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Autore: L_Fy    21/08/2012    47 recensioni
Questo racconto breve (e sconclusionato!) conclude la trilogia dedicata alla mia versione di storie nate al telefono. Storie assurde, surreali, improbabili: come i sogni. E come i sogni, non voglio mai smettere di scriverle e sperare che da qualche parte, nel mondo, possano succedere veramente...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Pronto?”
Bastò il tono ansioso della voce uscita dalla cornetta perché  Andrea sentisse minacciato il miraggio di un’uscita in orario dall’officina per dedicarsi a una doccia corroborante, una bella cena e una classica uscita tra amici il venerdì sera.
“Pronto.” rispose quindi con voce cupa.
“Autofficina Liberti?” insisté la voce incerta.
Una voce giovane, femminile, dolce, spaventata: Andrea si immaginò una fanciulla con grandi occhi modello Bambi e un fluttuante vestito da donzella in pericolo.
“Si, officina Liberti, posso esserle utile?” rispose ammansito: ogni uomo in fondo nasconde in sé un cavaliere con la lancia in resta, pronto a salvare la femmina di turno.
“Certo che può essere utile” berciò la giovane voce cambiando bruscamente tono “Le sembra che chiamerei in officina al venerdì sera se non avessi bisogno urgente?”
Mentre l’immagine mentale del fluttuante vestito da donzelletta si dileguava, Andrea riprese un tono professionale e distaccato.
“Mi dica allora.”
“Ho la macchina in panne.” grugnì la voce con evidente tono accusatorio.
“Capisco. Beh, non è colpa mia.”
“Lo so, ma come vorrei che lo fosse! Almeno saprei dove dirigere i colpi di mortaio. Invece niente. Questa stronza merdosa mi ha mollato qui in mezzo a una strada e io sono già in ritardo.”
“Capisco.” ripeté Andrea con estrema dignità sbirciando l’orologio: la voce, divenuta petulante, gli aveva già smorzato tutti i bollori da Lancillotto testé scatenati.
“Oh, cavolo, mi scusi, ho detto stronza…”
“Si figuri.” sorrise Andrea sotto i baffi.
“Oh, cazzo, ho anche detto merdosa… oh, merda, ho anche detto… beh, insomma mi scusi.”
“Ovviamente.” borbottò Andrea sbadigliando.
“E’ che stasera sta andando tutto così merdosamente storto che non so più dove… oh, mi scusi, ho detto di nuovo…”
“… merdosamente, ok, ho capito. Guardi, facciamo così, le assicuro che le mie virginee orecchie sopporteranno l’onta e quindi la perdono per tutte le parolacce a venire, intanto mi spieghi cosa è successo.”
Andrea intendeva chiedere cosa era successo alla macchina, ma la ex donzelletta aveva evidentemente capito qualcos’altro e aprì le cateratte con una veemenza quasi drammatica.
“Tutta dannata colpa di mia nonna: la sono andata a trovare, capisce… cioè, non sono una crocerossina, la mia non è una nonnina inferma grazie al cielo, è sana come un pesce e quando va a funghi è capace di scalare il Kilimangiaro… comunque, sono andata a rubarle la ricetta del fagiano ai frutti di bosco, e lei mi ha dato 20 euro, capisce? Così mi sono detta, santa pensione della nonna!, così non faccio Bancomat! Con la crisi che c’è vedo di farmeli bastare. Ho quindi fatto solo 10 euro di benzina, ma per quel vampiro turbodiesel della mia macchina 10 euro sono come dare un sorso di cedrata a uno che sta morendo disidratato nel deserto, così quando mi hanno chiamato per dirmi di trovarmi a Torrenera alle nove sapevo che non sarebbe nemmeno arrivata ai nastri di partenza. Allora ho chiesto la macchina al mio vicino di casa, che ha sempre il pieno... oddio, detta così sembro una scroccona patentata, ma a mia discolpa posso garantire che è il mio vicino a essere uno scroccone patentato, e ha inoltre la fortuna di avermi