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Autore: Sophie_Lager    25/08/2012    3 recensioni
AVVISO AI LETTORI:
MI SCUSO IN ANTICIPO PER IL RITARDO CON CUI POSTERO' IL PROSSIMO CAPITOLO
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"In una terra di miti e in un'era di magia,
il destino di un grande regno si poggia sulle spalle di un ragazzo.
Il suo nome: Merlino."
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In questa mia prima FF su Merlin ho pensato di riportare le avventure di Merlino trascrivendo per filo e per segno ogni avvenimenti dal telefilm fin sulla carta. Anzi, pardon, su efpfanfict.net
Che aggiungere? Buon lettura, e spero che vi piaccia! ^^
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima stagione
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1.

La chiamata del drago.

 

Nessun giovane, per quanto straordinario, può conoscere il proprio destino. Non può prevedere che parte avrà nella grande storia che sta per essere narrata. Come tutti, deve vivere per imparare. E così sarà per il giovane mago che sta arrivando alle porte di Camelot. Un ragazzo che nel tempo darà vita a una leggenda. Il suo nome: Merlino.

 

Camelot era ancora più splendente, fiorente e vivace di come Merlino l’avesse mai sentita descrivere. Non era mai entrato in quella città prima di allora. Varcò la le mura e rimase fermo, immobile, senza fiato, incantato dalla bellezza del castello, dal vociare delle persone e dalla gioia che questo faceva nascere in lui.

Camminò lentamente, tra la folla che si muoveva avanti e indietro, e si faceva trasportare, come fosse una foglia fra le onde del mare. 

Tutto era nuovo, tutto era da scoprire. Non doveva andare in nessun luogo, non aveva nessun dovere imminente, nessuna urgenza. 

Doveva solo trovare Gaius, un vecchio amico della madre, che viveva a Camelot da sempre, e che avrebbe dovuto ospitarlo. Sua madre riteneva rischioso, per lui, continuare a vivere in un così piccolo villaggio com’era quello in cui aveva passato tutta l’infanzia: con così poche persone temeva che qualcuno potesse notare le sue capacità, il motivo per cui era speciale, e aveva paura per quello che sarebbe potuto succedergli.

Sentì suonare delle trombe e si avvicinò al loro suono. Si ritrovò in una piazza, la piazza principale. 

A Camelot, quel giorno, stava per essere giustiziato un uomo, con l’accusa di aver usato la magia. Non era il primo innocente a morire nel Regno di Uther Pendragon, e non sarebbe stato l’ultimo. La magia era stata bandita, anni or sono, dal Re. Tutta la gioia, la felicità, la bellezza che Merlino aveva visto poco prima nella città, svanirono all’istante.

Due guardie portarono, su un palco di legno, tra la folla, il colpevole. Merlino non poteva sopportare una cosa simile, non poteva credere che Re avrebbe davvero giustiziato quell’uomo per una così futile colpa. A ben vedere, neanche il popolo era d’accordo con il Re, tutti pensavano all’unisono: come Merlino. Ma quando il Re parlò, il popolo ammutolì.

«Che questo serva a tutti da lezione. Quest’uomo è stato giudicato colpevole per aver fatto uso di incantesimi e di magia. E in conformità con le leggi di Camelot io, Uther Pendragon, ho decretato che queste pratiche siano bandite. Pena, la morte.»

Merlino si immobilizzò, e stavolta non per felicità. Lui stesso avrebbe potuto trovarsi su quel palco, e essere giustiziato seduta stante. Si sentì invadere da brividi di terrore e paura.

«Mi vanto di essere un re giusto e imparziale, ma per il reato di stregoneria posso pronunciare soltanto una sentenza. »

 Il Re diede l’ordine e assistette alla morte dell’uomo senza battere ciglio. Merlino invece si voltò dall’altra parte, tentando di non udire nemmeno le grida che si levarono nel silenzio.

«Quando arrivai in questa terra, questo regno era dominato dal caos, ma con l’aiuto del popolo la magia fu allontanata dal reame. Quindi dichiaro aperta la festa per celebrare i venti anni dalla cattura del grande drago e dalla liberazione di Camelot dagli spaventosi mali della stregoneria. Che i festeggiamenti abbiano inizio.»

Il Re se ne andò per partecipare al banchetto. Ma mentre stava tornando al castello, tra il pubblico apparve una vecchia, che parlò al Pedragon con gli occhi pieni di lacrime.

«C’è soltanto un male in questa terra, e non è la magia: sei tu, il tuo odio, la tua ignoranza. Hai preso mio figlio!»

Il Re non fece trasparire le sue emozioni, e non diede segno di voler controbattere. Allora la vecchia continuò.

«Te lo prometto: prima che le celebrazioni giungano al termine, condividerai il mio dolore. Occhio per occhio, dente per dente, figlio per figlio.»

«Arrestatela!» Gridò il Re. Ma la vecchia si volatilizzò nel nulla con una forte folata di vento. Il popolo era scioccato e terrorizzato. Il Re se ne andò immediatamente. 

L’unico che non si era stupito di quello che aveva visto era Merlino: era affascinato da quanto era appena accaduto, ma si ricordò le parole che la madre ripeteva sempre: doveva tenere nascosto quel grandissimo segreto. 

Mentre pensava a questo si avviò all’ingresso del castello. 

C’erano due guardie vicino ad alcuni portoni di legno, probabilmente gli ingressi alle stanze dei cortigiani. 

«Dove posso trovare Gaius, il medico di corte?» Le guardie indicarono una scalinata e una porticina appartata in un angolo, e lui vi entrò. 

In quella stanza c’erano moltissimi barattoli pieni di erbe o polveri dai colori argentei, strani oggetti, libri dall’aspetto antico e particolare… Ma nessun uomo.

«Posso?» Chiese. Nessuna risposta. Fece qualche passo in più.

«Posso?» Ripeté, ma con meno convinzione di prima. E ancora nessuna risposta. Un fruscio proveniente dall’alto attirò la sua attenzione. Alzò lo sguardo e si accorse di  un uomo con i capelli lunghi e candidi, in un secondo piano della stanza, dove c’era una libreria e una ringhiera che dava sull’interno della sala.

«Gaius?» Chiese Merlino. L’uomo non si voltò e continuò a rovistare tra i suoi libri. Che non fosse lui, il medico che stava cercando? Evidentemente era solo un pò sordo. Merlino si schiarì la voce. 

L’uomo, un po’ spaventato e un po’ sorpreso per non aver sentito entrare il ragazzo, si voltò  di scatto verso la voce e cadde dalla ringhiera di legno. 

Merlino lo vide e agì istintivamente. 

Fermò il tempo: i suoi occhi da azzurri assunsero un colore dorato. Mentre gli occhi ardevano, Merlino spostò con la forza del pensiero un vecchio letto e lo portò sotto l’uomo, ancora sospeso a mezz’aria nell’atto di cadere. I suoi occhi smisero di ardere e il tempo tornò al suo giusto equilibrio. L’uomo cadde sul letto.

Il medico, ancora scosso per l’accaduto, si fermò un attimo per riprendersi, poi si girò verso il ragazzo.

«Ma come… Come hai fatto?»

«Ehm…» Merlino non sapeva cosa dire. L’uomo ovviamente si era accorto dei suoi poteri. Che cosa aveva combinato?

«Dimmelo!» Ordinò il vecchio medico.

«Io…io non so cos’è successo» Provò a mentire.

«Se qualcuno lo avesse visto…»

«Oh, no no no! Io non c’entro niente! È stato solo…»

«So bene che cos’era!» Lo interruppe bruscamente. Anche Gaius, dunque, conosceva bene la magia? «Voglio solo sapere dove hai imparato a farlo.» Continuò.

«Da nessuna parte» Tagliò corto Merlino.

«Come fai a conoscere la magia?»

«Io non la conosco!» Insistette il ragazzo.

«Dove hai studiato?» Anche il medico insisteva, ma Merlino rimase in silenzio. 

«Rispondi!» Ordinò di nuovo.

«Davvero! Non ho mai studiato, o appreso da qualcuno, la magia!»

«Ragazzo, mi stai mentendo»

«Cosa volete che vi dica?» Ormai doveva arrendersi: il vecchio medico aveva capito tutto.

«La verità»

«Io sono nato così»

«No, è impossibile!» Gaius si fermò con l’interrogatorio per riflettere un poco su quello che aveva appena sentito. E a quel punto pose al ragazzo la domanda più importante: «Chi sei tu?»

«Oh, io… ho una lettera» Prese la lettera dalla sacca che teneva sulle spalle e la consegnò a Gaius. 

«Non ho i miei occhiali.» Si lamentò il vecchio, dopo aver preso in mano il foglio piegato in varie parti.

«Sono Merlino» Rispose allora il giovane mago, con un accenno d'acidità nella voce, per il comportamento del medico.

«Il figlio di Hunit?» Le emozioni dell’uomo cambiarono immediatamente. Ora era felice e stupito al tempo stesso.

«Si» Rispose Merlino. Concesse un sorriso all’uomo che lo aveva riconosciuto e aveva mostrato felicità in questo.

«Ma non dovevi arrivare qui mercoledì?»

«Oggi è mercoledì…» Disse con voce incerta, e il sorriso sparì all’istante. Cominciava a pensare che il vecchio non avesse tutte le rotelle a posto.

«Ah.» Disse Gaius, cadendo dalle nuvole.

«D’accordo. Allora… metti pure la borsa li dentro» Continuò, indicando una piccola porta di legno in fondo alla stanza. Merlino si avviò verso la porta. Mentre camminava si ricordò di quello che era accaduto.

«Non direte niente riguardo a…» Indicò il letto nel bel mezzo della stanza, che poco prima aveva salvato Gaius. Non aggiunse altro, cercava sempre di dire il meno possibile su quell’argomento tabù. Anche Gaius si voltò verso il letto.

«No» Rispose, rassicurandolo. Merlino sospirò, tese la bocca in un mezzo sorriso.

«Anche se…» Continuò il medico. La sua voce si era fatta severa su quelle parole. Merlino trattenne il respiro. 

