L’INCIDENTE
By
elyxyz
< >= pensieri.
Ore 8.25
Kaede Rukawa stava correndo trafelato verso scuola.
Era in ritardo. Terribilmente in ritardo.
Quella
mattina, quando era uscito da casa, aveva trovato la gomma della sua bicicletta
a terra e aveva stramaledetto quell’inutile catorcio da ferrovecchio.
Entro
5 minuti, il cancello della scuola sarebbe stato chiuso.
Doveva
sbrigarsi.
Intravide
davanti a sé la figura di un ragazzo, con la divisa dello Shohoku e
un’inconfondibile criniera rossa, che camminava lento e svogliato,
assolutamente incurante dell’immane ritardo.
Qualcosa
di imprevisto accadde poco dopo.
Rukawa
stava per azzerare le distanze dal compagno ignaro che lo precedeva, quando un
bambino si mise ad attraversare la strada, non riconoscendo il semaforo rosso.
Sakuragi,
intuendo il pericolo, si buttò per salvare il piccolo. Un camion lo investì.
Il
terrore apparve negli occhi di Rukawa. Che fosse morto?
Kaede
corse verso l’amico. Il camionista sembrava sotto shock e ripeteva frasi
sconclusionate ad ogni passante.
Hanamichi
riversava in un bagno di sangue.
Il
bambino non si era fatto niente e, nella confusione, era fuggito.
Il
rossino rimaneva a terra immobile. Rukawa si accasciò su di lui. Respirava. Un
respiro debole, ma c’era.
Kaede
urlò alla folla di chiamare un’ambulanza, mentre i suoi occhi continuavano a
percorrere il corpo pieno di ferite.
Poi
si mise a chiamarlo per nome un’infinità di volte. Sembrava disperato.
Sakuragi
gli sussurrò: “Smettila di sbraitare, baka kitsune*….” Rukawa si zittì
di colpo, come se lo avessero bloccato.
Una
lacrima gli rigò la guancia.
Hanamichi
aprì gli occhi e un lampo improvviso rivelò il loro sconvolgimento.
Poi,
con un filo di voce, chiese a Kaede: “Sto….. per….. morire?”
“No…..
non credo….. Do’aho**”
Il
rossino proseguì: “ Allora, ……. perché….. stai…… piangendo?!”
Rukawa
si sfiorò la gota. Non si era accorto delle lacrime. Poi osservò Hanamichi,
che lo guardava pallido, Sakuragi stava per dirgli qualcosa, ma svenne prima di
proferir parola..
Arrivò
l’ambulanza. Rukawa salì anche lui, senza chiedere niente a nessuno.
Quando
l’infermiere suggerì di portarlo all’ospedale di Kitamura, il più vicino,
lui si oppose, con il tono di chi non era abituato ad essere contraddetto.
“Trasportatelo
alla clinica Kawata, me ne assumo io la responsabilità.” E così si fece.
Nel
corridoio del pronto soccorso, Hanamichi riprese conoscenza per qualche istante.
Rukawa lo rassicurò che, entro breve, avrebbe ricevuto le migliori cure.
Sakuragi
faticava a capire le parole dell’amico. C’era tanta confusione lì, un
ronzio nelle orecchie, la vista mezza annebbiata e una voce lontana che chiamava
dall’altoparlante: “La dotto……ssa ………awa è pregata di recarsi con
urgenza al pronto soccorso…..”
Ma
era tutto troppo vago e onirico.
Le
palpebre pesavano troppo e Hanamichi ritornò incosciente.
Ore
22.30
Hanamichi
si svegliò con lentezza esasperante, le palpebre sembravano macigni, le ossa
tutte rotte, il suo corpo gli doleva ovunque, come se gli fosse passato sopra un
TIR. Ma, forse, gli era veramente passato sopra.
Aprire
un occhio era una difficoltà indicibile.
Sbatté
le palpebre numerose volte, la luce della lampada artificiale li feriva.
Poi
si guardò intorno: era in un letto d’ospedale.
Aveva
numerose fasciature sul corpo e una ingessatura al polso e al braccio sinistro.
