
Belial
strinse malamente un braccio di Louisa, la tirò davanti a se accarezzandole il
collo con il dorso della mano dove l’aveva morsa pochi istanti prima – Aspetta
qui. – le sussurrò – Lo uccido di nuovo e torno. – Louisa rabbrividì sentendo
il tono glaciale nella voce e la paura tornò a farsi sentire più intensa di
prima, non temeva più per sé, ma per Jason, che stava dritto e saldo, più forte
e più di sicuro rispetto prima, mentre i muscoli gli si gonfiavano per la
tensione. Ciò che aveva detto nella lingua del Cielo, pochi minuti, iniziava ad
acquisire significato ed ebbe bisogno di accertarsi che quello che aveva
davanti era veramente Jason in carne ed ossa. Corse da Jason, ignorando
totalmente i ringhi minacciosi di Belial; il braccio sinistro le faceva male quando toccò il volto coperto di
sangue del ragazzo e ne sentì il calore sotto la pelle – Sei vivo. – disse con
le lacrime agli occhi - Sei vivo e stai
bene.
Jason
batté un paio di volte le palpebre visibilmente stupido da quel contatto
inaspettato – Dimmi un po’, per caso, sei una di quelle che interrompono i
ragazzi quando giocano con Xbox?
Le
guance di Louisa diventarono improvvisamente bollenti e tutta la paura che
aveva provato per il ragazzo scomparve, sostituita dal desiderio di prenderlo a
schiaffi – Sei vivo e sei tu a quanto pare. Il Marchio poteva renderti un po’
più simpatico.
Le
labbra di Jason si piegarono in un sorriso sarcastico – Non ho la più pallida
idea di quello che hai detto, ma n-..- Louisa si ritrovò avvolta dalle braccia
di Jason e sentì il terreno mancarle sotto i piedi, mentre Belial urlava una
sonora imprecazione che la fece sussultare.
Quando
Jason la liberò dal suo abbraccio, Louisa fissò il demone stupefatta a cinque
metri di distanza da loro. Aveva un tirato un pugno nel terreno dove si
trovavano pochi istanti prima Jason e Louisa e ora guardava con fare omicida il
ragazzo, sul suo volto non c’era più il divertimento e lo scherno che aveva
durante il loro primo scontro.
-
Come ho fatto? – Jason si guardava le mani, pallido e stravolto in volto. E
Louisa gliele prese tra le sue e gliele strinse, cercando di rassicuralo – È la
Promessa, Jason. Hai le capacità di un Sigillo ora. Sei più forte, più veloce.
Anche i tuoi sensi sono più sviluppati così come il tuo istinto.
-
Bene – disse con uno sbuffo e si caricò Louisa in spalla senza tante cerimonie
– Almeno ora capisco perché il mio istinto mi sta dicendo di dirti che sei una
stronza.
Il
mondo le si rovesciò Louisa ebbe la chiara visione della schiena e del sedere
di Jason a pochi millimetri da lei – Ma come ti permetti! Brutto maniaco!
Lasciami!
Senza
darle retta, Jason saltò di fianco, mettendo altri metri tra loro e il nuovo
attacco di Belial - Scusa, eh? Ma sto cercando di salvarci la pelle.
Ogni
volta che evitava all’ultimo secondo gli attacchi di Belial, Louisa sentiva il
torace di Jason scosso da un profonda risata e resistette alla tentazione di
tirargli un calcio – Prendi almeno le cose sul serio! – gli urlò terrorizzata
nel vedersi il terreno venirle incontro un’altra volta. Il ragazzo strinse più forte il braccio
intorno alle gambe di Louisa e scartò di lato. – così? – domandò lui.
Nonostante il mondo intorno a lei non smettesse di girare, Louisa sentì sulle
gambe lo spostamento d’aria causato dal violento colpo di Belial.
La
nausea cominciò farsi strada prepotentemente dentro di lei e pregò
silenziosamente che Jason la smettesse di saltare, scartare, e di sballottarla da una parte all’altra – Non
così! Jason, ho la nausea. Ti prego, potrei vomitare.
-
Vedi di resistere e di non vomitare sulla mia giacca, sono un tantinello
impegnato ora. – Louisa deglutì, reprimendo il conato che le era salito, e
chiuse gli occhi per non vedere più il terreno allontanarsi e avvicinarsi
pericolosamente. La testa continuava a girarle, aveva bisogno di scendere dalla
spalla di Jason e lui aveva bisogno di potere contrattaccare se voleva avere
una possibilità.
-
Jason! Ti ordino di mettermi giù! – sentì il bocca il gusto del sangue e
dell’erba, quando cadde violentemente a terra. Il braccio sinistro le pulsava
più che mai. Alzando lo sguardo da terra si accorse che Jason era per sdraiato
per terra e si teneva il petto con il volto contratto di dolore.
Ansimante,
Belial si avvicinò ai due ragazzi e fece una smorfia soddisfatta quando afferrò
Jason per il collo e lo sollevò senza sforzo apparente – Immagino che avrai
capito perché ho tradito il Cielo. Le parole pronunciate nella sua lingua sono
vincolanti, non puoi scappare, non puoi disubbidire. E gli angeli hanno la
pessima abitudine di comandare a bacchetta – strinse più forte la presa sul
collo di Jason che emise un gemito soffocato, diventando rosso in volto.
-
Lascialo andare! – Louisa sferrò un calcio a Belial, che lui evitò con uno
sbuffo divertito e con una spinta la spedi a cinque metri di distanza – Stai
buona lì! A te penso dopo.
Mentre
la testa le esplodeva per il dolore, Louisa sentì un urlo e il pensiero corse a
Jason. Gli occhi le si appannarono di lacrime quando ricadde il silenzio nella
vallata e una figura le si avvicinò – Stai bene? – Jason si accucciò accanto a
lei e la mise a sedere, tastandole piano la testa – Potresti avere una
commozione cerebrale.
-
Sei vivo – le parole le uscirono in un rantolio e Jason le fece un gran
sorriso.
-
Inizio a pensare che tutta questa preoccupazione nei miei confronti sia quasi genuina.
-
Belial?
-
Gli ho tirato un bel calcio e ora è piegato in due dal dolore. Non credevo che
anche i demoni potessero star male con un calcio nelle palle. – Louisa guardò
verso la vallata. Belial era steso sul terreno raggomitolato su se stesso e
imprecava sonoramente contro Jason, maledicendo Dio e i Sigilli.
-
Gli hai tirato qualcosa di veramente forte. – disse guardandolo con un sorriso.
-
Non mi piace chi fa del male alle donne, e meno che mai, non mi piace chi cerca
di privare il mondo di tanta beltà.
-
Grazie. - Louisa arrossì leggermente e distolse lo guardo, non sapeva come
interpretare quello stranissimo complimento, non dopo le battute pungenti di
Jason.
-
Guarda che parlavo di me. Non mi sognerei mai di dire a te che sei bella. – Louisa
sbuffò sonoramente, sostenendosi la testa con la mano – Mi pareva strano. – ma
si raddrizzò immediatamente quando Belial si rialzò con uno colpo di reni.
Jason scattò in piedi, pronto a combattere quando lo squillo di un telefono
risuonò nella valle. Stupita Louisa, vide Belial rispondere con noncuranza al
telefono – Che vuoi? – disse senza preamboli – Ho da fare! – Belial fulminò con
lo sguardo Jason, mentre ascoltava la voce dall’altra parte del telefono – Stai scherzando? Non puoi chiedere una
cosa del genere! – iniziò a sputacchiare, mentre il viso gli divenne rosso e le
mani gli si strinsero a pugno.
Spense
il telefono e li rimise malamente in
tasca – A quanto pare ragazzino, non posso ucciderti. – senza dire un’altra
parola, tornò alla Jeep abbandonata sul ciglio della strada e partì sgommando,
sparendo alla vista di Louisa dopo la prima curva. Fissò la strada, non
riusciva a credere che Belial avesse rinunciato così facilmente a uccidere
Jason e ad avere lei.
-
Bene. – disse Jason, dopo qualche minuto di silenzio – Ora me ne vado anche io.
Addio, e non bussare mai più alla nostra porta.
-
Non puoi. – disse Louisa, riscuotendosi da un improvviso torpore. – Non puoi
andartene.
