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Autore: Angel Selphie    26/01/2007    2 recensioni
Una raccolta di fics, che hanno come punto di partenza “Il sogno di Kei”…. Non è una vera e propria storia a capitoli, si tratta di fanfictions abbastanza indipendenti, e tuttavia collegate fra loro….
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Kei Hiwatari, Rei Kon
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il sogno di Kei

Kei si svegliò di soprassalto, sudato e tremante. Ancora quell’incubo. Perché lo perseguitava? Ignorando il motivo di quel sogno angosciante si alzò, privo ormai di sonno. Gli altri erano ancora immersi nel mondo dei sogni: inutile tentare di svegliarli. Vestitosi in quattro e quattr’otto uscì dalla stanza d’albergo che condivideva con gli amici. Raggiunta la hall fece colazione in fretta e se ne andò. Non sapeva dove andare, voleva stare da solo. Certo che era un problema, lì a Zurigo. Non importa, avrebbe trovato il modo di non essere disturbato da nessuno, almeno per un’oretta: già, perché dopo, non trovandolo, Rei, Max, Takao e il Professor K si sarebbero mobilitati in massa per cercarlo.
L’unico posticino appartato che riuscì a scovare fu l’argine di un torrentello. Si sedette sull’erba inumidita dalla rugiada, mentre gli uccellini cinguettavano. Oltre al sogno, la sua mente era occupata da un altro pensiero: il Torneo Internazionale di Beyblade, che si sarebbe svolto in Italia, a Roma. Sapeva molte cose sulle squadre partecipanti, l’unico team sul quale non aveva notizie era proprio quello italiano: sapeva solo che era composto da un trio di ragazze e si diceva che fossero molto forti. Il fatto di non sapere nulla riguardo agli avversari lo intimoriva, gli dava l’impressione che la situazione potesse sfuggirgli di mano. Era infatti certo che la sua squadra sarebbe arrivata in finale, poiché le altre formazioni non gli parevano affatto in grado di sconfiggerli. Preso da fortissimi dubbi, si alzò e si diresse verso il centro della città. Vi trovò un “Internet Caffè” e vi entrò. Impossessatosi subito di un computer si collegò a Internet, ed entrò nel sito ufficiale dei bladers. Non fu costretto a cercare troppo per ottenere le informazioni che voleva: la squadra italiana era composta da tre ragazze: Sara, Hilda e Cry. La prima si batteva con Alexiel, un Beyblade dotato di un Bit-power dalle sembianze di un Angelo. Il Bit-power del Bey di Hilda, Melfaroth, si presentava come un demone. Cry, infine, era la proprietaria di Hombra, un Bey straordinario, il quale Bit-power era una donna incappucciata, armata di falce, che rappresentava la Morte.
Kei, a leggere queste informazioni, si sentì gelare: Hombra era uno tra i più potenti Beyblade in circolazione, e sfruttava un Bit di natura occulta. Di nuovo la strana sensazione di non avere la situazione sotto controllo si impadronì di lui. Si alzò di scatto dalla sedia, si diresse verso il bancone e pagò, poi uscì di corsa da quel posto soffocante e tornò in albergo.
Quando rientrò nella camera vide che non uno dei suoi amici si era svegliato: che vergogna! Il loro treno partiva il giorno stesso, dovevano sbrigarsi! Tentò di svegliarli gentilmente (cioè sbattendoli giù dai loro letti a calci), ma i ragazzi continuavano imperterriti a russare. Irato, si diresse verso la finestra, scostò le pesanti tende blu e la luce del sole invase la stanza. Ancora niente. Ma erano morti? Poi, ad un tratto…
“Cos’è tutto ‘sto casino?” disse Takao, ancora mezzo addormentato.
“Nel caso tu non te ne sia ancora reso conto, bello, è già mattina. Ti ricordo che oggi dobbiamo partire per l’Italia.” Gli fece Kei, esasperato.
“Ma che ore sono?” riprese l’amico.
“Sono le dieci e mezzo, testa di rapa!” gli urlò Kei.
“Va bene. Calma! Non serve agitarsi.”
“Mpfh.”
In quell’istante anche Rei aprì gli occhi. senza proferir parola si lavò, si vestì e svegliò gli altri due ragazzi.
“Visto Kei? Mi è bastato chiamarli!” esclamò Rei, tutto compiaciuto.
“Mpfh.”
“Good morning, everybody!” saltò su Max.
“Senti, Max, risparmiaci l’inglese!” replicò Takao.
“Uffa!”
“VOLETE DARVI UNA MOSSA?!?” sbraitò Kei, facendo sobbalzare tutti quanti.
“Ma il treno parte fra due ore.” puntualizzò il Professor K.
Per tutta risposta Kei, ormai sull’orlo di una crisi di nervi, uscì dalla stanza sbattendo la porta.
“Ma che gli è preso, stamattina?” chiese Rei.
“Non so. Però è da un paio di giorni che si comporta in modo strano!” rispose il Professor K.
“Beh, avrà la luna storta. Gli passerà. Piuttosto, quand’è che si mangia? Ho fame!” si lagnò Takao.
“Anch’io comincio ad avvertire una strana sensazione di vuoto nello stomaco.” affermò Rei.
