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Autore: DawnRose    23/08/2012    9 recensioni
"Caro Babbo Natale, vorrei..." ehm, no. Non è questa la lettera di cui parla questa storia. "Murtagh: sei licenziato! By Galba" no, non è neanche questa. Pensate a una lettera scomoda, scomodissima (proprio come un paio di scarpe) che più la vuoi mantenere segreta e più finisce pubblicata su una rivista di gossip... Eccola: la nostra protagonista! Riuscira il bel tenebroso Cavaliere Murtagh (si, è proprio lui l'autore di questo pasticcio) a tenerla con sé o il "foglio volante" finirà nelle mani sbagliate? (si, in quelle della premiata ditta Eragon&Roran)
Scopritelo su A Letter. (si col punto, proprio come i Fun. Punto.)
Genere: Avventura, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Eragon, Galbatorix, Murtagh, Nuovo Personaggio, Roran
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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A LETTER.


PROLOGO: SAI, SCRIVERTI UNA LETTERA…

Murtagh si chinò sullo scrittoio. Accanto a lui la pila di documenti pareva innalzarsi invece di calare. Carte, rapporti sulle attività militari dell’impero, informazioni sui Varden… tutte cose che lo annoiavano a morte. Tuttavia Galbatorix gli aveva assegnato quel compito, che tanto aveva sapore di punizione, e lui era costretto a eseguirlo, fino al termine. Il suo giuramento gli impediva di alzarsi dalla sedia.
Eppure era contento di ciò che aveva fatto. Aveva seguito, per la prima volta dopo tanti mesi, la sua volontà.
Aveva sempre desiderato avere un fratello, un amico fedele (o almeno così sperava) che potesse condividere con lui il pesante fardello di avere per padre un Rinnegato. Eragon era comparso all’improvviso, quando meno se lo aspettava: lo aveva amato come un fratello e quando Galbatorix lo aveva reso consapevole del legame di sangue tra loro era rimasto sorpreso, ma felice.
Tuttavia, proprio quando aveva avuto l’opportunità, l’occasione di poterlo nuovamente avere vicino, lo aveva lasciato andare…
“Maledetta coscienza” pensò ed era in quei momenti che l’azione del pensare, spesso così sottovalutata in funzione dell’agire, per lui significava tutto.
Nella sua prigionia, infatti, dove l’agire era in funzione di Galbatorix, in cui le sue mani si muovevano per ordine del re, dove lui controllava persino i battiti del suo cuore, il pensare era diventato la sua ancora, la sua salvezza.
E Eragon, che era amico e fratello, nemico e rivale, aveva assunto per lui un nuovo significato. Quel nome, che amava e odiava al tempo stesso, significava solamente una cosa: libertà.
Adorava il suono di quella parola, tanto più lontana, quanto ardentemente desiderata. Capì in quel momento perché non aveva catturato il fratello:  speranza di libertà.
Speranza che un giorno lui potesse infrangere il suo giuramento.
Speranza. In fondo non costava niente…
Eppure sapeva che sarebbe stato schiavo di Galbatorix per l’eternità e che presto Eragon l’avrebbe raggiunto. Sarebbe stato proprio lui a condurlo a Urû’baen. Porca miseria!
Miseria come la sua spada. Guardò Zar’Roc: la spada di suo padre, la spada di suo fratello, la sua spada… Immaginò l’ultima via d’uscita: trafiggersi con la sua lama.
“Non ci provare neanche”
“Toh, guarda chi è arrivato!”
Castigo si era introdotto nella sua mente, e quel giorno era incredibilmente gioioso.
“Qual è la causa di questa felicità?”
“Sono libero. Per tutto il pomeriggio!!  Shruikan è impegnato quindi niente lezione. Sono libero. Liberoooooooooooo!”
Murtagh rise. Parlare con castigo era come parlare con un bimbo. In effetti, nonostante il corpo possente il suo drago era solo un cucciolo e come tale si comportava.
“Mi spiace deluderti ma non siamo liberi. Non in quel senso, almeno.”
“Ma se tu non provi neanche a liberarti! A liberarci!!”
“Ci provo. Eccome se ci provo! E’ Galbatorix colui che abbiamo davanti, non un comune mago. Ogni passo falso potrebbe costarci la vita!”
“Come sei serio…”
“Come sei irresponsabile. Mi chiedo come fai a sopportare tutto questo? Mi sento in gabbia, mi manca l’aria… continuando di questo passo impazzirò e non mi basterà pensare per non perdere la mia salute mentale”
“Io ho trovato il metodo per non diventare folle?”