Jason
la tirò bruscamente in piedi – Onestamente. Ho rischiato di morire tre volte
oggi. Più di quante mi siano capitate in tutta la mia vita. E non è un record
che ho intenzione di sfidare. Addio. – Jason fece un paio di metri, prima di
cadere malamente a terra, tenendosi il petto.
Senza
pensare, Louisa corse da lui e gli toccò dolcemente il viso, fissandolo negli
occhi azzurro scuro – È quello che cercavo di dirti, Jason. – disse arrossendo
leggermente – Non puoi allontanarti da me con l’intenzione di andartene. La
Promessa con che ho pronunciato ti lega a me. Io ti ho dato tutte le mie
capacità di Sigillo: la mia forza, la mia velocità, i miei sensi sviluppati, in
cambio, tu devi rimanere accanto me. Non puoi disobbedire ai miei ordini diretti e non puoi allontanarti
da me senza un mio preciso ordine.
Jason
impallidì – Mi stai prendendo per il culo, vero? Ti tutte le cose che potevi
fare al mondo, dovevi proprio legarmi a te? Mi hai detto tutto o mi stai
riservando qualche altra sorpresa per i momenti migliori? – Louisa tremò
leggermente sotto lo sguardo furioso di Jason – Stando a quello che ho letto
sulle cronache passate, vedi, ecco – prese un gran respiro – stando a quello che ho letto su questo tipo di
patto, se il Sigillo muore, anche il suo Guardiano muore – disse tutto di un
fiato con il cuore che le martellava lo sterno.
-
E il Guardiano sarei io?
-
Si.
-
Vaffanculo!
-
Hei!
-
Liberami da questa maledizione. Ora!
Louisa
scosse lentamente la testa – Io non posso farlo. Cioè, io non lo so fare. La
lingua del Cielo è venuta in mio soccorso perché era l’unico modo per salvare
le nostre vita, ma io non so disfare un legame simile. – Jason la afferrò per
le braccia, incombendo pericolosamente su di lei, si divincolò, ma Jason la
teneva saldamente, impendendole di muoversi – Io non lo so fare, ma conosco
qualcuno che potrebbe farlo, – si affrettò a spiegare – Da dove arrivo io ci
sono i Custodi, studiano la lingua del Cielo e gli antichi scritti da una vita
e potrebbero sapere come liberarti. Te lo giuro Jason, non volevo arrivare a
tanto, ma non avevo altro modo per salvarti la vita – Jason la lasciò andare
bruscamente e senza dire una parola si diresse alla moto – Sali. – disse
inforcando la moto e guardandola storto – E non osare urlare a causa della
velocità. Se provi a darmi l’ordine di rallentare, ti giuro, ci ammazzeremo
entrambi. – Louisa prese timidamente il casco che Jason le porgeva senza
guardala in faccia – Perché? –
-
Non hai sperimentato sulla tua pelle il prendere ordini in questo modo, vero? È
come se decine di aghi ti si piantassero nel cuore e l’unico modo per alleviare
il dolore è obbedire. – Louisa deglutì e sentì il sangue defluirle dal viso –
Non lo sapevi? – Jason le fece un sorriso sarcastico – Ma sai che novità! –
Louisa
salì sulla moto e si infilò senza come capitava il casco – Mi dispiace, –
sussurrò – Ti prometto che farò di tutto per liberarti. – disse stringendosi al
torace di Jason.
Quando
rallentò per far entrare la moto nel cortile della casa di Will, Jason
stringeva ancora convulsamente i manubri fino a far sbiancare le nocche e
fissava torvo la strada davanti a se. Il corpo minuto di Louisa premeva contro
il suo e normalmente, avrebbe apprezzato la sensazione che gli dava il corpo di
una ragazza come Louisa stretto addosso. Ora, invece, l’avrebbe volentieri
abbandonata su una strada deserta, dandole una cartina, una bottiglia d’acqua e
dicendole di farsela a piedi. Peccato che non potesse abbandonarla. Non se non
voleva farsi male. Mentre spegneva la moto, Will apparve silenziosamente
accanto a lui e gli frugò il volto con lo sguardo – Ti sei azzuffato con un
branco di oche starnazzanti anche stavolta? – chiese con un mezzo sorriso.
-
Magari. Niente oche. Solo un coglione biondo. E la tua amica che ha deciso di
uccidermi nella maniera più originale possibile. -
Gli
occhi di Will si spalancarono per la sorpresa – Che è successo? –
Jason
individuò la figura di Louisa che stava
da sola in un angolo, cercando il più possibile di non farsi notare e la
fulminò – Fattelo raccontare da lei. Io vado a lavarmi. O devo farti da Boy
Scout costantemente e devi infilarti sotto la doccia con me? Riesci ad arrivare
alla porta di casa di Will senza inciampare e ucciderti?
Louisa
alzò lo sguardo e gli lanciò un occhiata glaciale – Ovviamente, ma se ci tieni
alla vita, forse dovresti portami in braccio. Così fai il tuo dovere di Boy
Scout fino in fondo. – Jason sorrise dentro di sé alla risposta pronta della
ragazza. Almeno a parole riusciva ad essere tagliente e non noiosa, se doveva
convivere con lei almeno aveva l’opportunità di divertirsi.
-
Sono un Boy Scout, baby. Non un marito. Passa la soglia di casa da sola. Io
vado a lavarmi. – si voltò senza ascoltare la risposta di Louisa e salì
rapidamente le scale, cercando in tutti i modi a non pensare al futuro che lo
aspettava. Louisa aveva detto che da dove veniva c’era qualcuno che era in
grado di liberarlo e farlo doveva per forza seguire Louisa. Ciò significava essere
costretto a entrare ancora più profondamente in quella storia, e soprattutto,
coinvolgere le persone a cui voleva bene. Arrivato al pianerottolo una porta
gli si spalancò davanti al naso e per poco non glielo tranciò via – Jason! – la
sorella di Will, Sophie, lo guardò dall’alto in basso con un largo sorriso –
Stavo uscendo per andare a una festa! Vieni con
me? Dobbiamo andare ad Edimburgo. – Jason le fece un mezzo sorriso,
osservando la maglietta a quadri neri e azzurri, la minigonna in tinta e le
calze spesse di due colori differenti – Sei diventata daltonica, Sophie? Una di
quelle calze è gialla e l’altra è rosa. – Sophie incrociò le braccia al petto –
Parla quello che ha addosso un nuovo modello di pittura facciale. La brughiera
ti ha improvvisamente attraversato la strada? – Jason la prese per la vita e le stampò un bacio in
fronte, seppellendo una risata tra i suoi capelli – Non è così brutto baciare
la brughiera se sai come fare Sophie; cambiando discorso come sta Fred? –
chiese sperando di aver azzeccato il nome del suo attuale ragazzo.
Sophie
batté un paio di volte le palpebre – Fred? Fred, l’ho mandato a quel paese un
paio di giorni fa. –
-
Perché? – le scostò dolcemente una ciocca di capelli rossi. Lo sorprendeva
sempre vedere quanto poco assomigliasse al fratello maggiore.
-
Era un’idiota. E non sapeva aspettare, quando ha allungato le mani, l’ho preso
a schiaffi e me ne sono andata. – Jason ridacchiò sotto i baffi, la sorella del
suo migliore amico non c’era mai andata piano con ragazzi e più di qualche
volta Jason ne era stato attratto - Non
troverai mai marito se continui a prendere a schiaffi tutti quelli che ci
provano. –
-
Non voglio un marito. Voglio andare in India e fare la pediatra. I maschi non
sono che dei meri accessori. Ci possono essere come no. E se mi vogliono,
devono essere disposti a seguirmi. – Jason alzò le mani, arrendendosi alla
caparbietà di Sophie. Sapeva che coltivava il sogni di essere pediatra fin da
bambina e per diventarlo avrebbe sacrificato tutto, anche la sua famiglia. Era
contento di vedere che lo stava realizzando e che pian piano si stava facendo
strada nel mondo universitario. Aveva temuto che durante il suo primo anno
all’università Sophie potesse cambiare radicalmente diventando seria e
taciturna. Aveva un carattere più estroverso di William e spesso e volentieri
era lei a difenderlo quando Jason gli faceva i dispetti. Più di qualche volta
Sophie gli aveva dato un paio di pugni e dei morsi ben assestati e sapeva che
poteva difendersi tranquillamente da ogni pericolo.