come amica del cuore dall'infanzia, quindi... comunque, sono partita senza nemmeno truccarmi e dovevo capirlo da lì che girava male, come si fa a dare il meglio di sé senza nemmeno un filo di trucco? Vabbé che ho le Laboutin rubate a mia sorella che dovrebbero distrarre l’attenzione dalla faccia con la loro magnificenza, ma almeno un po’ di blush, visto che dalla tensione sto diventando color morto… Comunque, parto per Torrenera, e quando esco dalla circonvallazione senza trovare nemmeno uno schifo di cartello capisco di stare immergendomi sempre di più in una profonda pozza di guano: a proposito, ma dove cazzo è sta Torrenera, a parte nei libri di Stephen King?! Non rispetta nemmeno gli standard dei nomi della zona, che finiscono tutti per ano: Scandiano, Viano, Iano… ho trovato un cartello che indicava Settecani che mi ha fatto ben sperare, ho detto, magari questa Torrenera si trova in un universo parallelo di cui Settecani è l’ovvio portale… e invece puf!, dopo la seconda stella a destra mi sono persa in una viuzza di campagna che sembra il budello di un intestino di dinosauro. Nemmeno una casa. Nemmeno un kibbuz, una palafitta, una schifa tana di cinghiale nel raggio di chilometri. E questa merdosa macchina color dente cariato, cosa pensa bene di fare? Puf, si spegne! Un colpetto di tosse catarroso, due sputacchi e poi niente, completa morte cerebrale. Scendo, e quella si mette a fare la madama Butterfly, fa uscire un fil di fumo dal cofano. A questo punto oltre a essere spaventata e in ansia per il ritardo, mi incazzo anche come un crotalo: le mollo due calci con le Laboutin, e da qui si intuisce quando sia merdosamente arrabbiata, perché quelle scarpe costano più di me e della madama Butterfly messe insieme!Ovviamente, non ho salvato sul cellulare nessun numero di emergenza, così ho ribaltato il cruscotto del mio vicino di casa ed è saltata fuori la ricevuta dell’ultima revisione fatta dalla sua officina, signor Liberti Edoardo & Soci. Adesso che ci guardo, tra l’altro, è pure costata un botto. Per cosa, poi, visto che ‘sta merda motorizzata s’è messa a fare i segnali di fumo come un cheyenne sul piede di guerra? Conclusione, adesso capirà perché mi scappa tante volte l’aggettivo merdoso: perché questo momento per me è decisamente, incommensurabilmente merdoso, ecco perché!”
Andrea rimase in silenzio qualche secondo mentre dall’altro capo del telefono la ragazza ansimava rumorosamente: mentre lei vaneggiava, lui si era tolto il berretto con la visiera, si era avvicinato al distributore dell’acqua, si era versato un bicchiere, si era seduto a berlo accavallando le gambe e tutto sommato, si era anche concesso un sorriso. L’immagine mentale della donzella con gli occhi da Bambi si era evoluta un paio di volte durante il discorso, passando per una strega con i capelli ossigenati fino ad arrivare a una delirante pazza scatenata con la camicia di forza. Andrea ci aveva messo un po’ a capire che le Laboutin erano un paio di scarpe, ma da quel momento erano diventate il punto focale dell’immagine mentale: immaginò un paio di gambe nervose infilate in sandali col tacco che battevano impazienti sull’asfalto di qualche sperduta viuzza di campagna.
“Pronto?” sospirò di nuovo ansiosa la voce di Bambi “C’è ancora qualcuno? Signor Liberti Edoardo & Soci?”
“Si si ci sono” rispose Andrea prontamente “Cioè, stavo cercando di prendere appunti ma quando è arrivata alla Madama Butterfly mi sono perso completamente.”
“Grazie a Dio non è svenuto: anzi, si metta al riparo, con la sfiga che ho stasera potrebbe succederle qualsiasi cosa.”
“Non le dispiace se faccio un attimo di scongiuri, vero?”
