Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
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Autore: betacchi    19/07/2012    5 recensioni
L'Historia si può veramente deffinire una guerra illustre contro il Tempo, perché togliendoli di mano gl'anni suoi prigionieri, anzi già fatti cadaueri, li richiama in vita, li passa in rassegna, e li schiera di nuovo in battaglia. -Alessandro Manzoni.
[ #1: «E perché mai, ditemi, dovrei tra tutti fidarmi di voi?»
#2: «Spezzarli, farli tutti cadere sotto il mio controllo: in onore di Ares, tingeró i nostri campi di sangue, il sangue di chi si oppone alla grande sovrana del Peloponneso.»
#3: «Maestro, m'insegni la sua arte.» ]
Genere: Generale, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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#1:
{Fandom: Axis Power Hetalia;
Characters: Tebe - Epaminonda;
Accenno Pairing: TebexPersia.}

Alla mia professoressa di storia, anche se non leggerà mai questa "cosa" -lo spero.
Grazie per le appassionanti spiegazione, grazie per avermi incuriosito a tal punto.
Grazie.





| Chi vuol muovere il mondo prima muova se stesso. |

Socrate.



Il caldo dell'estate tebana, la brezza leggera che gli scompigliava i capelli castani lasciati crescere senza un ordine preciso, l'odore della natura misto alla vita frenetica di una polis dai gloriosi natali.
Dal manto bianco fu la mucca che si accasció nel luogo dove egli sorgeva, bianco il mantello che svolazzava libero dietro le spalle dell'uomo che gli stava venendo incontro con aria decisa. Quell'uomo, che espressione severa, che sembrava avere. Che occhi cupi che incutevano timore, che corporatura possente e quante, troppe cicatrici portava con fierezza. Eppure, come ai suoi occhi sembrava dai sani principi, amante della patria e servo degli dèi immortali che ogni uomo teme e rispetta.
«Con rispetto e devozione mi rivolgo a te, giovane e glorioso Tebe, ragazzo pari a dio per sembianze e animo, dall'intelligenza superiore ad ogni comune mortale. E per questo a tutti gli effetti eroe, figlio sicuramente del sommo Zeus che tutto comanda.»
Quale voce possente e salda dimostrava nei discorsi, anche nei più semplici saluti. Ma non si poteva mostrare affascinato dal suo comportamento, non poteva dimostrare incertezza.
«Generale, mio sommo ed immenso piacere aver tra i miei concittadini un uomo valoroso come lo siete voi.»
Con voce di chi sa cosa lo aspetta salutó l'uomo, i grandi occhi marroni poggiati sull'agorà poco sotto di loro.
«Giovane amico, io son qui per chiederti cose che son certo voci incaute ti hanno già comunicato.Lasciami marciare contro Sparta. Lasciami dimostrare a tutta la Grecia la forza di Tebe.»
La forza di Tebe. Di quale forza andava discorrendo quell'uomo? Qual talento aveva, se non quello di amare il sonno più della guerra? No, la sua non era una polis di guerrieri: vivevano contadini in quelle terre, contadini la cui unica preoccupazione erano i brulli campi che seccavano d'estate e ghiacciavano d'inverno, il cui unico desiderio era vivere in pace, per nulla curandosi dei loro Greci compatrioti. Quegli stessi compatrioti che avevano tradito, decidendo sotto suo stesso consiglio di schierarsi con i barbari persiani.
Quant'era dolce il viso di quella donna! Quanto afrodisiache le sue parole, quanto rosee le sue gote. I capelli neri legati con cura, le vesti variopinti a coprire le formose curve del suo adorabile corpo. Qual'uomo, se non pio e casto come pochi lo sono, se non non avezzo ai piaceri della carne, se non non bramante di corpo di donna, quale mai avrebbe rifiutato le sussurrate richieste di quell'angelo venuto da terre lontane? Quale uomo, quale. No, non lui di certo, non il semplice Tebe: tra sospiri e sussurri, tra incontri segreti e occhiate languide aveva finito per cedere, lasciando che quella donna lo allontanasse dai suoi fratelli. Ma chi più di loro stessi si erano allontanati l'un l'altro? Chi più di Sparta e Atene avevano intrapreso quella stupida e insensata sfida per l'egemonia, chi aveva diviso la grande madre Grecia in modo così netto? Non era stata la barbara, non la giovane Persia dai capelli color pece, non quegli occhi come zaffiri lucenti a render i greci nemici di loro stessi. Loro, i Greci, si erano messi a farsi guerra, istigati dal furioso Ares, sanguinario evasore di mura.
«La forza di Tebe, generale? Che forza può possedere quest'assopita polis, quale la potenza bellica che decanti per le sue strade?»
Domanda acuta, troppo per un giovane della sua età. Gli occhi del generale si posarono sulla agorà, vita di tutte le polis. Si posarono su un retore, genio maligno che manipola il libero pensiero della gente comune, parassita della società, intento come suo solito nel discorrere con giovani da lui chiamati 'allievi'; si posarono sui contadini che vendevano le merci, sui bambini scalzi che ridenti correvano per le strade.
«Osserva, re indiscusso di noi tebani, osserva la tua polis: grandi e gloriose origini hai, da eroi antichi discendi e ti vanti d'esser figlio. Osserva con attenzione come ognuno ami vivere, come ognuno abbia la forza di affrontare ogni giorno, conscio che potrebbe esser l'ultimo della loro vita. Come son rivolti agli dèi i loro sorrisi! Giovane Tebe, la tua forza non sta nell'esercito di Sparta, non nell'intelligenza di Atene: tu hai un popolo, un popolo dal forte spirito. Si lodino sempre Tebe e i tebani per la loro forza d'animo, per il loro spirito rivolto agli dèi.»
Ardue parole pronunció il generale, lo spirito ardente di passione mentre parlava dei suoi concittadini. Stupore popoló il volto del giovane tebano: cosa andava farneticando quell'uomo dalla barba curata? Tebe, patria di allevatori di cavalli, aveva quindi un potenziale, secondo quell'uomo che in quel momento guardava interessato un gruppo di prostitute dirigersi verso il tempio di Afrodite, dea dalle irraggiungibili curve e forme. Gli occhi della giovane città si posarono su quell'uomo.
«E perché mai, ditemi, dovrei tra tutti fidarmi di voi?»
Nulla più nascondeva il suo timore, né tantomeno il forte desiderio di risultar, almeno per poco, superiore ai suoi fratelli che vivevano a sud. Fidarsi di un giovane generale, fidarsi.
Che parola difficile, che azioni e pensieri complessi. La fiducia, grazia che ogni uomo concede a pochi da lui stesso eletti, e che molti gettan via per qualche opaca dracma in più.
«Perché io son colui che condurrà Tebe, mio giovane, al ruolo di sovrana della Grecia.»
Sovrana. Lui, il povero beota, il traditore, lui, re della Grecia.
Lui, sovrano.
«E sia, Epaminonda. Comandami, istruiscimi: io, Tebe, dominerò su tutta la Grecia.»


