Ringrazio anche solo chi legge.
Freezer return
Vegeta strinse le braccia incrociate, assottigliò lo sguardo e intravide l'angolo.
< Tra due giorni ci sarà il combattimento. E mi tocca anche camminare al buio > pensò. Strinse le
labbra, girò l'angolo. < Quella specie di cavalletta troppo cresciuta... sarò io a batterla 'sta volta > si
disse.
Sentì una serie di
singhiozzi
bassi, aggrottò le sopracciglia e accelerò
l'andatura. Delle urla provenivano
da dietro la terza porta sul corridoio, il principe la
guardò. < La donna
starà ancora lavorando... >. Aprì ed
entrò, raggiunse la culla e guardò
dentro.
Trunks dimenava le braccia, gli
occhi chiusi e le guance rigate di lacrime, batteva i piedi sulla
coperta per
metà riversa in terra e urlava, le guance erano paonazze.
Vegeta piegò la schiena, mise le mani nella culla e afferrò il bambino sotto la schiena, lo sollevò e se lo mise davanti al volto.
Trunks batté le palpebre, gli occhi azzurro intenso guardarono l'uomo e sporse la bocca a cuore.
Il principe gli fece poggiare il capo nell'incavo del gomito, tenendolo su un braccio.
"Quella donna non ti
presta troppa attenzione" sussurrò.
Trunks sbadigliò, si accoccolò contro il petto del padre e chiuse gli occhi, si portò il dito in bocca e tornò a dormire.
Vegeta strinse le labbra, lo rimise
nella culla e lo coprì.
Riconobbe il suono di passi che si
avviciavano, raggiunse
l'angolo della stanza accostandosi alla parete. Trattenne il fiato e
guardò la
porta.
Vide Bulma varcare l'uscio, la donna batté contro un comodino, fece due passi indietro e urtò il braccio contro l'anta dell'armadio, si mosse di lato sbattendo contro la lampada, mise le mani in avanti e tastò il bordo della culla.
"Oh... ma dorme"
sussurrò. Si grattò il capo, sbuffò.
"Eppure l'avevo sentito
piangere" borbottò. Si voltò verso la parete,
fece due passi avanti.
Vegeta si mosse di lato. <
Quella donna imbranata viene verso di me > pensò.
Sentì sotto il guanto il
bordo della finestra, la vide avvicinarsi ancora e saltò
oltre il bordo.
Si sporse, batté gli occhi per la luce, aggrottò le sopracciglia e cercò l'inventrice con lo sguardo.
Bulma sospirò.
"Oh, ora va meglio" disse. Raggiunse
l'armadio, aprì le ante
e strinse le labbra. Si sfilò la maglietta, la
buttò in terra, slacciò il
reggiseno e lo lanciò. Sollevò una gamba,
saltellò sfilandosi lo stivale e lo
tirò, la calzatura batté contro il comodino.
Fece lo stesso con l'altra scarpa, la tirò e la sentì sbattere contro la lampada, che finì in terra.
"Maledizione" ringhiò la
donna. Slacciò la cintura, i pantaloni le
scivolarono lungo le gambe e lei li scavalcò, li
calciò via e sospirò.
Vegeta si leccò le labbra
vedendola piegarsi in avanti, seguì la linea dei glutei fino
a quella dei seni
nudi. Bulma si rizzò e infilò la camicia da notte
lunga fino alle ginocchia, il
principe si morse il labbro. < Spettacolo finito >
pensò.
Diede le spalle alla finestra e si allontanò in volo.
Superò la città, il vento gli appiattiva i capelli contro la schiena.
Atterrò in una landa deserta, divaricò leggermente le gambe e respirò affondo.
< Cominciamo > si disse.
"Uno". Ripeté il gesto
con la sinistra. "Uno". Fece di nuovo con la destra. "Due".
Ancora con la sinistra, strinse le labbra. "Due". Diede una decina di
colpi con entrambe le braccia, strusciò i piedi in terra.
Tirò un altro pugno con la destra.
"Dodici".
Fece lo stesso con la sinistra.
"Dodici". Ripeté il gesto venti volte, il sudore colò lungo la fronte e aggrottò le sopracciglia. Colpì con la destra.