Sul
destro, c’era una flebo a scorrimento lento. Dio, sembrava eterna!…….
Qualcosa
si mosse, lentamente, sopra la sua mano destra……
Il
cuore di Sakuragi mancò un colpo: Kaede Rukawa dormiva al capezzale del suo
letto, seduto su una sedia e appoggiato alle lenzuola.
Ma
che ci faceva lì?!
Un
lampo balenò nella sua mente: il bambino- il camion- l’incidente- Rukawa che
urlava e piangeva……. Forse era tutto un sogno.
Ma
il dolore delle contusioni, gli fece capire che si sbagliava.
E
Rukawa, come faceva a dormire in quell’assurda posizione?!
Ah,
beh, Hanamichi si ricordò che la kitsune dormiva anche pedalando in bici verso
scuola……… Quello, al confronto, gli sarà parso un letto di velluto…….
A quel pensiero, gli scappò un sorriso. Poi il dolore lo fece gemere
lentamente.
Per
quel giorno, aveva pensato anche troppo e lui si sentiva così stanco…...
Una
porta si aprì adagio, e Sakuragi si sforzò di focalizzare il nuovo arrivo.
Entrò
una donna di straordinaria bellezza: aveva lunghi capelli neri come l’ebano in
una notte priva di luna, lisci come la seta. Due occhi azzurri come il cielo
d’estate senza nuvole e sfoderò un sorriso da accecare il sole.
Aveva
una pelle chiara e diafana come la porcellana e una bellezza aristocratica che
Sakuragi conosceva già……..
La
donna disse: “Buon risveglio, Hanamichi!”
Il
ragazzo parve disorientato. Perché sapeva il suo nome?
“Io
sono Kyoko Rukawa, piacere di conoscerti!”
A
quelle parole, il rossino non capì più nulla. La sua testa era già andata a
farsi un giro……..
In
quel momento, risvegliato dalle parole, Kaede Rukawa si ridestò, si stiracchiò
pigramente e poi si ricordò dove fosse e perché fosse lì: guardò Hanamichi
con occhi preoccupati, ma si rassicurò e poi si volse verso la donna.
Costei
si sporse delicatamente verso di lui, ancora seduto, e gli diede un bacio sulla
tempia, aggiungendo: “Buona sera, bimbo mio.”
Hanamichi
aveva deciso di non capirci più niente. Era capitato, forse, in una
fan-fiction?!
Rukawa
rispose: “Ciao, mamma.”
Il
rossino era allibito. Possibile che il volpino non fosse restìo a quelle
pubbliche dimostrazioni d’affetto?! Si stava parlando del congelatore dei
sentimenti, che si lasciava coccolare come un bambino, senza esserne
disturbato……….. Forse il Fujiama sarebbe diventato un lago………….
La
donna interruppe le congetture di Sakuragi.
“
Hanamichi, Kaede mi ha parlato tanto di te………”
Il
rossino era veramente stordito. “Kaede” che parlava? E anche molto? Di lui,
poi? Oh, Dei, stavano parlando della stessa kitsune?! Era caduto in un mondo
parallelo?! Forse ci voleva la Neuro……..
Immerso
nelle sue elucubrazioni, Sakuragi non aveva ascoltato la madre di Kaede che gli
parlava. Quando tornò a prestarle attenzione, sentì solo dirgli: “……in
15 giorni, te la caverai. Hai perso molto sangue, ci sono varie contusioni e
diverse ecchimosi, ma non hai riportato nessuna frattura. Ci sono due costole
incrinate e ti farà un po’ male respirare. La trasfusione serve per
reintegrare il sangue perso, l’ingessatura serve per permettere al tendine del
polso di saldarsi al meglio, anche se non si è rotto…….
Gli
ematomi guariranno in una settimana. Sei stato fortunato, sai, hai la pellaccia
dura, “genio del basket”………. Poteva andarti molto peggio!”
A
quelle parole, Hanamichi era diventato un tutt’uno con i suoi capelli e anche
un sottile rossore comparve sul viso di Kaede che, seppur zitto, era rimasto lì
ad ascoltare.