Note dell'autrice: Buonasera a tutti, gente! E' da tanto che non mi faccio viva, e per questo chiedo venia.
Ma, ora, sono qui, con tre nuove fic sfornate recentemente. E, con pessimi risultati, lo so, tento di farmi varco in questo fandom.
E mentre osservo con ammirazione i big (?) di questo posto, vi servo qualcosa di -spero- interessante: una fiction su Tebe. Già, perché io amo Tebe. Ma davvero tanto, quasi quanto io ami Epaminonda e Temistocle.
E spero, fic da scrivere permettendo, di riuscire a buttar giù qualcosa per la mia malcagata otp: la TebexPersia, con intromissione di Macedonia -perché a noi i triangoli piacciono.
Detto ciò, mi dileguo, dandovi velocemente qualche spiegazione: ho ambientato questa fic qualche anno prima dell'egemonia di Tebe, immaginando un ipotetico discorso tra il Generale Epaminonda e il giovane Tebe.
Per chiarire, inoltre, qualche altro punto storico: nella Seconda Guerra Persiana, Tebe, i Beoti e gli abitanti della Tessaglia si schierarono dalla parte dei Persiani, diventando quindi traditori della Grecia.
Non credo ci sia altro da dire. Al prossimo capitolo!

betacchi.

   
 
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