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Autore: cranberry sauce    01/08/2012    5 recensioni
John/Paul accennato.
[...] Mike non si aspettava di vederlo cedere così, dopo una misera manciata di tentavi nemmeno troppo insistenti.
E questa sua tempestiva resa andava considerata a tutti gli effetti come sintomo di un qualche disagio, non momentaneo, ma che perdura nel tempo, in grado di rovinare l'atmosfera della stanza e rendere il tutto più inquietante di quanto non fosse già grazie a quella torbida luce d'autunno. In poche parole, Mike si rende conto che Paul è triste.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro personaggio, Paul McCartney
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pairing: John/Paul (accennato)
Nota: credo che la cosa sia di dominio pubblico, ma, nel caso non lo sia, sappiate che John e Paul vivevano molto vicini e bastava attraversare qualche campo da golf per raggiungere l'uno la casa dell'altro e viceversa. E con questo, passo e chiudo.
Disclaimer: nessuno in questa storia mi appartiene. Nemmeno chi viene appena menzionato. Non ci guadagno niente nel scriverla e niente di tutto ciò è mai accaduto, che io sappia.


In un pomeriggio d'autunno



"... Paul?"
Nessuna risposta.
"Paul?" 
Mike si avvicina con passo circospetto al fratello, seduto vicino alla finestra. La luce che vi passa attraverso è pallida, grigia, e, sfiorando lieve lo scarno mobilio della stanza, inventa ombre e chiaroscuri che, se solo non fossero le due del pomeriggio, avrebbero già fatto scappare Mike a gambe levate. 
Mentre si avvicina alla tremula silhouette nera, lo chiama per la terza volta: "Paul?"
E questa volta Paul risponde.
"Cosa vuoi?"
Mike fa un passo indietro; era da un po', ormai, che provava a rompere il mutismo dell'altro, ma lo stupore che provò nel sentire quelle parole - biascicate, annoiate, ma pur sempre parole - fu tale da farlo fermare nella sua avanzata. Perchè Paul è davvero ostinato, e Mike non si aspettava di vederlo cedere così, dopo una misera manciata di tentavi nemmeno troppo insistenti. 
E questa sua tempestiva resa andava considerata a tutti gli effetti come sintomo di un qualche disagio, non momentaneo, ma che perdura nel tempo, in grado di rovinare l'atmosfera della stanza e rendere il tutto più inquietante di quanto non fosse già grazie a quella torbida luce d'autunno. In poche parole, Mike si rende conto che Paul è triste.
Prendendo il coraggio a due mani, e prendendolo ben saldamente, come se fosse la sciabola di un cacciatore indiano al cui filo è appesa la sua stessa vita nel momento in cui si appresta a combattere la tigre feroce e spietata, prendendolo, dicevo, copre la distanza che lo separa da Paul e si mette a sedere sull'unico bracciolo della poltrona disponibile. Paul non parla più, ma scocca un'occhiata severa al fratello, sperando che questa basti per minare i suoi buoni propositi e farlo stare alla larga per il resto del pomeriggio. 
Non basta.
"Cosa c’è che non va?"
Un grugnito. "Non ne voglio parlare"
"È successo qualcosa con Dot?"
Uno sbuffo. "Ho detto che non ne voglio parlare", ma il tono in cui Paul lo dice è più morbido e Mike sa che saranno necessari solo pochi minuti prima che la maschera di pietra che il fratello ha deciso d'indossare quel giorno si sgretoli, ora creta friabile, a mostrare il timido volto della verità.
Un altro sbuffo. Un altro grugnito. E Mike, che continua ad aspettare appollaiato sul bracciolo della poltrona.
E, infine, Paul che sussurra: "Più o meno"
"Cosa vuol dire 'più o meno'?"
"Vuol dire che c'entra con lei, ma lei non c'entra"
Mike è perplesso. "Vuoi dirmi cosa c'è che non va e basta oppure continui con 'sti giochetti di parole?"
