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Autore: Geneve    16/08/2012    4 recensioni
Fan fiction pensata dopo una nottata a guardare le stelle cadenti...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tarja Turunen , Tuomas Holopainen
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer:
I Nightwish e Marcelo, ovviamente, non mi appartengono e con questo testo non ho alcuna intenzione di offenderli. Tutto ciò che ho scritto è frutto della mia immaginazione e non è assolutamente a scopo di lucro.

 

 


Night Of The Shooting Stars


 

Un nero manto, completamente privo di nubi e tappezzato di migliaia e migliaia di stelle luminose si stendeva sul cielo di Suomenlinna e Tarja camminava lungo l'isola che conosceva tanto bene, restando affascinata dallo spettacolo creato dai resti della fortezza costruita sull'isola sotto il suo amato cielo finlandese, come se fosse stata la prima volta che poteva osservarlo. Si voltò e rivolse un piccolo sorriso a suo marito, distante da lei solo di pochi passi; il suo viso, illuminato dalla falce di luna crescente, gli donava un aspetto tetro, quasi cadaverico, in netto contrasto con la sua consueta carnagione abbronzata. Gli tese una mano, che intrecciò appena con la sua e proseguì silenziosamente per qualche passo. Era perfettamente consapevole che Marcelo non amava troppo le camminate, specialmente quelle notturne, durante le quali era difficile distinguere con chiarezza lo spazio circostante, eppure non si era opposto alla sua richiesta di accompagnarla a Suomenlinna di notte. Lei dal canto suo iniziava a vivere dopo il crepuscolo. Che si trattasse di fare un concerto, una passeggiata o anche solo di sedersi in riva al mare a pensare, amava essere avvolta dall'oscurità e lasciarsi inghiottire da essa. Differentemente da molte persone, Tarja si sentiva sicura e confortata quando si abbandonava tra le braccia delle tenebre. Si guardò attorno cercando il punto migliore in cui fermarsi, la sua vista sembrava quella di un felino. Si fermò su una distesa d'erba, si tolse il cappotto nero e lo posò a terra con cura, sdraiandovisi sopra e invitando con un gesto il suo compagno a fare lo stesso.
Restarono sdraiati a terra per diversi minuti, mano nella mano ma senza guardarsi né parlarsi, lo sguardo rivolto alla volta cieleste e i pensieri lontani.
Una stella cadente attraversò il campo visivo di Tarja per quella che sembrò un'eternità rispetto alla normale fugacità di questi corpi celesti, quasi come volendo dare alla cantante un segno, esortandola ad esprimere un desiderio. Ciò che la stupì ancora più del tempo, però, fu la luce folgorante emessa dall'astro, così luminosa che in anni ed anni non le era mai capitato di assistere ad un fenomeno simile eppure ricordava perfettamente tutte le nottate trascorse con il naso all'insù a osservare il firmamento. Le sembrava quasi di sentire quella voce bassa e familiare: "...E quella è la costellazione del cigno, la vedi laggiù? Lì invece c'è la cintura di Orione..." tese una mano dove, nel suo ricordo, c'era la mano diafana del ragazzo ma ciò che strinse fra le dita fu solo l'aria fredda.
A infrangere quel doloroso viaggio nel passato fu Marcelo, che la osservava con uno sguardo triste:
- Che desiderio hai espresso? -
Il silenzio che ricevette di rimando fu una risposta fin troppo chiara, che in fondo nei meandri della sua mente, conosceva benissimo. Anche se per lungo tempo aveva cercato di confinare il più lontano possibile quella fastidiosa verità, incentivato dalla mancanza di comunicazione che si era creata fra loro riguardo al passato della donna. Tuttavia Marcelo era stanco di quel silenzio: aveva bisogno di una risposta, anche se  probabilmente lo avrebbe solo fatto stare peggio.
- Dimmelo Tarja, riguardava Lui, vero? Vero? - alzò la voce più di quanto non avesse voluto e subito se ne pentì, aveva tolto bruscamente la mano da quella della moglie e si era tirato a sedere per guardarla negli occhi, un lampo di rabbia pura che attraversava il suo sguardo ferito. Non voleva spaventarla e non avrebbe mai alzato le mani su di lei, ma nei suoi occhi era riversata tutta la frustrazione e l'invidia che provava nel profondo del suo animo. Invidia che aveva creduto, ingenuamente, di sconfiggere col matrimonio, ma che era cresciuta negli anni radicandosi in lui come una pianta velenosa che non riusciva più ad estirpare; perché per quanto tentasse di allontanare i dubbi dalla sua mente non era certo uno stolto e l'aveva vista, la "sua" Tarja piangere con lo sguardo perso all'orizzonte, l'aveva vista uscire dai negozi di cd musicali con le lacrime agli occhi dopo aver rigirato nervosamente tra le mani le copertine dei cd dei Nightwish e l'aveva sentita mormorare scuse mentre cantava Angel Fall First con la voce rotta dai singhiozzi. Ma nonostante tutto aveva sempre evitato di parlarne, troppo timoroso di perderla, anche se sapeva benissimo che lei non era mai stata veramente sua. Certo, gli voleva bene ed era sempre stata dolce con lui, era sempre stata attenta a non ferire i suoi sentimenti, nascondendo in ogni modo i resti di quell'amore straziante di cui lui era sempre stato geloso. Forse l'aveva anche amato, ma col tempo aveva capito che un amore come quello che la legava al tastierista non l'avrebbe mai provato per nessun altro: erano come due anime gemelle, si appartenevano e nulla avrebbe cambiato le cose, neppure il tempo o la distanza.
La scintilla d'odio nei suoi occhi andò scemando, lasciando posto a un'incontenibile tristezza.
- Perdonami Marcelo - pronunciò flebilmente Tarja, gli occhi smeraldini spenti e velati di lacrime.