“Veramente?”
“Si! Mi concentro su un’immagine. Per voi corrisponderebbe a scrivere una lettera.”
“Sul serio? E a chi pensi?”
“Penso…”
“Me lo vuoi dire? Sono o non sono il tuo Cavaliere?”
“Penso… a Saphira!”
“Cosa?”
“Beh sì, penso alle sue squame, al suo muso, ai suoi occhi color zaffiro”
“E quindi?”
“Ehm… penso alla possibilità di rivederla. In fondo è l’unica femmina della mia specie quindi… un giorno… chissà… io e lei…”
“Hai una cotta?”
“Cos’è una cotta?”
“Quando ti innamori di qualcuno, quanto senti le farfalle nello stomaco, quando ce l’hai davanti e le parole giuste si fermano sempre in gola… quanto tieni così tanto a una persona da volerla rivedere, difendere, quando…”
“Come sei informato!”
“Non sono cose che ti riguardano”
“Come? Sono o non sono il tuo drago?”
“Castigo, taci”
“C’entra per caso Lady Nasuada?”
“Castigo…”
“E’ lei! Sei in guai grossi… se Galbatorix sapesse che tu e il capo di Varden…”
“Zitto”
“Vuoi un consiglio da drago? E’ a lei che devi scrivere quella lettera”
“Ma sei pazzo: se ci scoprissero? E lei poi, cosa direbbe?”
“Mica gliela devi consegnare! E’ così, per sfogarti, per non ‘perdere la salute mentale’!”
“Ah, dovrei? E, per caso, sai anche come dovrei iniziarla?”
“Cara Nasuada…”
“Ti pare?”
“Murtagh: impugna la penna come Zar’Roc e scrivi!”
“Ca-ra Na-sua-da. Soddisfatto?”
Sentì Castigo sbuffare, poi questo gli trasmise delle immagini: un campo di fiori, il cielo azzurro, le pianure ardenti.
“Con tutti i viaggi mentali che ti sei fatto su di lei sono le uniche cose che riesci a scrivere? Cara  Nasuada. Serve a te, non a me e nemmeno a Galbatorix. Nessuno lo verrà a sapere. Nessuno.”
“’’Cara Nasuada, il nostro ultimo incontro è avvenuto in circostanze sfavorevoli, eppure, sarà la tua presenza, sono riuscito a trovare qualcosa di bello anche nella puzza di zolfo e negli eserciti che combattevano…’ Come ti sembra?”
“Ehm… diversamente romantico”
“In che senso?”
“In una lettera d’amore non si parla di ‘puzza di zolfo’”
“Certo, ma io sono io e gliela scrivo come mi pare”
“Va bene, tanto non la riceverà mai”
“Appunto”
Continuò e notò con piacere che il pennino scorreva sempre con più naturalezza sulla pergamena, lasciando dietro di sé rune eleganti scritte in bella calligrafia.
“Forse ti chiederai se ti penso ancora. Si, ripenso a te, al nostro incontro, a quello che ci siamo detti. Ripenso al tuo sguardo e ricordo che, in quel momento, non avrei voluto lasciare la cella, lasciare te, non l’avrei fatto, mai. Forse sarebbe stato meglio così, ma il fato ha deciso e ha scelto per noi un destino di inimicizia. Ora vivo nella speranza di libertà e nel timore che Galbatorix, quello…”
“Che succede?”
“Il giuramento mi impedisce di offendere Galbatorix”
“Cosa volevi scrivere?”
“…”
“Beh… trova un sinonimo!”
 Murtagh sorrise. “Un sinonimo?”
 “Un sinonimo… sì, come…  Testardente”
Il Cavaliere si mise a ridere.
“Reucciocattivuccio” continuò Castigo “Sfracellasogni, Schiacciapace, Spremibugni, Pernacchio”
“Che invettiva! Mi piacciono tutti ma credo opterò per Pernacchio. Quando parla tende a sputare e a inondare di bava i suoi servitori… Se non fosse per il giuramento glielo farei presente!”
“Ma anche no”
“Allora dov’ero rimasto… ah già: ‘Galbatorix, quel Pernacchio- la parola venne scritta senza alcun problema- “mi ordini di ucciderti. Preferirei trafiggermi con la mia spada piuttosto che seguire i suoi comandi. Vorrei giurare fedeltà a te, la donna…”
“Perché ti sei bloccato?”
“Perché mi sono reso conto della verità delle parole che sto scrivendo. E’ Nasuada la ‘donna che amo”
“Vedi che serve scrivere una lettera!”
