“Will”
-Uffa basta!- si scocciò,
lanciando la penna sul quaderno dopo l’ennesima volta che rifaceva la stessa
espressione senza successo. Lasciò che la sedia lo inghiottisse e la testa
andasse a poggiare contro lo schienale della sedia, a metà della sua lunghezza.
-Ehi, cosa c’è?- chiese
Andrew, non aveva mai visto il bambino così disattento. Non riusciva a
concentrarsi su quello che stava facendo, la testa altrove, persa in chissà
quali pensieri. Più volte aveva dovuto incitarlo ad andare avanti e a
riprovare, ma era pure vero che di solito non ce n’era bisogno. Il
comportamento di quel bambino lo mandava in confusione, quel giorno faceva
tutto senza una logica precisa, solo per poter tenere le mani impegnate in
qualcosa.
-Niente.- rispose mesto il
bambino.
-Davvero?- fece, con un tono
che la sapeva più lunga di quanto dava ad intendere.
-Non ho più voglia di
studiare.- spiegò arrabbiato.
-Va bene. Allora dopo diremo
a Ellie che volevi a tutti i costi fare i compiti con lei.- era da quando c’era
lui che Will non faceva più i compiti con sua sorella, ma Will sapeva anche che
con Andrew poteva chiacchierare di più, dato che anche Ellie aveva i suoi di
compiti da fare e con lei non si parlava poi più di tanto. E poi il babysitter
aveva preso a viziarlo con una bella cioccolata calda per merenda se lui faceva
il bravo; e di certo quel giorno il bravo non lo stava facendo. Andrew lo
guardò di sottecchi, prima di incrociare le braccia sul tavolo e dedicarsi
completamente a lui.
-Allora, me lo vuoi dire cosa
succede?- gli chiese gentilmente.
-Ti ricordi quando ti sei
fermato da noi a mangiare?- iniziò il bambino con voce mesta.
-Sì.-
-Che Ellie è stata male.-
-Ha avuto solo un colpo di
tosse.- cercò di alleviare la cosa.
-Pensi sia stata colpa mia?-
non stava per piangere, ma aveva gli occhi lucidi, da cui traspariva tutto il
senso di colpa che si stava autoinfliggendo.
-No, certo che no.- gli disse
convinto.
-Dici?- cercò conferma nelle
parole del suo nuovo grande amico.
-Certo. Ascolta, ha avuto
altri colpi di tosse da allora?-
-No.-
-E allora vedi che sta bene.
Se non stesse bene avrebbe visitato un dottore. Tu non c’entri niente piccolo,
sono cose che capitano.- si era alzato dalla sedia per accucciarsi in parte a
lui.
-Sì ma, sono stato io a
insistere perché lei ballasse, se non avessi insistito forse non sarebbe stata
male.- la voce incrinata.
-Acolta, certe cose non si
posso prevedere. Hai provato a parlarne con Ellie?-
-Sì.-
-E lei che ti ha detto?-
-Di non preoccuparmi. Che
stava bene.-
-Visto.- gli sorrise
incoraggiante.
Will lo abbracciò forte e
lasciò che le grandi mani di Andrew lo consolassero.
-Ho avuto paura Andrew.- riuscì
finalmente a dire.
-Lo so piccolo. Lo so.-
sussurrò.
Odiava vedere le persone in
quello stato, specialmente i bambini. Era una violenza.
-Portatemi i documenti dei
signori grazie. Miller, mi faccia il piacere di farmi queste fotocopie grazie.-
Lily era sempre super indaffarata al lavora, ma si sapeva, più si era bravi più
si avevano responsabilità.
-Signora Potter. Questa è
Monica, dice di avere un appuntamento con lei.- disse la sua segretaria.
-Ah, sì venga nel mio
ufficio.- fece strada alla nuova venuta fino ad una stanza in fondo al
corridoio color grigio. Era silenziosa, ma con la sua scrivania in legno di
ciliegio ricoperta non solo da fascicoli, ma anche da fotografie familiari era
conciliante.
-Quindi lei è Monica giusto?-
chiese Lily, stringendole la mano.
-Sì, signora. Molto piacere.-
fece l’altra, i lunghi capelli castani che le ricadevano sulle spalle, mentre
non la smetteva di sorridere cordiale.
