Questa fic è nata in occasione di due ricorrenze che cadevano il 3
marzo.
La più
universalmente diffusa è il compleanno di Doumeki (Emo Birthday,
Shizuka-chaaan!)…
Il secondo
è un anniversario.
Un anno fa
una povera anima innocente , ispirata non si sa da
quale Hitsuzen a lei avverso, mi mandò contattò per una fanfic e da allora è
rimasta invischiata nel mio folle, perverso mondo yayoyo.
Grazie
mille Harriet di avermi contattata,
di non essere scappata per ben 365 giorni e per fangirl-are
sempre così produttivamente con me! Buon Emo Anniversario! XD
Anche immersa nel buio la stanza aveva un aspetto
bizzarro.
L’ampia porta scorrevole ed
il tatami erano in perfetto stile giapponese, e la
cosa non era di per sé strana dato che quella era una stanza giapponese.
Proprio sulla parete opposta era stata sistemata una lunga e robusta mensola
sulla quale facevano bella mostra di sé gli oggetti più disparati.
Diversi trofei sportivi
erano intervallati da otto orsi di pezza di splendida fattura, ognuno diverso
dall’altro per colore e tessuto, ma ciascuno con un’indecifrabile espressione
meditabonda sul muso.
Una bambola di stile
occidentale con indosso un ricco abito di pizzo bianco e rosa sedeva accanto ad una cornice piuttosto infantile fatta di
cartoncino colorato che ospitava la foto di una bambina in braccio ad un
signore anziano (ma figo! Oh se era figo… *_*).
Diversi numeri della rivista
Maganyan giacevano sparsi un po’ alla rinfusa, così come disseminate ovunque c’erano frecce, sia integre che spezzata. Una spuntava fuori
addirittura da uno dei volumetti a mo’ di segnalibro.
Appesa con un gancio al
bordo della mensola, penzolava una divisa maschile ben stirata.
A completare quella buffa
parata stava un’impressionante collezione di gashapon di Doraemon.
Oltre a questo, nella stanza
stavano qualche libro scolastico abbandonato su
un’anonima scrivania, un sacchetto che troneggiava nel bel mezzo della camera
dal quale facevano capolino diversi pacchetti e pacchettini colorati e,
sistemata accanto al letto, una sveglia che cominciò all’improvviso a suonare
ed il suo insistente trillo riempì le mura, svegliando il ragazzo che dormiva
nel letto.
Così iniziò la giornata di
Doumeki Shizuka.
Shizuka spense la sveglia
con una manata e si alzò svogliatamente a sedere, con le coperte che si
ammucchiavano disordinatamente sulle sue gambe. Non era un tipo particolarmente
pigro, ma svegliarsi alle cinque di mattina non esperienza entusiasmante
per nessuno.
Passato però il momento di
sconforto iniziale, il ragazzo si mise in piedi senza altri indugi e si diresse
in bagno. Immerse letteralmente la faccia nel getto d’acqua fredda del
rubinetto per spazzare via i rimasugli di sonno e si tirò su, lasciando le
goccioline a solleticargli la pelle. La specchiera del lavandino gli restituì
la propria immagine, i suoi occhi ormai completamente svegli, ma fissi in
un’espressione completamente asettica, forse un poco annoiata.
Era passato un altro anno
eppure la sua faccia era sempre la stessa.
Forse,
pensò, perché attorno a lui tutto era sempre immancabilmente insopportabilmente
lo stesso, giorno dopo giorno, anno dopo anno.
Tornò nella propria stanza
ed indossò il kimono da lavoro che usava per aiutare al tempio ogni giorno.
Aveva sempre pensato che somigliasse ad un pigiama, ma lui non faceva troppo
caso alla sua apparenza, quindi non se ne era mai
lamentato.
“Buongiorno, tesoro!” lo
salutò sua madre non appena mise piede in cucina.
Prima che avesse
il tempo di rispondergli, la donna gli era già corsa incontro e lo aveva
stretto in un affettuosissimo abbraccio spacca-ossa.
