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Autore: Blue_moon    01/08/2012    3 recensioni
Primo libro della trilogia Similitudini.
Dal prologo:
"Nonostante fosse nato nell'oscurità di Jotunheim, Loki bramava la luce.
Il suo calore, la sua purezza e, soprattutto, la sua capacità intrinseca di creare ombre profonde e insondabili. Le stesse che sentiva di avere dentro, le stesse che l'accecante luce di Odino e Thor aveva creato nella sua vita.
Essere lasciato al freddo e al buio era una punizione peggiore di quanto lui stesso pensasse.
Ma c'era una cosa che, in parte, lo consolava.
Fino a che fosse stato sotto la protezione del Padre degli Dei e di Thor, non avrebbe potuto essere bersaglio dell'ira di Thanos, l'oscuro signore con cui si era alleato e di cui aveva disatteso le aspettative.
Loki era scaltro e realista, teneva alla propria vita.
Senza di essa non avrebbe potuto raggiungere i suoi obiettivi, né dimostrarsi degno dell'onore che sapeva di meritare.
Per ora, anche se impotente, si trovava in uno dei posti più sicuri all'interno dei nove regni, protetto dall'amore cieco e stupido di chi si credeva migliore di lui.
Almeno, così aveva sempre creduto."
Genere: Azione, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Similitudini'
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Ringrazio tutte le persone che hanno letto il prologo, in particolare devilcancry che ha lasciato una recensione.
Ecco il primo capitolo, non so se riuscirò a postare il secondo capitolo entro la settimana. se così non fosse, ci vediamo tra due settimane, dato che per un po'di tempo non avrò accesso ad internet.
Ancora grazie.
Bacioni!
Nicole
PS: i capitoli non saranno mai molto lunghi, cerco di mantenere una lunghezza relativamente costante, sperò però, che non vi sembrino frettolosi.




L'agente Barton camminava a passo svelto lungo i corridoi asettici della base temporanea dello S.H.I.E.L.D.
L'Eliveivolo era quasi riparato ma sarebbe diventato operativo non prima di quattro settimane, per cui dovevano accontentarsi di sostare in quella base costruita nel bel mezzo del deserto più caldo dell'Arizona, celata sotto metri e metri di sabbia, sassi e cactus.
Non era un brutto posto, pensò con un mezzo sorriso, ma preferiva di gran lunga la vista del cielo e delle nuvole alle nude rocce nere che si intravedevano dalle sottili fenditure nelle pareti di metallo.
L'uomo sospirò, toccandosi soprappensiero la nuca.
Se ripensava alla frenesia dei mesi precedenti, all'opera di ricostruzione e messa in sicurezza di una New York a pezzi, aveva un'improvvisa vertigine. Insieme a tutti gli altri agenti, era stato impegnato notte e giorno, e non aveva mai dormito così poco nella sua vita.
Il riposo che gli era stato concesso era più che meritato.
Ma ora, probabilmente, era finito.
Poco prima di raggiungere la sua meta, incrociò Natasha.
Si aspettava di vederla, aveva un brutto presentimento e la sua presenza glielo confermò ulteriormente.
L'uomo salutò la collega con un breve sorriso.
«Com'era l'Afghanistan?», le chiese.
Lei sollevò un sopracciglio, con il volto impassibile. «Caldo», replicò, asciutta.
Anche lei aveva una strana sensazione e non era di buon umore.
Quei mesi di calma apparente erano stati troppo belli per essere veri, aveva vissuto aspettandosi una brutta notizia piombare giù dal cielo ogni secondo, e ora sapeva che il momento era arrivato.
Per quanto amasse il suo lavoro, c'erano dei momenti in cui lo detestava con tutta sé stessa.
«Sai qualcosa di questa convocazione?», chiese a Clint, mentre attendeva che il dispositivo di sicurezza le scannerizzasse la retina e le desse l'accesso all'area più top secret della base: la centrale operativa dei Vendicatori.
«No, ho solo il sospetto che c'entri Selvig. In questi giorni era particolarmente assente, in più è arrivata una nuova scienziata e credo significhi solo guai», espose l'uomo, mentre si sottoponeva allo stesso sistema di riconoscimento.
«Chi?».
«Jane Foster».
«La ragazza di Thor? Ma non era a lavorare su qualche montagna sperduta?», domandò Natasha, oltrepassando la pesante porta di metallo.
«A quanto pare no. Di più non so», ammise l'uomo.
Natasha tenne per sé le proprie opinioni, ma lui le intuì lo stesso.
Entrambi detestavano avere un intuito tanto sviluppato.