«…dovrei dirti grazie» Concluse.

Il ragazzo si rilassò. Sorrise all’uomo, e stavolta lo fece sinceramente e per gratitudine. In fondo, il medico non lo conosceva affatto, e stava rischiando la vita per proteggere lui che aveva praticato la magia, se pur per un buon motivo. Così proseguì ed entrò nella stanzetta.

Dopo aver posato i bagagli, Merlino si guardò intorno. La stanza era piccola, ma accogliente. Si sedette sul letto. C’erano un armadietto di legno, un tavolo con alcune candele accese, un comodino accanto al letto. Poi notò una piccola finestra, chiusa. Si avvicinò, la aprì e si affacciò fuori: la città non dormiva ancora, si udivano le grida dei bambini che giocano, gli uomini che lavorano, le donne che li chiamano per tornare a casa per cena, i rumori degli animali. Merlino era estasiato. Non poté trattenere un sorriso. Nonostante si fosse dovuto allontanare dalla madre, dagli amici, dalle persone a cui voleva bene, era felice di essere arrivato a Camelot, dove sarebbe iniziata per lui una nuova vita, una nuova avventura.

Gaius, intanto, stava leggendo la lettera che Merlino aveva consegnato a lui. Era da parte della madre del ragazzo, Hunit, sua amica da molto tempo.

 

“Mio caro Gaius, mi rivolgo a voi perché mi sento persa e sola, e non so di chi fidarmi. È il fato di ogni madre pensare che il proprio figlio sia speciale, e tuttavia darei la mia vita perché Merlino non lo fosse. Il nostro è un piccolo villaggio, e lui è così chiaramente in conflitto con tutti che se dovesse restare, temo per quello che potrebbe accadergli. Ha bisogno di una mano da stringere, una voce che lo guidi, qualcuno che possa aiutarlo a trovare uno scopo ai suoi doni. Vi supplico, se comprendete l’amore di una madre per suo figlio, tenetelo al sicuro. E che Dio possa salvaguardare entrambi. 

                                                                                                                                                 Hunit”


Gaius chiuse lentamente la lettera. Avrebbe aiutato la madre di Merlino. 

Ma di una  cosa era sicuro. Merlino era un mago.
 

Nel frattempo, al castello, il Re stava partecipando al primo banchetto dei festeggiamenti. 

Morgana, la figliastra del Re, non riusciva a trattenere le lacrime. Davanti alla finestra, guardava impotente il palco di legno sul quale il Re processava i peccatori. I peccatori innocenti che non avevano commesso nessun male.

«Morgana» La chiamò Uther, entrato nella stanza per cercarla.

«Si?» Rispose lei. Era ancora scossa, gli occhi rossi e gonfi per il pianto.

«Perché non ti unisci al banchetto?»

«Non penso che tagliare la testa a una persona sia motivo di festeggiamento» Tagliò corto lei. Uther sospirò. Morgana aveva sempre avuto un carattere forte e deciso, fin da bambina.

«Quella povera madre…» Sussurrò ancora, guardando di nuovo fuori, nella notte.

«È giustizia per ciò che ha fatto» Rispose serio il Re, senza battere ciglio.

«Per ciò che ha fatto a chi? Ha praticato un po’ di magia, nient’altro» Ribatté lei, con tono disgustato verso Uther, il suo tutore.

«Tu non eri qui vent’anni fa. Non hai la più vaga idea di come fosse» Uther stava alzando la voce, ma Morgana non si intimorì.

«Per quanto ancora continuerai a punire le persone?» Morgana provava odio nei confronti di Uther in queste occasioni: non riusciva a capire come potesse ancora vivere in pace con se stesso, facendo uccidere degli innocenti.

«Quando capiranno che non c’è spazio per la magia, nel mio Regno» Fu la sua risposta, secca.

Ma poi il Re si calmò e fece un profondo respiro. «Sarai con me quando fra qualche giorno accoglierò Lady Helen, una delle più brave cantanti del Regno»

«Ti ho detto che non partecipo a…» Non riuscì a finire la frase. Uther perse la pazienza.

«Sono il tuo tutore!» Urlò. «Mi aspetto che tu faccia quello che ti chiedo. Se non per me, almeno fallo per la nostra più sublime cantante» Abbassò il tono di voce quando Morgana si zittì. 

Lei, nonostante fosse ancora piena di ira nei suoi confronti, rimase ad ascoltarlo. 

Il Re la guardò un'ultima volta, poi uscì di nuovo dalla stanza. Mentre se ne andava, Morgana aprì di nuovo la bocca.

«Più brutale sarai, più nemici di creerai» Disse. Ma il Re non la ascoltò.

 

«Merlino… Merlino… Merlino…» 

Un raggio di sole svegliò il ragazzo. 

Qualcuno lo stava chiamando. 

Aprì piano gli occhi e si mise a sedere sul letto. Si guardò intorno. Non c’era nessuno nella nuova stanza, eppure la voce era vicina, molto vicina… 

Sicuramente, pensò, era frutto della sua immaginazione, o parte di un sogno. Si alzò e si cambiò.

Gaius era già sveglio quando Merlino uscì dalla sua stanza per la colazione. Il medico, durante la notte, aveva riflettuto molto su quanto aveva saputo del ragazzo. Voleva però mettere alla prova ancora una volta i suoi poteri. 

«Ti ho portato dell’acqua» Disse il medico a Merlino, che stava scendendo le poche scale davanti alla porta della sua stanza. «Non ti sei lavato ieri sera» Continuò, indicando un secchio di legno sul tavolo, pieno d’acqua.

«Scusate» Rispose Merlino con voce incerta. Non sapeva come comportarsi. Dal tono scontroso della sua voce, il vecchio sembrava ancora arrabbiato.

«Fa’ pure colazione» Disse il medico, in apparenza non curante dei sentimenti del ragazzo. Indicò una ciotola sul tavolo.

Merlino si sedette. Con il cucchiaio mescolò la poltiglia nel piatto. Non aveva un bell’aspetto.

Gaius allora si mise all'opera: passò accanto al tavolo e con la mano lasciò cadere - apparentemente accidentalmente - a terra il secchio pieno d’acqua. 

Merlino notò in un attimo quello che stava accadendo e si voltò verso il secchio. Istintivamente, fermò il secchio e l’acqua mentre ancora erano sospesi a mezz’aria, per evitare che cadessero. 

I suoi occhi per una frazione di secondo cambiarono colore, e l’acqua e il secchio rimasero sospesi.

«Oh!» Gaius si lasciò sfuggire un sussulto: guardò il giovane con gli occhi sbarrati e la bocca aperta, sul viso stupore e meraviglia. Allora Merlino si rese contò di quello che aveva fatto. Lasciò cadere a terra il secchio e l’acqua. Si alzò in piedi velocemente, esitante. Non sapeva come comportarsi, cosa fare. Era adirato con Gaius. Perché voleva a tutti i costi sapere qualcosa di più riguardo ai suoi poteri? Perché non lo lasciava stare, evitando così la sua certa morte per mano di Uther, per aver fatto uso di magia?

«Come ci sei riuscito? Hai pronunciato un incantesimo nella tua mente?» Il vecchio era stupefatto, i suoi occhi pieni di curiosità.

«Io… non conosco incantesimi» Rispose velocemente. Voleva chiudere la questione al più presto.

«Allora come hai fatto? Dev’esserci qualcosa»

«Succede e basta» Merlino era irritato. Non voleva continuare a parlare delle sue doti, che per anni aveva dovuto nascondere da tutto e da tutti. 

Gaius era ancora immobile, a fissare l’acqua e il secchio sul pavimento di legno. Allora Merlino agì più velocemente: prese uno straccio da un angolo della stanza e iniziò ad asciugare a terra.

Mentre si affrettava per eliminare qualsiasi cosa riportasse il discorso a lui, Gaius finalmente si mosse.

«Meglio evitare che ti metta nei guai. Puoi aiutarmi finché  non ti troverò un lavoro remunerato» Prese delle boccette di vetro da un tavolo nella parte opposta della stanza. Le posò sul tavolo dove Merlino poco prima avrebbe dovuto fare colazione.

«Tieni. Malvone e matricale per Lady Percival» Indicò una boccetta contenete delle erbe.

«E questa è per Sir Olwen» Indicò un’altra boccetta che però conteneva un liquido. «È cieco come una talpa, quindi digli di non prenderla tutta in una volta» Terminò, appoggiando l’ultima boccetta.

«D’accordo» Merlino si era calmato. Finalmente avrebbe esplorato la città, e avrebbe passato alcune ore da solo.

«Tieni» Gaius lo sorprese: gli offrì un piatto pieno. Quella era evidentemente la sua colazione. Merlino sorrise per ringraziarlo. 

Anche il medico sorrise: «E adesso vai» 

Merlino prese il suo pezzo di pane dal piatto: l’avrebbe consumato durante il viaggio per le consegne di Gaius. Si avviò alla porta.

«Merlino» Gaius lo costrinse a fermarsi, una mano sulla porta socchiusa, impaziente «Non ho bisogno di dirti che la pratica di qualsiasi forma di incantesimo ti procurerà la morte» 

Merlino annuì, serio, per rassicurarlo. Aveva visto bene quello che avrebbe potuto succedergli. 

Aprì la porta e uscì.

 

Camminava guardando ovunque, aveva sempre il volto rivolto a qualcosa, tutto era nuovo e da scoprire. Riuscì senza problemi a trovare i proprietari delle boccette, anche non conoscendo il castello.

Dopo aver consegnato a Lady Percival la sua medicina, arrivò alla porta di Sir Olwen. Bussò e attese qualche secondo. La porta si aprì e ne uscì un vecchio uomo, esile e minuto.

«Vi ho portato la vostra medicina» L’uomo sorrise ma non disse nulla. Merlino allungò la boccetta verso di lui e l’uomo tentò di prenderla ma inutilmente. Poi Merlino si ricordò che era cieco, e lo aiutò. 

«Eccola» Prese la mano all’uomo e vi mise sopra la boccetta.