Così i ragazzi si prepararono e scesero nella sala delle colazioni dove, ad attenderli, c’era un buffet favoloso. Kei era già seduto a un tavolo, e stava tranquillamente sorseggiando del tè. I compagni lo raggiunsero subito, muniti del cibo necessario a sfamarli. Manco a dirlo, Takao era carico di pietanze, mentre gli altri non avevano preso che un po’ di caffè o tè e dei biscotti. Quando si furono seduti al tavolo, Rei disse…
“Kei, dove sei stato, stamattina? Non per farmi gli affari tuoi, ma ti ho sentito uscire.”
“L’hai detto tu stesso. Non sono affari che ti riguardano.”
“Se lo dici tu…” Rei fece una piccola pausa. “Però sei sempre così solitario…” continuò.
“L’ho detto e lo ripeto: non sono affari che ti riguardano.” lo liquidò Kei.
La conversazione morì lì. Del resto, non che ci si potesse aspettare qualcos’altro da un tipo taciturno come lui. Comunque Rei era sicuro che qualcosa non andasse in Kei: tuttavia si tenne questo pensiero per sé.
Più tardi, mentre Kei se ne stava seduto a leggersi un giornale, Rei partì di nuovo all’attacco.
“Kei…”
“Ancora tu? La vuoi finire di scocciarmi?”
“Kei, cosa ti turba? Guarda che a me puoi dirlo!”
“Assolutamente niente. E anche se ci fosse qualcosa, non sarebbero comunque…”
“…Affari miei: sì, lo so! Però sei strano…”
“E dagliela con ‘sto strano!”
“Beh, comunque sappi che se hai bisogno di qualcosa…”
“Puntualizziamo: non ho bisogno di nessuno, quindi smamma!”
“Ok, come vuoi. Ma ricordati la mia proposta!”
Rei se ne andò. Kei, per qualche istante, pensò alle parole che gli aveva detto l’amico: non pensava che qualcuno sarebbe riuscito a capire che qualcosa in lui non andava. Ed era stato piuttosto contento delle attenzioni che Rei gli dedicava: in fondo, tentava solo di stringere amicizia. Non gli sarebbe dispiaciuto raccontare a qualcuno quello che provava, la paura che quel sogno strano gli metteva addosso, la sensazione che la situazione gli sfuggisse di mano, ma non voleva fidarsi di nessuno, voleva continuare a fare il duro, non poteva lasciarsi andare a simili smancerie da femminucce piagnucolose: doveva raggiungere il suo obiettivo, diventare il migliore.
Rei, dal canto suo, per quanto si sforzasse di capire i sentimenti dell’amico, proprio non ci riusciva: gli dispiaceva vedere un suo compagno soffrire, anche se questo tentava di nasconderlo, come faceva Kei. Ma del resto, se uno non voleva farsi aiutare, mica poteva costringerlo, no? Pensieroso, raggiunse Takao e gli altri in camera.
“Ehi, Rei! Hai gia fatto le valigie?” chiese Max.
“Certo! E Kei le ha fatte? Al limite gli preparo io, le sue!” propose Rei.
“Ehi amico! Non avrai mica cambiato tendenze?” fece Takao.
“Ma ti sei rimbecillito?” esplose Rei, arrossendo fin sopra le orecchie.
“Il nostro Rei è diventato rosso!” disse con enfasi il Professor K.
“Adesso basta! Non ho cambiato tendenze né niente del genere, solo che Kei sta male e voglio aiutarlo, anche se lui non ha intenzione di collaborare.”
“Ma pensa te se si può sprecare tempo per uno come quel musone!” disse Takao.
“Vorrei vedere te, nella sua situazione. E poi Kei è fatto così. Ognuno di noi è diverso dagli altri. Kei è un tipo solitario, ma non sta scritto da nessuna parte che per questo non possa avere accanto un amico nei momenti difficili.” ribatté Rei, arrabbiato.
“Rei è proprio innamorato cotto.” continuò a scherzare il Professor K.
Rei, senza nemmeno badare ai discorsi dei compagni si curò di controllare che i bagagli di Kei fossero a posto: constatato che era così, scese nella hall e rimase lì ad attendere l’ora della partenza.
Più tardi arrivarono anche gli altri: quando all’appello ormai non mancava più nessuno, tutti insieme si diressero alla stazione.
“Mi dispiace di averti preso in giro, prima.” si scusò il Professor K, rivolto a Rei.
“Non importa.” gli fece l’amico.
“Non te la sei presa, vero?” domandò Takao.
“All’inizio sì, ma poi ho capito che volevate solo scherzare.” lo rassicurò.
“Cambiando discorso, non vedo l’ora di arrivare a Roma: dicono tutti che in Italia di mangia benissimo, e voglio verificare di persona.” riprese Takao.
“Sei incorreggibile!” esclamarono tutti, in coro.


Arrivarono alla stazione appena in tempo. Furono costretti a correre per non perdere il treno. Una volta saliti a bordo, uno steward li accompagno nel loro vagone privato, che il capo della BBA aveva fatto loro riservare: era un vagone enorme, arredato con gusto, e fornito di tutte le comodità, dal televisore al bagno con vasca idromassaggio. Lo steward se ne andò, lasciandoli soli. Takao si appiccicò alla tivù in compagnia di Max e del Professor K, Rei si stese sul divano a leggere un libro e Kei, senza avvertire nessuno, si rintanò in bagno, per provare l’idromassaggio. Naturalmente, preso com’era da tutti i suoi pensieri, si scordò di chiudere la porta del bagno a chiave. Questa dimenticanza gli fu “fatale”, perché dopo circa un quarto d’ora, la porta si aprì ed entrò Rei, che trovò l’amico immerso tranquillamente nella vasca da bagno.