“Ha dormito bene il mio
bambino?” domandò lei, tirandolo per la casacca del kimono e costringendolo a
chinarsi per ricevere il quotidiano bacio sulla fronte. Era da molto tempo che
la donna si era vista superare in altezza dal figlio.
“Ho dormito.”
“Favoloso! Vuoi fare colazione?
Visto che oggi è un giorno speciale, ti ho preparato una colazione specialissima!”
La donna era già corsa verso
i fornelli senza aspettare nessuna risposta, troppo entusiasta all’idea della
propria creazione culinaria.
“Prima dovrei spazzare il
cortile.”
“Certo, caro, certo! Vai
pure! Sarà tutto pronto per quando avrai finito!”
Il cortile era pienamente
illuminato nonostante fosse mattina molto presto, grazie soprattutto
all’attenzione con cui erano stati disposti gli edifici durante la sua costruzione,
in modo che persino i primi raggi di luce arrivassero a colpire il maestoso
albero sacro al centro del complesso.
Era un panorama notevole, ma
Shizuka ci badò ben poco dato che ci aveva a che fare
ogni giorno. Prese a spazzare per bene il selciato, lieto che
in quel periodo dell’anno non ci fossero montagne di foglie secche da
raccogliere. Il suo stomaco borbottò la sua richiesta di essere riempito
e Shizuka ripensò con molto più interessa alla
colazione promessagli da sua madre.
Una colazione speciale per
un giorno speciale.
Nonostante tutte le feste di cui sua madre lo ricopriva ogni
volta, lui proprio non riusciva a capire cosa ci fosse di tanto speciale.
Era un giorno come gli
altri, in cui niente cambiava e niente gli pareva davvero importante.
Rientrò quando ebbe
terminato e sua madre lo afferrò per un braccio, trascinandolo fino ad una
tavola imbandita di ogni bendiddio possibile,
immaginabile e commestibile per colazione.
Shizuka a quel punto era
abbastanza affamato e si fece avanti senza troppi
complimenti. Era tutto buonissimo, ma si era abituato così tanto al fatto che
niente gli provocasse una qualsiasi reazione, che le poche volte in cui
capitava, non riusciva più ad esternarlo. Perciò
continuò a mangiare senza cambiare espressione.
Quando la tavola era ormai stata svuotata ed il suo stomaco
placato, Shizuka si alzò da tavola per prepararsi ad andare a scuola.
Si voltò verso sua madre e
la fissò qualche istante.
“Non c’è di che, bambino
mio! Sono contenta che ti sia piaciuto!” rispose lei
prima ancora che Shizuka potesse dire qualcosa.
Con un cenno del capo lasciò
la cucina e tornò nella sua stanza.
Fissò per un po’ la divisa
prima di cominciare ad indossarla, domandandosi come sempre perché in un mondo
già così noioso dovessero inventare divise così banali. Ma in fondo se avesse
dovuto indossare una tuta, un frac o un costume da godzilla non avrebbe fatto
alcuna differenza, sarebbe stato comunque senza
significato per lui.
Mentre allacciava i bottoni ebbe la sensazione di essere
osservato, ed alzò gli occhi per rispondere allo sguardo degli orsi con
un’espressione altrettanto atona.
Il nonno diceva che quegli
animali di pezza gli somigliavano parecchio, per questo ogni
anno, proprio in quel giorno, gliene regalava uno.
Se Shizuka avesse dovuto
dire a cosa tenesse veramente tra le sue cose, avrebbe sicuramente risposto
indicando quegli orsi, perché gli ricordavano il nonno e gli rammentavano un epoca in cui il mondo non era noioso e privo di
importanza.
Recuperò la cartella e vi infilò i libri per le lezioni di quel giorno, prendendoli
a colpo sicuro dalla pila disordinata, e fece per uscire dalla stanza, quando
inciampò sul sacchetto di pacchetti, rovesciandolo e disperdendone il contenuto
tutto attorno. Incredibile... San Valentino era passato
da più di due settimane ed ancora non era riuscito ad esaurire tutta la
cioccolata che gli era stata piantata in mano quel giorno. Proprio come l’anno prima e quello prima ancora. Non poteva certo
lamentarsi di tutti quei dolci gratis, ma d’altro canto avrebbe
anche potuto farne a meno senza troppi problemi.