-Mi dica, lei è qui per un
posto di lavoro se non sbaglio.-
-Esattamente, ho visto il
vostro annuncio sul giornale che state cercando personale.-
-Sì è così, purtroppo da un
po’ di tempo abbiamo dovuto lasciare a casa alcune persone perché non erano in
grado di stare al ritmo. Sa, in poco tempo la nostra impresa è salita di
categoria e di conseguenza anche il lavoro è aumentato e purtroppo, se non si
riesce a stare al passo l’unica soluzione è andarsene.-
-Siete molto esigenti.-
-E’ vero. Ma è anche vero che
se una persona cerca lavoro è per dare il massimo. Al di fuori si è sempre
amici.-
-Sono d’accordo. La persona
di cui dovrei prendere il posto mi ha detto che lei l’ha aiutata a trovare un
altro lavoro.-
-E’ così, io ci tengo ai miei
dipendenti Monica.-
-Ne sono convinta.-
-Molto bene, ha qualche
competenza riguardo a organizzazione?-
-Certamente, ho frequentato
corsi e scuole di preparazione che frequento tuttora come aggiornamento.-
-Perfetto. Quando può
cominciare?-
-Anche subito.-
-E’ assunta.- Monica non si
aspettava che il suo colloquio sarebbe stato un simile botta e risposta. Doveva
anche ammettere che quella donna era eccezionale. Aveva un carattere e un
carisma contagioso, non si poteva non rimanere al suo passo.
-Allora per prima cosa
abbiamo un matrimonio da organizzare per il mese prossimo. Monica avrò bisogno
del suo aiuto, in questo periodo sembra che tutti vogliano sposarsi,
riappacificarsi, fare riunioni di famiglia… e noi dobbiamo essere preparati.
Come le dicevo, abbiamo un matrimonio, lei mi deve fare il favore di andare al
piano di sotto e iniziare a farsi venire un’idea. Lì troverà tutto quello che
le serve per farsi venire un’ispirazione. Ha due ore prima di aggiornarmi sui
suoi progressi.- le disse Lily.
-Molto bene.- disse Monica
prima di uscire dall’ufficio.
Tutto sommato quel lavoro non
era male.
“Lily e James Potter”
Ellie arrivò in tempo per il
pranzo, perfettamente in orario.
-Ciao Ellie!-
-Ciao!- la salutarono i due
uomini.
-Ciao.- rispose lei con un
sospiro stanco.
Andrew le lanciò un occhiata
mentre appendeva il giubbino sull’attaccapanni all’entrata, controllando che
non avesse un altro dei suoi attacchi.
Fu un pranzo particolarmente
silenzioso, ma gli unici ad accorgersene furono probabilmente Andrew, ed Ellie
che sembrava avere una cera piuttosto nera.
-Andato bene oggi il corso di
lingue?- domandò Andrew.
-Sì, grazie. Voi? Tutto
bene?- domandò lei, senza troppa convinzione.
-Più o meno, anche se oggi
quelle espressioni sono impossibili.- commentò Will.
Ellie fece un mezzo sorriso,
tirato. Sembrava che non avesse alcuna voglia di ridere. Finì di mangiare
quello che aveva nel piatto per poi lasciarci dentro le posate e metterlo nel
lavello pronto per essere lavato. Prese lo zaino che aveva lasciato vicino alla
porta della cucina.
-Dove vai? Non mangi il
dolce?- le chiese Andrew.
-No, non ho fame.- sotto lo
sguardo dei due sparì su di sopra.
-Che dolce hai fatto?-
domandò Will.
Andrew fece un sorriso furbo,
prima di tirare fuori dal frigo una torta con panna e fragole.
-Andrew io ti adoro!- esclamò
il bambino, infilzando la forchetta nella sua fetta di torta.
Era inutile, il babysitter
aveva delle mani d’oro per qualunque cosa.
Dopo pranzo entrambi si
svaccarono sul divano, telecomando alla mano, guardando alla tv i programmi più
stupidi che davano. Erano talmente ridicoli che non facevano nemmeno ridere.
-Secondo te quanto li pagano
per fare quelle cose?- domandò scioccato Will.
-Mmhh, bella domanda. Una
cosa è certa: non mi metterò mai un cappello del genere.- commentò Andrew,
mentre il monitor gli ritornava l’immagine di un tizio con indosso un enorme
cappello piumato multicolor. Will si mise a ridere a più non posso.
-Che ti ridi!- disse Andrew,
facendo il finto offeso.
-Smettila subito.- gli disse
dopo un po’, mentre il bambino non cessava di ridere; anzi, era finito lungo
disteso con le lacrime agli occhi.
-Scusa Andy, però saresti
troppo buffo.-
-Ah, è così! Adesso ti faccio
vedere io!- minacciò. Si avvicinò al bambino e in due secondi lo fece
contorcere sotto le sue mani, mentre le dita cercavano i punti che più
soffrivano il solletico.