Le
scompigliò energicamente i capelli – Tuo fratello è giù con una mia amica, e io
devo andare a lavarmi. Ci vediamo dopo Sophie così ci salutiamo! – lasciò
Sophie basita sulla porta e si allontanò di corsa verso il bagno, sperando che
la ragazza ci mettesse qualche secondo a registrare quello che lui aveva detto.
Come
chiuse la porta del bagno alle spalle, sentì l’assalto di Sophie far tremare la
porta e i vetri della stanza – Jason Fen! Cosa vuoi dire che ci salutiamo? E
che vuol dire che mio fratello è con una tua amica? Intendi che è una delle tue amiche? – Jason abbandonò
stancamente la felpa e i jeans nel cesto della biancheria, e si tolse la fasciatura che Will gli aveva fatto, notando con soddisfazione le piccole linee rosse delle ferite ormai rimarginate. Come al solito Will aveva fatto un ottimo lavoro, e sperò che anche Sophie, carattere estroverso a parte, avesse ereditato il dono del fratello maggiore – Soph, abbasseresti la voce gentilmente? I miei
timpani ti sarebbero enormemente grati. –
-
Tu apri la porta e io parlo più piano.
-
Soph, sono in boxer!
-
Figurati se un paio di boxer mi creano problemi! Ti ho visto nudo Jason Fen,
non dimenticarlo!
Jason
sentì le guance farsi calde e scoppiò a ridere per l’imbarazzo – Avevo dieci
anni e avevo dimenticato il costume da bagno!
Sentì
la testa di Sophie battere contro la porta – Mi fai entrare? Perché ci dobbiamo
salutare Jason? Dove devi andare? – chiese tristemente
Jason
capitolò a quel tono e le aprì la porta, scostandosi per farla entrare – Entra
e smetti di starnazzare.
-
Le oche starnazzano Jason, e a volte anche tu. – rispose lei, entrando a passo
di marcia in bagno e sedendosi sul bordo della vasca – Ora mi dici tutto, e non
omettere nulla. Se mi menti, ti giuro, che ti pianto una sonda rettale dove
nemmeno ti immagini. – Jason sorrise e si sedette sul pavimento freddo a gambe
incrociate e iniziò a riordinare i pensieri, partendo dal suono dell’allarme a
casa sua, procedendo via, via, verso lo scontro con Belial e il legame che si
era creato con Louisa. Ad alta voce non lo avrebbe mai ammesso, ma quando
Louisa era intervenuta, lui sapeva di star morendo e aveva sentito le sue ossa
rinsaldarsi e gli organi ammaccati tornare al loro posto.
Quando
terminò il suo racconto, alzò lo sguardo
su Sophie, che lo fissava con le mani strette sul bordo della vasca; tramavano
leggermente ed erano sbiancate per la pressione – Prima che corra di sotto ad
ammazzare questa Louisa, dimmi una cosa:
perché cazzo non le hai dato
subito l’anello che porti al collo e ti sei liberato di lei?
Jason
si ritrasse sotto il suo sguardo, come Will, Sophie aveva la pessima capacità
di farlo sentire perennemente in colpa e a
disagio – Perché è la cosa più preziosa che mi ha lasciato mio padre e
perché mi ha detto di proteggerlo ad
ogni costo. –
Sophie
sbuffò, appoggiando il mento sulla mano – E magari ora sai anche il perché.
Comunque ora sei più forte e più veloce, no? Non vorresti restare così?
-
E prendere costantemente ordini da quella? Ma fammi il favore!
Sophie
sorrise, mettendo in mostra un paio di canini, che il quel momento sembrava
incredibilmente aguzzi – A me non dispiacerebbe, dare costantemente ordini a un
uomo. Magari con un frustino in mano. Fa figo.
Jason
scoppiò a ridere e rovesciò la testa all’indietro, sbattendo contro la colonna
del lavandino – È il motivo per cui non ti permetto di mettermi le mani
addosso, Sophie, non lo farei nemmeno in punto di morte. Tremo all’idea di cosa
potresti farmi! – esclamò, massaggiandosi la testa – Ora esci dal bagno, devo
lavarmi. E Sophie? Non andare di sotto come un tornado a rivoltare Louisa come
un calzino. – Sophie gli lanciò la sua occhiata più innocente, che Jason
sapeva, non prometteva nulla di buono – Chi io? Non sia mai. Piuttosto come una
tempesta perfetta. – disse dondolandosi con noncuranza su un piede. Jason incrociò
le braccia al petto, e la fissò torvo, non voleva che Sophie parlasse con
Louisa, non ancora, almeno. Dio solo sapeva cosa gli avrebbe ordinano Louisa
altrimenti – Non sto scherzando Sophie. È una cosa tra me e lei. Non metterti
in mezzo o mi incazzo di brutto. -
La
ragazza gli stampò un bacio sulla guancia – Non le ucciderò, promesso. Posso
staccarle un braccio?
-
Sophie – la ammonì dolcemente.
-
Va bene, niente di violento. Allora vado alla festa e ci vediamo tra qualche
giorno, e spero, senza di lei.
Come
Sophie uscì dal bagno, Jason finì di spogliarsi, posò l’anello che portava in
genere al collo, sul bordo del lavandino e sprofondò sotto il getto della
doccia. Tutto, il suo modo arrogante e saccente che Louisa esternava
continuamente che alternava a momenti di lacrime a profusione, gli faceva
pompare forte il cuore e gli faceva venire voglia di maltrattarla fino a farla
piangere di più. Louisa era la classica ragazzina viziata che non accettava dei
no come risposta e che pretendeva tutto e subito. Pensò distrattamente l’anello
che aveva lasciato sul lavandino; assomigliava molto a quello che portava
Louisa per forma e dimensioni, solo che al posto di un pietra azzurre, la sue
era trasparente e l’incisione all’interno riportava la scritta Shechaqim. Quando suo padre era morto, e
Jason, aveva ereditato l’anello con la promessa di non separarsene mai, aveva
digitato la parola su Google, solo per poi richiudere immediatamente la pagina
dopo aver letto due righe di cazzate. Lo Shechaqim
non esisteva, e Google era il modo più veloce per trovare la miglior
spazzatura di internet. Chiuse il getto
della doccia e appoggiò la fronte contro le mattonelle beige del bagno,
sperando che il freddo lo aiutasse a schiarirsi le idee. Ansimava, con gli
capelli scuri gli finivano negli occhi, mentre l’acqua ancora calda gli correva
lungo in corpo e strinse i pugni esasperato dalla situazione. Louisa gli aveva
strappato tutto quello che gli apparteneva. Gli aveva tolto la casa e tutto ciò
che era suo, e se avesse saputo dell’anello gli avrebbe tolto anche
quell’ultimo frammento che lo collegava alla vita con suo padre, e ora doveva
partire con lei, attaccato a una flebile speranza. Si staccò contro voglia
dalla frescura delle mattonelle e allungò il braccio cercando l’asciugamano,
quando lo sguardo gli cadde sullo specchio e rimase di stucco, con ancora il
braccio a mezz’aria. Quando si era spogliato non l’aveva notata, ma ora,
controluce, vedeva una sottile cicatrice avvolgersi a spirale all’altezza del
suo cuore. Si avvicinò allo specchio, e
spalancò la bocca.
שִׂימֵ֨נִי כַֽחֹותָ֜ם עַל־לִבֶּ֗ךָ כַּֽחֹותָם֙ עַל־זְרֹועֶ֔ךָ כִּֽי־עַזָּ֤ה כַמָּ֙וֶת֙ אַהֲבָ֔ה
La cicatrice era un’unica interminabile sfilza
di simboli in una lingua sconosciuta. Le palme gli fecero male e si accorse di
aver stretto talmente tanto i pugni da essersi conficcato le unghie nelle mani
fino a formare quattro, piccoli segni a forma di mezzaluna.
Corse
di sotto senza preoccuparsi di quello che aveva addosso, saltando i gradini due
a due, fino a precipitarsi nel salotto dove Louisa e Will parlavo
tranquillamente davanti a una tazza di tè – Che cazzo mi hai fatto stronza? –
Louisa si voltò verso di lui, per poi scattare verso il muro, violentemente
rossa in volto.