Stava per andarsene, quando si ricordò le raccomandazioni di Gaius. Si voltò nuovamente verso l’uomo.

«Gaius ha detto di non prenderla…» Si bloccò. Il vecchietto stava trangugiando il preparato di Gaius. 

«…non fa niente» Guardò ancora l’uomo con un espressione diffidente sul volto, poi sospirò, si voltò e se ne andò.

Era libero di andare dove voleva e di fare quello che voleva. Non aveva impegni. Passeggiò per la città, finché non si trovò di fronte a un gruppo di cavalieri. Gli uomini, o forse sarebbe più corretti dire i ragazzi, poiché dimostravano l’età di Merlino, facevano cerchio attorno ad un cavaliere, che sembrava essere più importante di altri. Merlino si avvicinò. Il cavaliere al centro stava parlando con un servo.

«Dov’è il bersaglio?» Stava deridendo il servitore. Gli altri cavalieri accompagnavano il tutto con grandi risate.

«Li, signore» Il servo continuava ad essere rispettoso, com’era suo compito.

«È in pieno sole» Si lamentò il suo padrone, continuando a deriderlo.

«Non è così accecante» Cercò di giustificarsi il ragazzo.

«Colpirò te, allora» Il cavaliere fingeva innocenza. I suoi compagni ridevano con ancora più gusto. Merlino cominciava a non resistere più alla tentazione di intromettersi e mettere a tacere il cavaliere. Non aveva mai sopportato gli sbruffoni.

«Lo sposto subito dall’altra parte» Il servo sembrava ormai abituato al comportamento del cavaliere, come se ogni volta dovesse subire lo stesso ingiusto trattamento. Il cavaliere sorrideva, sicuro di se.

«Che insolente» I commenti dei compagni non furono molto diversi dal comportamento del cavaliere. Questo rispose loro con un ghigno.

«State a vedere» Sussurrò. I cavalieri risero ancora più forte.

«Gli darà una bella lezione» Disse uno, fra le risate degli altri.

Il Servo stava spostando il pesante bersagliò di legno, come il suo padrone aveva ordinato. Il servo era costretto a eseguire ogni ordine e ogni capriccio, senza esitare. Mentre il povero ragazzo trasportava il grande bersaglio di legno tenendolo all’altezza del volto, il cavaliere lanciò un coltello, colpendone il centro. Il servo lo abbassò a terra, essendosi accorto del lancio del coltello. 

«Hei! Aspettate!» Protestò il povero ragazzo.

«Non fermarti!» Ordinò il cavaliere. La sua voce era lamentosa. Il servo fece alcuni passi e si fermò non appena entrò in una zona d’ombra.

«Qui?» Chiese. Era affannato per lo sforzo, ma i suoi spettatori sembravano non fare caso i suoi problemi. La gente che passava, invece, non era molto entusiasta di quello che stava avvenendo. Però nessuno si accingeva a fermare quel prepotente cavaliere. Perché?

«Ti ho detto di continuare a camminare» E nel dire quelle parole alzò il braccio e lanciò un altro coltello verso il bersaglio. Il servo fu costretto a ripararsi velocemente il viso con quello, per non essere colpito.

«Avanti!» I cavalieri ridevano ancora.

«Ma…» 

Venne interrotto dal cavaliere che gli gridò: «Corri!» 

Il servo dovette obbedire. Iniziò a camminare lungo il prato, mentre il cavaliere continuava a lanciare coltelli.

«Voglio fare pratica con un bersaglio in movimento» Lo derideva ancora.

Il servo, mentre obbediva ai capricci del giovane, perse l’equilibrio e cadde. Il bersaglio rotolò fino ai piedi di Merlino, che era rimasto a guardare. Vi poggiò sopra un piede.

«Hei! Avanti, basta così» Disse Merlino. Il cavaliere non lo aveva notato finche non aveva pronunciato quelle parole, troppo preso dal gruppo di amici per guardare altro. E proprio quando udì quelle parole, il suo sorriso svanì immediatamente.

«Cosa?» Sembrava incredulo.

«Ti sei divertito, amico mio» Disse ancora per convincerlo a smettere. Il cavaliere si stava avvicinando a lui.

«Ti conosco?»

«Sono  Merlino» Allungò la mano, perché il ragazzo la stringesse. Ma lui non lo fece.

«Quindi non ti conosco» 

Merlino abbassò la mano lentamente.

«No»

«Ma mi hai chiamato “amico mio”»

«È stato un mio errore»

«Si, lo penso anch’io»

«Già… Non ho mai avuto un amico così asino» Il suo atteggiamento era sfacciato, per cercare di tenere testa a quello sbruffone. Detto questo, si allontanò: voleva andare più lontano possibile da quell’orribile persona. Ma il cavaliere scoppiò in una breve risata. «Neanche io ne ho mai avuto uno così stupido» .

Merlino si fermò.

«Dimmi Merlino» Continuò «Sai camminare sulle ginocchia?»

«No» Iniziava ad irritarsi. Chi si credeva di essere?

«Non vuoi che ti aiuti?»

«Non lo farei se fossi in te» Era furioso.Avrebbe potuto batterlo in un attimo, con l’aiuto della magia. Avrebbe fatto cadere a terra le sue armi con un battito di ciglia, avrebbe intralciato il suo cammino con un lieve movimento della testa… Ma questo il cavaliere non lo sapeva: iniziò a ridere, di nuovo.

«Perché? Che cosa mi faresti?» Il cavaliere non sembrava spaventato. Anzi, pareva curioso di scoprire in che modo sarebbe stato attaccato.

«Non puoi immaginarlo» Rispose freddo Merlino. Era davvero intenzionato a ricorrere a qualche incantesimo, seppure semplici ed elementari come erano i suoi, per fermarlo. Ma in un secondo di lucidità ricordò le regole: l’uso di magia comportava la morte.

«Accomodati» Lo invitò il cavaliere. Era davanti a lui, con le braccia aperte, e stava aspettando qualche cosa di spettacolare dal suo nemico. Il giovane mago non poteva sopportare l’idea di doversi arrendere solo perché le sue armi erano bandite. Non voleva neanche immaginare la reazione del cavaliere di fronte al suo ritiro. Si guardò intorno, per controllare i testimoni: troppi. Durante il loro dibattito molta gente si era radunata intorno. Non poteva rischiare usando la magia. Ma questa era una grande sofferenza per lui. Nessuno avrebbe dato una lezione a quel ragazzo viziato.

«Andiamo, avanti» Il cavaliere continuava a invitarlo, a braccia aperte. Era sicuro di se, della sua vittoria.

«Muoviti!» Lo derise infine, scandendo ogni parola, come se temesse che il suo avversario fosse troppo stupido o ritardato da poter capirne correttamente il significato se avesse parlato velocemente.

 A quel punto Merlino non resistette. Si lanciò verso il cavaliere, per sferrargli un pugno nello stomaco, ma lui fermò la mano del nemico portandogliela dietro la schiena, con movimenti esperti e veloci, e lo immobilizzò.

«Andrai in prigione» Minacciò il cavaliere.

«Chi ti credi di essere? Il re?» Merlino non aveva più modo di difendersi fisicamente, ma aveva finalmente sputato fuori quelle parole piene d’odio che fino a quel momento aveva trattenuto. 

«No» Rispose tranquillo il ragazzo «Sono suo figlio, Artù».

Merlino venne portato nelle segrete del castello da due guardie. Li si trovavano le prigioni. Venne chiuso in una piccola cella, con della paglia sul pavimento. Nonostante non si pentisse di quello che aveva fatto, avrebbe preferito non essere in prigione. Avrebbe preferito tornare indietro e non ripetere una sola cosa di quelle che aveva fatto. Non per quello che immaginava sarebbe successo dopo, ma per Gaius: gli aveva promesso di non mettersi nei guai, e l'aveva deluso.

 

Scese la notte. 

Arrivò a Camelot Lady Helen. Era la cantante attesa da Uther, la sublime cantante che avrebbe dovuto allietare i banchetti dei festeggiamenti. 

Durante il viaggio, durato tre giorni, era stata scortata da alcuni cavalieri di Camelot, e nessuno avrebbe potuto avvicinarsi a lei. Almeno, nessuno che avesse a disposizione armi di metallo o di legno: l’unica arma che i cavalieri non avrebbero potuto combattere era la magia. La donna che all’arrivo di Merlino a Camelot aveva promesso al Re la sua vendetta sul figlio, era entrata indisturbata nell’accampamento creato dalle guardie per ospitare la cantante durante la notte, e dopo essersi intrufolata nella tenda dove alloggiava Lady Helen, aveva ucciso la donna e aveva preso il suo aspetto. Perché l’incantesimo funzionasse, la strega doveva sempre avere al collo la pietra incantata che permetteva di ingannare gli altri sul suo aspetto. Tuttavia, se la sua immagine veniva riflessa su qualsiasi superficie, questa rivelava la vera natura della donna: la vecchia megera. Ma essere Lady Helen permetteva alla vecchia di compiere la sua vendetta: indisturbata, sarebbe entrata all’interno del castello, avrebbe preso parte ai festeggiamenti e avrebbe avuto attorno il Re e soprattutto suo figlio, Artù.

La donna arrivò indisturbata a Camelot. Nessuno, neanche le guardie, sospettavano del suo vero aspetto o notavano delle diversità tra lei e la vera Lady Helen. L’incantesimo era riuscito benissimo.

Il Re, nonostante la tarda ora, la attendeva nella buia e cupa stanza del trono.

«Lady Helen» La salutò il Re, raggiante. «Grazie per aver accettato di cantare ai nostri festeggiamenti»

«Il piacere è tutto mio» Disse la donna con un inchino.

«Com’è stato il viaggio?»

«Oh, molto lungo, Sire»

«Vale sempre la pena aspettarvi» Baciò le mani alla donna.

«Grazie mio Signore».

Uther non sospettava nulla. La strega sorrise, più per i suoi malvagi progetti che per ringraziare il Re.