“Ci mancherebbe, faccia pure. E mi scusi, sa? So che sembro la figlia di Psycho quando cado in paranoia, e sono già fortunata se non ha chiamato la Neuro per spararmi una fiala di Torazina col fucile, come agli orsi imbizzarriti. E’ che, sa… ho un po’ paura, qui da sola, col buio… non so dove sono, se ho passato il confine e sono nella Terra di Mezzo o se sono ancora in provincia di Reggio Emilia… mi capisce se sono un po’ in ansia, vero?”
Suo malgrado, nonostante le duemila parole al secondo di cui quasi tutte senza senso, Andrea non poté fare a meno di trovare Bambi simpatica. Completamente fuori di cotenna, ma simpatica.
“Ma certo” rispose quindi magnanimo “Quindi adesso le do qualche buona notizia, così evitiamo la Torazina: se ha passato il cartello di Settecani non è molto distante da qui, la mia officina si trova a Mazzalasino…”
“Ammazza l’asino…? Mi sta pigliando per il culo?”
“Non mi permetterei mai, signora, soprattutto in una giornata infausta come questa: controlli, è scritto sulla ricevuta.”
“Oh cazzo… è vero! Ma dai, non è credibile: Settecani, Mazzalasino, Torrenera… comincio ad aver paura che da un momento all’altro esca davvero uno hobbit dal bosco! Come fate a prendervi sul serio, voi che abitate qui?”
“Le assicuro che siamo gente professionale e molto giudiziosa. Ora, gentilmente dovrebbe darmi qualche altra indicazione, così sello il mio ippogrifo, carico Gandalf il Grigio con le chiavi inglesi e insieme veniamo a controllare Madama Butterfly.”
Contro ogni previsione, Bambi rise: non fu una risata isterica, ma una bella risata grassa, giovane, contagiosa. Andrea sorrise di rimando, quasi suo malgrado.
“Oddio, Gandalf...! Scusami, non ho resistito… cioè, scusa, posso darti del tu, vero?”
“Ma sì, ormai a forza di sentirti delirare direi che siamo diventati piuttosto intimi.”
“Ok, vecchio. Ora che ci penso, il mio vicino mi ha parlato della vostra officina: mentre andava a vendere un rene per pagare la vostra esosa revisione, ha vagheggiato su un certo Liberti senior, di un Liberti junior calvo, di un altro Liberti junior piuttosto decorativo e un nebuloso socio, nascosto fra i carburatori. Quindi, dopotutto, di riflesso un po’ ci conosciamo. Ma è meglio se quella Torazina la porti comunque: la fase isterica non è ancora passata.”
“Dirò a Gandalf di caricare il fucile con l’erba pipa, allora. Ora, se non sei troppo emotivamente provata, torniamo alle cose tecniche. Vedi ancora la Butterfly davanti a te?”
“Si, dottore, la vedo. Male, perché non c’è luce, ma forse è meglio così, perché con la luna piena da queste parti mi hanno detto che escono i licantropi… oddio, ma si può? Mi sto autospaventando!”
“Rilassati e concentrati sulla macchina: fuma ancora?”
“No, ha smesso.”
“Ottimo!”
“Già. Fumare nuoce alla salute, dopotutto.”
“Riesci ad aprire il cofano, ora?”
“No… come si fa?”
“Ci deve essere un pulsante da qualche parte.”
“Uno? Ce n’è un milione. Pulsanti di ogni forma e dimensione, c’è quello per la radio, l’aria condizionata, i vetri elettrici, i fendinebbia… c’è un simbolino che sembra uno stronzo fumante, che sia questo? Ah, no, questo apre il serbatoio della benzina… che poi mi devono spiegare il legame tra il carburante e lo stronzo fumante…”
“Le tue domande cosmiche sono davvero profonde e interessanti, e quando avremo capito il guasto potremo di sicuro disquisire per ore su certi elevati argomenti, ma per il momento concentriamoci su altri tasti, ok?”
“Ok, ma non fare il saccente con me, ricordati che sono… come avevi detto? Emotivamente provata, ecco. Dunque, tasti e pulsanti… questo no, è lo spazzavetri… la freccia… niente, ci sarà anche quello che fa il caffè e quello che espelle in aria il sedile prima dell’esplosione, ma quello per aprire il cofano non riesco a trovarlo! D’altronde è un classico, a casa mi incasino anche ad aprire le scatolette di tonno…”
“Ok, non demoralizzarti. Proviamo qualcos’altro: la chiave gira?”