“Kei!” strillò Rei, sorpreso.
“Rei, cosa ci fai qui?” disse Kei, alterato.
“Mi-mi di-dispiace Kei…”si scusò l’altro, balbettando e arrossendo.
“Senti, pensi di star qui ancora tanto o hai intenzione di levare le tende? Se non te ne fossi ancora accorto, sto facendo il bagno!”
“…”
“Rei, modestia a parte so di avere un bel fisico, ma non pensavo che la cosa potesse interessarti.” gli fece Kei, sghignazzando.
“Mi-mi dispiace molto, Kei. Non l’ho fatto apposta, ma la porta non era chiusa a chiave e…”
“NON MI INTERESSA! ADESSO FUORI!” sbraitò Kei.
Rei, sentendosi un idiota cosmico, uscì dal bagno. Appena gli altri lo videro tornare con quella faccia depressa…
“Che ti prende?” domandò Max.
“Che figura di merda…” continuava a ripetersi Rei.
“Cosa è successo?” chiese il Professor K.
“Sono solo entrato in bagno mentre Kei si stava lavando!” spiegò Rei.
“Che figura!” esclamò ridendo Takao.
“Se continui così, mi sa che ti scambierà per uno che vuole qualcosa di più della sua semplice amicizia…” rise Max.
“Concordo pienamente, ma se almeno avesse avuto la decenza di chiudere la porta a chiave…” aggiunse Rei.
Stanco morto, Rei si gettò sul divano e schiacciò un pisolino. Dopo circa un quarto d’ora Kei uscì dal bagno e, non trovando niente di meglio da fare, cominciò a lanciare il suo Bey, infastidendo notevolmente Max, Takao e il Professor K, che erano tutti presi da un film poliziesco.
Tra una cosa e l’altra il pomeriggio passò e, verso sera, il treno si fermò alla stazione di Roma. I ragazzi scesero. Ad attendere i Blade Breakers si era radunata una piccola folla, composta soprattutto da ragazzine urlanti. Kei però si accorse che fra queste ragazze c’erano anche le componenti della squadra italiana di Beyblade. Le tre giovani si fecero avanti e andarono incontro ai Blade Breakers.
“Voi! Voi siete la squadra italiana!” esclamò Kei, sorpreso.
Le tre ragazze si presentarono: Sara possedeva una lunghissima chioma bionda ondulata e occhi di un azzurro stupendo. Hilda, per contro, aveva i capelli neri, che portava tagliati molto corti, e gli occhi nocciola. Ma quella che più sorprese i ragazzi fu Cry: aveva occhi verdissimi e magnetici, e la sua lunga capigliatura era di un inusuale blu elettrico. Kei non rimase troppo sorpreso: la padrona di Hombra non poteva che essere una ragazza originale.
“Benvenuti a Roma!” enfatizzò Sara.
“Speriamo che la nostra città vi piaccia.” esclamò Hilda.
“Tagliate corto, voi due. Diamoci una mossa, portiamoli in albergo e andiamocene.” disse Cry senza troppa convinzione.
“Uffa! E pensare che sono così carini! Perché non li portiamo a fare un giro?” domandò speranzosa Hilda.
“No! Visto che ci tenete tanto, organizziamo qualcosa per domani, tipo un tour di Roma.” propose Cry, senza dimostrare un briciolo di entusiasmo.
“Hai notato che ti assomiglia di carattere, Kei?” gli fece notare Takao, dandogli una gomitata nel fianco.
“Mpfh” fu la risposta del ragazzo.
“Allora, ci diamo una mossa?” chiese Cry, piuttosto scocciata.
Onde evitare di farle perdere la pazienza, il gruppetto si incamminò verso l’Hotel Centrale, un albergo di lusso, dove i ragazzi avrebbero pernottato per tutta la durata del torneo.
“Sarà il caso che andiamo a letto presto, stasera.” affermò il Professor K.
“Già, domani ci sono le selezioni per le semifinali!” dichiarò Sara.
Ormai erano arrivati. Prima di salutarsi, Hilda impartì loro le ultime istruzioni.
“Domani mattina alle nove cominceranno le selezioni. Domani pomeriggio vi accompagneremo a visitare Roma. Dopodomani avrete le semifinali e giovedì avrà luogo la finale. Tutto chiaro?”
“Chiarissimo. Ma cosa faremo dopodomani pomeriggio?” si informò Rei.
“Uhm, il presidente della nostra associazione ci ha chiesto di prenderci cura di voi. Penso che se sarà una bella giornata potremo portarvi a fare il bagno nel Tevere, che ne dite?” suggerì Sara.
“Wonderful!” urlò Max.
Tutti confermarono che era una buona idea.