 

La notte passò, e apparve il sole. Merlino non aveva dormito molto. Era rimasto per tutto il tempo disteso sul pavimento coperto di paglia della sua cella. Non riusciva a perdonarsi quello che aveva fatto: oltre che aver deluso Gaius, si era anche messo nei guai, e in guai seri. Non sapeva come sarebbe uscito di li, ne se sarebbe uscito, a dirla tutta. E se fosse uscito, che cosa gli avrebbero fatto? 

Era ancora disteso a terra quando i suoi pensieri vennero interrotti da una voce.

«Merlino… Merlino… Merlino…» Era la stessa voce forte e possente che aveva sentito il giorno prima, al suo risveglio. Aveva creduto che di trattasse di un sogno, ma adesso capiva che non era così. Si accorse che la voce sembrava provenire dal sottosuolo, da sotto di lui. Lentamente si alzò. Continuava a fissare un punto sul pavimento, da cui pensava provenisse la voce. Ma questa era anche nella sua testa, e rimbombava come se fosse solo li. La testa iniziò a dargli fastidio. Appoggiò i palmi delle mani sulle tempie, cercando inutilmente di attenuare il dolore. Tentò di far tacere la voce allontanandosi il più possibile. Ma in quel mentre la voce cambiò tonalità. Divenne più dolce e roca, quasi appartenesse a qualcun altro. Ma continuava a chiamare il suo nome.

«Merlino… Merlino… Merlino… »

«Merlino!» L’ultimo richiamo fu più forte, quasi un ordine. Si accorse che la voce adesso era alle sue spalle. Le mani lasciarono la testa e gli caddero sui fianchi, penzoloni. Si voltò immediatamente, spaventato e preso alla sprovvista. Allora si accorse di Gaius. Lo stava chiamando. Era fuori dalla cella, affacciato alla piccola finestra sulla porta. Gli ultimi richiami appartenevano al medico, ma i primi che aveva sentito e quelli del giorno precedente, quelli che gli avevano procurato dolere alla testa, non appartenevano certo al vecchio. Ne era sicuro.

Gaius lo stava guardando con aria preoccupata. Merlino si accorse dell’espressione terrorizzata che probabilmente aveva. Si ricompose subito. Gaius si fece aprire la porta della prigione dalle guardie, ed entrò. Merlino guardò il medico, che si rasserenò vedendo che il ragazzo stava bene. Lui si lasciò scappare un sorriso, che probabilmente avrebbe dovuto trattenere visto quello che aveva fatto. Gaius lo guardava e non sapeva se essere arrabbiato con lui per quello che aveva fatto, o essere felice di vederlo sano e salvo dopo quello che aveva passato. Si guardavano senza dirsi nulla. Il medico fece il primo passo e parlò.

«Tu non cessi mai di sorprendermi. L’unica cosa che uno come te dovrebbe fare è passare inosservato. E tu che cosa fai? Ti comporti come un idiota.»

«Mi dispiace.» Era tutto quello che poteva dire. Sapeva che le parole di Gaius erano la verità.

«Sei fortunato. Ho usato le mie conoscenze per farti rilasciare» Sospirò.

«Oh! Grazie, grazie!» Merlino aveva ritrovato il buon umore. Era veramente grato al medico per quello che aveva fatto per lui. 

«Non lo dimenticherò» Disse, con sincerità.

«Beh, c’è un piccolo prezzo da pagare…» Disse Gaius, vago. Merlino lo guardò confuso. Non capiva che cosa intendesse con “piccolo prezzo da pagare”. Che cosa avrebbe potuto essere? 

 

In men che non si dica, Merlino si ritrovò nella piazza principale della città, con testa e mani legate ad un’impalcatura di legno e una folla di bambini davanti, carichi di frutta e ortaggi da lanciargli contro. Ecco il prezzo da pagare: la gogna.

Cercava di evitare le mele e i pomodori che gli venivano tirati, ma senza molto successo. Intravide Gaius, dietro alla folla, che rideva sotto i baffi. Quando i bambini esaurirono le munizioni, poté finalmente fermarsi e cercare di ripulirsi dai residui di frutta che aveva addosso meglio che poteva, per quello che gli permettevano le mani legate. 

In quel momento si avvicinò a lui una ragazza. Aveva i capelli castani, un vestito rosso molto semplice, e aveva una cesta in mano. 

«Mi chiamo Ginevra, ma quasi tutti mi chiamano Gwen» Si presentò. «Sono la serva di Lady Morgana»

«Piacere, io sono Merlino» Gli allungò la mano per quanto poteva, così legato all’impalcatura. «Anche se tutti mi chiamo Idiota…»

«No, no, no, no. Ho visto cosa hai fatto. È stato da impavidi.»

«È stato da stupidi.» Cercava di guardare in faccia la realtà. E quello che aveva fatto era davvero da stupidi.

«Per fortuna ti hanno arrestato. Non lo avresti battuto.» Gwen sembrava davvero felice che Merlino fosse stato fermato prima di battersi con il principe. Probabilmente aveva già visto Artù sconfiggere i suoi avversari, molto diversi da Merlino.

«Oh. No, io potevo batterlo.» Non gli andava giù il fatto di essere considerato più debole solo per il suo aspetto. Inoltre, quello che aveva detto era la verità: avrebbe potuto battere facilmente il cavaliere, con la magia. Unico piccolo, insignificante, dettaglio.

«Tu credi? Perché non hai un aspetto, diciamo, molto muscoloso» Gwen lo stava squadrando dalla testa ai piedi, per capire quale dettaglio le fosse sfuggito. Sembrava diffidente.

«Grazie.» Il sorriso era sparito dalle sue labbra. Non era molto felice del commento di Gwen.

«No!» Disse lei frettolosa, per scusarsi, come se si fosse appena resa conto di quello che aveva detto. «Sono sicura che sei molto più forte di quanto sembri.»

Merlino si stava sforzando di capire quella ragazza.

«È solo che Artù è il tipico uomo tutta forza e audacia che salva il mondo, e invece…» Si fermò.

«Cosa?» Chiese Merlino, per farla continuare.

«…tu non sembri così.» Concluse Gwen, con un espressione strana, quasi come per volersi scusare di quelle parole. Merlino non si fece abbattere d’animo. Fece cenno alla ragazza di avvicinarsi a lui.

«Sono in incognito» Sussurrò. Lei scoppiò in una risata, e lui si aprì in un grande sorriso.

«Beh, sei stato fantastico» Disse con sincerità.

«Sul serio?» Chiese Merlino, con un tono di incredulità nella voce.

«Artù è uno sbruffone, e tutti ti hanno considerato un vero eroe»

«Davvero?» Non riusciva a crederci. Lei annuì, convinta di quello che diceva.

Delle grida sempre più forti lo riportarono alla realtà. Era ancora imprigionato alla gogna. I bambini si stavano avvicinando, gridando di felicità, con le ceste cariche di frutta e verdura.

«Scusami Ginevra, ma i miei ammiratori mi reclamano.» Abbozzò un sorriso. Lei ricambiò e si allontanò correndo. 

«A prest…» Iniziò Merlino, ma non finì la frase per cercare di evitare un pomodoro che mirava proprio al suo viso.

 

Quando la sera tornò a casa, da Gaius, il medico aveva preparato la cena. Si sedettero a tavola. 

«Non vuoi un po’ di verdura?» Chiese educato Gaius, trattenendo a stento le risa.

«Lo so che ce l’avete ancora con me.» Cercava di essere serio, ma anche Merlino aveva le labbra increspate in un sorriso.

«Tua madre mi ha chiesto di badare a te.» Si giustifico Gaius. Anche lui cercava di essere serio, adesso.

«Si»

«Lei ti ha detto qualcosa riguardo ai tuoi “doni”?» Adesso lo scherno era scomparso del tutto dal suo volto.

«Che ero speciale.» I suoi occhi si riempirono di tenerezza verso la madre.

«Tu sei speciale. In un modo che non ho mai visto prima.»

«Ditemi.» Era interessato. Non aveva mai saputo nulla sulla magia, se non quello che sapeva fare. Posò il cucchiaio sul tavolo.

«Beh, la magia richiede incantesimi, formule. Esige anni di studio. Quello che ho visto fare a te era elementare. Istintivo».

«A che serve se non si può usare?» Merlino era rassegnato.

«Questo proprio non lo so. La domanda che mi hai fatto, nessuno se l’è mai posta prima d’ora, Merlino»

«Avete mai studiato la magia?» Era curioso. Perché il vecchio medico di corte conosceva così tante cose? 

Ma Gaius fu evasivo. 

«Uther bandì simili pratiche vent’anni fa» Cercò di deviare il discorso.

«Perché?»

«Le persone usavano la magia per i fini sbagliati, provocando il caos nell’ordine naturale delle cose. Uther decise di distruggere tutto quello che apparteneva a quell’epoca, persino i draghi»

«Tutti quanti?»

«Decise di risparmiare la vita soltanto a un drago, ma per tenerlo come esempio. Lo imprigionò in una grotta nelle viscere del castello. Dove nessuno può liberarlo» Merlino era scioccato. Si era fermato con il cucchiaio a mezz’aria.

«Ora finisci di mangiare. Devi consegnare un preparato medico a Lady Helen. Le serve per la voce»

E continuarono la loro cena.

 

Merlino entrò nell’ala del castello dove alloggiavano gli ospiti. Seguì un lungo corridoio, fino ad una porta di legno. 

Bussò. 

Non ci fu risposta. 

Aprì la porta ed entrò. Avrebbe lasciato la boccetta su un tavolo, e sarebbe uscito. 

Così fu: posò la boccetta e si voltò per uscire, ma venne fermato dalla curiosità. Aveva visto qualcosa di strano. Si voltò nuovamente verso il tavolo. C’erano molti libri particolari, ma ad attirare  la sua attenzione era stata una piccola bambola di paglia. La prese in mano. Era molto strana, non era una giocattolo per bambini. Se la rigirò fra le mani. Il suo sguardo cadde prima su uno specchio, coperto da un vecchio lenzuolo, poi sul tavolo, e su un libro coperto da della stoffa. Posò la bambola e lo prese. Era scritto in una lingua che non aveva mai visto.