La
signora Rukawa disse al figlio: “Gioia mia, vai a prenderti qualcosa da
mangiare; è da stamattina che non ti riposi e non ti nutri. Resto io con lui,
dai, non scappa!!!”
Il
rossino pensò che il suo compagno aveva dormito fino a 5 minuti prima, però
non capiva perché fosse rimasto lì a vegliarlo.
Kaede,
a quelle parole, uscì mugugnando e si diresse ai distributori di vivande che
erano giusto lì davanti, poi fece per tornare dentro. La porta era socchiusa e
qualcosa lo fermò.
Kyoko
riprese: “C’è qualcuno dei tuoi familiari che possiamo contattare?!”
Il
malato rispose di no: la madre era morta alla sua nascita. Il padre era
scomparso 2 anni prima per un infarto. Era solo al mondo, ma ci stava bene,
disse ridendo d’imbarazzo.
Rukawa
rimase impietrito. Poi, si riprese ed entrò con noncuranza.
Come
poteva una persona tanto allegra e solare avere una condizione così tragica?
Con
il suo solito sguardo di sufficienza, ritornò a sedersi sulla sedia accanto al
letto del malato.
La
madre gli disse: “Gioia mia, è tardi, forse dovresti tornare a casa, c’è
scuola domani! Chiamerò un’infermiera che stia con il tuo amico a vegliarlo
per stanotte.”
Kaede
lasciò che la madre parlasse; poi, rispose con un tono di voce estremamente
dolce, che Hanamichi non avrebbe mai attribuito al volpino, e disse: “No,
grazie mamma, resto io con lui stanotte.”
A
quelle parole, la madre fece un cenno muto d’assenso, sorrise e, salutando con
l’augurio della buona notte, se ne andò.
Sakuragi
rimase interdetto. Quei due avevano congetturato su di lui senza interpellarlo!
Avevano
fatto i conti senza l’oste! Come se fosse invisibile! Qualcuno per vegliare
chi? Lui? Ma se stava benissimo! Beh, invero, non proprio benissimo…..
E Rukawa che si offriva di badare a lui?! Dei, il mondo stava per finire?!
Un
altro cinico e sottile pensiero attraversò la sua mente:
Kaede
lo guardava con aria interrogativa, non capendo le congetture dei suoi pensieri.
E Hanamichi ne fu felice.
Quando
avrebbe avuto più forza, avrebbe chiesto al volpino il perché di tanto
interesse, a costo di strappargli le risposte col cavatappi.
Di
lì a poco, si addormentò.
Rukawa
lo guardava in penombra e pensava che non erano mai stati tanto vicini, per così
tanto tempo, senza malmenarsi od offendersi………. Che fosse un progresso?!
Verso
le 3.00 del mattino dopo, una donna entrò nella stanza. Controllò le funzioni
vitali del malato e prese una coperta dall’armadio che depose sulle spalle del
visitatore, con fare di mamma; poi sorrise e se ne andò.
Il
mattino dopo, Sakuragi fu svegliato dal russare di Rukawa e la cosa lo infastidì.
Poi, si accorse che il volpino gli teneva la mano tra le sue e, con un gesto
lento e misurato, cercò di toglierla.
In
reazione a ciò, Rukawa lasciò la mano e borbottò ancora addormentato:
“Resto….. io…….con lui…….” E Hana sorrise.
Cercò
di spostare il braccio e scoprì che gli faceva più male di quel che credeva.
Con
fare lento e un po’ titubante, pose la mano sulla testa di Rukawa e la
accarezzò con delicatezza, passandola fra i capelli corvini e sussurrò:
“Grazie.”
Di
colpo, si rese conto di cosa stava facendo, arrossì violentemente e ritrasse
con uno scatto la mano, come se si fosse scottato.
Se
lo avessero scoperto nello spogliatoio femminile, sarebbe stato meno umiliante.
Poi si calmò.
Insomma,
era solo un gesto di gratitudine. Perché tanto turbamento?!