La notte trascorse serena per tutti tranne che per Kei: non riusciva a chiudere occhio, aveva paura che, addormentandosi, avrebbe di nuovo fatto quell’orribile sogno. Per un attimo fu tentato di chiamare Rei e di confidarsi con lui, ma quando vide che il ragazzo dormiva beatamente, non ebbe cuore di svegliarlo. Allora si alzò dal letto, indossò i suoi vestiti e scese in strada. Rimase molto sorpreso, però, quando vide che, appoggiata al muro, vicino alla porta dell’hotel, c’era Cry.
“Ciao!” la salutò.
“Ehi, tu! Sei Kei, giusto?” chiese lei, con arroganza.
“Perché?” ribatté lui.
“Ti va una sfida?”
“Tsk! Con una come te? Non ci penso nemmeno!”
“Smettila, tanto lo so che muori dalla voglia di batterti con me!”
“E va bene! Accetto”
La sfida finì in perfetta parità. Rimasero insieme tutta la notte, parlando di loro, dei Bey, dei loro Paesi d’origine. Tuttavia Kei non affrontò né l’argomento sogno, né l’argomento Torneo: non sapeva perché, ma aveva deciso di fidarsi solo di Rei, e si sarebbe confidato solo con lui e solo quando si fosse sentito pronto per farlo, tanto sapeva di poter contare sulla sua amicizia.
Il giorno dopo trascorse allegramente: le eliminatorie furono facilissime da superare e, per fortuna, ai Blade Breakers non toccò la squadra italiana. Loro finirono nel girone A, mentre le italiane furono assegnate al girone B: se tutto fosse andato bene i due team si sarebbero scontrati in finale. Nel pomeriggio andarono tutti insieme a visitare i monumenti più importanti di Roma, in compagnia delle Mystic Girls, questo era il nome della squadra di casa.
Il giorno seguente ci furono le semifinali: i ragazzi vinsero alla grande contro i francesi, mentre le italiane stracciarono i danesi. Non furono comunque delle semifinali degne di nota: fu fin troppo facile battere gli avversari. Comunque le previsioni di Kei si erano avverate: erano arrivati in finale contro la formazione italiana. Quel pomeriggio, visto che il sole splendeva nel cielo, andarono tutti a fare il bagno nel Tevere.
“Adesso mi tuffo!” urlò Max, al settimo cielo.
“Ma sei impazzito? Hai appena mangiato, ti prenderai una congestione!” disse preoccupato il Professor K.
“Non ti preoccupare! So quello che faccio!” gli urlò di rimando.
Si tuffò e non accadde niente di strano.
“Visto? Che ti dicevo?” fece Max.
Fra giochi e scherzi il pomeriggio volò via, e Max non ebbe proprio nessun problema, anzi. Non era mai stato meglio!
Kei, invece, più si avvicinava l’ora di andare a dormire e più aveva paura. Non voleva più dormire, perché quel sogno lo angosciava. Aveva paura, una paura indemoniata, anche se era solo uno stupido sogno, che probabilmente non aveva nessun senso. Rei era preoccupato: vedeva Kei sempre più stanco. Sapeva che la notte non dormiva più, lo vedeva sempre più infiacchito e irascibile di giorno, la mancanza di sonno lo logorava. Anche lui cominciava ad avere paura.
Anche quella notte Kei rimase sveglio, e ancora fu tentato di svegliare Rei, ma poi rinunciò. Tentò di dormire, si rigirò un po’ nel letto. Sentendo che tutto nella stanza era tranquillo chiuse gli occhi. Sentì Takao russare, Max rigirarsi nel letto. Udì il Professor K parlare nel sonno e il respiro di Rei. Tranquillizzato, prese sonno.


La mattina dopo i Blade Breakers si diressero al Palazzetto dello Sport. Mancava solo Max all’appello: infatti era riuscito a prendersi una bella congestione, e adesso si trovava in albergo, affidato a un dottore. Si era così deciso che Kei l’avrebbe sostituito. Kei non era affatto felice della decisione, poiché era molto indietro di sonno: non poteva però tirarsi indietro, quindi accettò alla sola condizione di potersi battere contro Cry.
Appena entrarono nel Palazzetto furono accolti da un gran battere di mani, si accesero le luci e il cronista cominciò a parlare. Dopo circa dieci minuti Takao e Sara furono chiamati a scontrarsi: come altre finali, anche questa era articolata in tre match di tre round ciascuno.
Takao e Sara lanciarono il Bey: il primo tempo, molto combattuto, vide trionfare Sara, che grazie all’aiuto di Alexiel aveva sopraffatto Dragun (anche perché Takao aveva sottovalutato l’avversaria). Nella seconda fase Takao prevalse su Sara, per un pelo. Nel terzo e decisivo round Takao vinse di nuovo, ma più di una volta rischiò di essere sbalzato fuori dal campo, visto che la ragazza italiana aveva deciso di darsi parecchio da fare per ribaltare il risultato di quel match che, nonostante tutti i suoi sforzi, fu conquistato dai Blade Breakers.
A quel punto, il cronista invitò sul campo Rei e Hilda. Prima che il ragazzo si alzasse dalla panchina, Kei gli augurò buona fortuna.