- Meeri? Ciao, sì, sono io, scusami... So che ci tenevi tanto per stasera ma non mi sento troppo bene... No tranquilla, non venire. Non è niente di che, credo che prenderò un'aspirina e mi metterò a letto... Sì, sarà stanchezza... Ti chiamo domani -
Tuomas Holopainen si massaggiò stancamente le tempie lasciandosi cadere sul divano. Usciva con Meeri da qualche mese e sembrava tutto perfetto fra loro, eppure le aveva appena mentito e non era nemmeno la prima volta. Era dispiaciuto per quella povera ragazza, sapeva quanto fosse dolce e gli piaceva la sua solarità, la sua spensieratezza e il suo modo di vedere il mondo. Ma erano fin troppo diversi e in fondo non si sentiva capito da lei. Fra loro c'era rispetto, interesse, amicizia... ma non ci sarebbe stato niente di più, anche se tecnicamente lei era la sua ragazza mancava completamente quella perfetta intesa fatta di sguardi, di parole sussurrate e di gesti. In poche parole mancava la complicità. Si erano conosciuti in un locale, una sera e lei l'aveva subito colpito con il suo spirito in grado di trascinare chiunque e con la sua bellezza non indifferente: era alta, slanciata, con una lunga chioma di capelli rossi che le ricadeva lungo il corpo da modella. Era bellissima e i ragazzi l'avevano subito incoraggiato a uscire con lei e così aveva fatto, si divertivano insieme e lei sapeva sempre lasciargli i suoi spazi, però il suo cuore apparteneva ad un'altra, un'altra persona che come lui quella notte aveva deciso di passarla lontano dagli impegni, a guardare le stelle cadenti, perché quella era la Loro notte.
Indossò una giacca e imboccò la porta di casa, camminando a passo svelto raggiunse la barca e si diresse sulla sua piccola isola, il suo angolo privato di mondo. Si sdraiò sull'erba, le mani intrecciate dietro la nuca a mo' di cuscino e si perse a scrutare il cielo, tornando con la mente indietro di anni. Era stato sotto quello stesso cielo stellato che da giovane aveva preso una delle decisioni più importanti della sua vita: rinunciare a diventare un biologo marino per intraprendere una carriera musicale con la sua migliore amica, con quella che da sempre era stata la sua musa e il suo amore nascosto. Uno sbuffo gli uscì dalle labbra senza nemmeno che potesse fermarlo. Si chiese dov'era lei in quel momento, cosa stesse facendo e se stesse guardando il cielo come era solita fare con lui. Ma probabilmente non lo stava facendo - pensò: era cambiata troppo per tener fede a promesse e tradizioni di quando avevano 18 anni. Il dubbio però continuava a perpetrargli la mente. Se avesse guardato anche lei il cielo, per quanto distanti fossero e nonostante il muro che avevano innalzato, con le centinaia di parole non dette, ognuno a propria difesa, in un certo senso sarebbero stati ancora vicini. Una stella cadente squarciò il cielo proprio in quel momento e rimase in attesa che il poeta esprimesse il suo desiderio notturno. Era troppo tardi per sperare che tornasse eppure il suo cervello non riuscì a formulare altro desiderio all'infuori di quello di vederla, di stringerla ancora una volta fra le sue braccia. Scosse la testa, dandosi mentalmente dello sciocco e un sorriso amaro gli incurvò le labbra.
Si addormentò lì, sotto il cielo stellato, borbottando il nome di Tarja, senza che nessuno potesse udirlo. Si svegliò con le prime luci dell'alba, infreddolito e con la bocca impastata. Si guardò attorno disorientato e dopo qualche istante decise di tornare a casa.
Trovò tre messaggi in segreteria, tutti di Meeri, che gli chiedeva che fine avesse fatto, ma li cancellò e si diresse in cucina per preparare un caffè.
Suonò il citofono e sbuffò infastidito: che fosse Meeri che, non ricevendo sue risposte, era andata a cercarlo?
Si trascinò fino al bagno e si sciaquò il viso, segnato da profonde occhiaie. Si passò una mano fra i capelli, come a volerli pettinare e li legò in una coda, almeno così non sarebbero stati troppo disordinati. Si aspettava un secondo colpo di citofono, ma non lo sentì. Aggrottò la fronte e andò ad aprire la porta. Una figura femminile con un mantello blu scuro, lungo fino ai piedi e un cappuccio calato sulla testa, si allontanava lungo il vialetto della sua casa.
- Aspetta - disse soltanto, senza capire chi fosse la donna.
La figura si voltò e abbassò lentamente il cappuccio, rivelando un volto stanco e rigato di lacrime ma splendido come la prima volta che l'aveva visto.
