Meadows Of Heaven
(E forse, tra
seimila anni)
My acre of Heaven
Quando sente che tutto sta giungendo alla sua fine – quando
il suo dio tace di nuovo dopo avergli concesso un’ultima
visione, e la sua unica e bellissima madre è solo tre donne
imperfette, e il quieto ruggito di Roma opprime le ore di veglia e di
sonno -, li chiama un’ultima volta nelle sue stanze, insieme.
Forse perché, benché i loro antenati siano venuti
dalle stelle più fulgide e distanti, perfino i Bassiani
talvolta sono solo uomini.
L’erba indiana brucia nei bracieri accesi, inebriante, dolce
come miele e pericolosa quanto il più letale dei veleni. Ma
non importa, non ora che Avito ha bisogno solo di un profumo e di un
volto amico.
Bevono vino alla menta, rosso e cupo come sangue appena stillato, e
scherzano ridendo in faccia al destino e alla morte. Ma ci sono ombre
scure e severe negli occhi azzurri di Ierocle, tremiti leggeri che
scuotono le mani piccole e magre di Severina.
I due finiscono per giocarsi il tempo e le attenzioni di Avito a dadi,
come fosse veramente una delle prostitute che ha interpretato negli
anni, offendendo con l’ironia e la sfacciataggine tipica
della sua famiglia perduta il pudore e la finta ingenuità da
vergine spaurita di cui Roma ha sempre amato ammantarsi. E lui li
asseconda e ride con loro, gesticolando come se potesse ancore udire lo
squillante ed inappropriato tintinnio dei bracciali luccicanti
d’oro e gemme ai polsi, osservandoli lezioso da sotto le
palpebre socchiuse come se il suo viso fosse ancora coperto di belletti
esotici.
Ma poi Avito cambia le carte in tavola, sorride e fa la sua proposta, e
spera che almeno per una volta capiscano. Volge prima lo sguardo a
Severina, e dopo, più incerto, a Ierocle.
Le due persone che Avito ama e desidera di più al mondo si
guardano negli occhi, cauti, studiandosi, come se si vedessero per la
prima volta. Avito osserva quel gioco di sguardi, rapito: un azzurro
come quello luminoso e sereno di un cielo terso, un verde nonostante
tutto ancora brillante, intenso come il calore di un incendio. Ghiaccio
e fuoco, uomo e donna, assorti in un calmo confronto, uniti come mai
prima.
Sono bellissimi.
Poi, l’incanto si rompe, e loro lo guardano di rimando. Nei
loro occhi c’è tutto ciò che Avito ha
bisogno di sapere.
E a quel punto c’è la bocca piccola e rosea di
Severina a coprire la sua, le labbra sottili e morbide che premono
leggere, caste. E c’è la stretta calda e forte,
possessiva, delle braccia muscolose di Ierocle, il peso solido e
confortante del suo petto contro la sua schiena. Ci sono i capelli di
Severina che li avvolgono entrambi, come il più soffice e
leggero dei mantelli, rossi come i fuochi di Vesta e di El Gabal; ci
sono i denti di Ierocle che gli marchiano il collo con cento lividi
cremisi e violacei, irruenti ma mai capaci di fargli male per davvero.
Ci sono il corpo snello da ragazzino di sua moglie – ancora
più scarno e fragile, dopo la malattia – che gli
scorre sopra come la danza frenetica di un serpente impazzito e quello
da uomo di suo marito che gli spinge contro in un ritmo violento e
costante.
Gli occhi di Avito rimangono aperti per tutto il tempo, per poter
ricordare questi momenti e sapere di essere stato amato prima di essere
costretto ad andarsene, prima di doverli scacciare per salvarli. Ma sa
che quelli di Ierocle sono chiusi, e quelli di Severina concentrati
unicamente su di lui.
Eppure, quando anche questo finisce, le dita lunghe e bianche della
donna e quelle forti dell’uomo si sfiorano per qualche attimo
sul suo petto, proprio lì dove batte il cuore
dell’imperatore.
Allora Avito chiude gli occhi, e immagina la loro piccola triade
divina, unita dalle stelle, tra seimila anni, tra un numero terribile
di vite – e sogna le loro mani che stringono le sue nello
stesso momento, e un attimo di beatitudine come quello che duri in
eterno, e un mondo in cui i sacerdoti possano comprendere il Dio della
Montagna e il Cristo e il Dio Libero e lui sia libero di giocare ancora
con le bighe di legno.
Forse, tra seimila anni, succederà.
And see it all
Mother’s care
And color of the kites