La prima parte dell’incontro fu vinta da Rei senza sforzi: Melfaroth, il Bey di Hilda, si era trovato non poco in difficoltà, ed era stato buttato fuori dal campo quasi subito. Il secondo round non fu affatto facile per Rei, che si vide costretto a ricorrere al Bit-power, dato che Hilda era veramente scatenata. Purtroppo a nulla valsero gli sforzi della ragazza, che vide il suo Bey volare fuori dell’arena di gioco. L’ultima fase del match fu una delusione per Rei che, nonostante tentasse in tutti i modi di “eliminare” Melfaroth, fu costretto a soccombere. Nonostante questa piccola parentesi, i Blade Breakers si impadronirono anche di questo match.
Ormai il risultato del Torneo era segnato: le Mystic Girls avevano perso, tuttavia c’era ancora un incontro da disputare. Kei si alzò dalla panchina e andò verso il campo di gioco: di fronte a lui Cry, pronta a battersi per recuperare almeno in parte quel disastroso risultato.
Il cronista diede il via all’incontro. Kei e Cry lanciarono i loro Bey. Cry partì subito in svantaggio e Kei ne approfittò per sbattere Hombra fuori del campo senza troppi complimenti. Ma l’italiana nel secondo round l’ebbe vinta. Scatenò il suo Bit-power: emanava una luce nerastra e metteva paura. A nulla valsero gli attacchi di Dranzer, contro la potenza spaventosa di Hombra. Nemmeno nel terzo ed ultimo round Dranzer riuscì ad aver ragione di quel Bey potentissimo, che lo sbalzò fuori subito. Appena Kei vide che Dranzer toccò terra si sentì crollare. Come aveva potuto farsi sconfiggere da una ragazzina? Gli occhi gli si inumidirono, mentre la rabbia si impossessava di lui. Sentì una mano posarsi sulla sua spalla: era Rei.
“Kei…”
“…”
“Mi dispiace.”
“Di cosa? Non hai niente di cui essere dispiaciuto!” urlò Kei, furioso.
“Non è vero. Sono dispiaciuto perché hai perso!” replicò Rei.
“Non devi essere triste. Vai a festeggiare, al posto di star qui!” disse Kei, calmandosi un po’.
“Vieni anche tu.”
“No, non ho niente di cui gioire!”
Rei si allontanò.
Quella notte, nella stanza d’albergo, Kei si interrogò sul da farsi. Non voleva più tenersi tutto dentro. Svegliò Rei scuotendolo per le spalle e gli disse…
“Hai voglia di parlare?”
“A quest’ora di notte?”
“Se non vuoi allora…”
“No, no! Dimmi pure.”
“Non qui. Andiamo fuori.”
Rei si alzò dal letto e seguì Kei fuori dalla stanza, nella hall e poi all'esterno dell’hotel. Andarono nello stesso posto dove erano stati a farsi il bagno il giorno prima. Si sdraiarono entrambi sull’erba.
“Cosa volevi dirmi, Kei?” gli domandò l’amico.
“Ricordi che mi avevi detto che se avessi avuto bisogno…”
“Allora è vero che qualcosa ti turba.”
“Io…io di notte continuo a fare uno strano sogno: sono piccolo, e mi trovo in un luogo che ho l’impressione di conoscere, e vedo tanti volti, e poi un ragazzo mi prega di aiutarlo e io non faccio nulla e…”
“Calmati! È questo che ti sconvolge?”
“Non è solo questo. Io non ricordo quasi nulla del mio passato, ma ora continuano a venirmi alla mente tante immagini, e ho paura.”
Kei tremava, e Rei istintivamente lo abbracciò. Kei lo lasciò fare, poi scoppiò in lacrime, mentre l’amico tentava di consolarlo.
“E oggi, quando non sono riuscito a battere quella ragazza, è stato come se mi fosse precipitato il mondo addosso…” singhiozzò Kei.
“Se solo potessi aiutarti…” gli disse Rei
“…”
“Se tu sai come posso darti una mano, lo farò ben volentieri!”esclamò Rei
Kei avrebbe voluto dirgli “Basta solo che tu mi stia vicino”, ma stette zitto, sia perché si vergognava, sia perché non era nel suo stile. Si sentiva già abbastanza idiota a frignare come una femminuccia, ci mancava solo che facesse il sentimentale.
“Tutto bene, Kei?” domandò Rei preoccupato.
“No!” rispose Kei.
“Calmati, è tutto ok. Ti senti meglio ora che ti sei sfogato?”
“Un pochino.”
Kei si staccò da Rei, anche se non ne aveva nessuna voglia, e lo guardò negli occhi.
“Grazie, Rei.”
“Per cosa?”
“Per avermi sempre sopportato!” e abbozzò un sorriso.
Non capiva più niente: perché aveva fatto tanta fatica a sciogliersi dall’abbraccio dell’amico? E perché ogni volta che era in sua compagnia si sentiva sereno? Cosa gli stava succedendo?
“È meglio che andiamo, si sta facendo veramente tardi!” disse Kei.
Fece per alzarsi, ma inciampò in qualcosa e perse l’equilibrio, cadendo proprio sopra a Rei. Sentì il cuore di lui accelerare i battiti, il respiro farsi più agitato.Si avvicinarono sempre di più e le loro labbra si sfiorarono per un istante. Poi si baciarono. Kei sentiva la sua mente completamente svuotata, e l’amico non opponeva resistenza, anzi, sembrava proprio che la cosa gli piacesse.