Il
cuore era in tumulto e non sapeva darsi una risposta convincente, così, decise
di concentrarsi su qualcos’altro.
Guardò
la flebo.
Guardò
la flebo che continuava a gocciolare il suo liquido lungo il tubicino, con
lentezza esasperante.
Fece
un sospiro di sconsolatezza e Kaede Rukawa si svegliò poco dopo.
Hanamichi
lo rimproverò: “Buon risveglio, principe sul mio braccio!!! Hai russato
bene?!”
Rukawa
lo fulminò con lo sguardo e Hana si mise a ridere di gusto.
Il
morettino inacidito, e ancora mezzo addormentato, lo investì a parole: “Mi
sembri molto migliorato, eh?! Se hai anche la forza di fare del
sarcasmo…….E’ proprio vero, l’erba cattiva non muore mai!!!”
A
quella cattiveria, il rossino ribatté: “E’ tutto merito delle cure della
tua mammmina, sai, “gioia mia”…….”
Rukawa
registrò le parole. Divenne rosso come un peperone e alterato disse: “Non
osare mai più chiamarmi così!” Poi, lo incenerì con gli occhi.
Hana
sorrise furbescamente, come chi sa di aver fatto una marachella e ne è
orgoglioso.
Di
seguito, aggiunse: “Gran donna, tua madre. E’ molto preparata e più gentile
di te, poi, è anche veramente una donna bellissima……..”
“Brutto
porco, tira giù gli occhi da mia madre e non farci più pensieri!!!”
Se
Rukawa avesse potuto, avrebbe dato un bel destro sul muso di Sakuragi.
E
non seppe mai che cosa lo trattenne dal farlo.
“Guarda,
che io ho detto solo che sei fortunato ad avere una madre così…” Kaede lo
guardò interdetto. La voce di Hanamichi sembrava onesta, sincera; come se
stesse, semplicemente, assodando un fatto. Poi, continuò: “Chissà com’è
il profumo di una mamma……” Non era una domanda, era quasi più
un’affermazione. E i suoi occhi divennero tristi.
Rukawa
rispose la prima cosa che gli venne in mente: “E’ come l’odore di ogni
figlio, ogni bambino porta con sé l’aroma della propria mamma….. è il
primo regalo che ci fanno quando veniamo al mondo…..”
Poi,
si bloccò, a soppesare le sue stesse parole e diventò rosso d’imbarazzo.
Sakuragi
sembrò rasserenarsi e concluse con fare serio: “Beh, forse hai ragione
tu….”
Le
loro idee vennero interrotte dall’arrivo di un’infermiera, con la colazione
di Hanamichi.
Il
volpino si offrì di dargliela lui.
Con
un braccio ingessato e l’altro dolorante, come poteva imboccarsi da solo?
Quella
che successe dopo, fu un’avventura.
Il
rossino rifiutò caldamente l’aiuto, perché non voleva essere considerato un
mezzo paralitico. Ne andava del suo orgoglio…….. Ma, alla fine, la fame ebbe
il sopravvento.
Hana
era molto indisponente, ma a digiuno da più di 24 ore……. E una flebo di
soluzione salina non rimpiazzava certo una buona scodella di riso.
Sakuragi
si comportava come un bambino viziato e Rukawa non brillava certo per la
pazienza.
Un
altro po’, e gli avrebbe infilato i bastoncini di legno nel naso, anziché in
bocca….. finché i due non raggiunsero un certo ritmo di sincronia: Ru
imboccava, Hana masticava, Ru imboccava, Hana masticava. Entrambi, in religioso
silenzio. Fino al momento in cui Ru non rovesciò parte della ciotola della
colazione sul letto e Hana lo rimproverò caldamente per provocarlo.
Kaede
sussurrò solo: “Gomen nasai***”. Sembrava dispiaciuto.
Hana
restò sorpreso. Perdette la sua baldanza e rispose: “Bah, dai, non
importa…… può capitare a tutti”.
Di
lì a poco, l’inserviente venne a prendere il vassoio per portarlo nelle
cucine.