-No, basta!-
-Basta? Te la sei cercata.-
oramai le risate erano diventate contagiose.
-Basta.. ti prego.. And… rew…
basta!- soltanto dopo svariati minuti il babysitter si fermò, lasciandogli il
tempo di riprendere fiato. Guardando Will con quegli occhi dolci che ti
scioglievano, mentre gli accarezzava la testa.
-Lo sai Andrew, sono
contento!-
-Di cosa?-
-Che tu sia il mio
babysitter.- rispose il bambino, chiudendo gli occhi. L’altro sorrise.
-Avanti poltrone! Abbiamo
ancora delle espressioni da finire.- il babysitter si alzò in piedi, con
l’intento di far finire i compiti al suo protetto.
-Oh, no! Ti prego!-
-Avanti dai! Altrimenti vado
a chiamare Ellie.-
-D’accordo.- acconsentì Will
con uno sbuffo, andandosi a risedere sulla sedia del salotto.
-Senti, mentre tu vai avanti,
vado un attimo a vedere se Ellie sta bene. Mi è sembrata molto silenziosa
oggi.-
-Okay.-
Così mentre Will faceva i
compiti di matematica, per la prima volta da quando era lì, Andrew salì le
scale che portavano in camera di Ellie. Dall’altra parte della porta non
arrivava nessun rumore. Bussò un paio di volte, ma non ottenne risposta; così
decise di entrare. Ellie se ne stava seduta sul bordo del letto, circondata da
fogliettini e fotografie, alcune strappati, altri ancora spiegazzati. Aveva uno
sguardo smarrito e addolorato, come se nella sua stanza fosse passato un
uragano che le aveva distrutto tutto. Quando lo guardò sentì tutto il suo
dolore come se lo provasse egli stesso.
-Ellie, cos’è successo?- le
domandò preoccupato.
-Andrew.. io non.. va tutto
bene.- balbettò tra i singhiozzi, la voce impastata dal pianto.
-No, non va bene.- le disse
Andrew, avvicinandosi quel tanto per prenderla per le spalle. Guardava ovunque,
il letto, le pareti, i mobili, ma evitava accuratamente il suo sguardo.
-Io.. io non.. non ho potuto
fare altrimenti.-
-Ellie.. Ellie guardami.
Guardami.- disse fermo.
La ragazza alzò gli occhi su
di lui, erano due pozze d’acqua, il naso e la bocca arrossati, le guance
rigate. Era come una foglia secca in autunno che fa di tutto pur di rimanere
attaccata al suo ramo. Attraverso quegli occhi Andrew riuscì a vedere il suo
cuore spezzato.
-Cosa è successo?- le ripetè.
Ellie voltò il capo, ci
provò, ma non poteva nemmeno lei ignorarlo.
-Ellie. Cosa?- le lacrime
tornarono prepotenti, come un fiume in piena incontrollato, senza argine. Si
passò una mano davanti alla bocca per attutire i singhiozzi. Adesso capiva
perché per tutto quel tempo non avevano sentito un rumore.
-L’ho lasciato Andrew. L’ho
lasciato.- disse, sembrava però che stesse dicendo che aveva appena ucciso il
suo migliore amico. Si guardò attorno e vide che le foto erano tutte di lei e
di Zanna, oppure solo con Zanna; e sorridevano. Erano delle foto perfette,
perché loro due stavano bene insieme; ma allora perché si erano lasciati?
-E’ stato lui a lasciarti?-
Si girò verso la parete, per
poi scivolare sul tappeto, la schiena contro il letto, mentre negava. Lui si
accucciò in parte a lei.
-Sei stata tu?- di nuovo
quella mano davanti alla bocca a soffocare i singhiozzi.
Le lacrime scavavano nella
pelle, bollenti, come fuoco incandescente. Annuì, per poi mettersi le mani nei
capelli, come se avesse fatto la più grande cavolata di tutti i secoli.
Andrew sospirò, la prese per
le braccia e la tirò verso di sé, senza fatica. Era talmente debole che avrebbe
potuto essere una bambola di pezza. Se l’appoggiò vicino, così che lei potesse
affondare il viso nella sua spalla e lui circondarle con le braccia la schiena
scossa dai tremori. Sentiva che quel tremito passava da lei a lui come un’eco.
Era straziante.
-Shh. Shh.. andrà tutto bene.
Sistemeremo anche questa. Vedrai.- le sussurrò.