Dei passi lo pietrificarono. Rimise il libro sul tavolo, al suo posto, e lo coprì con la stoffa. I suoi movimenti erano veloci, ma le mani gli tremavano. Temeva di essere scoperto. Si voltò non appena fatto questo, e si ritrovò davanti Lady Helen. Il ragazzo abbozzò un sorriso.

«Che cosa ci fai qui?» Chiese la donna. Il tono non era amichevole. Merlino cercò una risposta che non lo facesse sembrare colpevole. Non era mai stato bravo a mentire.

«Ehm… Mi è stato chiesto di consegnare questo» Prese in mano la boccetta e la porse alla donna. Lei la afferrò bruscamente. Merlino tentò nuovamente un sorriso. Lady Helen non si scompose. Mantenne la sua gelida espressione. 

A quel punto Merlino non poteva far altro che andarsene. Però avrebbe volentieri voluto sapere qualcosa di più sui libri, sulle bambole, e sulla proprietaria di questi. 

Si avviò lungo il corridoio che aveva percorso per arrivare alle stanze di Lady Helen. Si voltò ad ogni passo fatto, per vedere il comportamento della donna. Ma questa non si mosse. Rimase immobile sulla porta della sua stanza, fissando Merlino. Lui si voltò finché non la vide più, tanto si era allontanato.

 

Merlino non aveva più impegni. Decise di esplorare ancora la città. Era giorno di mercato. Camminò tra la gente, il sorriso sulle labbra. Aveva già scordato Lady Helen e i suoi libri. Ma la sua felicità non era destinata a durare.

«Come vanno le ginocchia quando cammini?» Era una voce alle sue spalle. L’aveva riconosciuta, ma avrebbe preferito non farlo. Si fermò. Era deciso a non voltarsi, a non concedere al principe Artù neanche un'occasione per deriderlo. Rimase in silenzio e proseguì per la sua strada, ignorandolo.

«Oh, non andartene via!» Lo scherniva il principe. Merlino si fermò. Non avrebbe sopportato un'altra parola. Tutta la decisione di poco prima era sparita: la voce del principe aveva riportato alla memoria tutte le discussioni e le offese ricevute il giorno prima. Non avrebbe sopportato ancora un simile trattamento.

«Da voi?» Rispose Merlino, trattenendo la rabbia, che trapelava dalla sua voce.

«Oh, grazie a Dio. Pensavo che fossi sordo, oltre che muto.» I cavalieri che seguivano il principe stavano trattenendo le risa.

«Ve l’ho detto: voi siete un asino. Solo che non sapevo che foste uno di quelli reali.» A mali estremi, estremi rimedi. Adesso passava anche lui alle offese. 

Solo allora, non sentendo una risposta da parte del principe, si voltò verso di lui. Adesso era sicuro di se.

«Oh, volete chiamare gli uomini di vostro padre per proteggervi?» Continuava a schernirlo Merlino. Ma sia lui che i suoi cavalieri lo trovavano divertente a loro volta. Scoppiarono in una risata.

«Ti potrei distruggere con un soffio» Artù era sicuro di se.

«Io potrei distruggervi con meno» Anche Merlino si fece trovare preparato. Era spavaldo, e credeva nelle sue parole. In un combattimento contro il principe avrebbe vinto sicuramente. Peccato che la sua arma fosse la magia, e che li fosse proibita.

«Ne sei sicuro?» Non credeva ad una sola parola di Merlino. E lui non resistette: il ghigno sul viso del principe lo fece scattare. Si tolse in fretta e furia la giacca. La lanciò a terra, tra le risa incontenute dei cavalieri e di Artù stesso. E nonostante non fosse stato in grado di combattere davvero il nobile senza la sua magia, non si sarebbe arreso.

Il principe prese da uno dei suoi una mazza ferrata.

«Prendi, “grand’uomo”» 

Ridendo, la lanciò a Merlino. In effetti, il giovane mago aveva dei problemi solo ad impugnarla per il verso giusto. Figuriamoci ad usarla contro qualcun altro…

«Incominciamo>> Disse Artù, improvvisamente serio, mentre faceva ruotare l'arma sopra la sua testa, con evidente abilità. «Sono stato addestrato ad uccidere fin da bambino» Continuò il principe.

«Da quanto vi addestrate per essere un babbeo?» Merlino non si era perso d'animo. Nonostante probabilmente si sarebbe ferito. Nonostante sarebbe stato deriso da tutti. Non avrebbe ceduto tanto presto.

«Non puoi rivolgerti a me così» Artù sembrava incredulo, e forse anche offeso. Merlino riprese coraggio.

«Ah, scusate. Da quanto vi addestrate per essere un babbeo, mio Signore?» E concluse la frase con un inchino. Tratteneva le risa a stento.

Ma quando si voltò di nuovo verso Artù, e lo vide ridere a sua volta. Sul volto del giovane mago apparve un'espressione confusa. Lo aveva appena deriso davanti a una folla. Perché non reagiva? 

La confusione durò neanche un secondo, il tempo di capire il piano dell'avversario. Merlino si abbassò appena in tempo per evitare la mazza ferrata che volò a pochi centimetri dai suoi capelli neri. Si alzò di nuovo, per cercare di capire la mossa successiva, ma non dovette attendere: di nuovo si trovò davanti agli occhi la mazza ferrata, e solo grazie ai suoi sensi molto più veloci di quelli del principe riuscì ad abbassarsi nuovamente ed a evitarla. Il suo nemico era passato all'attacco.

Iniziò ad arretrare, mentre Artù gli si avvicinava senza paura, probabilmente sicuro di vincere, tra i banchi del mercato e tra la folla che si era fatta da parte.

La fortuna in quel momento non era sicuramente dalla parte di Merlino; d'altronde, non era stata dalla sua parte in tutta la sua vita, perché proprio ora? 

Mentre retrocedeva, la sua mazza ferrata si impiglio in un traliccio di legno, vicino ad uno dei banchi. Cercò di districarla velocemente, ma non sarebbe riuscito a farlo in tempo per evitare un colpo di Artù, che avanzava minaccioso. E questo non era un bene, per Merlino, che era in difficoltà e ancora lo scontro non era iniziato. Così abbandonò l'arma e iniziò a correre. Il colpo del principe rovesciò un cesto di frutta e uno di uova, ma mancò Merlino. Il ragazzo, dal canto suo, si limitava a scappare e a evitare il principe e la sua mazza ferrata. 

Così continuò finchè non inciampò e, caduto su dei sacchi di farina, si ritrovò con Artù davanti che stava per colpirlo. 

In quel momento di panico, fece l'unica cosa che gli veniva naturale, e nel quale lui era molto abile: usò la magia. Dietro alla mazza ferrata che Artù stava facendo volteggiare in aria, pronto a colpire, c'erano degli anelli di metallo: perfetti. Merlino si guardò intorno, ma nessuno faceva caso a lui, tutti stavano fissando Artù. Allora i suoi occhi arsero, e cambiarono colore, e gli anelli si spostarono fino ad avvolgersi attorno all'arma di Artù, che distratto da questa si fermò e si dimenticò di Merlino. 

Il giovane mago così sgattaiolò via appena in tempo, prima che Artù si liberasse degli anelli. Nessuno sembrava aver notato l'incantesimo di Merlino: bene. Questo gli avrebbe fatto comodo. Adesso anche lui aveva un piano.

Ma mentre tra una bancarella e l'altra i due creavano scompiglio, il frastuono arrivò anche alle orecchie di Gaius, che scese in piazza per assistere alla lotta.

Merlino, rinvigorito da questo nuovo piano e sicuro di se, continuò a salvarsi giocando con la sua vita, rischiando di essere scoperto a fare uso di magia. I piccoli incantesimi che usava riuscivano a mettere in difficoltà l'abile Artù: fermò la sua avanzata spostando davanti ai suoi piedi un pezzo di legno, e poi ancora tendendo una corda, sulla quale il principe inciampò facendo cadere dalle sue mani la mazza ferrata.

Merlino la raccolse. Aveva disarmato l'avversario.

«Volete arrendervi?» Gridò il ragazzo al principe.

«A te?» Chiese incredulo il nobile, continuando ad arretrare. Ma non aveva altre possibilità.

«Allora, volete arrendervi?»

Durante la sua ritirata, Artù si ritrovò con le spalle al muro, ed inciampò su dei sacchi di farina. Merlino aveva vinto, ce l'aveva fatta!

Ancora volteggiando l'arma in aria, si voltò verso il la gente che, trasformata in un numeroso pubblico, aveva assistito alla lotta. Sorrise, fiero di se, finchè non incontrò tra le persone gli occhi severi di Gaius.

E qui il suo attimo di gloria finì.

Artù era riuscito a rialzarsi, e sfruttando la piccola distrazione di Merlino, l'aveva colpito più volte con una scopa dal manico di legno. Il ragazzo era caduto a terra, sconfitto dal principe, e dolorante per l'attacco subito.

Artù era il vincitore.

Due guardie immediatamente corsero dal povero ragazzo, pronte ad arrestarlo, o peggio. Ma Artù le fermò.

«Aspettate, lasciatelo. Sarà anche un idiota, ma è un idiota coraggioso» E le guardie lasciarono libero il ragazzo. Il principe però non accennò ad andarsene.

«C'è qualcosa in te, Merlino,» Disse «che ancora non riesco a cogliere» Lo guardò un'ultima volta negli occhi, poi se ne andò.

 

«Come hai potuto essere così sciocco?» Gridò Gaius a Merlino, una volta rientrati in casa.

«Aveva bisogno di una lezione» Rispose secco il ragazzo, dando le spalle al medico.

«La magia deve essere studiata, padroneggiata, e usata per il bene. Non per scherzi idioti!» Ovviamente Merlino aveva ingannato tutti, tranne il vecchio Gaius. 

Ma non fu questo a pungerlo sul vivo.

«Che c'è da padroneggiare?» Chiese, furioso. «Sposto gli oggetti ancora prima di dirlo a voce!»