E
i due rimasero soli di nuovo.
Il
giro dei medici sarebbe venuto a controllare l’infortunato solo qualche ora
dopo e il silenzio, creatosi tra i due, cominciava a pesare come un macigno.
Fu
Rukawa a romperlo.
“Ho….sentito…….che
vivi da solo……mi dispiace.” Finì in fretta la frase.
Hana
fece una risata imbarazzata, un sorriso di circostanza e poi rispose:
“E
perché dovresti?”
In
risposta, Ru disse: “Ti va…… di parlarmene?”
Sakuragi
capì che quella del suo interlocutore non era semplice curiosità da
soddisfare.
Per
la prima volta, vide Kaede Rukawa con occhi diversi.
Per
la prima volta, Kaede Rukawa si lasciava guardare dimostrandosi diverso,
interessandosi a qualcosa che non fosse una palla da basket.
Hanamichi
cominciò: “Mia madre si chiamava Yuko. Mi hanno sempre detto di lei che era
una donna solare, gioiosa, molto bella…..”
“Non
hai una sua foto?” lo interruppe Kaede.
“No.-
riprese lui- Mio padre iniziava a piangere ogni volta che gliene mostravo una,
così decidemmo di disfarcene………”
Sakuragi
si interruppe, perché la voce gli tremava leggermente e si era arrochita per
l’emozione. Sperava che Ru non lo avesse notato.
Il
volpino, invece, ben aveva compreso lo stato d’animo dell’amico e, per
toglierlo da lì, disse:
“Cambiamo
argomento, se vuoi…”
“Mio
padre è morto 2 anni fa, stroncato da un infarto; mentre io ero immerso in una
rissa tra bande…….. Se fossi arrivato a casa prima, forse lui sarebbe ancore
qui.”
Poi,
quasi per discolparsene, iniziò a sua volta a parlare, quasi senza sapere bene
che dire. “In fondo, io e te, non siamo poi così diversi……”
Hana
si ridestò dai suoi tristi pensieri, incuriosito da quella frase.
“Cosa
intendi?!”
“Anch’io……..
vivo praticamente da solo.
Mia
madre riveste un ruolo molto importante in quest’ospedale ed è sempre qui a
curare i suoi pazienti, o a supervisionare il lavoro dei colleghi o a fare
lunghi viaggi, per il mondo, a relazionare conferenze di medicina.
…….Io……
sono sempre cresciuto…….con una governante…….”
“E
tuo padre?”
“Mio
padre- riprese Kaede- è morto…….. a causa mia”
A
quelle parole Rukawa si irrigidì e tacque.
Hanamichi
non capiva il loro significato.
“Per
favore, spiegati meglio!”
A
Kaede sfuggì un gemito involontario, che nascondeva la sua sofferenza.
Aveva
gli occhi socchiusi, come a cercare una forza interiore che non possedeva, per
andare avanti con il discorso…..
“Avevo
quasi 3 anni, era il 7 maggio.
Una
data che non scorderò mai.
Stavo
passeggiando con lui per le vie del centro, quando vidi un gattino sulla strada.
Mio
padre stava parlando con un amico di famiglia e non se ne accorse.
Quando
mi vide in mezzo alla strada con il gattino in braccio, un camion stava quasi
per falciarmi.
Lui
si buttò.
Scambiò
la sua vita con la mia.
Lo
vidi morire abbracciandomi forte, e mi ripeteva: “Va tutto bene, piccolo
mio.” Ma morì poco dopo.
Riprese:
“Ieri mattina, ho rivissuto l’incubo che mi tormenta da 14 anni.
I
demoni del mio passato sono tornati a farmi visita……..”
Dicendo
quelle parole, lacrime silenziose scesero dagli occhi di Kaede, che non se ne
accorse.
Hanamichi
gli strinse la mano con la propria, come gesto rassicurante, e gli disse: “Ma
io sono qui, sono la tua redenzione.”
“Già.”
rispose Kaede, come se quella parola bastasse a formulare un discorso completo.