-
Jason – disse Will con voce calmo e deciso, si alzò e si mise davanti all’amico – Ti rendi
conto che sei nudo, vero? Immagino che qualcosa sia, possa aspettare almeno un
paio di pantaloni.
Jason
lo spostò malamente con il braccio, per una volta non gli interessava se feriva
il suo amico. Will ha sempre avuto un effetto calmante su di lui, ma ora non
voleva la sua gentilezza, voleva urlare e cacciare Louisa dalla sua vita –
Rispondimi! Che cazzo ho addosso? – per la prima volta in vita sua, Jason provò
il violento impulso di colpire una donna. Aveva le mani che gli tremavano e
solo la presenza di Will accanto a lui, pronto a placcarlo, gli impediva di
saltare il divano e prendere a schiaffi Louisa. Per arrivare a lei, prima avrebbe
dovuto passare su Will.
-
Sono le parole della Promessa. Sono incise su di te come su di me. Fanno in
modo che non sia solo la lingua del Cielo a tenerci uniti, ma qualcosa di più
profondo. – sospirò tristemente,
continuando a guardare il muro e si tirò su la manica della camicia,
fino a scoprire interamente il braccio.
Jason
ammutolì, improvvisamente con la bocca secca. Sentiva il bisogno di sedersi e
bere un bicchiere d’acqua e magari prendere un paio di tranquillanti. Il
braccio di Louisa presentava la stessa, identica cicatrice, le stesse identiche
parole, ma mentre quelle di Jason erano tracciate con un tocco leggero e
minuto, quelle di Louisa erano spesse e in rilievo, in oltre erano nere, come
se la pelle in quel punto fosse stata carbonizzata – Sapevo di infrangere un
mucchio di regole quando ho pronunciato quelle parole. – disse con le lacrime agli occhi – Tu sei ci sei stato trascinato
in questo patto. Legare la propria vita a quella di un altro è un atto
terribile, severamente punito in Cielo. La cicatrice diventerà come la tua solo
se riuscirò ad espiare la mia colpa. Per ora, non fa altro che ricordarmi di
come io non sia riuscita a proteggere un umano e abbia dovuto legarti a me per
tenerti in vita.
-
Che succede se non riesci a espiare le tue colpe? – chiese Jason coprendosi con
il cuscino che Will gli offriva di soppiatto.
Louisa
gli fece un piccolo sorriso tra le lacrime – È abbastanza semplice. Io muoio,
tu muori e fallirò come Sigillo di Dio. Di Sette Sigilli, rimarranno in sei,
insufficienti per fermare i Grigori.
Jason
si avvicinò a lei, improvvisamente più calmo e aperto verso la tristezza di Louisa,
in quel momento sembrava realmente fragile e molto vulnerabile – E ben sapendo
che rischiavi di condannare il mondo, hai deciso di salvarmi? Perché? – domandò
mettendole una mano sulla spalla.
Louisa
si asciugò gli occhi con il dorso della mano – È il mio compito. Se non riesco
a salvare un essere umano, come posso salvarne migliaia?
Jason
si voltò, non riuscendo a sostenere oltre il contatto con gli occhi rossi di
pianto di Louisa – Aspetta qui. Torno tra un quarto d’ora al massimo con il
borsone da viaggio.
-
Magari vestito. – si lasciò sfuggire Louisa.
-
Completamente vestito. – confermò Jason, che uscì dal salotto talmente di corsa
che inciampò su una delle gambe del tavolino messo accanto alla porta della stanza.
Jason
era seduto sul letto della stanza che i genitori di Will gli avevano dato dopo che lui era andato a
vivere con loro, alla morte di suo padre, rigirando l’anello che aveva
ripescato dal bagno. La maggior parte dei suoi oggetti personali erano bruciati
con la casa di Fen, e tutto quello che gli rimaneva era lì dentro: poche
fotografie ammucchiate dietro i libri di chimica sulla mensola sopra la
scrivania e dei vestiti gettati alla rinfusa nell’armadio. Non ci aveva mai
messo troppo impegno per arredarla perché quella stanza non l’aveva mai sentita
realmente sua, la sua vera camera era andata poche ore fa, e per quanti sforzi
facesse, Louisa non poteva capire la perdita che lui aveva subito. I sentimenti
che provava per lei in quel momento erano terribilmente contrastanti, da un
lato la odiava come non aveva mai odiato nessun altro al mondo, dall’altro, gli
faceva male il pensiero della cicatrice nera e degli occhi gonfi e rossi di
lacrime che aveva visto sulla ragazza. Allungò una mano sotto il letto per
tirare fuori il borsone da viaggio, e si chiese cosa lo avrebbe aspettato una
volta partito con Louisa. Con il borsone aperto accanto a se, incrociò le gambe
e si batté la testa con il palmo della mano, lui non aveva la minima idea di
dove dovessero andare. Per quello che ne sapeva poteva fare caldo, come freddo,
potevano stare in mezzo alla savana come ad una palude. Sorrise, pensando a
Louisa in mezzo a una palude a combattere alligatori e zanzare, forse avrebbe
dovuto salvarla da un alligatore, ma poteva tranquillamente farla divorare dalle
zanzare.
-
Posso? – la voce di Will lo riscosse dalle sue fantasie.
-
Entra. – si alzò velocemente dal letto e
iniziò a buttare nel borsone tutti i vestiti che gli capitavano sotto mano
senza nemmeno guardarli, mentre sentiva lo sguardo di Will addosso – Louisa sta
bene? – domandò senza voltarsi e concentrandosi su un paio di jeans blu che non
volevano saperne di entrare.
-
Sai, Jason, a volte dovresti andare da uno psicologo. Prima corri giù
completamente nudo e fai il diavolo a quattro e ora mi chiedi se sta bene.
Dovresti fare pace con il cervello ogni tanto.
-
Io sono in pace con il mio cervello, è solo che detesto veder piangere le
femmine. E ora scusa, ma sono impegnato a ricreare la teoria del Big Bang con i
miei vestiti – Intensificò gli sforzi per cercar di far entrare tutto nel
borsone, ed evitò accuratamente di incrociare lo sguardo di Will, Jason sapeva
che in quel momento il suo amico, stava per fargli la lavata di capo più
fantasiosa del mondo, e non aveva la minima voglia di ascoltarlo.
-
Forse potresti mettere qualche paio di pantaloni tuoi nella mia borsa, almeno
così non avranno l’aspetto di sardine in scatola.
Jason
scosse la testa – Non credo di fermarmi molto e più di una sacca mi sarebbe di
impiccio, ma grazie per l’offerta. – con la coda dell’occhio Jason vide la
borsa di Will cadere sul materasso e la soppesò con lo sguardo. Affondava
troppo nel materasso per i suoi gusti. Si morse il labbro e contò lentamente fino
a dieci – Perché quella borsa è così pesante? – domandò cercando di mantenere
la calma il più possibile. Sapeva la risposta, ma non poteva credere che Will
potesse essere tanto imbecille da averlo fatto.
-
Vengo con te. – rispose semplicemente Will. Jason chiuse gli occhi cercando di
calmarsi, se proseguivano di questo passo anche il gatto si sarebbe infilato in
camera sua con la borsa piena di scatolette pronto a partire.
-
Will, – iniziò Jason, non aveva la più pallida idea di come parlargli senza
offenderlo – Apprezzo quello che vuoi fare, ma è meglio che parta da solo, non
ho idea di quello che mi aspetta e non voglio che tu venga con me, potrebbe
essere pericoloso. Non l’hai visto, Belial era forte, molto forte e anche molto
veloce. Mi ha messo ko con un calcio.
Will
sorrise e scosse la testa – Per questo avrai bisogno di uno che conosca la
medicina e che soprattutto ti
conosca, Jason. Siamo amici da quando rubavi nel mio frutteto, abbiamo dormito
insieme in terrazzo promettendoci di aspettare l’alba e abbiamo scorrazzato con
il bob avanti e indietro per il villaggio. Ho ventidue anni, e non sono più
quel bambino gracile a cui hai tirato una mela in testa. Smetti di prendere le
decisioni per me. Ho già parlato con Louisa, anche se non era d’accordo ha acconsentito a farmi venire con voi. La
mia non era un proposta Jason, io ti stavo solo informando della mia decisione.