«Da adesso dovrai essere in grado di controllarti» 

«Io non voglio!» Gridò il ragazzo «Se non posso usare la magia che cosa mi resta? Ditemelo!» 

Prese un respiro, e calmò il tono della sua voce. Ma il suo stato d'animo non era cambiato.

«Sono una nullità, e lo sarò sempre. Se non posso usare la magia, posso anche morire.»

Guardò ancora per un secondo il vecchio, che non si sarebbe mai aspettato una tale reazione, poi si voltò ed entrò nella sua stanza. 

Ecco, finalmente aveva detto tutto quello che pensava. Aveva detto come stavano veramente le cose.

Si lasciò cadere sul letto.

Gaius lo seguì pochi minuti dopo, con una scatola piena di medicinali. Era rimasto in silenzio, ad ascoltare le parole piene di rabbia e di sconforto del ragazzo, e adesso voleva farlo sentire meglio. Voleva davvero consolarlo.

«Merlino, siediti e togliti la maglia»

Merlino obbedì, mentre Gaius prendeva qualche cosa da una boccetta.

«Voi non sapete perché sono nato così?» Azzardò il ragazzo, ancora sconvolto dalle parole che aveva urlato contro il vecchio medico pochi minuti fa.

«No» Rispose il vecchio, anche se avrebbe voluto dire di più.

Prese una benda bagnata e iniziò a disinfettare le ferite ancora sanguinanti che Merlino aveva sulla schiena.

«Non sono un mostro, vero?» Chiese Merlino, cercando inutilmente di far sembrare la domanda una battuta.

Allora Gaius si fermò, e lo guardò negli occhi: «Questo non devi pensarlo neanche»

«Allora perché sono così? Vi prego, ho bisogno di sapere perché!»

«Può saperlo qualcuno che ha più conoscenza di me»

«Nessuno può dirmelo, allora» Si rassegnò Merlino, e si voltò dall'altra parte, irrazionalmente arrabbiato con il medico.

Gaius sospirò.

«Bevi questo» E porse al ragazzo una boccetta di vetro. «Ti allevierà il dolore»

Merlino obbedì, poi si voltò nuovamente dall'altra parte, per non guardare negli occhi il medico.

E Gaius uscì in silenzio dalla stanza, ritenendo opportuno lasciare solo il ragazzo, a pensare.

 

«Stasera canterete per me?» Chiese Uther a Lady Helen, sorseggiando del vino. Lui e la cantante erano a cena, e il Re non vedeva l'ora di assistere all'esibizione della sua tanto attesa ospite.

«Dovrete aspettare, Sire» Mentì la vecchia strega.

«Non vorrete negarmelo»

«Mi sto preparando per l'esibizione di domani» Si scusò la donna, sperando che il sovrano non ponesse più domande alla quale non avrebbe saputo come rispondere.

«Saranno presenti tutti?» Chiese ancora Lady Helen.

«Chi mai oserebbe perdersela!» Commento bonario il Re.

«E vostro figlio?» Insistette la cantante.

«Ci sarà» Assicurò il Re. 

"Perfetto", pensò la megera. Non ci sarebbero state complicazioni: il piano avrebbe funzionato.

«Peccato, non averlo visto oggi…» Disse ancora la donna, masticando una fragola.

«E' fatto così»

«Poverino, non dev'essere stato facile crescere senza una madre»

«No» Ammise tristemente il Re.

«Il legame tra madre e figlio è… difficile, da sostituire» Disse la strega. E non si riferiva solamente ad Artù.

«Non è stato facile»

«Immagino»

 Poi si rese conto quanto vicina era arrivata a farsi scoprire, proprio ora che aveva quasi raggiunto il suo scopo, così cambiò argomento.

«Però se trovaste qualcuno, se vi risposaste…» E sorrise al Re «Sono convinta che qualsiasi donna del Regno accetterebbe»

«Beh, forse troverò di nuovo l'amore, ma è tardi per sostituire la madre di Artù»

«Si, è sicuramente troppo tardi» Disse, sicura. E preso il calice tra le dita, brindò a Uther e bevve un sorso di vino.

 

«Merlino… Merlino… »

Era notte fonda, e Merlino si alzò improvvisamente a sedere sul letto. 

Quella voce l'aveva nuovamente svegliato. Non se l'era immaginata. La voce c'era d'avvero, ed era vicina. Sembrava essere nella sua testa, da quanto forte e chiara suonava. E forse era proprio così. 

Il chiarore della luna proveniente dalla finestra gli illuminò il volto. In un secondo, decise cosa avrebbe fatto.

Si infilò gli stivali e la giacca, e si diresse verso la porta d'ingresso.

Non si preoccupò di non far rumore, nonostante Gaius dormisse proprio in quella stanza. E infatti, mentre si avvicinava sempre più impaziente alla porta, travolse una brocca che cadde a terra con un forte rumore di metallo. 

Per un momento il ragazzo restò immobile, attendendo che il medico si svegliasse e lo vedesse, pronto ad una sgridata con i fiocchi. Invece il vecchio si rigirò nel letto, continuando a dormire.

Merlino sospirò di sollievo, e senza preoccuparsi di raccogliere l'oggetto caduto, tornò sui suoi passi. 

Ma prima di uscire, il suo sguardo cadde ancora su Gaius. Sorrise del vecchio medico, che tanto si fidava di lui, e con un movimento del capo i suoi occhi arsero di un fuoco dorato, e la coperta che l'uomo aveva addosso si spostò fino a ricoprire anche le sue spalle.

Merlino sorrise ancora, e stavolta uscì senza fare rumore, nella città scura e silenziosa.

 

Seguì la voce, che aveva continuato a chiamarlo. Diventava sempre più forte ogni passo che faceva. Non trovò nessuno a intralciare il suo percorso, finchè non arrivò a delle scale che scendevano nelle segrete del castello. Dopo pochi scalini, si accorse di due guardie, che passavano il tempo giocando a dadi. Ma non poteva arrendersi proprio in quel momento. Doveva passare. 

Ci pensò un poco, poi trovò una soluzione, e si concentrò sui due dadi: quando una delle due guardie li lanciò sul tavolo, il suo sguardo veloce l'intercettò, e li fece rotolare per terra, giù dal tavolo. Le guardie si scambiarono uno sguardo stupito, ma non sospettarono nulla, e non si accorsero che Merlino li controllava dall'alto. 

Il più basso tra i due uomini allora si alzò per raccogliere i dadi, ma il giovane mago continuò a spostarli, di volta in volta, sempre più lontano, in una zona di buio della stanza illuminata dalle torce. Quando il primo sparì nell'ombra, il secondo dei due decise di controllare, così si alzò, lasciando finalmente Merlino libero di passare. 

Il ragazzo scese velocemente le scale, accese una torcia ed entrò nel buio tunnel di roccia, unica via d'uscita dalla stanza.

Il tunnel scendeva nelle profondità della terra, e una volta terminata la lunghissima scala di pietra, Merlino si ritrovò tra antiche rovine e macerie, in una grotta sotto la città.

La voce intanto stava continuando a chiamarlo, sempre più forte: «Merlino… Merlino… Merlino.»

Ed arrivò alla fine della sua strada. La voce aveva smesso di chiamarlo, e il ragazzo si ritrovò sul bordo di un precipizio, che dava su rocce appuntite e sul vuoto. In alto, il soffitto della grotta era lontanissimo, e non c'erano vie d'uscita, se non qualche fessura da cui filtravano dei raggi di luna.

Come poteva qualcuno averlo chiamato da li? Come poteva essere che qualcuno vivesse li? 

Ma i suoi dubbi furono confermati da una risata che risuonò nel silenzio, tra le pareti di roccia.

Merlino illuminò, frenetico, lo spazio più vicino. Senza vedere niente.

«Dove sei?» Chiese allora, ad alta voce.

E un rumore assordante, come di ali sbattute, attirò la sua attenzione.

In un batter d'occhi si ritrovò davanti un drago enorme, ricoperto di squame verdastre, che atterrò sulla roccia più vicino a lui. Attaccata ad una zampa, aveva una catena di ferrò dall'aria molto pesante.

«Sono qui» Rispose il grande drago.

Merlino rimase a fissarlo ancora, stupito di ciò che stava vedendo. Non era possibile! Era un drago! Sicuramente il drago che Uther aveva fatto imprigionare; il drago di cui aveva parlato Gaius.

«Come sei piccolo,» Disse il drago «per un destino tanto grande!»

«Perché? Cosa intendi?» Chiese Merlino. «Quale destino?»

«Il tuo dono, Merlino, ti è stato dato per una ragione»

«Quindi esiste una ragione?» Chiese il mago, ancora più felice. Ma il drago non rispose alla sua domanda.

«Artù è l'unico e futuro re che riuscirà ad unire la Terra di Albion»

«Ebbene?» Chiese il ragazzo, senza ben capire.

«Ma dovrà guardarsi dai pericoli;» Continuò il drago «dagli amici così come dai nemici»

«Non vedo cos'abbia a che fare con me» Rispose secco Merlino, non trovando un filo conduttore in tutta quella storia.

«Senza di te, Artù non potrà mai avere un futuro; senza di te, non esisterà mai alcuna Albion» Spiegò l'antico essere.

«No, no! Ti sbagli di sicuro» Rispose Merlino, scuotendo il capo con aria scettica.

«Non c'è giusto o sbagliato. Solo quello che è, e quello che non è»

«Parlo sul serio! Se qualcuno vuole ucciderlo si accomodi pure! Potrei anche dargli una mano!»

Il drago allora rise: «Nessuno di noi può scegliere il proprio destino, Merlino. E a nessuno di noi è permesso sfuggirgli»

«No, non ci credo. No.» Continuò il ragazzo, sicuro, con veemenza, scuotendo la testa. « Deve pur esserci un'altro Artù, perché quello che c'è è un idiota.»

«Probabilmente il tuo destino è aiutare quello che c'è» Concluse il drago. E detto questo, aprì le ali e spiccò il volo.

«Aspetta! Aspetta! Voglio saperne di più!» Gridò inutilmente il giovane mago. Il drago era già volato via.