Paul sospira. "Non so come dirlo... È che io...". Si morde il labbro e tace. Un merlo, fuori nel giardino, fa l'equilibrista sullo steccato con un esile rametto stretto nel becco. Poi, con un balzo e un battito d'ali, sparisce.
"È che tu... ?", Mike incalza.
"Forse, e dico forse, non sono la persona giusta per lei."
"Mica devi sposarla!"
"Lo so, lo so. Ma..." Un calore improvviso gli prende le guance, tingendole di un bel rosa che in quella fredda luce risulta ancora più evidente. "Ma se per esempio a me piacesse qualcun altro, ecco, sarebbe giusto che io rimanessi con lei?"
Un sorriso sornione si allarga sul viso di Mike. Classico. Non poteva essere che questo: ragazze. 
"Chi è?"
"Chi è chi?"
"Quella che ti piace"
Paul arrossisce di nuovo, e distoglie lo sguardo dalla finestra. Si fissa le mani, imbarazzato, torce le dita, si gratta il naso. 
"Oh, andiamo! Dimmi chi è! Aspetta... Maggie? No, no, dev'essere Gwen. O forse quella là, come si chiama? Therèse? Massì, la cugina di Ruth...", ma ad ogni nome che Mike pronuncia, il fratello scuote la testa con sempre più veemenza. 
"... Non dirmi che è Alice! Oddio, è lei?! Però c'è anche Charlotte che è carina..."
"Basta"
"Forse Meredith? Trudy?"
"Basta, Mike"
"Ci sono! È Fiona!"
"Basta!"
Questa volta è Mike che si decide, finalmente, a giocare a fare il muto. Paul ha alzato la voce e si è voltato verso di lui di scatto, gli occhi lucidi di rabbia e le labbra chiuse strette strette a trattenere eventuali insulti che potrebbero sfuggir loro. Perchè suo fratello non tace mai? Perchè deve essere sempre così dannatamente curioso? Sono o non sono fatti suoi chi gli piace e chi no?
Il merlo è tornato nel giardino per prendere un altro ramoscello, ma nessuno lo vede. Mike si è alzato dalla poltrona ed ora Paul osserva i suoi movimenti con la coda dell'occhio,  apparentemente indifferente. 
Ed è già sull'uscio della porta quando si volta per dire: "Chiunque sia, faresti meglio ad andare a dirglielo"
"E se a questa persona non piaccio? Cosa faccio?"
Le parole gli sono scappate, più veloci del pensiero, e la sua voce suona quasi disperata, implorante, ma c'è qualcosa, una sorta di fremito, che la attraversa, come se avesse aspettato tanto tempo per porre quella domanda e la felicità di essere riuscito finalmente a formularla fosse più grande di qualsiasi risposta possa ricevere.
Mike, sempre fermo sulla porta, per metà dentro e per metà fuori da quella strana stanza, dalla tristezza di Paul, da quella stupida conversazione, si ritrova a rispondere: "Non importa. Basta che lo sappia, in qualche modo. E poi, pensaci, non è che magari anche lei ti ha fatto qualche segno? Pensa a come ti guarda. A cosa ti dice, se le hai mai parlato. A come ti tratta."
Paul ascolta in silenzio e fissa un punto imprecisato nel pavimento, ogni ingranaggio, vite, bullone del suo cervello impegnato a calcolare l'incalcolabile, perso in singolari ragionamenti, vere e proprie opere d'arte del pensiero incoerente. 
"Se pensi che sia speciale, se pensi che ne valga davvero la pena, allora alza il culo da quella poltrona e vai a dirglielo"
Un sospiro. Un sorriso. 
E Mike viene spinto via e la brezza fredda e tagliente che si insinua fra i suoi vestiti gli fa capire che la porta di casa è stata spalancata; e quando corre fuori, riesce solo a cogliere un frammento di Paul che inforca la bicicletta e, senza giacca né niente, pedala velocissimo verso il campo da golf. 
Mike urla, urla più forte che può per farsi sentire. Urla il suo disappunto. 
"E adesso perchè cavolo stai andando a casa di John?!"
Ma Paul è già lontano, niente più che una macchia indefinita contro il verde del prato, una tremula silhouette nera nella grigia luce del pomeriggio, e la voce di Mike si perde, danzando, nel vento.
 
   
 
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