E poi, l’Olanda non è così distante.
A
quella tirata Jason si sedette sul letto e scoppiò a ridere sonoramente – Mi
stai dicendo che la sede dove stanno i Sigilli è in Olanda? La patria del sesso
libero e delle droghe leggere? Sembra quasi un contro senso. – tenendosi la
pancia cadde a terra sulle ginocchia continuando a ridere fino alle lacrime.
-
Devo imbottirti di morfina per tenerti buono? – domandò Will, sedendosi sul
pavimento e guardandolo storto. Jason si asciugò un occhio e cercò di
controllarsi, anche se gli faceva male il torace per il ridere – Assolutamente
no! Voglio vedere la faccia che farà Louisa quando gli dirò che andrò a farmi
un giro nel quartiere a luci rosse.
-
Ho detto Olanda, non Amsterdam. O pensi che tutti inizi e finisca con quella
città? – Jason gli lanciò un occhiata e sorrise, Will sapeva perfettamente che
lui non sarebbe mai andato nel quartiere a luci rosse, ma l’idea di
scandalizzare Louisa lo attirava troppo – Io lo so, ma Louisa? Voglio dire, mi
da l’impressione di non sapere nulla del mondo, farle prendere qualche colpo
ogni tanto la aiuterà a tenere i piedi ben saldi a terra.
-
Lo fai per il suo bene o per il tuo divertimento? – Jason si alzò agilmente da
terra, il pavimento iniziava a essere troppo duro per i suoi gusti e il borsone
ancora non aveva imparato a chiudersi da solo – Io faccio sempre le cose per il mio divertimento. E finché non
sarò libero, dimostrerò a Louisa che ha legato a sé la persona sbagliata.
Will
scosse la testa, con aria di chi stava per scoppiare a ridere e si alzò – Vado a dire a Louisa che siamo quasi
pronti e che deve uscire dalla doccia. Ci vediamo di sotto. –
Jason
si ritrovò a boccheggiare un paio di volte, cercando l’aria che non gli
arrivava nei polmoni – Hai dato il permesso a Louisa di farsi la doccia nel tuo
bagno? – disse tutto d’un fiato.
Will
annuì e lo guardò visibilmente confuso – Le ho spiegato come lavarsi senza
bagnare la fasciatura, ci metterà poco, che c’è di male? –
-
Sai che la mia vita è legata alla sua, vero?
-
Si, ma è solo una doccia, mica un rave.
-
Con la fortuna che si ritrova quella, sarà già tanto se non scivolerà sulla saponetta e non finirà
ammazzata sbattendo la testa. – Jason corse fuori dalla sua stanza e si fiondò
davanti la porta del bagno, tempestandola di pugni – Hei cretina! Esci
immediatamente da lì! Ci sono troppi pericoli! – lo scrosciò dell’acqua si
interruppe bruscamente - Ma anche sotto l’acqua non mi lasci in pace? – la voce
di Louisa gli arrivò carica di rabbia – Io devo lavarmi e Will è stato così
gentile da spiegare come non rovinare la fasciatura, quindi non ci sono
pericoli. E ora sparisci, così posso finire. – il getto della doccia riprese e,
passando da un piede all’altro, Jason afferrò la maniglia del bagno e aprì
bruscamente la porta. Si aspettava di trovarla chiusa a chiave, ma quella
cedette al primo assalto e si ritrovo a fissare Louisa, che in mezzo alla
nebbiolina si stava sciacquando i capelli. I secondi si dilatarono, mentre lo
sguardo di Louisa passava dallo stupefatto alla rabbia cieca. Un brivido
percosse la schiena di Jason e avvertì un imminente pericolo, mentre il flacone
dello shampoo lo colpiva sulla spalla – Non hai una buona mira. La mia faccia è
più su – non aveva voglia di provocarla, ma era l’unico modo per evitare un
silenzio imbarazzante. Schivò il balsamo spostando la testa di lato all’ultimo
secondo, la mira di Louisa era improvvisamente migliorata e se non si fosse
spostato l’avrebbe preso in pieno – Esci
immediatamente maniaco, egocentrico! Esci! Esci! Esci! Io ti ordino di uscire! – Jason cadde a terra, mentre la sensazione
di avere degli aghi piantati nel cuore, gli fece inarcare la schiena per il
dolore. Si rimise in piedi aggrappandosi al lavandino, e un passo dopo l’altro
si ritrovò a guadagnare l’uscita dal bagno, chiudendosi la porta alle spalle.
Si sedette in corridoio, con la schiena contro la porta a riprendere fiato,
mentre sentiva Louisa borbottare qualcosa sui ragazzi maniaci e maleducati. Quella
maledizione doveva finire al più presto, non poteva passare il resto della sua
vita a prendere ordini da Louisa.
-
Louisa – chiamò lui appoggiando la testa alla porta – Lo facevo per il tuo
bene, il bagno è pieno di pericoli. Le morti per incidenti domestici sono
altissime in bagno.
Il
getto si interruppe di nuovo e con i suoi nuovi sensi più acuti, Jason sentì i
passi della ragazza sul tappetino davanti alla doccia – E cosa dovrebbe
attaccarmi di grazia? Il balsamo o lo shampoo? – l’acidità nella voce era palese,
e Jason ebbe di nuovo voglia di entrare e sfidarla faccia a faccia – Cambiando
discorso, nessuno ti ha insegnato a chiudere a chiave le porte? Così evitavo di
vederti nuda, ora avrò gli incubi per un mese. Mi devi mesi di sedute con un
buono psicologo, aggiungo anche queste alle spese che mi devi rimborsare. – non
riusciva a capire perché, ma era istigato a continuare a stuzzicarla per vedere
fin dove riuscivano ad arrivare le sue rispostacce.
-
Così siamo pari. – la risposta pronta di Louisa gli fece allargare il sorriso,
erano davvero pari ora, ma, a parte l’ordine a cui era stato costretto ad
obbedire, lui si era divertito molto di più, nel vedere la ragazza nuda. Louisa
aveva un bel corpo snello, anche se aveva le gambe un po’ corte rispetto ai suoi
gusti e un seno minuto.
-
Vado a chiudere il borsone. Muoviti a vestirti, prima mi libero di me, prima mi
sentirò al sicuro. – senza aspettare la risposta di Louisa, Jason tornò in
camera sua, Will non c’era, ma aveva lasciato la sua borsa aperta accanto a
quella di Jason. Il ragazzo sorrise, Will riusciva a imporsi in modo del tutto
eccentrici e silenziosi, ed era questo quello che apprezzava di lui, Jason non
si sentiva mai costretto a fare le cose in sua presenza, Will gli metteva
davanti le opportunità, stava a Jason accettarle o meno. Mentre spostava i
jeans e qualche felpa spiegazzata, Jason si sentì rincuorato, non lo avrebbe
mai ammesso, ma era contento che Will lo stesse accompagnando.
Quando
Louisa arrivò all’Istituto in cui era cresciuta, era pomeriggio inoltrato, e, come aveva
previsto, Jason si era dimostrato il compagno di viaggio più irritante ed
estenuante che avesse mai avuto, e solo la presenza di Will le aveva impedito
di prenderlo a calci durante il viaggio in aereo e poi nell’auto dell’Istituto.
La
guardia al cancello dell’Istituto le fece passare la mano sullo scanner gel e
scattò sull’attenti quando scoprì lo status di Louisa – I signori sono con lei
signorina Van Der Meer? – Louisa annuì, e lanciò un’occhiata in tralice a Jason
che aveva iniziato a sghignazzare sentendola chiamare “signorina Van Der Meer”.
-
Si – disse. Cercò di dominare la voce e di mantenere una parvenza di controllo,
ma casa sua era dietro a quell’enorme cancello bianco e spesso, e la
possibilità di non vedere mai più Jason iniziava a diventare reale. L’unico neo
era Will, in quelle poche ore in cui l’aveva conosciuto aveva iniziato ad
apprezzare la sua generosità e disponibilità, ma le regole erano chiare: i
Sigilli potevano frequentare solo i Sigilli e i Custodi, e William non era né
l’uno né l’altro.