Nick Fury era calmo e imperturbabile come sempre, mentre camminava avanti e indietro misurando i passi e il respiro. Quando gli ultimi due convocati, l'agente Barton e l'agente Romanoff entrarono nella stanza rotonda, si concesse di respirare più profondamente.
«Benvenuti», disse, salutando le due spie con un lieve cenno del capo.
Natasha e Clint annuirono in fretta prendendo posto l'una accanto all'altro, di fronte al Dottor Banner, Jane Foster ed Erik Selvig. Solo una sedia più in là era seduto Steve Rogers.
Su uno degli schermi, invece, campeggiava una visuale nitida dell'ufficio di New York di Tony Stark. Il miliardario comparve dopo qualche secondo, insieme a Pepper.
L'atmosfera si fece di colpo molto tesa e Jane si mosse nervosa sulla sedia.
Era solo per colpa, o merito, suo che tutti quei pezzi grossi erano lì.
La presenza di Erik la rassicurava, ma l'assenza di Thor l'agitava.
Doveva cavarsela da sola, ma non era sicura di riuscire ad essere convincete quanto lui.
Nick Fury si concesse un lungo sguardo intorno a sé, prima di parlare. «Vi ho convocato per mettervi a conoscenza di alcuni eventi avvenuti negli ultimi tempi, che ci danno nuove risposte riguardo all'attacco a New York di un anno fa», iniziò. «Avevamo già il sospetto che Loki si fosse mosso per conto di qualcun altro, che gli aveva fornito l'esercito di Chitauri, ma ora ne conosciamo l'identità», spiegò Fury, spostandosi appena lungo il tavolo di metallo nero. «Si tratta di un individuo di nome Thanos, a quanto pare deciso ad impadronirsi del nostro pianeta e di molti altri nell'universo, compreso Asgard».
«Ci sono stati attacchi?», chiese il Capitano Rogers.
Fury scosse la testa. «Non sulla Terra», spiegò. «Circa una settimana fa, Thanos ha teso un agguato a Loki mentre questi veniva portato al cospetto dei saggi di Asgard per essere interrogato».
Clint si irrigidì impercettibilmente.
«È morto?», domandò Natasha, senza inflessione nella voce.
Nick scosse la testa. «No. Il guardiano di Asgard si è accorto dell'intrusione, anche se in ritardo, e Thor è riuscito a trovarlo in tempo. Adesso si trova in stasi in una delle camere di guarigione di Asgard. Il sicario è stato catturato e prima di suicidarsi ha minacciato gli asgardiani e noi terrestri, facendo il nome del suo signore, Thanos».
L'agente Barton aggrottò le sopracciglia. «Non capisco, perché questo Thanos avrebbe dovuto assassinare un suo alleato?».
«A questo potrà rispondere solo Loki, non appena riprenderà conoscenza. Per adesso possiamo solo ipotizzare che questo attacco diretto a lui sia indice che Thanos si è rimesso in attività e che non manchi molto prima che la Terra venga di nuovo presa di mira», espose Fury, lentamente. «Non dimentichiamoci che, fermando Loki, abbiamo umiliato anche lui».
Ci fu un attimo di silenzio teso, poi fu Stark ad intervenire. «Perdoni la franchezza, Fury. Ammetto che le informazioni sono interessanti, ma cosa diavolo ci fa qui la bella moretta?».
Jane si sentì arrossire e dovette costringersi a non replicare alla maleducazione dell'uomo.
Fury non cambiò espressione. «È venuta a riferirci una richiesta da parte di Thor».
«E non poteva venire lui? Adesso con quel portale può andare avanti e indietro come gli pare», insisté Stark.
«È rimasto a vegliare suo fratello», rispose Jane, trovando finalmente la voce e l'orgoglio per intervenire.
Stark borbottò qualcosa in risposta ma nessuno comprese appieno le sua parole.
Incoraggiata dal silenzio di tutti, Jane si fece coraggio e parlò. «Thor vorrebbe trasferire la prigione di Loki qui sulla Terra, dato che su Asgard non è più al sicuro», disse.
Le reazioni alle sue parole furono le più disparate.
Erik, Bruce e Fury, che già sapevano tutto rimasero impassibili, Natasha e Clint lasciarono trasparire sdegno dal viso ma non dissero nulla, come Rogers.
Stark, invece, perse completamente la calma. «E da quando dobbiamo fare da balia al Dio dei Perdenti?! Quello ha quasi ammazzato più gente di Hitler nel giro di poche ore e i nostri cari Dei lo vogliono riportare qui?», sbottò, alterato.
«Si calmi Stark, Thor ha le sue ragioni per fare questa richiesta», lo interruppe Fury, guardando di nuovo Jane, invitandola a proseguire.
La giovane donna deglutì di nuovo e riprese a raccontare. «Naturalmente ci sono delle condizioni che Loki dovrà rispettare, in più abbiamo una prigione adatta a lui. Il Dottor Selvig e il Dottor Banner stanno studiando un metallo particolare che ha la proprietà di bloccare le onde celebrali. Se imprigionassimo Loki all'interno di una stanza rivestita di quel metallo non potrebbe usare i suoi trucchetti mentali su di noi, e al contempo sarebbe protetto dai suoi nemici», non disse che Thor sapeva di quelle ricerche perché era stata lei, ingenuamente, a parlargliene. Non aveva voglia che Stark si mettesse l'armatura e venisse a farle vedere di persona quanto era alterato.
«E se il suo potentissimo, ed evidentemente irascibile, signore decidesse di venire a prenderlo qui?», chiese Stark.
Fury incrociò le braccia. «Confidiamo che Thanos non si aspetti che Loki sia qui sulla Terra. Inoltre, ad Asgard insceneranno la sua morte, per concederci più tempo».
«Più tempo per cosa?», intervenne Steve Rogers.
«Per conoscere meglio il nostro nemico. Al momento, Loki è l'unico che sa qualcosa di lui», rispose Fury.
Stark sbuffò rumorosamente. «Non possiamo fidarci di lui. Quello è un egocentrico, egoista, pieno di sé...».
«E allora?», lo interruppe Rogers.
Stark sospirò come se avesse a che fare con un bambino ottuso «Non sperate che cambi. Quelli come lui non lo fanno mai», chiarì.
«Come fai ad esserne così sicuro?», lo interrogò Jane, sentendosi in dovere di comportarsi come avrebbe fatto Thor, se fosse stato lì.
Tony si concesse il primo sorriso della riunione.
«Perché sono come lui».

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A presto ^-*
  
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