“Si.”
“Vedi qualche luce? Mi raccomando, se è in fondo a un lungo tunnel ignorala.”
“Spiritosi, voi hobbit di Mazzalasino, davvero spiritosi. Luci ce n’è un milione, almeno una per ogni tasto. Ci sarà anche quella con lo stronzo fumante, anche se non l’ho ancora trovata, vedrai.”
“Non ne dubito. Se giri la chiave, la batteria funziona?”
“La batteria no, ma la fisarmonica funziona che è un piacere.”
“E poi saremmo noi hobbit a essere spiritosi, eh? Dai, prova con quella batteria.”
“Niente. Cioè, se intendi la batteria di pentole, sono certa che danno in omaggio anche una coperta di lana merinos. Invece questa batteria della Butterfly proprio non dà segni di vita.”
“Niente? Nemmeno un colpo di tosse?”
 “Nemmeno una gracidata di rana.”
“Allora è morta.”
“Ok. Devo procedere con la funzione religiosa?”
“Il dubbio è se vorrà il rito cristiano o ortodosso. Ci penso mentre arrivo, ok?”
“Mi raccomando, Liberti, ricordati l’abito talare.”
“Allora metto giù e…”
“No!”
Verso accorato: di nuovo nell’immaginifico di Andrea comparve l’immagine di Bambi col vestito fluttuante.
“Hei, tranquilla! Cosa c’è?”
“Non mettere giù, ti prego: io… sembro cazzuta, ma mi sto cagando in mano dalla paura, qui da sola. Non è che potresti rimanere al telefono mentre vieni qui? Così se esce qualsiasi cosa dalla foresta, ti tengo aggiornato in tempo reale. Alla faccia di chi pensa che Twitter sia più veloce.”
“Come vuoi, Bambi, ma a costo di distruggere le tue fiabesche illusioni, vorrei farti presente che quella non è una foresta, al massimo sarà un cespuglio…”
“Ma si muove!”
“Beh, si, che deve fare povero cespuglio? E’ di foglie, mica di marmo.”
“Mi inquieta: quando lo guardo sta fermo poi quando gli giro le spalle fa dei fruscii sinistri, così…”
“Cespugliosi?”
“Si, ecco, cespugliosi!”
“Sono proprio bravo a trovare le parole giuste.”
“Già. E non sei per niente autocelebrativo. Quindi adesso che fai?”
“Mentre aspetto che il cespuglio mannaro ti assalga alle spalle? Niente, mi faccio un caffè…”
“Liberti!”
“Scherzavo. Sto già salendo sul carro attrezzi. Mi sa che ti devo venire a rimorchiare.”
“Cielo, signor Liberti… non so, detto così, spudoratamente… è da tanto tempo che non mi rimorchia più nessuno…”
“Ma dico, hai bevuto qualche fiala misteriosa stasera o sei davvero così al naturale?”
“Scusa, è la tensione dovuta ai fruscii cespugliosi. Quando sono agitata mi cade il filtro e tutto quello che di solito penso e basta viene giù ed esce fuori dotato di voce. Ma ti prego, non chiamare la neuro, la mia nonnina ci rimarrebbe male.”
“Ma si. Noi hobbit siamo molto buoni, dopotutto. E poi la tua paranoia ha un che di simpatico che si fa sopportare. Dunque, eri in viaggio per Torrenera?”
“Prima della dipartita della Butterfly. Sempre che esista, questo posto: magari Torrenera è sinonimo di “quel paese”  e voi scherzoni di Settecani e Mazzalasino lo fate di sovente di mandare della gente a Torrenera invece di mandarla affanculo.”
“Dipende chi ti ci ha mandato e con che tono di voce: se è stato il tuo ex dicendoti “Ma va a Torrenera!” con appassionato livore, allora forse sì, potresti avere ragione…”
“Mi ci ha mandato il mio parroco, sono una suora di clausura.”