- Tarja! - esclamò l'uomo incredulo, tradendo nella propria voce più entusiasmo di quanto avesse voluto lasciarne intendere.
La cantante gli corse incontro senza dire una parola e si tuffò fra le sue braccia, sull'uscio di casa, facendogli quasi perdere l'equilibrio, ma Tuomas non ci fece caso: una sua mano accarezzava dolcemente la testa della donna, mentre l'altra le cingeva la vita.
Doveva trattarsi di un sogno, per forza, non riusciva ancora a credere di avere la vera Tarja fra le braccia, eppure il profumo inconfondibile della sua pelle lo stava già inebriando ed era certo che non potesse essere solo frutto della sua fervida immaginazione. Si staccò da lei un poco e le sollevò il mento con due dita, delicatamente.
Tarja si immerse in quelle iridi che tanto le erano mancate, quegli occhi da lupo, come era stata solita definirli e vi lesse un mucchio di domande.
- Non c'è stato un solo giorno in questi anni in cui non ho pensato a te - mormorò sostenendo il suo sguardo. Sapeva bene di non essersi comportata bene e temeva un rifiuto da parte del tastierista. Si sentì profondamente stupida per aver capito di amarlo solo quando ormai l'aveva perso e si sentì ancora peggio pensando che per tutti quegli anni aveva tentato di nascondere i sentimenti che provava per lui, senza cercarlo mai una volta, senza lasciarsi mai vedere una volta, anche quando si era trovata a pochi metri da lui.
- Perché ora? - domandò l'uomo confuso.
- Ricordi che quando eravamo giovani tutti gli anni mi portavi a vedere le stelle cadenti? Mi avevi detto che tutti i miei sogni si sarebbero realizzati, perché io ero un angelo... -
La bocca di Tuomas si aprì per replicare ma Tarja gli posò gentilmente un dito sulle labbra - Lasciami finire. So che sono caduta per prima, proprio come avevi detto tu. Fra noi due eri sempre tu quello che sapeva tutto. Tu che sembravi il più insicuro dei due, avevi capito molto prima di me i sentimenti che provavi e avevi capito anche me, meglio di chiunque altro, meglio perfino di me stessa. - Prese fiato - Ho avuto tutto dalla vita: il dono di poter cantare e  poter fare un lavoro che mi piace, amata da tante persone, ho avuto fama e soldi e ho avuto un buon marito. - All'ultima parola Tuomas si incupì e spostò lo sguardo dal viso perfetto della soprano - Ma non ero felice. Ieri stavo guardando le stelle e sai cosa ho desiderato? Te. Solo te. Ho commesso molti errori, ma rinuncerei ad ogni cosa pur di trascorrere il mio tempo accanto a te, ora. - Trasse un profondo respiro - E posso capirlo se non mi credi e se c'è un'altra persona nella tua vita, che ti rende tutto molto meno difficile di come abbia sempre fatto io, posso capirlo se non mi ami più o se... -
Ma Tuomas non seppe mai come avrebbe terminato la frase perchè si chinò sulle sue labbra e la baciò. Un bacio dolce inizialmente, un solo sfiorarsi di labbra, che poi si approfondì e si fece più passionale e disperato, un bacio dettato dall'urgenza di entrambi di appartenersi e di lenire le ferite che si erano causati a vicenda. Fu un bacio meraviglioso e travolgente, che racchiudeva ogni emozione e ogni ricordo, un bacio tanto atteso quanto agognato. Tuomas, che aveva per primo preso l'iniziativa, fu il primo a staccarsi.
Il suo sguardo vagò sugli occhi verdi della donna, sulla sua fronte, sulle sue guance leggermente arrossate, sulle sue labbra e poi ancora sui suoi occhi magnetici. Sospirò e con un piede aprì la porta, rimasta socchiusa fino a quel momento, invitandola con un gesto ad entrare.
- Accomodati - le disse, subito prima di sparire in cucina lasciandola sola e confusa sul divano del soggiorno.
- Caffé? - chiese, di ritorno dopo una manciata di minuti.
Tarja annuì ringraziandolo e afferrò la tazza che le stava porgendo Tuomas. Sfiorò le dita del pianista con le sue, in un gesto inconscio e a quel contatto rabbrividì ma lui non fece trasparire alcuna emozione. Si sedette di fronte a lei e iniziò a sorseggiare la bevanda calda, che gli fece provare un immediato sollievo dalla stanchezza e dal turbamento che gli aveva causato quell'inatteso incontro.
- Ho paura - si lasciò sfuggire dopo qualche istante di silenzio, durante il quale si era ostinato a tenere lo sguardo basso, lontano da quello della donna, che invece lo aveva osservato per tutto il tempo.
- Anche io ne ho - confessò Tarja in un sussurro avvicinandosi a Tuomas e prendendogli le mani con le sue.
Un sorriso si aprì sulle labbra dell'uomo, che ricambiò la stretta delle mani.