Passarono svariati minuti
prima che cessasse di singhiozzare, e poi di piangere. Quando alzò il viso non
avrebbe potuto dire che era la stessa ragazza che lo aveva accolto il primo
giorno di servizio, sorridente e solare. Il suo volto era talmente sciupato e distrutto,
solo gli occhi sembravano ancora vivi. Andrew fece scorrere una mano sulla sua
guancia fino al mento, sollevandole il viso per guardarla negli occhi.
-Ce la fai?- le chiese, lo
sguardo di lui trasmetteva tutto l’aiuto e la sicurezza di cui aveva bisogno in
quel momento.
-Sai, penso di aver bisogno
di distrarmi un po’. Magari più tardi vado a fare una passeggiata.- disse più a
se stessa che a lui, quasi come scusa, ma che non avrebbe mai fatto. Non da
sola almeno.
-Io invece avrei un’idea
migliore.- disse lui alzandosi.
Tese le mani in avanti, così
che lei potesse afferrarle e l’aiutò ad alzarsi.
-Una bella cena è quello che
ti ci vuole. Dicono che mangiare faccia bene allo spirito oltre che allo
stomaco.- disse con un sorriso. Anche lei provò a sorridere, ma si vedeva che
non ne aveva la minima voglia.
-Senti, se vuoi parlarne, io
ci sono; okay?- le disse, con quella voce bassa che la faceva vibrare tutte le
volte. Annuì. Lui tornò a sorridere.
-Okay. Adesso vado di sotto,
altrimenti Will mi dà per disperso.- le disse, dandole un’ultima carezza affetuosa sulla spalla e uscendo
dalla stanza, richiudendosi la porta alle spalle.
-Come procede il lavoro?-
Lily era tutta trafelata, aveva appena finito di fare delle fotocopie che la
sua segretaria l’aveva chiamata per dirle che nel suo ufficio erano appena
state portate altri documenti da firmare. Prima di tornare nel suo ufficio però
voleva andare a controllare che i preparativi per il matrimonio procedesso al
meglio e che quella nuova si stesse ambientando a dovere.
Giunta al piano di sotto non
si meravigliò di trovare tutti al lavoro, che andavano avanti e indietro: chi
portando assi o scale, chi un mazzo di fiori, chi dei nastri colorati, chi
tagliava, chi appendeva.. ognuno aveva al suo compito. A quanto poteva vedere
anche Monica aveva trovato il suo posto. Se ne stava in piedi, in mezzo alla
stanza, quasi non riusciva a muoversi tanto le persone andavano a chiederle
consiglio. E lei, con calma e pazienza, rispondeva a tutti, controllando la sua
cartellina, sorridendo a tutti. Soltanto dopo cinque persone riuscì a
raggiungere il suo diretto superiore.
-Oh, Lily! Stavo giusto
cercando di venire da te.- disse la giovane.
-Ho notato. Vedo che tengono
parecchio alla tua opinione.- notò la direttrice, con un sorrisetto
soddisfatto. Le piaceva chi sapeva farsi intendere.
-Oh, diciamo che siamo
riusciti a trovare li modo migliore per sviluppare questa festa. Te lo illustro
se vuoi.- disse Monica.
-Con grande piacere.-
-Spero rientri nei tuoi
gusti. Abbiamo già chi si occupa di filmare tutta la cerimonia. Abbiamo optato
per i teli bianchi sulle panche, esattamente come i puff. I fiori saranno
anch’essi bianchi, solo più chiari, di tela, in modo che durino di più di
quelli veri. Le paratie sopra l’altare saranno rosso scuro, così da dare più
solennità alla cerimonia. La limousine nera si farà trovare fuori dalla chiesa
al termine delle firme. Andranno diritti al ristorante. Ne abbiamo scelto uno
elegante ma anche abbastanza sobrio. Riservato esclusivamente agli sposi e agli
invitati. Le tavole saranno parecchiate color rosa salmone, i centrotavola
saranno dei fiori colorati. Abbiamo scenlto una band abbastanza tranquilla,
niente che faccia addormentare, ma neanche niente di troppo rumoroso, per
evitare che non si riesca a parlare. Il giardino fuori sarà adornato con
decorazioni bianche e la sera è prevista una cena fuori con karaoke, le musiche
ovviamente saranno quelle preferite dagli sposi; in modo così da coinvolgere
tutte le persone di tutte le età. Per finire ci saranno il buffet con la torta
e un po’ di musica per ballare. Sul tardi, se ci sarà ancora qualcuno, la band
ha ordini precisi per suonare pezzi tranquilli e rilassanti.- spiegò voltando
opportunamente pagina per illustrare anche visivamente il progetto. Lily era
soddisfatta del suo nuovo acquisto.