“Balla. Ti eri bruciata la parte al primo “merdosamente” di un’ora fa. Senza dimenticare le scarpe col tacco.”
“Vero, accidenti… allora mi ci ha mandato il mio agente. Sai, sono una ballerina di lap dance e devo esibirmi per un addio al celibato, stasera.”
“Oh.”
“Tutto qua? Io ti sgancio la bomba della lap dance e tu nemmeno un sospiro? Mi aspettavo almeno un ululato, Liberti: di solito con individui normalmente etero succede.”
“Sto guidando per venirti a rimorchiare, se ben ricordi, e non è educato ululare mentre si guida.”
“Comunque a dire il vero non sono una ballerina di lap dance. Anzi, il palo generalmente mi inibisce. Non so come interagire con lui e le rare volte che ho tentato un approccio a tu per tu si è concluso son un nulla di fatto. Ma non desisterò dal provarci di nuovo.”
“Brava. Mi raccomando, ora che hai il mio numero, chiamami quando succede, ti posso dare due dritte.”
“Giusto, lavorando coi tubi tutti i giorni ed essendo entrambi cilindrici…”
“Dì la verità, è solo per usufruire subdolamente della mia nota esperienza in fatto di tubi che hai inscenato questa pantomina del rimorchio… vero?”
“Ma se non so nemmeno se sei il Liberti senior, il junior o il socio! Per quanto ne so, potresti persino essere il Liberti nonno. Sei tu che hai parlato per primo del rimorchio, io ero solo qui col cespuglio ad aspettare la luna piena!”
“Invece sei partita tu con tutti i presupposti per dare l’impressione di voler essere rimorchiata: sei lì da sola, in un posto isolato… vicino a un cespuglio semovente… indossi scarpe col tacco…. E che diamine, io ho solo reagito di conseguenza: sono hobbit, mica morto.”
“Non so proprio perché ti do corda. Forse perché hai una bella voce e io ho il filtro momentaneamente difettoso.”
“Attenzione, questo mi sembrava un complimento.. non si fa, Bambi, non si fa. Io sono un maschio Alfa dominante e devo essere l’unico dei due a rimorchiare. Sei d’accordo?”
L’aveva detto con innocenza, ma chissà perché nel piccolo silenzio che seguì non sembrò per niente tale. Sorprendentemente, lei non glissò.
“Dipende. Se sei un Liberti distinto signore sposato e/o sopra i cinquanta e/o obbiettivamente antiestetico e/o odoroso di tubo di scappamento, essere rimorchiata potrebbe risultare spiacevole.”
“Dunque… sposato no, sopra i trenta no, antiestetico no, togliendo la gobba e le escrescenze purulente sui tentacoli… rimane odoroso di tubo si scappamento. Quello si. Ma di solito alle signore che stanno per essere rimorchiate piace il mio odore. Anzi, pretendono anche un cambio d’olio… non so se mi spiego.”
“Manca il grafico a torta, ma direi che come spiegazione è abbastanza esaustiva. Quindi, dalla descrizione dovresti essere uno dei due Liberti junior. O il socio infrattato fra i carburatori.”
“Ti dirò, anche il socio è un Liberti junior, ma del ramo cadetto.”
“Quindi, questo pone te come il Liberti junior primo in linea di successione?”
“Il secondo, a dire il vero.”
“Capisco. Ce li hai i capelli?”
“Ma che domande fai?”
“Scusa: non ho niente contro i calvi, sia chiaro, ma… sai, nei film gli hobbit hanno sempre dei capelli così belli, boccoluti e lunghi, che mi sono sentita autorizzata a sperare…”
“Sono cose che non si chiedono così spudoratamente. La gente poi si scandalizza.”
“Lo so. Scusa. Sempre colpa del filtro e dei fruscii cespugliosi…”
“Contieniti, figliola. Stai serena e rilassata. Non hai un sacchetto di carta da respirarci dentro?”
“In effetti c’è, ma conoscendo il mio vicino di casa, piuttosto che respirare dentro a un suo sacchetto di carta preferisco stare in apnea… finché non arrivi insieme alla tua lunga chioma botticelliana…”
“Un altro modo subdolo per capire se sono pelato?”
