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Autore: Ryta Holmes    24/07/2012    0 recensioni
Merlin. Lo aveva chiamato… Merlin.
Seguirono pochi attimi di silenzio, nel quale Arthur strinse le labbra e si chiese se per caso non fosse vittima di uno scherzo di cattivo gusto. Poi finalmente lo raggiunse l’illuminazione e si guardò le mani. E le gambe. E si tastò le orecchie.
Una breve risatina nervosa è tutto ciò che si concesse quando toccò gli immensi padiglioni auricolari, poi sgranò gli occhi così tanto che avrebbe potuto farseli scappare dalle orbite e infine prese a correre.
(Se slash o pre-slash devo ancora capirlo u_u)
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Merlino, Principe Artù
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Quarta stagione
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Desclaimer: Merlin e Arthur non mi appartengono, se lo fossero sarei ben contenta di dare un'altra trama a questa serie e soprattutto avrei uno stipendio.

Il Principe (anzi il Re) e il Povero – Questione di punti di vista

1.

Quando quel giorno sua regalità Arthur Pendragon aprì gli occhi rimase sorpreso nel constatare che il soffitto sopra il suo letto, che tra l’altro non gli era mai parso tanto scomodo, fosse così rovinato dal tempo.
Il suo primo pensiero fu chela sua stanza da Re era stata attaccata dalla muffa e che quindi il primo ordine che avrebbe dato a Merlin sarebbe stato quello di grattarla via e poi di cercare qualcuno che andasse a controllare il tetto. A quel pensiero ne seguì un altro, in cui rientrava il suo servitore perdigiorno che quella mattina ancora non si era fatto vivo per la consueta sveglia.
Stava quasi per aprire la bocca e chiedersi dove fosse finito, quando la porta della stanza si spalancò e Arthur si mise a sedere smettendo di guardare il soffitto e rivolgendosi all’uscio… e scoprendo con orrore che la muffa in quella stanza c’era perché quella non era la sua stanza.
“Merlin! Sei ancora a letto?!” la voce severa era quella di Gaius, il medico di corte. Arthur ci mise alcuni istanti per rispondere, un po’ perché frastornato dal fatto di essersi ritrovato in camera del suo servitore – perché quella era la stanza umida di Merlin – e un po’ perché proprio non si spiegava il perché Gaius fosse così convinto che quel perdigiorno fosse con lui.
“Merlin non c’è!” chiarì infatti poco dopo, passandosi una mano sulla faccia e poi tra i capelli. Si fermò. Qualcosa non andava.
Gaius sollevò il suo famoso sopracciglio incrociando le braccia. “E questa dovrebbe essere la tua nuova scusa per non lavorare? Alzati pelandrone!”
Arthur rivolse al medico un’espressione indignata. Con che coraggio quell’uomo si rivolgeva così a lui? Si alzò – ma non perché glielo avesse ordinato quell’altro, era chiaro – e posò a sua volta le mani sui fianchi con fare autoritario. “Fino a prova contraria io non lavoro, perché io sono…” le parole si spensero mentre le pronunciava perché improvvisamente si rese conto che la situazione oltre che ridicola nascondeva qualcosa di più… grave? Dove erano finiti i suoi muscoli torniti? Perché aveva poggiato le mani su quegli ossicini spigolosi? E perché la sua voce era così… così diversa?
Gaius lo squadrò perplesso, mentre Arthur apriva e richiudeva la bocca un paio di volte. Il giovane prese il respiro come per liberare la mente nella vana speranza che quel brillio di consapevolezza fosse solamente un fuoco fatuo.
“Come mi hai chiamato?” provò quindi a domandare, mentre nel frattempo la preoccupazione si insinuava.
Gaius a quel punto sbuffò. “Merlin! Ma si può sapere cosa ti è preso questa mattina?”
Merlin. Lo aveva chiamato… Merlin.
Seguirono pochi attimi di silenzio, nel quale Arthur strinse le labbra e si chiese se per caso non fosse vittima di uno scherzo di cattivo gusto. Poi finalmente lo raggiunse l’illuminazione e si guardò le mani. E le gambe. E si tastò le orecchie.
Una breve risatina nervosa è tutto ciò che si concesse quando toccò gli immensi padiglioni auricolari, poi sgranò gli occhi così tanto che avrebbe potuto farseli scappare dalle orbite e infine prese a correre.
Superò Gaius che urlò qualcosa che lui non capì e uscì dalle stanze del medico correndo come un folle. Non era possibile una cosa del genere, doveva esserci un malinteso! Forse Gaius stava invecchiando… o forse quell’infame di Gwain lo aveva pagato per reggere il gioco in quello stupido scherzo… e perché diamine le sue orecchie erano così grandi?
Spalancò la porta della sua vera stanza senza nemmeno prendersi la briga di bussare. All’interno regnava il silenzio ma lui si diresse subito verso il letto e con immenso orrore vide se stesso che dormiva beatamente nel suo grande e comodo giaciglio. I suoi capelli biondi come il grano maturo, i suoi muscoli frutto di anni di allenamenti e sacrifici, tutta la sua immensa beltade era lì davanti a lui… ma non era lui.
“Merlin!!” gridò spaventato. “Svegliati!”
L’altro si rigirò senza ritegno nel letto abbracciando un cuscino. “Ancora un attimo Gaius, poi mi alzo…”
“Io non sono Gaius e ti devi alzare!” sbraitò ancora Arthur con quella voce che… oh persino quella voce!!
Il Merlin con le sembianze di Arthur si mise a sedere stropicciandosi gli occhi ancora chiusi. “Ma si può sapere che succede? Non ho mai dormito così… bene.” Aveva aperto gli occhi finalmente. E si era visto. O lo aveva visto… insomma, aveva visto se stesso davanti a lui.
Immediatamente balzo in piedi sul materasso e portò le mani in una strada posizione. “Chi sei?! Che cosa vuoi da me?”
Arthur non sprecò parole e lo acchiappò per la manica della camicia per tirarlo giù dal letto. Non fu impresa facile, perché a quanto pareva anche le sue forze erano rimaste in quel bel corpo da combattente che si ritrovava e che già gli mancava tanto.
Non senza difficoltà riuscì a trascinarlo davanti allo specchio e solo quando furono tutti e due di fronte alla loro immagine riflessa quello nel corpo di Arthur – che altro non poteva essere se non Merlin – si acquietò.
“C’è qualcosa che non va.”
“Ma no…” sbuffò esasperato il Re, quello vero.
“Che diamine è successo?!”

Continua…
   
 
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