-Monica.- la ragazza la
guardò, aspettandosi un qualche appunto.
-Ottimo lavoro! Mi trovi nel
mio ufficio se hai bisogno di me.- le disse, prima di allontanarsi diretta al
piano superiore.
Scartoffie su scartoffie,
Lily Potter faceva questo per gran parte del suo tempo, quando non doveva
presiedere a convegni o cerominie da lei stessa organizzate. Passò un’ora prima
che sollevasse il viso da tutte quelle carte e si soffermasse ad osservare le
foto che addobbavano la sua scrivania. Lei e James sposati. Ellie appena nata.
Ellie e Will piccoli. Una foto di loro quattro insieme vecchia di due anni.
Ellie all’asilo. Will in prima elementare. Lei e James prima del matrimonio in
montagna. Doveva necessariamente rinnovare quell’album fotografico. Era da
tempo che non passava intere giornate con la sua famiglia e si metteva a
scattare foto. Si era sempre sentita in sintonia con sua figlia, per il fatto
che entrambe avessero la stessa passione per la fotografia, per il voler
fermare i ricordi nel tempo. E dopo anni anche lei iniziava a sentirne la
mancanza. Forse un’uscita tutti e quattro insieme gli avrebbe fatto bene. Prese
in mano la foto dei suoi due bambini, sorridendo amorevolmente. Toccò con la
punta delle dita il vetro, tracciando i contorni delle sagome ritratte. Sì, si
sarebbe dovuta prendere un periodo di vacanza. Non sentì nemmeno che qualcuno
bussava alla porta.
-Signora Potter.- Monica
entrò, trovando la donna ancora con la foto in mano.
-Oh, mi dispiace. Se vuole
passo più tardi.- si scusò.
-No, Monica. Tranquilla
entra. Stavo solo riguardando una vecchia foto. Sai, ogni tanto mi piace
riguardare i vecchi momenti.- sorrise Lily.
-E’ la sua famiglia?- domandò
Monica, con fare dolce.
-Sì, questi sono i miei figli:
Ellie e Will.- rispose Lily, porgendole la foto, così che potesse vedere i suoi
tesori.
-Sono bellissimi.- disse
Monica.
-Già.-
-Quanti anni hanno?-
-Ellie ne ha venti, mentre
Will undici.-
-Sono davvero meravigliosi.-
-Ti ringrazio. Sai, non posso
fare a meno di pensare a quanto gli voglia bene e a quanto tempo mi rimane
prima che loro se ne vadano.-
-Oh, ma loro non se ne
andranno mai veramente. Continueranno a volerti bene, ne sono certa. Scommetto
che sei una madre stupenda.- commentò Monica.
-Sei gentile. Ma anche loro
un giorno si faranno una famiglia, ed è giusto che vadano per la loro strada.-
-Sono d’accordo. Purtroppo i
nostri figli non ci appartengono, sono i figli del Signore. Noi possiamo solo
custodirli e proteggerli, per quello che possiamo.- disse, in fare angelico.
-Sono d’accordo con te. Cosa
mi volevi dire?-
-Che abbiamo finito di
preparare le decorazioni e gli addobbi. Direi che nei prossimi giorni potremmo
essere pronti per andare sul posto.-
-Molto bene. Ottimo lavoro..
Oh, e chiamami Lily.. questo Signora Potter mi fa sentire vecchia.-
-Come vuole Lily.-
-Oh mamma! Sono già le sei!
Senti Monica, posso approffittare di te? Vorrei tornare a casa prima oggi, così
magari potrei preparare io la cena anziché Andrew, sai lui è nuovo babysitter
di Will.-
-Ma certamente. Non
preoccuparti ci penso io qui.-
-Grazie mille. Buona serata.-
-Anche a te.-
Monica guardo Lily prendere
la giacca e uscire dall’ufficio con un sorriso radioso. Con ancora la
cartellina in mano si voltò a guardare quelle fotografie. Erano davvero una
bella famiglia. Peccato che non sapessero la verità. Ben presto tutta quella
felicità si sarebbe trasformata in un sordo dolore.
“Monica”
http://www.touched.com/episodeguide/seasonfour/41115monicaglow.jpg
-Sono a casa!- disse
nell’entrare, cercando di estrarre le chiavi dalla porta senza far cadere la
borsa. Subito Will corse verso di lei.
-Mamma! Sei tornata a casa
prima!- l’abbracciò lui.