“E’
dunque per questo, che ti occupi di me con tanta devozione? Per scontare le tue
colpe?”
“Beh,
all’inizio, sì. –confermò Ru- poi, però, ho capito che non è poi così
brutto occuparsi di qualcuno……….. Anche se, questo qualcuno, è un
rompiscatole come te.” Concluse Ru, come per darsi un tono di superiorità che
non sentiva veramente.
“Beh,
ti credo! Se fossi stata una bella ragazza, ti sarebbe convenuto di più,
vero?!”
I
due iniziarono a ridere di gusto, come vecchi amici. Ed entrambi pensarono,
contemporaneamente, che in fondo, l’altro non era poi così tremendo e
insopportabile, come da prima apparenza.
Forse,
era solo il momento, il luogo, le confessioni appena fatte, a rendere
quell’incontro strano ed eccezionale.
A
conferma di ciò, Ru disse ad Hana: “Del resto, considera tutto questo per
quello che è.
Tu
sei temporaneamente invalido fisicamente in questo letto, e io sono affetto da
una temporanea infermità mentale, che mi costringe ad occuparmi di te.
Oltretutto, appena riuscirai a scendere da quel letto, potresti andare ad
insediare mia madre, e io ho il dovere di controllarti e di proteggerla.
Ma
ricorda: usciti da qui, io negherò tutto.”
“E
ritorneremo ad essere- proseguì Hanamichi- i soliti Do’aho e Baka Kitsune,
che sono rivali e si odiano, in palestra e a scuola.”
“Già.-
confermò Rukawa- Questa resterà solo una piacevole parentesi.
Un
segreto, tra noi due, che col tempo dimenticheremo……”
Ma
entrambi, nel profondo del cuore, sapevano con certezza che non avrebbero mai
scordato quell’esperienza,
che
li aveva accomunati in modo così profondo,
che
li aveva fatti sentire così simili,
che
da quel giorno, li avrebbe fatti guardare con occhi diversi.
Perché,
in quella bianca stanza d’ospedale, due animi affini avevano prodotto una
magia, chiamata amicizia.
OWARI
Vocabolario:
kitsune=
volpe
baka
e do’aho= (sono praticamente sinonimi) stupido, scemo, idiota…
gomen nasai= scusa tanto, mi dispiace.
Allora, cosa ve ne sembra?!
Di solito, tendo ad evitare di dare una precisa collocazione temporale ai miei racconti. Cerco appositamente di non inserire date, stagioni o età…..
Quando
ho scritto questo, però, ho citato, indirettamente, l’età di Rukawa.
Quindi,
mi sembra opportuno dirvi quando io ho immaginato l’incidente.
Sostanzialmente,
la mia storia si svolge all’inizio della 2^, semplicemente perché i due non
si odiano più, come accadeva nel 1° anno. Questo non vuol dire che non
bisticcino più, ma è più un’abitudine, che una loro necessità.
Lo
sostengo, perché un anno prima, Ru si sarebbe rifiutato, categoricamente, di
fare la strada con Sakuragi, verso scuola. Per di contro, il rossino sarebbe
morto di fame, piuttosto che farsi imboccare dall’odiata kitsune. Perciò, in
un certo senso, sono maturati…… Se prima non erano ancora esattamente
“amici”, dopo questo “incidente” sono predisposti per diventarlo……
Disclaimer:
Tutti i personaggi di Slam Dunk appartengono al Sensei Inoue. Sakuragi può pure
tenerselo senza problemi…. ( o lo volevi tu, N?!) Però Rukawa potrebbe
lasciarlo a me……. Tanto, lui non se ne fa niente….. Io, “qualcosina” sì……. Ovviamente,
non ci guadagno nulla a scrivere; ma, se proprio insistete, invece di tirarmi i
pomodori, mandatemene una cassa….. farò la passata!
Senza
chi mi sostiene, non avreste potuto sorbirvi questo mio sclero mentale. A loro
va il mio grazie.
Tutti
i commenti e/o le critiche sensate troveranno casa qui: elyxyz@libero.it
(le aspetto).