 

Gaius entrò nella stanza, inciampando sugli stivali che Merlino aveva lasciato per terra al suo rientro, quasi al sorgere del sole.

«Hey!» Gridò il medico, facendo svegliare il giovane con un sobbalzo. «Hai visto in che stato è questa stanza?»

«E' successo» Si giustificò Merlino, stringendosi nelle spalle.

«Per magia?» Lo cantilenò il vecchio.

«Si» Cedette Merlino.

«Si. Beh, ora puoi sistemare senza usare la magia» E lanciò un grembiule sul letto del ragazzo, ancora insonnolito.

«Poi» Continuò Gaius «devi andare a raccogliere delle erbe: giusquiamo, assenzio, acetosa. E consegnare questo qui a Morgana» E mostrò al ragazzo una boccetta racchiusa in un sacchettino di pelle. «La poverina è tormentata dagli incubi» Spiegò infine.

«So che vuol dire» Sussurrò Merlino, mentre il medico lanciava sul letto l'ennesima maglietta che il ragazzo avrebbe dovuto mettere a posto.

 

Merlino trovò senza grandi problemi la strada per le stanze di Lady Morgana. Erano alla fine di una scalinata di marmo, nel cuore del castello. 

Salì le scale, e trovò la porta aperta. Dimenticandosi di bussare, entrò, e trovò Morgana che curava i suoi lunghi capelli neri, guardandosi nello specchio. Per un secondo, Merlino rimase abbagliato da tanta bellezza ed eleganza. Credette di essere stato visto entrare, invece la figliastra del Re non lo aveva notato e, di spalle, continuò un discorso probabilmente già iniziato, ma con un'altra persona.

«Sai, pensavo ad Artù.» Disse, ridendo «Non lo toccherei nemmeno con una lancia»

Merlino era rimasto a guardarla, estasiato, mentre lei si era spostata dallo specchio al séparé, dietro al quale solitamente si cambiava d'abito.

«Mi passi quel vestito, Gwen?» Chiese la ragazza.

E Merlino si svegliò finalmente dall'incanto. 

Capì che Lady Morgana stava aspettando che qualcuno facesse qualcosa, ma quel qualcuno non c'era. Che cosa poteva fare adesso lui? Andarsene, lasciando li la boccetta, in silenzio? 

Si guardò intorno, e vide il vestito che stava cercando: scuro, elegante, il vestito adatto ad un ballo. Lo prese, e lo appoggiò al divisorio dietro al quale era Morgana, mentre lei continuava a parlare: «Insomma, è un gradasso. Solo perché sono la figliastra del Re non significa che devo accompagnarlo al ballo. Dico bene?»

Adesso la ragazza aspettava una risposta. Che cosa avrebbe fatto il giovane mago?

Rimase in silenzio, si voltò e, quatto quatto, cercò di sgattaiolare via, lasciando la boccetta di Gaius sul tavolo al centro della stanza. Era a metà strada, quando Morgana chiese di nuovo: «Allora? Dico bene?»

«Mmmh, mmmh» Annuì Merlino, con voce acuta per imitare quella femminile.

«Se vuole che lo faccia, dovrebbe invitarmi» Continuò Morgana, non accortasi di nulla. «E non lo fa! Sai che significa?»

«Mmmh, mmmh?» Chiese Merlino, sempre con la voce acuta, e sempre attento a non pronunciare altre sillabe, che avrebbero potuto smascherarlo, se non la M.

«Dove sei?» Chiese però Morgana, non vedendo la serva.

A quel punto, il ragazzo avrebbe dovuto fare altro, oltre ad annuire. Morgana si voltò verso la stanza, per cercare Gwen, ma Merlino fu più veloce. Raccolse un mantello azzurro da una sedia e se lo portò davanti, per nascondere il viso e il corpo. E, con la voce più leggera e acuta che fosse riuscito a trovare, cinguettò: «Qui!»

Morgana ci cascò, e continuò: «Significa che ci andrò da sola»

Merlino sbirciò al di la del tessuto: la ragazza non lo stava guardando, era il momento giusto per fuggire. Posò il mantello, e si voltò. 

Mosse due passi verso la porta, e Morgana parlò di nuovo: «Ho bisogno di aiuto con il gancio» Chiese alla serva che non c'era.

Merlino si immobilizzò dov'era. Adesso, che fare? Fuggire dalla porta e darsela a gambe? Dire che Gwen non c'era? Fingere di essere Gwen e aiutarla davvero con il vestito?

«Gwen!» Chiese ancora Morgana, spazientita.

«Sono qui» Rispose una voce alle spalle di Merlino. Si voltò, e trovò davanti a se la ragazza che gli si era presentata quando era legato per la gogna. Sicuramente, Gwen non lo aveva conosciuto nel miglior momento e luogo, ma anche adesso, nella stanza della figliastra di Uther Pendragon, che per giunta si stava provando un vestito dietro ad un séparé, non era un ottimo luogo e un'ottima situazione. 

«Ma cosa…?» Gli sussurrò infatti la serva.

«Ha bisogno di aiuto» Rispose in un bisbiglio Merlino. Lei annuì, e si diresse verso Lady Morgana. Merlino invece si diresse con passo spedito verso la porta, pronto a scappare da li.

«Scusa, non volevo!» Disse, a voce così bassa che Morgana non avrebbe potuto sentire. 

La serva sorrise e si avvicinò alla padrona, mentre Merlino usciva correndo dalla porta.

«Dunque,» Disse Morgana, che con finalmente indosso il bellissimo abito stava andando ad ammirarsi davanti allo specchio. «Non so se giocargli una burla, o regalargli una serata indimenticabile» E sorrise complice a Gwen.

 

Nel lungo corridoio che portava alla stanza di Lady Helen, risuonarono i passi leggeri della giovane donna. Portava un cesto di frutta, regalo del Re per la cantante. 

Bussò due volte, e quando Lady Helen aprì, disse, inchinandosi e offrendole il cesto: «Lady Helen, per voi con in complimenti del Re»

Lady Helen sorrise: «Entra pure»

La ragazza entrò, e posò il cesto sul tavolo colmo di libri.

«Che gesto gentile» Disse la cantante, prendendo in mano una mela. «Come potrò ripagarlo?»

«Quando vi sentirà cantare, si sentirà più che ripagato» Rispose sorridendo la povera serva, che si era spostata nella stanza e stava sistemando alcuni oggetti in disordine. «Sono molto ansiosa che arrivi l'esibizione»

«Si, anch'io» Rispose con sincerità la megera addentando la mela rossa che aveva in mano. L'attesa per la sua vendetta ormai era giunta al termine.

«Io amo molto cantare» Continuò la ragazza, spolverando qua e la. «Canto di continuo. Il mio promesso sposo dice che ho la voce di un angelo» E detto questo, scostò il velo che la strega aveva messo sullo specchio, per evitare che qualcuno coprisse la verità sul suo conto. 

Il respiro della giovane serva si fermò, quando vide l'immagine dell'orribile vecchia attraverso lo specchio. Arretrò, con un'espressione di terrore sul volto, e senza dire una parola si diresse con passo svelto verso la porta. Ma Lady Helen le agguantò il polso, costringendola a fermarsi. La guardò negli occhi, e con la bocca chiusa intonò una cupa melodia. 

La ragazza sbiancò e cadde a terra, morta.

 

I preparativi per la festa erano terminati, gli ospiti si aggiravano per la sala, c'era nell'aria un'atmosfera di aspettativa. Tutti attendevano l'arrivo di Lady Helen. Nessuno sospettava la verità.

I tavoli erano già imbanditi, apparecchiati con ogni pietanza esistente nel regno. Gli abiti delle persone scintillavano alla luce delle candele sui candelabri. I musicisti avevano iniziato a suonare una musica bassa e allegra, degna del luogo. Tutto era pronto, solo il Re mancava ancora.

Gaius, in quanto medico di corte, e Merlino, in quanto suo aiutante, erano stati invitati. Gaius si sarebbe seduto al tavolo con gli ospiti, Merlino invece avrebbe dovuto accontentarsi della musica, mentre avrebbe dato una mano agli altri servitori. Ma già quello scatenava nel ragazzo un'irrefrenabile voglia di sorridere. Era tutto bellissimo.

Poi il giovane mago notò Artù, in un angolo, contornato dai suoi soliti compagni, e l'allegria se ne andò così velocemente com'era arrivata.

Quando però Morgana entrò nella stanza, elegante in un vestito stretto color bordò, con i capelli legati sulla nuca e qualche brillante qua e là, nessuno tra Artù e i suoi amici e tra i presenti poté fare a meno di non guardarla.

Merlino compreso.

«Merlino! Ricorda: sei qui per lavorare» Lo richiamò Gaius. Il ragazzo si ricompose, ma si allontanò da Gaius e tornò ad ammirare Morgana.

«E' bellissima, non trovi?» Gli disse una voce. Si voltò e vide Gwen, che sorrideva orgogliosa in direzione della figliastra di Uther.

«Si» Rispose Merlino, ancora imbambolato.

«E' proprio nata per essere regina» Commentò sognante Gwen.

«No!» Esclamò Merlino, preso alla sprovvista. Non era possibile che Artù ancora una volta ricevesse più di lui, e sposasse quella meravigliosa ragazza.

«E' la mia speranza, un giorno» Rispose Gwen felice. Poi aggiunse, quasi disgustata: «Non che io voglia essere lei: chi vorrebbe sposare Artù!»

«Oh!» Rise Merlino, e aggiunse, con sarcasmo: «Pensavo ti piacessero i tipi tutti muscoli che salvano il mondo».

«No, preferisco gli uomini normali come te» Disse lei, nel tentativo di fare una battuta.

Merlino si lasciò sfuggire una risata secca, breve. Poi, improvvisamente serio, disse, quasi in un sussurro: «Gwen, credimi, io… Non sono normale»

La ragazza allora, credendo di averlo offeso in qualche modo e con qualche parola, si affrettò ad aggiungere: «Non parlavo di te, ovviamente non sei tu! Ma è che… che… Ecco… Mi piacciono di più gli uomini molto ordinari come sei tu!»