"Trentadue".
Ripeté con la sinistra, sentiva il guanto umido di sudore.
"Trentadue".
Continuò alternando i pugni per altre dieci volte, piegò appena le ginocchia, prese fiato e ripeté altre sette volte. Sferrò un colpo più forte con la destra, l'aria fischiò.
"Cinquanta" sussurrò. Ripeté con la sinistra, lo spostamento d'aria scheggiò una pietra.
"Cinquanta" mormorò.
Abbassò le braccia.
Si mise seduto in terra, prese
fiato e chiuse gli occhi. < E' l'ultima occasione che ho di
dormire. E
quella maledetta esplosione di tre giorni fa brucia ancora >
pensò. Si stese
in terra, strinse le gambe al petto e chiuse gli occhi.
Gli occhi brillarono, il ghigno si allargò e piegò il capo.
"Dove credi di scappare, principino?".
Vegeta fece due passi
indietro, deglutì e una gocciolina di sudore gli
scivolò lungo il capo. Si
voltò e iniziò a correre, il corridoio era buio e
la risata di Freezer risuonava
nelle sue orecchie.
Il principe saltò
all'indietro trovandosi davanti il
mostro, alzò le braccia mettendole davanti al volto. Freezer
mise le mani a
conca, una sfera arancione brillò nei suoi palmi e li
alzò, la luce proveniente
dagli occhi s'intensificò.
Vegeta provò a muoversi, le gambe gli tremavano e prese ad ansimare, aprì la bocca cercando aria, sentiva fitte alla schiena, ai fianchi e ai polmoni, il cuore gli pulsava nelle orecchie.
Freezer ghignò ampiamente.
“Rimani
mio, principino. Qualsiasi cosa tu possa fare”.
Il principe provò a muovere la gamba, il piede era incastrato. Abbassò lo sguardo, il sangue macchiava il pavimento del corridoio. Si piegò in avanti e portò la mano alla bocca, sputò sangue e spalancò gli occhi, il petto era aperto da un buco all'altezza del cuore.
Freezer lo
sollevò
per il collo con la coda, lo guardò negli occhi.
“Tutto
ciò che è tuo mi appartiene e lo farà
per sempre”.
Vegeta portò le mani alla gola, chiuse gli occhi e aprì la bocca cercando aria, mosse le gambe e digrignò i denti.
Freezer
strinse con più
forza, ghignò.
“Non
dimenticarlo mai, mio mercenario”.
Il
principe annaspò, sentì la cassa toracica fare
male e i
muscoli non gli rispondevano, chiuse gli occhi.
Vegeta spalancò gli occhi,
scattò
seduto e si portò una mano alla gola. Ansimò,
delle goccioline di sudore
scivolarono oltre il mento e l'uomo prese un respiro profondo.
Piegò le gambe,
poggiò i piedi in terra e batté le palpebre.
Sentì un fruscio, saltò
all'indietro acquattandosi nell'ombra e puntò un ki blaster
davanti a sé. Mirai
Trunks alzò le mani, avanzò di due passi.
“Padre, sono io”
disse.
Il principe abbassò la
mano,
l'onda svanì e incrociò le braccia,
guardò il ragazzo.
“Trunks è stato
rapito” fece
Mirai.
L'uomo strinse le labbra, si morse
quello inferiore.
“Non potrebbe essere solo
scappato
dalla culla?” chiese.
Mirai si passò una mano tra
i
capelli lilla.
“C'erano tracce d'olio”.
“Tutto ciò che è tuo mi appartiene e lo farà per sempre”.
Scosse il capo, grugnì
irritato.
< Come fa il moccioso a
chiamarsi per nome da solo? > si chiese.
Saltò, spiccò il
volo e fece un
cenno con il capo.
“Muoviti!”
ordinò.
Partì, superò il
deserto, i
capelli gli aderivano al collo e sentiva il sudore scendere lungo la
schiena.
“Non fare pazzie,
donna” ringhiò.
Avvistò la Capsule,
digrignò i
denti.
“È tutta colpa
tua, Kakarot”
borbottò.
Atterrò sul davanzale della finestra.