Mentre
attraversava il cancello, sentì Jason trattenere bruscamente il fiato e sorrise
dentro di sé. Finalmente il ragazzo avrebbe dovuto mostrare un po’ di rispetto
per l’istituzione dei Sigilli di Dio – Ma è un convento! – l’esclamazione di
Jason la fece sobbalzare ed evitò accuratamente di rispondergli male –
l’Istituto dei Sigilli non è un
convento, per quanto possa averne l’aspetto a causa del chiostro di
epoca romanica. Noi siamo dissociati dalle istituzioni religiose cattoliche in
quanto predicano bene, ma fanno l’esatto contrario di quello che dicono. Per
cui tieni a bada la lingua mentre sei qui Jason Fen, non tutti i Sigilli si limiteranno a cacciarti fuori con
un flacone di shampoo. – prese un profondo respiro, doveva assolutamente
calmarsi prima del suo incontro con i Custodi, e doveva assolutamente
spiegargli perché un miscredente come
Jason aveva messo piede lì dentro.
Senza
voltarsi per sapere se Will e Jason la seguivano si diresse al piccolo kart
elettrico, che i guardiani al cancello le avevano messo a disposizione.
-
Hei! Cos’è quel giocattolo? E le Maserati da milioni di sterline? La Papa
mobile? Il carro armato? –
Louisa
si voltò di scatto, Jason stava mettendo a dura prova la sua pace interiore
ogni minuto che passava con lui aumentava la voglia di strozzarlo – Primo: qui
non usiamo mezzi a benzina, ma sono elettrici in rispetto dell’ambiente.
Secondo: ti ho già spiegato che ci dissociamo dai cattolici, quindi niente Papa
mobile. Terzo: abbiamo un incontro tra mezzora con i Custodi per liberaci di
questo Patto. Quarto: sali e non fiatare per i prossimi trenta minuti.
Jason
la guardò dall’alto in basso sorridendo – L’aria di casa ti fa male lo sai? E
poi sai guidare questi cosi? Chi te l’ha data la patente? Paperino?
Louisa
guardò il cielo esasperata. Quale terribile peccato aveva commesso per
incontrare un ragazzo come Jason Fen? – Ho la patente come tutti i comuni
mortali, presa in maniera regolare e valida per tutta l’Europa, ora sali per
favore.
Jason
la sorpassò e si sedette al posto di guida, facendo cenno a Louisa di sedersi
accanto a lui – Non te la prendere a male, ma preferisco guidare io, tu fammi
da navigatore qui dentro. – Louisa incrociò le braccia e guardò male Jason – Sai
guidare quel kart? – domandò infuriata.
-
Ho la patente come tutti i comuni mortali, presa in maniera regolare e valida
per tutta l’Europa, ora sali per favore. – Louisa batté le palpebre un paio di
volte – Mi stai facendo il verso! Ma che razza di essere infantile sei? – Will
le mise una mano sulla spalla – Lascialo perdere, Jason ama kart simili, gli
piace giocarci, e fidati, non lo schiodi da quel volante, anche se dovessi
ordinarglielo, lui si ammanetterebbe al posto di guida pur di non lasciarlo. –
si ritrovò a chiudere gli occhi, Will era gentile, ma fermo e sapeva che aveva
ragione, Jason non gliela avrebbe data vinta facilmente. Si sedette a braccia
incrociate sul sedile accanto a quello di Jason ed evitò accuratamente di
guardarlo - Vai subito a sinistra, e segui la strada, ti ritroverai a una
piccola rotonda, non puoi sbagliarti, gira a destra e prosegui fino al palazzo
bianco e moderno, ci aspettano lì.
-
Agli ordini, signorina Van Der Meer.
– rispose mellifluo Jason accendendo la macchina e dirigendosi dove Louisa gli
aveva indicato.
Mentre
si recavano all’appuntamento, Louisa si chiuse in un cupo silenzio, non sapeva
che cosa raccontare ai Custodi, era la prima
volta che metteva piede fuori dall’Istituto da sola e aveva corso un
grosso rischio, ricevendo in cambio niente altro che guai. I Custodi non
l’avrebbero presa bene, proprio per nulla, e Louisa era sicura, non le
avrebbero più permesso di uscire, e probabilmente avrebbe dovuto continuare a
guardare gli altri andare alla ricerca dei Sigilli mancanti.
Alzò
lo sguardo sull’edificio basso e bianco immacolato che si trovava davanti, lì
c’era la sede dell’istituzione dei Custodi, leggermente separata dalle altre
aree dell’Istituto e dal chiostro dove vivevano i Sigilli – Will, secondo me
dovresti aspettare fuori. Credo che prima vogliano sentire me e parlare con
Jason riguardo questa Promessa. E Jason, ti supplico, tieni la lingua a freno,
i Custodi sono molto severi, più di quello che credi. –
-
Sono vecchi con la barba bianca vestiti alla moda di Gandalf? No, perché io
odio fare Frodo, al massimo mi concedo come Aragorn. – Jason saltò giù
agilmente dal kart e tese la mano a
Louisa che la fissò per dieci secondi buoni – Cosa sono un Aragorn e un
Gandalf? –
-
Non hai mai letto il Signore degli Anelli? – vide Jason dondolare sul posto un
paio di volte visibilmente stordito – Come si può non aver letto il Signore
degli Anelli? – Jason si infilò le mani nelle tasche dei jeans – Prima che me
ne vada devo rimediare. Non puoi non aver letto il Signore degli Anelli, va contro
le leggi dell’universo.
Louisa
scese dal kart e lo guardò storto – L’hai scritto tu? – Jason la fissò allibito
– Per la miseria! No!
-
Allora lo leggerò volentieri. – guidò Jason aldilà delle porte scorrevoli
bianche e avanzò lungo il corridoio fino alla porta in fondo. – Te lo ripeto
ancora, tieni a bada la lingua. – sussurrò prima di appoggiare la mano sullo
scanner gel e aprire la porta.
Louisa
entrò nella grande stanza semicircolare, interamente bianca e asettica. Sei
Custodi erano seduti dietro una grande scrivania rialzata e guardavano in basso
verso Louisa. – Louisa, ci aspettavamo il tuo rientro da un momento all’altro.
Quello che porti con te è uno dei Sette Sigilli? – domandò uno di quelli
centrali e Louisa lo riconobbe Isaiah, uno dei Custodi più anziani. Sentì le
gambe tramare, doveva dire subito la verità raccontare quello che aveva fatto e
pregarli di liberare Jason – No, signori. Jason, il ragazzo accanto a me, è il
figlio adottivo di Yang Fen, ma quando sono arrivata, mi ha detto che Fen era
morto da diversi anni e il suo anello è andato perduto con la sua morte.
Purtroppo durante la mia visita è avvenuto un imprevisto e sono stata attaccata
da uno dei Traditori del Cielo e se non fosse intervenuto Jason probabilmente
non avrei fatto ritorno. – alle parole di Louisa i Custodi si agitarono sul
posto, e alcuni avvicinarono le teste per parlare tra di loro a bassa voce.