«Grazie…» Rispose incerto il giovane mago. Che cosa aveva quella ragazza?

 

Lady Helen, seduta nella sua stanza, si sistemò la collana stregata al collo. Controllò il vestito, e poi uscì, lasciando la povera ragazza appena uccisa sul pavimento, così com'era caduta. Tanto, fra poco tutto sarebbe finito. Nessuno l'avrebbe più vista, e la sua vendetta si sarebbe compiuta.

 

Il suono delle trombe annunciò l'arrivo del Re. Gli ospiti presero posto ai tavoli, inchinandosi al passaggio del sovrano. Merlino si sistemò in un angolo, accanto ad una colonna, vicino al tavolo dove si sarebbero seduti Uther, Artù e Morgana.

Prima di sedersi, però, il Re si fermò tra i tavoli, e annunciò: «Abbiamo tutti goduto di venti anni di pace e prosperità. Questo ha portato al regno e a me stesso molte gratificazioni, ma poche reggono il confronto con l'onore di presentarvi Lady Helen, di Mora.»

Tra il pubblico scoppiò un'applauso, con il quale Lady Helen fece la sua comparsa nel salone. Di fronte al tavolo del Re, dalla parte opposta della stanza, era stato portato un piccolo palco, sul quale Lady Helen salì, per iniziare la sua rappresentazione.

La musica iniziò, e tra gli invitati cadde il silenzio.

Lady Helen iniziò a cantare. La musica era bassa, melodiosa, che con la sua voce creava un suono magnifico, perfetto.

Mentre la cantante di esibiva, tutti i presenti nella stanza iniziarono ad avvertire una stanchezza improvvisa, che gli spingeva ad appoggiarsi al tavolo, alle sedie, a qualsiasi cosa. Ma mentre lo facevano, continuavano ad ammirare la cantante che, scesa dal palco, si stava avvicinando lentamente al tavolo della famiglia reale.

Merlino fu l'unico, più lontano dalla donna, ad accorgersi che qualcosa non andava. I suoi sensi, più veloci e sensibili di quelli di qualsiasi altra persona, lo salvarono dal pericolo. Premette immediatamente i palmi delle mani sulle orecchie, per non sentire la melodia che aveva incantato tutti quanti. Anche Gaius era caduto nell'incantesimo, e adesso tutti i presenti nel salone stavano dormendo. 

Tutti, tranne lui, che continuava a seguire la donna con lo sguardo, mentre questa avanzava cantanti verso Artù Pendragon.

Ma in quel momento la musica divenne più forte e intensa, e le candele si spensero: delle ragnatele apparvero sulle persone addormentate, sugli oggetti, alle pareti. La frutta e tutto il cibo era marcito, i fiori erano appassiti, l'aria era diventata più fredda. E Lady Helen si stava avvicinando sempre di più alla sua preda: il principe Artù.

Merlino non poteva permetterlo, doveva fare qualcosa. Ma cosa? Usare la magia era vietato, lo sapeva bene, ma tutti stavano dormendo in quel momento, ed era per una buona causa. Inoltre, la strega non pareva essersi accorta di lui, ma prima o poi lo avrebbe notato. Quindi doveva sbrigarsi. 

Proprio in quel momento, al culmine della canzone, la donna sfilò dalla manica della sua elegante veste color oro un pugnale. Le sue intenzioni erano inequivocabili, e Merlino si ricordò delle parole del grande drago: quello era il suo destino, proteggere Artù.

Si guardò intorno. In un battito di ciglia i suoi occhi arsero e cambiarono colore, e il lampadario di ferro sopra la testa di Lady Helen si staccò dal soffitto, per caderle sulla schiena. 

La musica tacque, e Merlino abbassò le mani, che fino a quel momento aveva tenuto premute sulle orecchie. Nella stanza c'era silenzio, ma nessuno dava segni di vita. Che con l'incantesimo fossero morti tutti?

Ma in pochi secondi, le persone iniziarono a risvegliarsi, stupite di trovarsi addosso ragnatele e polvere. Merlino sorrise, fiero di se stesso: aveva fatto qualcosa di buono.

Il Re si alzò per primo, seguito da Artù, e insieme videro la cantante, stesa a terra, con il lapidario sulla schiesa, e con il viso raggrinzito e pallido come quello della vecchia strega che aveva minacciato Uther. Probabilmente, la collana incantata si era rotta, facendo terminare così anche l'effetto che aveva sulla vecchia.

In quell'istante però, la donna si alzò, e con le ultime forze, sotto l'incredulità dei presenti, lanciò il pugnale contro il principe Artù, prima di accasciarsi di nuovo terra, senza vita.

Nessuno riuscì a rendersi conto di quello che stava succedendo. Accadde tutto troppo rapidamente. Solo Merlino, che aveva la vista migliore rispetto a tutti gli altri, si rese conto del pericolo.

Vide il pugnale argentato roteare in aria, diretto al petto di Artù, il quale non si sarebbe spostato in tempo per evitarlo.

E ancora una volta il giovane mago agì d'stinto: si lanciò verso il principe, rallentando il tempo, e riuscì a tirarlo con se sul pavimento, proprio mentre il pugnale si conficcava nello schienale di legno della sedia. 

Tra i presenti, tutti scioccati e allibiti, nessuno parlò. Nessuno tranne il Re, che aveva assistito all'atto di coraggio di Merlino.

Merlino, rialzatosi, avrebbe voluto passare inosservato, ma Uther, lo fermò: «Hai salvato mio figlio. I debiti vanno saldati»

«Oh, beh…» Rispose il ragazzo, mentre Artù lo guardava con incredulità e con la bocca aperta.

«Non essere modesto» Fece il sovrano, riconoscente. «Verrai ricompensato»

«No, voi non dovete, Vostra Altezza»

«Si, invece. Meriti una grande ricompensa»

Merlino, nonostante avesse volentieri fatto a meno di tutte quelle attenzioni, si sentì finalmente ripagato: una ricompensa! Quante monete avrebbe ricevuto? Ah, non poteva crederci!

«Beh…» Acconsentì allora. Se il Re insisteva tanto…

«Avrai il titolo di Valletto Reale!» Disse orgoglioso il Re «Sarai il servitore del principe Artù!»

Che cosa?

«Padre!» Si lamentò Artù, senza però ottenere la sua attenzione. Nè lui né Merlino erano felici, di quel futuro che li attendeva.

Gli invitati conclusero il discorso del sovrano con un'applauso.

Merlino e Artù si scambiarono uno sguardo non troppo amichevole. Poi si voltarono entrambi, disgustati, dalla parte opposta, sbuffando.

 

Nella sua stanza, Merlino stava fissando la fiamma tremolante di una candela. 

Che bella ricompensa che aveva ricevuto! Tutte a lui, le fortune.

In quel momento, Gaius entrò con il cigolio della porta. Aveva in mano un oggetto avvolto in della stoffa rosso fuoco.

«A quanto pare sei un eroe» Commentò, avvicinandosi al ragazzo con il sorriso sulle labbra.

«Difficile a credersi, vero?» Rispose ironico Merlino.

«No. L'ho capito la prima volta che ti ho visto. Mi hai salvato la vita, rammenti?»

«Ma quella era magia» Protesto il giovane mago.

«E ora ne abbiamo finalmente trovato l'utilità» Concluse il medico.

«Che intendete?»

«Ho visto come hai salvato la vita di Artù… » Ma Merlino lo interruppe.

«Oh, no!»

«… Probabilmente il tuo dono ha questo come scopo» Continuò il medico.

«Il mio destino» Ricordò il ragazzo, riflettendo.

«Infatti»

Poi Gaius prese l'oggetto che teneva sottobraccio, lo tenne per pochi secondi fra le mani, e lo consegnò a Merlino.

«Questo libro mi fu dato quando avevo la tua età, ma ho la sensazione che sarà molto più utile a te di quanto lo sia stato a me»

Il ragazzo prese il libro, vi tolse delicatamente la stoffa in cui era stato avvolto e lo guardò: era vecchio, ma tenuto con cura. La rilegatura non dava segni di cedimento, nonostante gli anni, e le due cinghie di ferro che lo tenevano chiuso sembravano quasi nuove, non considerando qualche traccia di ruggine qua e là.

Merlino, curioso, lo aprì. Scorse le pagine un po' ingiallite, ma ancora molto ben visibili; le illustrazioni curate in ogni particolare; le pergamene con appunti, forse appartenute proprio a Gaius, quando era giovane. E si stupì nel capire che genere di libro fosse.

«Ma è un libro sulla magia!»

«Motivo per cui devi tenerlo nascosto» Gli ricordò il vecchio medico.

«Ne studierò ogni parola» Disse entusiasta Merlino.

Ma in quell'istante, bussarono alla porta.

«Merlino! Il principe Artù ti vuole vedere.» Disse la voce, probabilmente di un soldato.

«Il tuo destino ti chiama.» Ricordò Gaius al ragazzo, sorridendo «Farai meglio a vedere che cosa vuole»

Merlino sorrise, lasciò il libro sul letto, e si avviò alla porta. 

Dopo il regalo appena ricevuto, e del tutto inaspettato, neanche Artù avrebbe potuto metterlo di cattivo umore.

Aprì la vecchia porta di legno ed uscì, verso il suo destino.




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Note dell'Autrice

Salve a tutti, Merliniani! ^^
Questa è la mia prima FF su Merlin, nonostante io ne sia fan accanita già da molti anni.
Ho pensato che potesse essere carino leggere le avventure del nostro mago preferito, oltre che guardarle in TV... 
Bè, che dire? spero che vi piaccia!
Baci! :*

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Credits

Tutti i credits sono di BBC.
Ogni parola riportata in questa FF - escluse le descrizioni che sono state scritte da me e di mio pugno - è stata trascritta dalla serie TV "Merlin", di BBC.

Alcune conversazioni potrebbero aver subito il cambiamento di alcune parole, per poter rendere più facile e scorrevole la lettura.

 

  
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