“Kei…” mormorò Rei, guardandolo fisso negli occhi.
Ma Kei, senza dargli retta, si mise a sedere e disse…
“Fa caldo, stasera. Ho proprio voglia di fare un bagno, e tu?”
Rei non se lo fece ripetere due volte: l’afa era insopportabile, anche se ormai doveva essere mezzanotte passata. Si tuffarono entrambi nel fiume, e cominciarono a nuotare.
“Kei, perché prima tu…?”
“Perché…non lo so nemmeno io.”
“Ma che razza di motivazione è?”
“Ma non lo so! Sarà stato il momento…boh!” tagliò corto Kei, quasi la domanda dell’amico lo avesse infastidito.
“Allora per te non conta niente, quel bacio!” saltò su Rei, furibondo.
“No, non è vero. È solo che non so nemmeno io quello che ho fatto!” cercò di scusarsi l’altro.
“…” Rei era ammutolito.
“Io ti voglio bene, Rei!” dichiarò Kei.
“Davvero?” chiese Rei, stupito.
“Sì, davvero. Sei l’unico che ha cercato di aiutarmi nonostante il mio carattere, sei il solo che abbia mai cercato di conquistarsi la mia amicizia: hai sfidato le prese in giro degli altri per me!”
I ragazzi uscirono dall’acqua e tornarono a sedersi sul prato. Rimasero lì per un po’, abbracciati.
“Senti Rei, tu hai voglia di tornare in albergo?”
“No, io sto bene qui.”
“Anch’io. Ti va di passare la notte qua?”
Rei annuì. Kei si stese sul manto erboso, vicino all’amico. Adesso non aveva più paura di dormire, quel sogno non l’avrebbe più tormentato. Stava quasi per assopirsi, quando si sentì abbracciare da qualcuno: Rei!
“Ti dispiace se mi addormento abbracciato a te?” gli chiese, sussurrandogli la domanda all’orecchio.
“No, stai tranquillo. Buonanotte!” disse piano Kei. Poi gli scostò leggermente i capelli dalla faccia e lo baciò in fronte. Rei crollò subito, stanco per via delle tante cose che gli erano successe quel giorno. Kei rimase sveglio ancora un poco e poi, cullato dal respiro dell’amico , si immerse anche lui nel mondo dei sogni.


La mattina seguente fu Rei il primo ad alzarsi: si stiracchiò per bene e gettò un’occhiata furtiva a Kei: il ragazzo “ronfava” ancora, tranquillo, standosene comodamente a pancia all’aria. Ci volle una buona dose di scrolloni per riuscire a svegliarlo.
“Buongiorno Kei. Hai dormito bene?”
“Mai riposato meglio in vita mia: tutto merito tuo.”
“Mio?”
“Se non ci fossi stato tu lì con me, ieri sera…”
Rei arrossì un po’: era contento che Kei gli volesse bene, e lui ricambiava pienamente. Però era strano che Kei dimostrasse i suoi veri sentimenti agli altri. Comunque non gliene importava un fico secco: l’importante era volersi bene. Ma…
“Rei, e ora che diciamo a Takao, a Max e al Professor K?”
“Niente. Semplicemente la verità. Sono nostri amici, capiranno!”
I due ragazzi si alzarono e, tenendosi per mano, raggiunsero l’albergo. Ma quale non fu il loro disappunto quando, una volta entrati nella hall, diedero uno sguardo all’orologio: era mezzogiorno e mezzo, il che voleva dire che AVEVANO PERSO IL TRENO! Spaventati, salirono nella loro stanza e la trovarono vuota: mancavano tutte le valigie, tranne le loro. Probabilmente gli altri li avevano cercati, ma senza risultato, e così erano partiti lo stesso, lasciandoli lì a Roma!
“Ma tu guarda che idioti! Cosa gliene fregava se non prendevano il treno di oggi? Ma tu pensa che fretta!” disse Rei, nel tentativo di ironizzare.
“Uhm…dobbiamo andare a Milano, dove ci aspetta il Presidente. Da lì poi prenderemo l’aereo per il Giappone.” affermò Kei.
“Aspetta! Mi par di ricordare che ci sia un treno per Milano alle due. Però non ce la faremo a prendere l’aereo degli altri…” si lamentò Rei.
“Beh, non è detto! Non ricordi a che ora decolla?”
“Alle quattro meno un quarto, mi pare…però la stazione ferroviaria è molto distante dall’aeroporto!”
“Rei, non perderti d’animo. Ce la faremo, basterà chiamare un taxi, no?” lo rincuorò Kei.
Optarono per il treno delle due, ma non mancava molto tempo: fecero i bagagli in fretta e furia, in modo da poter raggiungere la stazione con calma. Usciti dall’albergo cominciarono a camminare per le vie di Roma, sfruttando l’innato senso dell’orientamento di Rei. Fecero anche una pausa per prendersi un bel gelato, visto che erano vicini alla loro meta.
“Abbiamo soldi a sufficienza per due biglietti?” chiese Kei preoccupato.
“Tranquillo. L’unica spesa che abbiamo fatto finora è stata quella per il gelato, quindi abbiamo tutti i quattrini che vogliamo!” spiegò Rei.