Nessuno seppe dire quanto tempo rimasero lì a chiacchierare su quel divano o cosa accadde dopo ma se chiederete a qualcuno che li conosceva di certo vi dirà che qualunque cosa abbiano fatto da quel giorno in poi l'hanno fatta insieme. Pochi mesi dopo quella fatidica mattinata fui concepita io: Anja Helena Holopainen. Molte furono le voci che girarono sui miei genitori e sul destino dei Nightwish, ma non è né il momento né il luogo adatto per parlarne. A fianco ho il mio secondogenito, un adorabile peste di soli cinque anni, con gli stessi occhi blu che io stessa ho ereditato da mio padre. Oggi è il primo giorno di neve dell'anno e come ogni volta a questa ricorrenza vengo qui, al piccolo cimitero di Kitee, a trovare i miei genitori. Mio figlio mi chiede continuamente di raccontargli di loro, come se fossero i protagonisti di una fiaba e in un certo senso credo anche io che si possa definire così la loro storia.
Tarja è stata la prima a morire, a 76 anni. Le cime degli alberi erano innevate e una leggera cascata di fiocchi di neve stava avvolgendo la città. Tuomas era irrequieto, nonostante avesse sempre amato la neve, ed era caduto in uno dei suoi stati di trance creativa, davanti al pianoforte. Tarja era andata a fare la spesa, ma non fece mai ritorno a casa: un'automobile la investì a pochi metri dal supermercato. Era morta sul colpo, ci dissero in ospedale. Se non altro non aveva sofferto, pensai io, ma Tuomas era sconvolto e non faceva che piangere. Morì pochi giorni dopo di lei, per cause naturali a detta dei medici, per quanto ne so io morì per lei. L'ultimo giorno che lo vidi, le sue dita ormai provate dall'artrosi stavano scorrendo sui tasti del pianoforte, intonando Forever Yours con un vigore inimmaginabile per un uomo della sua età, sembrava instancabile; ma il giorno dopo si spense. In silenzio ma con un sorriso sulle labbra e una lettera striminzita accartocciata nelle mani. Era rivolta a me:
"Sento che il mio momento è giunto e spero che mi perdonerai per averti abbandonata proprio ora, bambina mia, ma ti prego di ricordare che ti sarò sempre vicino, insieme alla mamma. Buona Fortuna.
Papà".






Geneve's Corner:

Ecco la mia primissima fan fiction sui Nightwish! Prima di tutto vorrei dire che io adoro anche i "nuovi" Nightwish e rispetto moltissimo Anette, ma la mia mente malata si è fatta troppi film con le canzoni che Tuomas scriveva per Tarja... e questo ne è un assaggio. Voglio ringraziare tutte le persone che hanno letto e che commenteranno (se ce ne saranno). Mi farebbe molto piacere ricevere un vostro parere, anche critico.
:)


  
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