“Castigo, a cuccia”
“Non sono un cagnolino… e continua! E’ bello vederti sorridere. Da quando siamo tornati dalle Pianure Ardenti eri sempre così giù!”
“Va bene… allora ‘la donna che amo… come vorrei, solo per una volta, far scivolare le mie dita tra i tuoi capelli, come vorrei…”
“Stai diventando troppo melenso!”
“Me lo hai detto tu: romanticismo! E comunque, dato che non la leggerà mai, posso scrivere ciò che mi pare!”
Pose il pennino sulla pergamena e ricominciò a scrivere.
“Come vorrei entrare nel tuo giardino…”
“Giardino?”
“Si tratta di una metafora! Significa entrare nelle sue grazie, starle vicino… e poi Nasuada è bella come un fiore, anzi credo proprio che la parola ‘beltà’ sia stata creata apposta per lei...”
“Che dolce! Chi sei tu? Che ne hai fatto del mio Murtagh?””
“Perché tu a cosa paragoni Saphira quando pensi a lei?”
Murtagh percepì imbarazzo nella mente del drago, che, con un filo di voce, sussurrò:
“A una fiammata sul mare aperto”
“Che bella immagine. Fuoco e blu. Per essere un drago hai una certa vena poetica, lo sai? Ho incontrato ricchi e nobili meno raffinati e dolci di te”
“E’ un complimento?”
“Certamente: i tuoi pensieri sono assai nobili”
Castigo si sentì lusingato e rispose:
“Anche tu sei un uomo d’onore. E’ per questo che ti ho scelto”
“Non mi sento un uomo d’onore dopo tutto quello che ho fatto. Eragon e Nasuada mi considerano un criminale.”
“A torto. Sei un prigioniero, Murtagh. E le tue azioni non sono dettate dalla tua volontà. Sei uno schiavo, siamo due schiavi, privilegiati certo, ma schiavi. Siamo due animali in una gabbia dorata, e due marionette nei confronti di quell’oscuro burattinaio, Re Galbatorix. Loro capiranno, impareranno a capirci, ci vorrà del tempo, ma sono sicuro che lo faranno.”
Adorava quando parlava da adulto. Era saggio e sapeva sempre come consolarlo.
“Se non ci fossi stato tu, Castigo, sarei impazzito da tempo”
“Lo stesso vale per me. Dobbiamo sostenerci a vicenda, altrimenti…”
“…Galbatorix distruggerà il nostro essere”
“Esatto! Ma ora ti stai di nuovo rattristando… finisci quella lettera! Si vede che ti piace scriverle!”
“A dir la verità mi piace tutto ciò che riguarda la sua persona!”
“Non si era visto…”
“Fai il sarcastico”
“Sdrammatizzo la situazione”
“Cosa stavo scrivendo? Ah sì, parlavo del giardino. Come possiamo concludere questa lettera?”
“Dille che la ami”
“L’ho già fatto”
“Dille che per te non sarà mai una nemica”
“Già scritto”
“Ribadisci il concetto!”
“Quindi: ‘Non considerarmi malvagio, non ora. Mi spezzeresti il cuore. Augurandomi di rivederti presto in circostanzi migliori spero con tutto me stesso di riuscire a rompere il giuramento. Lo faccio per te, amore mio. La mia vita mi è cara, ma la tua mi sta più a cuore. Murtagh”
“Ho le lacrime agli occhi!”
“Fa ridere?”
“No, è bella”
“Grazie”
“Cosa è bella?”
Quella voce. Profonda, suadente, malvagia.
Si trattava di Re Galbatorix.
Castigo si zittì e li lasciò parlare da soli.
“Niente” rispose il Cavaliere agitato “un documento interessante, tutto qui.”
“Cosa vi è scritto?” Galbatorix era in vena di fare domande.
“Che i Varden hanno guadagnato moltissimo oro negli ultimi mesi in maniera del tutto inspiegabile”
“Mmmm… manderò qualcuno della Mano Nera a indagare… se riescono a riprendersi dal punto di vista economico potrebbero essere una spina nel fianco”
“Perché non lo sono già?”
Il re rimase in silenzio poi ordinò:
“Raggiungimi nella sala del trono. Dobbiamo parlare”
Il ragazzo guardò la lettera appena terminata.
“Aspetta un attimo. Arriverò”
“Vieni qui”
“Ma…”
“Subito.”
Murtagh finalmente si alzò dalla sedia, lasciando dietro di sé una lettera sullo scrittoio.
In bella calligrafia recava il nome del destinatario:
‘Al capo dei Varden’.


  
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