Lasciò la stanza com’era, l’avrebbe riordinata quando fosse tornato da scuola. O l’avrebbe fatto sua madre. Oppure
sarebbe rimasta così tutto il giorno, in fondo che importava?
*
“Ehi Doumeki-kun! Hai
sentito? Congratulazioni!”
Shizuka alzò a malapena lo
sguardo sul compagno di classe che si era avvicinato a lui mentre entrava a
scuola ed inclinò un po’ la testa con fare dubbioso.
“Le elezioni! Hai vinto! Sei
il presidente dell’associazione studentesca!”
“Ah.”
Shizuka non ricordava di
essersi mai candidato, ma doveva essere stata una di quelle volte in cui i
compagni di classe gli chiedevano insistentemente di fare qualcosa e lui accettava senza nemmeno aver capito a volte di cosa si
trattasse.
“Devi
andare in aula professori per qualche faccenda burocratica, o roba simile... Boh, ci vediamo in classe! Ciao!” ed il ragazzo se ne andò di gran carriera mentre la campanella suonava.
Mentre la maggior parte
degli studenti nutre un atavico timore nei riguardi
dell’aula professori, Shizuka la considerava niente più che un’altra aula e vi
entrò, bussando prima ovviamente, ma senza essere minimamente emozionato.
“Ciao!”
Una ragazza con dei lunghi
capelli neri e ricciolini se ne stava proprio accanto
alla porta con un abbagliante sorriso.
“Mh.”
rispose automaticamente lui, senza darvi troppa
importanza.
“Sei Doumeki-kun, il nuovo
presidente, vero? Piacere di conoscerti, io sono Himawari Kunogi, faccio parte anche io
dell’associazione studentesca! Spero che lavoreremo bene
insieme!”
Shizuka fissò la ragazza per
qualche istante prima di risponderle con un “Ok.”, di
cui lei comunque si ritenne soddisfatta.
Intanto uno dei professori intento a sistemare una risma di fogli nella
fotocopiatrice ebbe qualche problema col cassettino estraibile e finì per far
cadere tutto, lasciandosi scappare tra l’altro un’esclamazione per nulla adatta
ad una scuola.
“Oh!” esclamò preoccupatissima la ragazza, correndo in soccorso del
professore.
Si chinò assieme a lui e in
breve tempo riuscirono a recuperare tutti i fogli perduti.
“Grazie davvero!” disse il
professore, infilando finalmente nel modo giusto la carta nel macchinario.
Shizuka sentì il bip del
bottone d’avvio, ma lo scricchiolio che se seguì non sembrava affatto il normale
rumore di una fotocopiatrice che compie il suo dovere nel modo corretto.
All’improvviso l’aula fu invada da fogli macchiati di
inchiostro nero che venivano sparati a getto dalla macchina, come se fosse
posseduta, gettando nel panico più totale il professore che la stava usando, la
ragazza (Kunogi, vero?) che l’aveva aiutato e il resto dei docenti nella
stanza.
Shizuka osservava la scena
assolutamente inusuale che si trovava davanti, e prima
di intervenire per dare a sua volta una mano si sorprese a pensare che tutto
quello fosse piuttosto divertente.
*
La fotocopiatrice aveva
smesso di fare le bizze non appena lui si era avvicinato ed aveva premuto un
tasto. Davvero strano il modo in cui era andata in
tilt così all’improvviso... I professori avevano anche commentato che era una
macchina nuova di pacca...
Shizuka ripensava con
interesse, cosa assai rara per lui, al putiferio in aula professori, quando
qualcosa di ben più assurdo gli piombò praticamente
addosso.
“ViaviaviaviaviaVIA
DA MEEEEEEEEEEEE!!!”