-Sì, oggi avevo voglia di
tornare a casa da voi il prima possibile.-
-Prepari tu la cena?-
-Sì, ho detto ad Andrew che
mi sarei occupata io della cena stasera.-
-Evvai!-
-Spero solo che vostro padre
non ritardi come al solito.- sorrise dolce Lily, depositando un bacio affetuoso
sulla testa del figlio.
-Ellie dov’è?-
-Sono qui.- Ellie scese le
scale saltellando, una borsa nera sulla spalla, segno che stava uscendo; sul
viso non c’era più traccia della tristezza di quel pomeriggio.
-Ehi, stai uscendo? Proprio
oggi che sono uscita prima?-
-Scusa, spero non ti
dispiaccia troppo. E’ che.. non è stata una gran giornata ed Andrew mi aveva
promesso che mi avrebbe fatto assaggiare uno dei suoi piatti una sera. Non mi
aveva avvertita che saresti uscita prima. Vuoi che disdica?-
-No, va pure. In fin dei
conti non glielo avevo detto. Fa la brava e sta attenta.. eh?-
-Certo mamma.- la ragazza
scoccò un grosso bacio sulla guancia della madre, circondandole le spalle con
un braccio, mentre con l’altro si sistemava meglio la borsa in spalla e, dopo
aver salutato il fratello uscì.
La strada non era per niente
trafficata. Le luci le passavano accanto come lunghe scie luminose. Tenne il
finestrino leggermente abbassato, così che la brezza potesse rinfrescarle il
viso. Non aveva dimenticato che la persona da cui stava andando a cena era la
stessa ad esserle stato accanto quel pomeriggio, e la cosa la metteva
leggermente a disagio. Guardava gli alberi che avevano un qualche timido
bocciolo che cercava di combattere il freddo di fine inverno. Mancava ancora un
mese prima dell’arrivo della primavera.
Andrew abitava vicino al
centro, proprio alla periferia, in un appartamentino di quartiere, elegante al
punto giusto. Quei quartieri sempre verdi e illuminati da centinaia di lampioni
e luci. Parcheggiò vicino all’entrata e pigiò sull’unico campanello dove non
c’era scritto il nome e l’iniziale del cognome “A”. Prese l’ascensore per
arrivare al terzo piano.
-E’ permesso?- Ellie cacciò
la testa dentro l’uscio socchiuso, da cui veniva un odore di carne e verdure
cotte. Andrew le andò subito incontro, con il suo sorriso cordiale.
Per l’occasione indossava una
semplice camicia rossa e un paio di jeans grigio perla.
-Ellie, ciao! Entra pure.- la
invitò caloroso. Richiudendole la porta alle spalle.
-Ciao.-
-Sei in anticipo.- notò lui.
-Sì, mia madre era appena
tornata a casa, spero non ti dispiaccia.-
-No, figurati.- rise, mentre
tornava al piano cottura.
-Stavo finendo di preparare
la cena.-
-Cosa fai di buono?- chiese,
allungando il collo e sorridendo. Non voleva fargli capire quanto ci stesse
ancora male per quel pomeriggio, in realtà.
-Lo vedrai.- rispose
candidamente lui.
-Sempre a fare il misterioso
tu, eh?-
-E’ la cosa che mi riesce
meglio.-
L’appartamento di Andrew era
molto grande, due stanze attaccate con cucina e salotto, con due divani,
tavolino e tv con mobili. Poi un’anticamera che probabilmente dava sulla camera
da letto, il bagno e lo sgabuzzino. Era talmente spazioso per una persona solo
che le venne automatico chiedersi se non si sentisse mai solo. Non c’era
nemmeno un animale ad aspettarlo al suo rientro dal lavoro.
-A cosa stai pensando?- le
chiese lui.
-Niente.- rispose lei, con
fare non curante.
-Non è vero.- rispose
candidamente lui.
-Si nota così tanto?- sorrise
lei.
-Diciamo che sono piuttosto
bravo ad intuire le bugie.- sghignazzò lui, facendole un cenno di avvicinarsi.
Ellie lo raggiunse, appoggiandosi con la schiena al piano cottura, vicino a
dove lui stava finendo di mescolare dentro ad una pentola.
-Allora?- tornò a chiederle,
dopo averle lanciato un’occhiata.
-Mi chiedevo se non ti senti
mai solo qui. Hai un appartamento bellissimo, però sei sempre qui da solo.
Oppure hai mandato fuori casa il tuo coinquilino per questa sera?- chiese lei
ironica. Lui rise.
-No, vivo da solo. Però ti
dirò che non sono mai solo.-
-Che vuoi dire?- Andrew la
guardò con aria furbetta, come si fa quando se ne sa una in più degli altri.