Isaiah alzò la mano e il silenzio tornò a calare in sala – Dimmi Louisa, come
ha potuto questo ragazzo aiutarti essendo lui un mortale e notevolmente
inferiore ai Sigilli e ai Caduti? – Louisa deglutì con la bocca
improvvisamente secca – Il Decaduto stava per ucciderlo, in effetti all’inizio
Jason non riusciva neanche a sfiorarlo e stava per morire, ma io ho pronunciato
delle parole nella lingua del Cielo e lui e stato meglio e.. – ammutolì quando
vide Isaih e gli altri Custodi guardarla intensamente – Che parole hai
pronunciato esattamente Louisa? – Louisa prese un gran respiro, cercando di
farsi coraggio - Ponimi come Sigillo sul
tuo cuore, ponimi come Sigillo sul tuo braccio; perché l’amore è forte come la
morte. – disse solennemente. Alcuni Custodi più giovani saltarono in piedi rovesciando le sedie – Non
puoi aver fatto una cosa del genere, la
Promessa del Guardiano è pericolosa per entrambe le parti! Louisa cos-
Isaiah
lo azzittì con un gesto brusco della mano – Dimmi Louisa, questo ragazzo era
veramente in percolo di vita? Non c’erano altre soluzioni se non pronunciare
quelle parole? –
Louisa
scosse lentamente la testa – No, signore. Se non lo avessi fatto Jason sarebbe
morto. L’ho portato qui per chiedervi se esiste un modo per liberarlo. – Isaiah
e gli altri Custodi si consultarono talmente tanto a voci basse che Louisa non
riusciva a sentire quello che dicevano. Dopo alcuni minuti Isaiah si raddrizzò
– Esiste Louisa, ma visto che non hai ancora sviluppato a pieno le tue capacità
preferiremmo che sia questo ragazzo a proteggerti fino a quel giorno. – Louisa
si irrigidì, quando Jason scattò in avanti – Che cosa? Che razza di uomini di
Dio siete se negate la libertà alle persone? – i Custodi lo guardarono
altezzosi – Noi ragazzo custodiamo i Sigilli fino a quando non ci sarà bisogno
di loro, li proteggiamo, li istruiamo ai loro compiti e facciamo in modo che
siamo preparati ad affrontare i Grigori e per farlo usiamo ogni mezzo. La tua
vita vale forse quella di altre migliaia di persone? Finché sarai legato a
Louisa sapremo che farai di tutto per proteggerla perché ne andrebbe anche
della tua vita, quando lei sarà al sicuro ti libereremo. Questa è la nostra
promessa solenne. – le mani di Jason tremarono e Louisa gliele afferrò
saldamente – Qualsiasi cosa a cui tu stia pensando, non farla, ti supplico
Jason, tu non li conosci – Jason si scostò bruscamente – Trova una soluzione.
Non ho alcuna intenzione di stare qui. – ringhiò a un soffio dal suo orecchio.
-
Jason, figlio di Fen, – disse Isaiah – Per ora puoi andare. Louisa ti
raggiungerà tra qualche minuto. Dobbiamo parlare con lei da soli. – Jason
allargò le gambe, visibilmente pronto a sfidarli, ma Louisa gli prese un
braccio – Jason ti prego, fa quello che dicono. Non voglio ordinartelo, quindi
per favore, aspettami fuori. – inaspettatamente Louisa sentì i muscoli tesi di
Jason rilassarsi leggermente e guardarla dall’alto – Ti aspetto fuori. Fa
presto.
Come
Jason si chiuse la porta alle spalle, Louisa tornò a guardare i Custodi – Che
cosa avete da dirmi che non poteva sapere Jason? – domandò raddrizzando le
spalle. Conosceva i Custodi e sapeva che nascondevano parecchi segreti. Isaiah
la guardò, improvvisamente di dieci anni più vecchio – Hai corso un gran
rischio a pronunciare quelle parole e lo corri tutt’ora. Devi sapere che
esistono due modo per liberare Jason, ma non possiamo metterli in atto o lo
avremmo già fatto. Il primo è il più raro, ma è il più sicuro, il tocco diretto
di un Serafino a sciogliere il sigillo posto nella lingua del Cielo, ma questo metodo
è impossibile. Il secondo è in assoluto il più difficile e lo dovrai fare tu
stessa. Come sai legare la tua vita a quella di un altro è un grave peccato e
dovrai espirare le tue colpe prima o poi, per farlo verrai sottoposta a delle
prove, se ti dimostrerai inadeguata morirai e Jason con te. – Louisa deglutì e
il sangue le defluì dal viso – Che prove? – chiese con filo di voce che le era
rimasto.
-
Più sarai vicino a Jason, più combatterai con lui, più sentirai i tuoi peccati
capitali crescere dentro di te. Per riuscire a liberare Jason dovrai
affrontarli tutti. Non potrai cedere Louisa. Neanche una volta, perché se lo
farai morirai. Capisci quello che stiamo dicendo? Dovrai affrontare dentro di
te quello che rappresentano i Grigori: l’ira, la lussuria, l’avarizia e gli
altri peccati. Più starai vicino a Jason, più sentirai quei desideri crescere
dentro di te e divorarti l’anima. – Louisa abbassò gli occhi e annuì, aveva
capito fin dall’inizio che ci sarebbe stato un prezzo molto alto da pagare.
-
C’è dell’altro – disse Isaiah richiamando la sua attenzione – Molti anni fa,
Fen rapì un bambino che aveva risposto all’anello del Quinto Cielo e portò
l’anello con lui. Noi pensiamo che Jason potrebbe essere quel bambino. Anche se
volesse, noi non possiamo lasciarlo andate, non quando c’è la possibilità che
possa essere un Sigillo, quindi ti preghiamo di tenerlo sempre vicino a te e ti
non separartene mai, nemmeno se ti
chiedesse di lasciarlo andare. – Louisa si sentì mancare le forze, non poteva
credere che Jason potesse essere uno di loro, ma senza anello non aveva la
possibilità di controllare. – Un’ultima cosa Louisa poi ti lasciamo andare,
sappiamo che hai portato un altro
ragazzo con te. Non sappiamo cosa ti lega a lui, ma dovrebbe tornare a casa. –
Louisa scosse lentamente la testa, stupita del suo stesso gesto – Non posso, Will
non è qui per me, ma per Jason, è stato lui a curarmi quando Jason glielo ha
chiesto. Sono amici, quasi fratelli e se Will non vuole andarsene, non lo farà.
-
Ti ha curata quando sei rimasta ferita? – Isaiah si grattò il mento – In quel
caso, se vuole, potrebbe fare il medico qui. Abbiamo sempre bisogno di
personale valido e potrebbe alloggiare vicino alle stanze dei Sigilli, in modo
che possa sempre essere reperibile. Jason non mi sembra uno che sta alle
regole, la presenza del suo amico potrebbe renderlo più docile. – Louisa sentì
l’acido in fondo alla gola e lo stomaco si chiuse involontariamente, volevano
usare Will per tenere a freno Jason e renderlo più malleabile e lei non
riusciva e crederci.
-
Avete altro da dirmi? – chiese in maniera più brusca di quanto volesse. Alcuni
Custodi la fulminarono con lo sguardo, Isaiah scosse la testa – Puoi andare
Louisa. Spiega ai due ragazzi come funzionano le serrature delle stanze
nell’ala dei Sigilli e tu e Jason spostatevi in quella stanza. Quel ragazzo può essere arrogante quanto vuole, ma è
pur sempre la tua miglior difesa ed è meglio che tu ce l’abbia sempre vicino. –
senza aspettare che gli altri la congedassero Louisa prese la via della porta,
e come sospettava Jason la stava aspettando in corridoio contro il muro con le
braccia e le gambe incrociate – Allora quali segretucci vi siete scambiati tu e
quel branco di vecchi rimbambiti? – Louisa sospirò, il colloquio con i Custodi
l’aveva totalmente prosciugata e aveva bisogno di riposare – Nulla di che.
Stavamo decidendo dove farti alloggiare, cosa farti sapere di noi e quando
farti iniziare l’addestramento. In oltre devo fare una proposta a Will.
-
Ma non mi dire – Jason si staccò dal muro e la guardò fisso negli occhi a pochi
centimetri dal suo volto. Louisa ammutolì constatando quanto scuri potessero
diventare i suoi occhi quando Jason era furioso – Se in questa storia Will si
farà male ti giuro che te la farò pagare veramente cara, e non mi importa
quanti Custodi dovrò calpestare per arrivare a te. Sono stato chiaro? – Louisa
fece un mezzo passo indietro cercando di riconquistare il suo spazio – Non
voglio nemmeno io che Will si faccia male, ma finché resta qui è al sicuro, i
confini dell’Istituto sono protetti contro le intrusioni e qui Will potrebbe
fare il medico – Jason la afferrò per le braccia e la scosse violentemente– Tu
non lo conosci come lo conosco io, cosa ti fa credere che Will si accontenti di
lavorare per un’istituzione di pazzi complessati?
-
Ti prego lasciami! Mi fai male! – Jason la lasciò bruscamente e Louisa
indietreggiò fino a toccare il muro, il ragazzo ansimava e si guardava le mani
– Non farmi incazzare Louisa. Io non sono per niente una brava persona quando
mi incazzo. – Louisa annuì e si massaggiò piano le braccia, Jason le aveva
fatto veramente male, ma ciò che più la faceva soffrire era il fatto di non
aver lasciato libertà di scegliere a nessuno dei due.
