La porta si aprì, finalmente, spalancandosi sul nero oscuro fosco pronto a divorare tutto – la luce svaniva presto, nel Paese del Sole, inghiottita da nubi limpide che sapevano di acido e catrame. E corse e corse e corse, lungo le strade buie di un buio vischioso, sotto lampioni dalla luce gelida, in mezzo a un caos sconosciuto e assordante e silenzioso – ma era meglio quello, oh, era meglio quello della cosa... ma la cosa stava arrivando, passi pesanti e ansiti e... presto presto presto! Inciampò ancora, e ancora le ginocchia versarono sangue, e ancora maledisse quel pigiama leggero; e mentre si rialzava le nuvole acide e fosche vomitarono acqua che le bruciò la pelle, e la sua pelle vomitò sangue che tinse l’aria di rosso, ma continuò a correre, perché persino quello era meglio della cosa, quella cosa sempre più vicina che... che...
Ansiti passi ringhi fetore saliva e di nuovo l’asfalto sotto le ginocchia e male male male panico male panico e nulla.
La cosa era arrivata.
Riaprì gli occhi, lasciò i tasti, calciò via la sedia e corse oltre la porta, lungo il corridoio silenzioso che risuonava di voci incomprensibili, nel buio vischioso del Paese del Sole.