Disclaimer: i personaggi
appartengono a Fujimaki Tadatoshi.
Personaggi: Aomine Daiki, Kise
Ryouta
Wordcount: 300 (fdp)
Prompt: Touou vs
Kaijou, Aomine pov
Assegnata da: Lucifer
Note utili: basata sul match Touou vs Kaijou, nello specifico, capitolo 69.
Si ringrazia Rota per il betaggio sull’IC/OOC, dato
dal mio terrore/consapevolezza di non rendere Aomine – o di renderlo troppo
sentimentale 8D
Note inutili: però non vale. Io devo
scrivere cose piene di pathos e leggo Aomine, Kise e poi c’è il capitolo 69. 69.
Eddai. *muore da sola*
L’unico
che può battermi sono io.
Non
lo ha ripetuto fino alla nausea solo per auto esaltazione – non solo, almeno.
Lo dice perché lo pensa, perché sa di
essere forte: non ha bisogno di nessuno che glielo riconosca – ne ha conferma
ad ogni partita, ad ogni punto, ad ogni sguardo di resa che gli è stato
rivolto, in ogni volta che giocare gli è venuto a noia perché non importava chi
avesse davanti, era sempre troppo debole.
Ha odiato gli sguardi di chi gettava la spugna rinunciando a combatterlo come
poche cose nella sua vita; ma in quel momento l’occhiata che Kise gli rivolge
ha il potere di farlo incazzare come niente era riuscito a fare prima di quell’istante.
Cosa sarebbe, eh?
Che lo rivolga a se stesso quando si guarda allo specchio, quello sguardo
compassionevole – la verità è che a disturbarlo non è la compassione, ma la
preoccupazione. La consapevolezza che solo chi è ancora affezionato a te ha
tempo di preoccuparsi.
La verità è che sa di non meritarselo, che sa di aver tradito la fiducia, sa di
aver calpestato sentimenti, sa di aver gettato via il rispetto e aver nascosto
l’affetto da qualche parte, abbastanza lontano perché non potesse avere la
tentazione di riprenderlo con sé.
Sa di aver finto che non ci fosse stato niente, prima.
Non osare – si sente montare dentro
la rabbia di partite in cui avrebbe voluto prenderli a pugni uno per uno,
quelli che abbandonavano il campo senza lottare, e ha voglia di urlare – non osare rallentarmi.
E quella volta avrebbe voluto dirgli che non era colpa sua se era forte, se
migliorava, se avanzava. Non era colpa sua se li lasciava indietro.
«Come osi preoccuparti per me?!»
Gliela farà rimpiangere quella partita.
È passato il tempo in cui voleva provare a chiedere aiuto – non lasciatemi indietro.