“Apprezza lo sforzo, almeno non te l’ho sbattuto di nuovo lì senza nessun filtro!”
“Apprezzerò.”
“Allora?”
“Allora cosa?”
“I capelli! Ce li hai o no?”
“E tu ce li hai?”
“Ma certo! Non esistono le donne calve.”
“E la cantante degli Skunk Anansie, allora?”
“Ma che c’entra, lei si depila la testa!”
“Io no.”
“No cosa?”
“Non mi depilo la testa.”
“La tua non è una risposta esaustiva: nemmeno un vero calvo se la depila.”
“Uffa, come sei pignola. E va bene, te lo dirò: posseggo una discreta e boccoluta chioma di capelli lunghi, lucenti, di un bel rosso fuoco. Li pettino tutte le sere con cento colpi di spazzola, poi li appoggio sul manichino prima di andare a dormire…”
“Che spirito lassativo.”
“Scommetto che la mia battuta al cespuglio è piaciuta. Guardalo, sta ridendo come un matto.”
“Allora a questo punto deduco che sei calvo.”
“Come una palla da biliardo. Tolto il milione e mezzo di capelli che si ostinano a spuntarmi dal cranio.”
“Liberti, sei un bastardo.”
“Ma capelluto. E tu?”
“Io non sono bastarda. Anzi, il cespuglio è già più scafato di me.”
“Intendevo i capelli.”
“Oh, io ho le bionde trecce gli occhi azzurri e poi… le gote arance ancor più rosse… la maglietta fina…”
“E quell’aria da bambina… capisco, conosco il genere. Ah, ecco! Il tizio con la maglietta di Lady Gaga!”
“Cos’è una visione mistica? Tu e Gandalf vi state già facendo di erba pipa?”
“Scusa, era un’ora che mi lambiccavo il cervello cercando di ricordare chi era il tuo vicino di casa ma che non mi veniva in mente… mi ha depistato il colore dente cariato della macchina, pensavo a un marroncino invece intendevi grigio!”
“A dire il vero, non ho mai visto da vicino un dente cariato e non avevo colto la sfumatura… pardon, è colpa mia. Quindi ti sei ricordato di Daniele?”
“Impossibile dimenticarlo. E’ un tipo un po’ eccentrico.”
“Ma no che è normale. E’ solo gay. Era diventato eccentrico nella tua officina, perché a quanto pare c’era un meccanico alto, possente, coi muscoli tutti bitorzoluti e guizzanti che emulava quasi alla perfezione un Village People e Daniele era rimasto estasiato da quella visione fino a diventare eccentrico… che poi eccentrico è un eufemismo, era solo ingrifato. Il meccanico era un gnocco da paura, a detta sua. E calvo.”
“A-ha, ecco da dove spunta fuori la tua mania per i bulbi piliferi! Ora si spiegano tante cose…”
“Scusa. Quindi il calvo chi è?”
“Mio fratello, Liberti junior primo in linea di successione. Che però non è gay, ma robustamente etero. Sposato, con due figli. Mi spiace per il tuo amico.”
“Sciocchezze, Dani si fa dei film a sfondo sessuale con chiunque, dal fruttivendolo al netturbino… sopravviverà. Io invece sono contenta di non dover condividere il mio meccanico personale col Village People di Dani.”
“Oh. Mentre imbocco il primo vicolo oscuro di Settecani, da brava, spiegami cosa implica essere diventato il tuo meccanico personale.”
La sua voce sorrideva, si capiva anche al telefono.
“Oh, ah, beh…”
“Non starai mica arrossendo.”
“Io? No ma figurati, sto solo scivolando sugli specchi, non lo senti il sibilo delle mie unghie sul vetro?”
“Pensavo che fosse la mutazione del cespuglio mannaro. Quindi?”