Un ragazzo comparve dal
fondo del corridoio, correndo come un pazzo, agitandosi nel modo più strano che Shizuka avesse mai visto e strillando come se lo
stessero uccidendo.
Shizuka era così sorpreso
(altra novità per lui quel giorno!) che non si scansò nemmeno quando la furia
urlante gli si scaraventò contro, facendo finire entrambi per terra.
“Oh Cielo! Mi dispiace
immensamente, non ti avevo visto ecco io... ecco io...”
cominciò a scusarsi rumorosamente ed in maniera
esagitata il ragazzo, tastandosi attorno per cercare gli occhiali che erano
volati via durante la collisione.
Non appena li ebbe
recuperati e risistemati sul naso, si guardò attorno con aria stupita,
dimenticandosi di aver praticamente investito un’altra
persona.
“Oi...
sei pesante, spostati.” gli disse Shizuka fissandolo
incuriosito (ma questo solo lui poteva saperlo, perché il suo viso rimase
inespressivo).
Il ragazzo parve ricordarsi
di lui all’improvviso ed era sul punto di proferire un’altra cascata di scuse
quando incrociò il suo sguardo. E fu come se qualcosa
fosse successo in quel momento, perché il ragazzo cambiò espressione.
“Cosa???
Ma come ti permetti di darmi ordini??? Tanto per cominciare è stata tutta colpa
tua che te ne stavi impalato in mezzo al corridoio come uno stoccafisso e lo sanno
anche gli scemi che è pericoloso starsene fermi in mezzo ai corridoi dove la
gente passa!”
“Correre in un corridoio è
molto più pericoloso e solo un idiota lo farebbe.”
Aveva ribattuto ancora prima
di chiedersi se valesse la pena di farlo. Aveva semplicemente voluto farlo.
“Cosa
sentono le mie orecchie??? Mi stai dando dell’idiota? Tuuuuuuu come oooosiiii????”
Il ragazzo era scattato in
piedi ed aveva cominciato a gesticolare animatamente nel mezzo della scuola,
durante le ore di lezione.
“Quanto sei
rumoroso, idiota...” constatò Shizuka alzandosi a sua
volta.
“Non ti permettere mai più
di darmi dell’idiota! Mai più! Ho un nome, io! Mi chiamo Watanuki
Kimihiro, ma è inutile anche che te lo dica perché
non ho intenzione di avere mai più a che fare con uno scemo come te, chiunque
tu sia!!!”
E nonostante gli strilli, le urla, i gesti inconsulti
e gli improperi, Shizuka pensò che valesse la pena aver incontrato quella
persona assurda.
“Mi chiamo Doumeki Shizuka,
idiota.”
“GWAAAAAAAAAHHH!!!”
*
“E’ proprio una splendida
giornata!” esclamò estasiata Himawari, dando un bocconcino di riso a Tanpopo.
“Non lo è per me! Yuuko-san mi ha detto che avrei dovuto portar fuori tutto
il suo ciarpame a prendere aria non appena ci fosse stato un po’ di sole...” commentò sconsolato Watanuki piangendo sulle sue crocchette di granchio.
Doumeki non intervenne e si
limitò a mangiare un altro pezzo di frittata. Himawari continuava a sorridere
ed a giocare con l’uccellino dorato, che saltellava vispo sulla sua spalla, Watanuki non la smetteva un secondo di lamentarsi e lui li
osservava di sottecchi mentre mangiava.
Erano due anni che li
conosceva, due anni esatti quel giorno. Da allora si era stupito, divertito,
arrabbiato, spaventato. Aveva imparato di nuovo che attorno a lui era pieno di
cose che avessero importanza.
Erano due anni che la vita e
il mondo avevano ricominciato ad avere un senso.
Festeggiò la ricorrenza in
silenzio, mangiando una polpettina di polpo (che era deliziosa e lui era felice
di mangiare), ringraziando Dei, Spiriti, Hitsuzen o
chi di dovere per avergli fatto, due anni fa, il più bel regalo di compleanno
della sua vita.
Owari
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