Quando arrivarono alla stazione erano l’una e mezzo: la stazione era piena di gente, sembrava un formicaio. Fecero non poca fatica per riuscire a raggiungere la biglietteria, dove l’impiegata li accolse con un…
“Buongiorno signori. Desiderate?”
“Due biglietti per Milano. E di corsa, che sennò perdiamo il treno!” disse Kei, agitato.
“Che fretta. Fanno 45, 50 euro.” li informò l’impiegata.
“Perfetto. Ecco a lei e tanti saluti!” la ringraziò Kei.
I ragazzi corsero come dei forsennati per raggiungere il binario giusto, e salirono appena in tempo. Il treno non era pieno, ma Kei e Rei faticarono per trovare due posti a sedere: Kei finì di fianco a una vecchia signora, che dormiva della grossa, e Rei capitò due sedili più avanti, seduto accanto a un uomo d’affari al quale suonava continuamente il telefonino. Ne si può dedurre che il viaggio non fu uno spasso per nessuno dei due ragazzi. Kei moriva dalla voglia di lanciare il suo Dranzer, e Rei desiderava parlare con Kei. Ringraziando il cielo, però, quel treno era diretto, un Eurostar, sicchè il viaggio fu molto breve e alle tre e mezzo i ragazzi scesero alla stazione di Milano, precipitandosi in strada: da quel momento ingaggiarono una furiosa lotta contro il tempo. Furono abbastanza fortunati da trovare subito un taxi, salirono a bordo e si fecero portare all’aeroporto. Il tragitto, che era di cinque minuti, a loro parve molto più lungo. Arrivarono all’aeroporto, pagarono il taxista ed entrarono all’interno dell’immenso edificio. Cercarono sul tabellone delle partenze il loro aereo. Si diressero verso il cancello sette. Purtroppo però…
“Mostratemi il biglietto!” ordinò loro una guardia.
“Noi siamo della BBA, il nostro presidente ha i biglietti e ci attende vicino alla pista di atterraggio!” spiegò Kei, tentando di mantenere la calma.
“Mi dispiace, ma senza biglietto non potete passare. Se volete, però, posso prestarvi il cellulare. Chiamate il presidente e poi passatemelo, ok?” propose la guardia.
Detto fatto, Rei chiamò il presidente, che rassicurò la guardia e le ordinò di far passare i due ragazzi. Arrivarono alla pista di atterraggio proprio mentre gli altri stavano percorrendo la scaletta che li avrebbe portati all’aereo. Una volta a bordo furono costretti a subire l’interrogatorio del Professor K.
“Ma si può sapere dove eravate? Vi abbiamo cercato ma non siamo riusciti a trovarvi!” li rimproverò il Professor K.
“Siamo…siamo stati in riva al fiume, dove eravamo andati a farci il bagno l’altroieri!” cercò di giustificarsi Rei.
“Ma quando ci siete andati?” fece il Professor K.
“Ieri notte. Avevo bisogno di parlare con qualcuno, e visto che Rei mi è capitato sottomano…” spiegò Kei.
“Ma se avevi qualche problema…” tentò di replicare il Professor K.
“Io avevo voglia di parlare con lui! E da soli! Non volevo altra gente in mezzo! E comunque…” disse Kei.
“…lasciami indovinare: non sono fatti nostri!” concluse il Professor K.
“Ma ragazzi, vi rendete conto del rischio che avete corso? Potevate perdere l’aereo! e pou eravao tutti molto preoccupati per voi!” li ammonì il Presidente.
“Mpfh! Siamo abbastanza grandi per uscire da soli. E comunque non volevamo terzi incomodi di mezzo!” ribadì Kei, al colmo dell’esasperazione.
“Lascia stare, Kei. Non agitarti. In effetti hanno ragione!” spiegò Rei all’amico.
“No, che non hanno ragione! Pretendono di sapere sempre tutto!” si scaldò Kei.
“Non è vero. Tentano solo di starti vicino. Credi che loro non si siano accorti di quanto stavi male?” esclamò Rei, per difendere gli altri ragazzi.
“Non mi interessa!” esplose Kei, e senza voler sentire altre ragioni andò a chiudersi nel bagno del loro scompartimento privato.
“Scusatelo, è un brutto periodo per lui. Vado a sentire come sta.” si scusò Rei, e si diresse verso il bagno.
Bussò più volte, e ad ogni tentativo Kei gli urlava di andarsene, che voleva stare da solo. A questo punto Rei tentò di aprire la porta, ma era chiusa a chiave: provò a prenderla a spallate, ma senza risultato. Kei capì che il ragazzo faceva sul serio, e andò ad aprire, lo fece entrare e poi si richiuse la porta alle spalle.
“Cosa vuoi, Rei?” lo aggredì.
“Voglio sapere come stai. È troppo umiliante, per te, avere qualcuno che si preoccupa di sapere cos’hai?” gli urlò l’altro.
“No, ma mi da fastidio quando la gente mi mette sotto processo. È una cosa che non sopporto!” ribadì Kei, irato.
“Nessuno ti voleva mettere sotto processo. Erano solo preoccupati per me e per te! Non hai nessun motivo per arrabbiarti. Se ce l’hai con te stesso per un qualsiasi motivo, non sfogare la tua rabbia sugli altri.” replicò Rei, cercando di tranquillizzarlo.