Reprimendo
l’impulso di scoppiare a piangere, percorse il corridoio da cui era arrivata
con Jason alle spalle. Aveva bisogno di mettersi al sicuro nella sua stanza e
mettere delle solide mura tra lei e il resto del mondo. Quando uscì Will le
fece un timido sorriso seduto sul kart – Allora come è andata? – chiese a
nessuno in particolare. Jason sbuffò sonoramente – È andata che quelli non mi
voglio lasciar andare e tu sei stato promosso a medico dei Sigilli. A quanto
pare saremo ospiti di questo posto per un po’ – Will alzò le spalle rassegnato
– Me lo ero aspettato, ed è per questo che sono venuto con te. Almeno posso
impedirti di radere questo posto al suolo fino alle fondamenta, ma dimmi Louisa,
medico? Non avranno esagerato? –
Louisa scosse la testa, come faceva Will a essere così sereno e sorridente nel
trovarsi intrappolato dentro l’Istituto, lei proprio non riusciva a capire – Vi
mostro le vostre stanze, si trovano nel Chiostro riservato ai Sigilli, è un bel
posto e spero che vi troviate bene. –
-
Certo come no. E un Boa Constrictor è l’animaletto da compagnia che tutti
dovrebbero avere – Louisa lo ignorò e gli diete le indicazioni per arrivare a
Chiostro, nella parte vecchia dell’Istituto. Quando arrivarono Louisa diede
lanciò un’occhiata adorante alle proprie piante al centro dell’aiuola del
Chiostro, per poi guardare tutto il resto, come se si aspettasse di vedere
qualcosa di diverso, ma non era cambiato nulla in pochi giorni. Il portico
continuava a correre lungo il Chiostro e le stanze dei Sigilli erano chiuse con
un rilevatore di impronte a scanner gel che lasciavano entrare solo chi ne
aveva ricevuto il permesso. Il suo mondo iniziava e finiva in quel Chiostro, dalla torre dell’orologio alla
magnolia in mezzo all’aiuola.
Condusse
i due ragazzi sotto il portico e mostro loro lo scanner gel – Funziona come la
chiave in una toppa, ma non può essere clonata – disse appoggiando la propria
mano sul lettore – Il gel legge le vostre impronte digitali alla perfezione e
solo le persone a cui date il permesso possono entrare – la luce alla base
dello scanner lampeggiò due volte e la porta scorrevole si aprì – Will, pensavo
di farti stare in questa stanza. Durante
il giorno c’è un piacevole vento fresco, ma se non vuoi posso trovartene
un’altra. – Will diede un’occhiata rapida alla stanza, sperava che gli
piacesse, era arredata in maniera semplice, ma sperava che ci fosse tutto
quello che poteva servire al ragazzo. – Spiegami come posso inserire i miei
dati nello scanner gel – Louisa si accorse di aver ricominciato a respirare e
lo seguì nella stanza – Ecco vedi questo pannello? – disse indicando i
cristalli liquidi accanto alla porta – Appoggia la mano qui, lui farà una scansione
della tua mano e farà una rapida ricerca nei database su chi sei in base
all’impronta del pollice. Ecco vedi? Qui ci sono i tuoi dati anagrafici della
tua patente. Ora basta dargli l’invio e lo scanner gel ti riconoscerà ogni
volta che ci appoggerai la mano sopra. Per ora, essendo appena arrivato, potrai
aprire solo la porta della tua stanza perché ci sono dei livelli diversi di
sicurezza, ma ti sboccherò quella della mia stanza quanto prima, e anche della
biblioteca e ti tutti i posti dove vuoi andare, della palestra ad esempio, o
del-
Will
le mise una mano sulla spalla fermandola – Tranquilla ok? Me le farai vedere
dopo queste cose, lasciamo prendere confidenza con la mia stanza. – Louisa
annuì e uscì – Allora ci vediamo dopo, intanto mostro a Jason la sua. – mentre
percorreva il portico fino alla sua stanza sentì una voce chiamarla. Si voltò,
un ragazzo moro con gli occhi azzurro chiaro, non molto più alto di lei,
camminava verso Louisa a passo spedito – Louisa! Dove sei stata? Mi sono
preoccupato. I Custodi non hanno voluto dirmi nulla e.. – si fermò notando
Jason dietro di lei e lo guardò male – E questo chi è? È come noi? Voglio dire
è un Sigillo? – lo squadrò alcuni
secondi e Louisa scosse la testa – No James, lui è Jason, è il mio Guardiano. – disse diventando rossa e si
mise a fissare il pavimenti in attesa della sfuriata di James – Tutto quello
che devo dirti su questa enorme stupidaggine te la dirò dopo. Ora vieni con me,
mentre non c’eri Dim si è sentito male, e ha passato un giorno intero a
chiamarti nel delirio. – a quelle parole Louisa si dimenticò totalmente di
Jason e James e corse attraverso il Chiostro con il cuore in tumulto, finché
non sbatté violentemente la mano sullo scanner gel della porta di Dimitri. La
porta si aprì troppo lentamente per i suoi gusti e si fiondò dentro che non era
ancora del tutto aperta.
La
penombra della stanza la lasciò interdetta alcuni secondi, mentre i suoi occhi
si abituavano all’oscurità. Sentiva il respiro fievole di Dimitri e lo cercò la
figura del ragazzo tra le lenzuola. Dimitri giaceva immobile, mentre il monitor
che lo teneva costantemente sotto osservazione proiettava un inquietante luce
verde sul muro e sui suoi capelli castani. Louisa non riusciva a sopportare la
vista degli strumenti medici nella stanza del
suo amico. Ogni volta che vedeva il monitor acceso il dolore la
straziava dall’interno – Dim? – chiamò titubante. Il ragazzo aprì gli occhi e
Louisa vide quanto erano affossati e cerchiati di nero. – Louisa? – la voce roca di
Dimitri gli graffiò il cuore come la minaccia di violenza di Belial non era
riuscito a fare. In pochi secondi gli fu accanto e si inginocchiò sul pavimento
accanto al letto. Un piccolo tubicino scuro era collegato si infilava nel
braccio ghiacciato di Dimitri – Stai facendo la trasfusione? – chiese alzando
gli occhi sulla sacca di sangue appesa a un paio di metri più in alto. Dimitri
annuì piano – È la seconda oggi, poi ne avrò un’altra stanotte. – Louisa gli
strinse la mano gelida e si morse il labbro, non riusciva a sopportare di vedere
Dimitri in quelle condizioni – Vuoi che ti lasci riposare? –
-
No, ti prego tienimi compagni finché la sacca non finisce, odio restare da solo
con la sola compagnia del monitor. – Louisa annuì e Dimitri si mosse piano,
lasciandole spazio nel letto e la ragazza si stese accanto a lui.
-
Dove sei stata? –
-
In Scozia alla ricerca di un Sigillo, purtroppo non l’ho trovato, ma sono
tornata con un Guardiano. – gli raccontò la sua avventura e Dimitri le strinse
più forte la mano, mentre fissava pensosamente il soffitto. – Hai un Guardiano
– ripeté Dim – Non mi piace molto questa storia Lou, è pericolosa. I
Guardiani.. – inarcò la schiena, mentre si mordeva il labbro e affondava le
unghie nella mano di Louisa – Dim! Stai male? Vuoi che chiami aiuto? – Dimitri
scosse la testa e si rilassò, mentre tremava contro il corpo di Louisa – No, è
passato, ma Lou i Guardiani sono pericolosi. Non è mai finita bene tra Sigilli
e Guardiani. Quello che proviamo stando con loro.. –
- So già dei peccati, Dimitri e sono disposta ad affrontarli. – Dimitri scosse la testa castana – Non mi riferivo a quello. I Guardiani stanno con noi notte e giorno è facile perdere la testa per loro. E Louisa, lo sai, l’amore ci farà uccidere.
Dio,
in quale momento,
ho iniziato di dubitare di me stessa?
Nad:
scrivendo questo capitolo mi sto rendendo conto di quante cose devo stare attenta,
ad esempio agli indizi e alle rivelazioni che vi sto lasciando..non è facile..intanto
vorrei rendere grazie a quelli che mi seguono sempre e anche ai nuovi arrivati che
mi incitano sempre a scrivere nonostante stia facendo i salti mortali durante il
tirocinio. Probabilmente non sarei riuscita a scrivere questo capitolo in una settimana
senza di loro! Grazie mille!
Khyhan