“E va bene, tanto filtro più, filtro meno. Dani mi ha detto che anche se era momentaneamente abbagliato dalla sfolgorante bellezza bitorzoluta del Village People…”
“… Questa la devo proprio raccontare a Davide e a sua moglie…”
“… è riuscito a notare che il meccanico numero due, quello non infrattato fra i carburatori, anche se non possedeva i notevoli bitorzoli del primo, inalberava una magnificente chioma di riccioli rossi da putto preraffaellita…”
“Sue testuali parole, immagino.”
“Le riporto papali papali per dovere di cronaca. Il fatto è che io studio arte all’università e Dani sa che ho un debole per queste cose.”
“Per i putti?”
“Per i capelli rossi. E’ il mio tallone d’Achille, non so che farci.”
“Quindi cosa rischio nel venire a rimorchiarti corredato dalla mia folta chioma rossa, anche se attualmente è legata con un cordino in una vezzosa cipolla da samurai?”
“Oh…”
“Che c’è?”
“Anche i samurai sono il mio tallone d’Achille.”
“Sei piena di talloni, figliola mia. Ma quanti piedi hai?”
“Dodici, non te l’avevo ancora detto?”
“Spenderai un botto in scarpe col tacco.”
“E chi ti dice che io sia vomitosamente ricca coi soldi che mi escono da tutti i pertugi?”
“Il fatto che sopravvivi con la paghetta della nonna senza fare Bancomat era un ottimo indizio. Sarebbe un peccato se fossi ricca, avevo intenzione di chiederti un pagamento in natura per questo rimorchio fuori programma…”
“Pagamento in natura, eh?”
“Si potrebbe anche fare, in fondo c’è il samurai e la chioma rossa da parte tua, la maglietta fina e le bionde trecce da parte mia…”
“Verifichiamo però di essere allineati: per pagamento in natura intendi qualcosa che ha a che fare con la biancheria intima, vero? Non è che poi mi arrivi a dire che volevi solo un cavolfiore e due mandarini?”
“Oh, Bambi, ormai dovresti saperlo che detesto i mandarini.”
“Vero, accidenti. Siamo come libri aperti l’uno per l’altra, io intuisco la lunghezza dei tuoi capelli e tu conosci tutte le mie idiosincrasie per i calvi e per i talloni…”
“Te l’ho detto che ormai siamo intimi.”
“Si. Ok. Ma non usare quella voce.”
“Quale voce?”
“Quella. La voce che si sente che sorridi con un angolo della bocca all’insù, come Johnny Depp.”
“Che ha la mia voce che non va?”
“Niente. Anzi. Ma Johnny Depp è un’altra delle mie idiosincrasie e se usi quella voce ancora per molto tra un po’ andrà a far compagnia ai putti e ai samurai… così non va bene.”
“Che ne sai che non va bene. Magari invece va benissimo.”
“La stai usando di nuovo… non vale!”
“Che fai, stai scappando adesso?”
“E dove vuoi che vada, con questi puntaspilli che ho per scarpe?”
“Bene. Perché ormai ho imboccato la strada del bosco e presto giungerò a salvare te, le tue 24 scarpe e la tua interessantissima maglietta fina, quindi puoi iniziare a rilassarti.”
“A dire il vero sto iniziando ad agitarmi ancora di più. Solo adesso mi rendo conto che da un’ora ti sto demolendo i padiglioni auricolari coi miei deliri e inizio a vergognarmi di me stessa… devo esserti sembrata una perfetta mentecatta.”
“Ma no, dai. La Torazina l’ho presa ma te la sparerò solo a titolo preventivo.”
“Guarda che in realtà sono una brava ragazza!”
“E chi ha mai detto il contrario?”
“No, è che stavo pensando a quando ti ho detto che sono una ballerina di lap dance… che figura! Ma cosa mi è saltato in mente? Quasi quasi mi infratto nel cespuglio. E comunque per la cronaca sono anche carina.”
“Questa sì che è una bella notizia.”
“Non sorridere! Non te lo avrei detto così spudoratamente, di norma, ma stai quasi per arrivare e non sono riuscita a trovare niente di subdolo per fartelo capire in tempo, così alla fine mi sono stufata e te l’ho detto. Adesso lo sai.”
“Perfetto.”