“Hai ragione. Non riesco a darmi pace per quell’incontro di Beyblade. Come ho fatto a perdere contro quella marmocchia?”
“Non è stata colpa tua. Ha un Bey fortissimo, tu ti sei impegnato ma lei ha avuto la meglio. Questo però non ti impedirà di diventare il migliore,anzi: le sconfitte aiutano a crescere!” lo consolò Rei.
“Sai Rei, hai ragione! Anche se bruciano, le sconfitte aiutano a crescere e a migliorare. Grazie del consiglio!”
Rimasero a lungo in silenzio, poi Kei si avvicinò a Rei e lo strinse forte a se.
“Grazie, Rei! Ti voglio bene!”
“Anch’io, Kei!”
Restarono in silenzio ancora per qualche istante, poi Rei…
“Kei…mi stavo chiedendo…vuoi venire con me in Cina?”
“Davvero vuoi che venga in Cina con te?” chiese Kei, meravigliato.
“Sì. Solo tu ed io. Ci alleneremo ogni giorno, andremo a trovare i miei amici al villaggio, ti farò visitare un mucchio di posti nuovi. Rimarremo là per tutta l’estate. Ti va?” domandò speranzoso Rei.
“E me lo chiedi? Ma certo che mi va! Quando partiamo?” si informò Kei, al settimo cielo.
“Oh, penso tra due o tre giorni, giusto il tempo di festeggiare la vittoria con gli altri!” esclamò Rei, anche lui felice come una Pasqua.
I due ragazzi uscirono dal bagno: lì intorno si erano radunati Max, Takao, il Professor K e il Presidente.
“Beccati!” esclamò Rei, ridendo.
“Adesso ci dovete qualche spiegazione!” disse Max.
“Riguardo a cosa?” domandò Kei.
“Riguardo a voi due!” puntualizzò Max, guardando i due ragazzi.
Sia Kei che Rei arrossirono leggermente. Si guardarono, poi Rei prese coraggio e disse…
“Ehm…ecco…la cosa vi sembrerà strana, ridicola, pazzesca ma…io e Kei…stiamo insieme!”
“Wow! It’s wonderful!” gridò Max saltellando.
“Che bello!” esclamarono all’unisono Takao e il Professor K.
“È una bella notizia!” commentò il Presidente.
Tutti si misero a festeggiare. Lui e Rei si guardarono a lungo, entrambi sorridendo. Per la prima volta in vita sua Kei si sentì veramente felice, non pensava che gli altri avrebbero reagito così bene a quella notizia.


Tre giorni dopo, all’aeroporto di Tokyo…
“Allora a presto! Fate buon viaggio!” disse il Professor K.
“Puoi giurarci. Vi manderemo una cartolina!” affermò Rei.
“Salutatemi Gao, Mao, Lai e Kiki!” raccomandarono loro Takao e Max.
“Sarà fatto!” li rassicurò Kei.
Rimasero ancora un po’ tutti insieme, poi Kei e Rei se ne andarono.
“Mi mancheranno.” ammise Takao.
“Guarda che non è mica un addio! Torneranno a fine agosto!” lo rincuorò Max.
Restarono all’aeroporto finché non videro il velivolo sfrecciare alto nel cielo, poi se ne andarono.


Rei e Kei passarono un’estate fantastica: si allenarono nei boschi, strinsero amicizia con molti bladers cinesi, fecero baldoria assieme ai ragazzi della Tribù della Tigre Bianca, visitarono varie città e si divertirono un sacco. Inoltre fecero anche una capatina al mare: Kei si toglieva gli occhiali da sole solo per fare il bagno e continuava a ripetere di essere stufo e di volersene andare, mentre Rei non voleva saperne di stare fermo un minuto, e non accennava ad aver voglia di levare le tende. In quell’estate il loro rapporto si rafforzò ancora di più.
Quando tornarono in Giappone, a fine agosto, Rei era irriconoscibile: si era abbronzato tantissimo. Anche Kei aveva preso un po’ di sole, ma meno dell’amico, visto che in spiaggia era sempre stato sotto l’ombrellone.
Il giorno dopo il loro rientro, i ragazzi organizzarono una cena assieme a Max, Takao e il Professor K. Si raccontarono tutto quello che avevano fatto durante il periodo estivo e fecero un pandemonio, per festeggiare il ritorno di Kei e Rei. Poi Takao…
“Ehi, ci siamo dimenticati di dirvi la cosa più importante: siamo qualificati per il Torneo Mondiale di Beyblade!”
“Veramente?” chiese Rei.
“Certo. Ti pare che potrei raccontarti una bugia?” replicò Takao con un sorrisone.
“No, no, figuriamoci!” lo prese in giro Kei.
“Il Torneo comincerà fra quindici giorni. Dobbiamo ricominciare gli allenamenti!” urlò il Professor K, ben felice di poter ricominciare a raccogliere dati.
E fu così che i nostri cinque amici ripresero ad allenarsi, pronti per nuove sfide attorno al mondo.
Fra Kei e Rei continuò ad andare tutto a gonfie vele: dopotutto, era questo ciò che contava. Kei continuava a ripetere che era grazie a quel suo sogno che ora stavano insieme, e Rei concordava pienamente. Finalmente erano felici.


Fine

  
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