-A parte il fatto che a me il
silenzio piace, mi aiuta a rilassarmi. E dopo una giornata con tuo fratello ti
assicuro che un po’ di stanchezza ce l’ho addosso pure io. Però il silenzio mi
aiuta anche a fare un’altra cosa.-
-Cosa?- domandò lei, notando
che si era fermato.
Andrew la guardò, si
allontanò un attimo per mettere il cucchiaio che stava utilizzando nel lavello
e tornò vicino a lei, guardandola dritto negli occhi, serissimo.
-A pregare.- Ellie non capì
con quale forza avesse sostenuto quello sguardo, solo che quell’ultima parola
l’aveva scombussolata. Le aveva ricordado la lettera che aveva scritto qualche
giorno prima.
-Beh, allora siamo in due.-
commentò, senza espressione.
-E’ una cosa così strana?- le
domandò Andrew, le sopracciglia aggrottate.
-No, solo certe volte mi
chiedo se ci sia davvero qualcuno che le ascolta le nostre preghiere.- disse,
guardandosi i piedi.
-Credimi Ellie, c’è.- Ellie
sorrise. Il campanello del forno suonò.
-E’ pronto!- annunciò Andrew
con un sorriso enorme che contagiò persino la ragazza.
Si sedettero al tavolo
apparecchiato che stava tra il salotto e la cucina, c’era anche una rosa rossa
a centrotavola.
-Wow, bella la rosa.- disse
Ellie con tono ironico.
-Non ti piace?-
-Oh, a me piace. Ma mia madre
ti direbbe sicuramente che non va bene.-
-E’ una persona severa tua
madre.-
-Sul lavoro sì, ma quando è a
casa anche lei fa quello che ne ha voglia. Ma capirai anche tu che, dopo anni
di lavoro nel campo delle decorazioni e manifestazioni, certe cose ti entrano
dentro e le fai automaticamente. È capitato ancora che avessimo delle piccole
discussioni, ma alla fine ci mettavamo tutte e due a ridere sulla banalità
della cosa.-
-E’ una persona fantastica
tua madre.-
-Entrambi lo sono.-
-Sono contento che la pensi
così. Non tutti i figli apprezzano i loro genitori.-
-Beh, io e Will non siamo
“tutti i figli”.- rise lei.
-Hai ragione.- rise anche Andrew.
Per primo mangiarono delle
lasagne al forno con pesto di verdure, preparate a mano dal sottoscritto e per
secondo delle bistecche impannate con carote al forno e cipolle, più insalata e
pomodori. Senza contare formaggi, affettati e frutta che portava in tavola.
-Ma quanta roba hai fatto?-
domandò Ellie ridendo, per la quantità di cibo.
-Beh, non sapevo quanto
appetito avessi dopo oggi pomeriggio, così ho preferito abbondare.-
-Tu, tu sei matto!- risero
entrambi. Finchè il bip del cellulare di Ellie non squillò.
Quando tirò fuori il
cellulare dalla borsa il suo viso si fece improvvisamente serio, attraversato
da un lampo di indecisione e dolore. Aprì il messaggio, ma poi lo mise via con
uno sbuffo.
-Scusa.- disse frettolosa,
come se fosse una cosa seccante.
-Tutto bene?- chiese lui,
preoccupato.
-Sì, tranquillo. Niente di
importante.- purtroppo però quel ‘niente di importante’ si stava rivelando
piuttosto insistente. Ogni cinque minuti se non meno arrivava un messaggio.
Vibrò persino una volta nel tentare di chiamarla. Ellie non si degno nemmeno di
rispondere.
-E’ Zanna vero?- domandò lui
serio.
-Non riesco a capire perché
insiste tanto.- disse lei seccata, guardando il display che si mise a
lampeggiare per l’ennesima volta.
-Perché non ci parlo. Se vuoi
vado di là mentre chiami.-
-Ti ringrazio Andrew, ma non
ce n’è bisogno.- ennesimo bip.
-Scusa posso andare in
bagno?-
-Certo. È la prima porta
sulla sinistra.-
Ellie si alzò e sparì oltre
l’anticamera. Andrew prese in mano il cellulare, facendo scorrere i messaggi,
leggendoli velocemente.
‘Ciao, non capisco perché tu
non mi risponda.’
‘Certo che potresti almeno
rispondermi o quanto meno darmi una buona spiegazione.’
‘Ti prego Ellie, tu non puoi
immaginare quanto io stia male perciò ti prego richiamami.’
‘Ellie non ce la faccio più,
ti prego. Ti prego dimmi perché.’