“Perché ho l’impressione che questo non cambi niente? Hai già deciso che le mie paturnie sono troppe e che non sarò interessante a prescindere dal mio aspetto fisico?”
“Al contrario. Ti ho trovata interessante da subito, dalla Madama Butterfly in poi. A prescindere dalle tue notevolissime, divertenti, assurde paturnie.”
Era riuscito a sorprenderla: si capì dal breve silenzio in cui Andrea registrò solo il suo respiro leggero.
“Oh” disse lei infine “Sarà l’effetto allucinogeno del cespuglio, ma mi sembra un complimento.”
“Lo è.”
“E stai di nuovo sorridendo… a questo punto ho paura di essere nei guai.”
“Completamente, si.”
“Oh santo cielo, sento un rumore… sei tu?”
“Chissà. Potrebbe trattarsi delle flatulenze del cespuglio, controlla bene.”
“No no questo è un motore, lo sento… oddio, stai arrivando davvero! Che ti dico adesso?”
“Stai calma, Bambi, o la Torazina te la sparo davvero!”
“Ma io… non pensavo che dopotutto ti avrei davvero trovato cioè, uhm, come dire… interessante… mi dicevo beh, è simpatico, due chiacchiere innocue… innocue per te, ma non pensavo a me, e con me non sono state innocue… ma forse questo non dovrei dirtelo, vero?”
“Se avessi capito qualcosa forse si, ma puoi stare tranquilla perché non ho compreso una sola delle tue deliziose, deliranti parole.”
“Vedo le luci… com’è che mi batte il cuore così forte?”
“Ecco, da lontano vedo la Butterfly color dente cariato. Dove ti sei nascosta? Ecco, vedo anche il cespuglio mannaro, ma non vedo la maglietta fina… Bambi, ci sei ancora?”
“Ci sono, Liberti. E’ che non posso deambulare, ho le gambe molli.”
“Tutte e dodici?”
“E’ assurdo che sia così emozionata… non vale. E non so nemmeno il tuo nome…”
“Ti vedo. Accidenti… sei carina davvero.”
Ma questo Andrea lo disse a telefono spento.
*          *          *
Il furgone continuò a ronzare e ticchettare piacevolmente anche dopo che il guidatore spense il motore. Bambi, al secolo Francesca Nardi, se ne stava immobile alla luce impietosa dei fari: aveva una figura slanciata, due buffe trecce bionde , occhi grandi e celesti, un buffo naso ricoperto di efelidi e un evidente rossore soffuso sulle guance. La portiera si aprì e dal furgone scese un ragazzo alto, con una interessante faccia sorridente. Aveva davvero i capelli rossi e la svilente tuta da meccanico non riusciva del tutto a nascondere un fisico asciutto e sportivo. Sorrideva davvero con un angolo della bocca piegato all’insù e nonostante il buio, l’imbarazzo e tutto il resto, Francesca sentì il cuore che faceva una decisa capriola nel petto.
“Ciao Bambi.” disse il giovane con voce allegra.
“Era ora che arrivassi, Liberti junior.” gracidò lei in risposta.
E senza nessun preavviso, del tutto a sproposito, come solo il caso poteva architettare, si sorrisero.
 
 
 
NOTE DELL’AUTRICE: Questa storia è stata scritta in due ore buche, in attesa del caricamento di un programma: sarà piena di errori ed orrori, quindi… perdonatemi, ma se non la pubblicavo subito poi non l’avrei fatto più, perché non trovo mai un filo interdentale di tempo!
Seconda cosa: Le location scelte per questa storia, Mazzalasino, Iano, Scandiano, Viano esistono davvero in provincia di Reggio: Settecani invece è in provincia di Modena, mentre Torrenera l’ho inventato di sana pianta.
Terzo: vi amo tutti, dal primo all’ultimo, grazie infinite per i commenti che lasciate a tutte le mie storie, commenti deliziosamente esaltanti che non merito di certo, ma che fanno sempre un immenso piacere. Purtroppo non trovo il tempo di rispondere a tutti, ma se qualcuno di voi passa di qua, sappia che con tutto il cuore gli dedico il mio più profondo e sentito GRAZIE.
  
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