‘Sto impazzendo, mi sto
ancora chiedendo se è la realtà o è stato tutto un sogno. Io mi rispondo che
era soltanto un incubo e che tra poco la sveglia suonerà e io ti rivedrò. Ma
ogni minuto che passa è sempre peggio e mi convinco sempre di più che non
tornerai.’
‘Ellie perché mi fai questo?
Cosa ho fatto di male.’
‘Non mi importa del perché te
ne sei andata. IO TI AMO e non mi importa se tu non vuoi più sentirtelo dire.
Non posso crederci che dopo tre anni che stiamo insieme tutto possa finire
così, da un giorno all’altro.’
Le ultime venti chiamate
registrate in memoria erano tutte a nome suo ‘Zanna’. Ellie uscì dal bagno ed
Andrew non si preoccupò di mettere il cellulare sul tavolo. Lei fece un sorriso
tirato, mentre aggirava il divano e si sedeva su di esso, lasciandosi
sprofondare nei cuscini grigi. Andrew le si avvicinò.
-Sai, non ci credo che tu non
lo ami più.-
-E tu che ne sai?-
-Beh, se è vero che è da tre
anni che state insieme, cosa è successo che da un giorno all’altro non lo ami
più. Non mi sembri una che cambia ragazzi come cambia le camice.-
-Sai, sei gentile!- fece lei
ironica, all’udire quel paragone.
-Hai ragione.-
-Cosa è successo Ellie?- gli
chiese preoccupato.
-E’ complicato.-
-Lo capirò.- sussurrò lui.
Ellie guardò quegli occhi, luminosi anche nel salotto in penombra.
-Andrew io non amerò mai
nessun altro come ho amato Zanna. Ma non posso più stare insieme a lui.-
-E’ successo qualcosa?-
-No, sono semplicemente io
che non vado bene.- sorrise lei, di un sorriso triste.
-Ellie tu vai benissimo. Sei
una ragazza fantastica, piena di vita e di voglia di ridere. Che c’è di male?-
-Andrew tu non mi conosci. Tu
non sai del perché ho lasciato Zanna. Ma credimi se ti dico che non avevo
alternativa. Solo, è l’unico modo che ho per non farlo soffrire più.-
-Perché dici questo?- chiese
lui, con una nota di tristezza e dolore nella voce.
-Andrew io amo Zanna, ma lui
non è la persona giusta per me. E io non voglio prenderlo in giro ulteriormente.
Ho sbagliato lo so. Ma adesso voglio rimediare. Non gli mentirò più in questo
modo.- Andrew le prese il volto tra le mani.
-Lo sai, sei proprio un gran
casino.- Ellie rise, prima che quel suono fosse soffocato da un attacco
improvviso di tosse che cessò quasi subito, sostituito da un rumore strano, più
gracchiante, più cupo. A bocca aperta, una mano sul cuore, Ellie non riusciva a
respirare.
-Ellie? Ellie che ti
succede?- lui la prese per le spalle, spaventato, mentre lei si aggrappava a
lui con una mano e con l’altra al divano, tossendo furiosamente. Poi cessò. Con
calma tornò a respirare.
-Tutto a posto? Cosa è
successo?- le chiese.
-Tranquillo, va tutto bene.
E’ passato. Mi capita ogni tanto.- disse lei, come se nulla fosse.
-Sicura? Vuoi che chiami i
tuoi?-
-Andrew sto bene.- lo
rassicurò lei, dolce.
Lui non sembrò convintò.
-Sai hai ragione: sono
proprio un gran casino.- i due risero per quella battuta.
-Sì, ma io so come tirarti su
il morale.- disse lui, alzandosi e andando a tirare fuori dal frigo una torta
con sopra un mantello di marmellata di frutti di bosco.
-Non ci credo, è la mia torta
preferita. Ma si può sapere come fai?-
-Cara mia, tu non mi
conosci.-
-Mentre tu conosci me molto
bene, giusto?-
-Eh già!- stettero lì sul
divano, a mangiarsi la torta chiacchierando amichevolmente, raccontandosi
aneddoti divertenti. Quando furono le undici Ellie decise che era ora di
tornare a casa.
-Andrew volevo ringraziarti
per la piacevole serata e per.. oggi pomeriggio. Se non fosse stato per te
probabilmente sarei ancora là a piangere.- disse lei.
-Ellie io sono lì per te
esattamente quanto lo sono per Will. Non devi far altro che chiedere.- le disse
lui, gentilmente, accarezzandole la guancia.
-Grazie.-
-Buonanotte.-
-Notte.-
“Ellie”