Storie originali > Fantascienza
Segui la storia  |       
Autore: lubitina    01/09/2012    1 recensioni
E se un giorno, il Sole, non sorgesse più? Ci sarebbe ancora spazio per gli eroi?
Genere: Drammatico, Fantasy, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



C'era qualcosa, in quell'immagine, che lo affascinava. Valanghe di pensieri gli si affollavano nella mente, e a volte parevano larve bianche che si accapigliavano le une alle altre, altre volte una dolce danza cosmica.
Fondamentalmente, non c'era niente. Era una..foto. O così gli avevano detto. Ed era stata.. scattata(?) tanto,troppo, tempo prima. Ma quanto? Perché? Chi era stato? E.. cos'era quello?
C'era, immersa in un mare di nero compatto e vellutato, un piccolissimo puntino blu brillante. Tutt'attorno, strisce leggermente curve, come se fossero parte di circonferenze, gialle,verdi, e rosse
La teneva sempre stretta a sé, sotto gli abiti rossi, come si teneva, aveva sentito dire, tanto tempo prima, una ciocca di capelli di donna. Gli piaceva passare fra le dita il piccolo foglio inchiostrato, sentire sui polpastrelli la carta ruvida, bianca, avvertire, filtrato dalla grana, il peso di essi. Era strana, pensava. Ruvida eppure ordinata, come..come.. quelle cose del Mondo Lontano che aveva visto nell'ufficio del Direttore. Come le rocce, e le loro belle forme regolari. Ma era un materiale..diverso. Di un.. tempo, diverso. Ne era certo.
Lui non sapeva dire nulla, però. Lui fissava l'immagine, sognando vite mai vissute, venti mai soffiati, fuochi mai accesi, acqua che mai era scorsa, cristallina come mai, su quel piccolo, piccolissimo, fragile, punto blu. Creature senza volto, ma bellissime, che si muovevano aggraziate nel blu di un mare trasparente, riempito da piogge gentili e acqua, tanta dolcissima acqua, che scivolava nei fossi, nei fiumi, si infiltrava nel terreno marrone.. Che profumava di un profumo che lui non conosceva, umido della stessa acqua cristallina, buona da bere e per immergerci le mani.
E sognava tutto questo, mentre la Stella svaniva dietro l'orizzonte delle rocce rosse, amaranto nel tramonto, e l'unica luce in cielo era il Pianeta, accompagnato dai solitari e freddi anelli, un fantasma grigio nel nero. Il Pianeta, lui no, non sorrideva mai.
Sapeva, però, fin da quando era troppo piccolo per ricordare, che il Pianeta era potente, ed era potente quanto il Direttore, ed il Direttore conosceva tutto del piccolissimo puntino blu. Glielo diceva sempre lei, la donna dai lunghi capelli rossi, mentre lo cullava dolcemente fra le sue braccia. Sussurrava, piano. Raccontava di com'era il Mondo-di-Prima, dell'acqua, della pioggia, delle nuvole. Cos'erano le nuvole?, chiedeva sempre lui. Amava sentirsi rispondere che erano nient'altro che acqua leggera, così leggera da volare, e che un giorno lo avrebbe fatto anche lui, e avrebbe potuto bere quell'acqua prendendola fra le mani. Gli parlava del verde, del verde intenso dei boschi. Cos'erano i boschi? Sono tanti alberi tutti assieme, come una grande famiglia. Più sono uniti, più la famiglia è forte, impenetrabile. Invincibile, proprio come te, piccolo mio. E allora lui si addormentava, assaporando quel dolce calore.
I capelli rossi di lei profumavano, e lui immaginava profumassero di terra, di acqua, di umido, di alberi, di boschi e foreste. Immaginava che il piccolissimo punto blu, profumasse di lei.
Si ridestò all'improvviso, con ancora in mano la foto. Nella cuccetta faceva freddo, e la tenue luce che filtrava da fuori non bastava a rischiararla. Luce, poi, era una definizione esagerata. Tubi ripieni di gas altamente ionizzati, il cui spettro d'emissione coincideva con quello della luce visibile. La luce era altro, e lui lo sapeva. “Fuori” ne era pieno. Correvano sul soffitto. Ora, se fosse subito uscito, lo avrebbero accecato. Ma fuori, ancora più fuori, c'era il Niente, ma quel Niente in un tempo lontano era esploso, e da lì era nato il Tutto. Era tremendamente illogico e crudele, che dalla violenza nascesse esistenza. Ma il Niente era buio. Il paradosso di Olbers diceva perché. Olbers? Chi era? E perché le stelle, se sono così tante, non riempiono di luce, vera luce, il cosmo infinito?
Tutto questo gli volò per la mente in meno di un secondo; il tempo di scuotere la testa, tossire, e alzarsi lentamente dalla branda. Faceva freddo.
Si infilò l'uniforme, con gesti intorpiditi ma meccanici, sbadigliando confuso. Sentiva ancora il sapore dei sogni in bocca, il sapore dell'acqua. Uscì lentamente nel corridoio,richiudendo la porta dietro di sé.
Il rumore dei suoi passi riecheggiava sul pavimento metallico (“Metallo estratto dalle viscere di pianeti non nostri, stuprati a piacimento”). Sulle pareti si susseguivano le piccole porte delle altre cuccette, in cui tutti gli altri come lui dormivano dolci sonni cullati dalla gravità artificiale. Vari pannelli di comandi le intervallavano. Era una nenia che conosceva, era un corridoio che percorreva già da quasi mezza rivoluzione.
Camminava lentamente, non aveva motivo di andare di fretta. La sua mente era vuota, a livello cosciente, mentre dentro di lui sguazzavano mille pensieri informi, a cui non aveva interesse dare forma, e che avrebbe scacciato volentieri lontano, se ne fosse stato capace, se avesse studiato con la giusta dedizione qualche pratica antica di meditazione. Ma non lo aveva fatto, perché era troppo pigro e si odiava,profondamente,per questo.
Ah, la pigrizia. Che lenta e dolorosa ulcera. C'era Aristotele, fra le pieghe della sua pigrizia.
Svoltò a destra, leggendo distrattamente l'insegna recante scritta, in caratteri arancioni e ordinati, “Osservatorio”. Questo era un luogo all'apparenza enorme, anche se in realtà era una perfetta sfera,dotata di un pavimento piano e trasparente.
Come sempre, appoggiandovi il piede, si sentiva galleggiare. Leggero, incorporeo, fluttuante da qualche parte nell'Universo. Ed esso non appariva più ostile, colmo di radiazioni e materia bruciante, o gelido e inerte; era, lui, piccolo ammasso di elementi ben combinati fra loro, dotati di un soffio di vita messa in moto da una pulsazione di un joule, parte di esso, al contempo suo prodotto più alto e maggiore suo abominio. E ne era estasiato. Si sdraiava sul materiale trasparente, e si lasciava cullare dalle delicate luci delle stelle lontane, a sud dell'eclittica solare. Amava immaginare cosa si nascondesse lì, che mondi diversi e simili al loro, a quello che l'Umanità non aveva più. Che aveva perso.. Eppure le migliaia di luci, bianche, arancioni, gialle, rosse, erano lì, ed ognuna di esse era una piccola speranza. Dio, come avrebbe voluto che Aristotele avesse avuto ragione. C'era poesia, nel suo mondo. C'era certezza nell'amore del Cosmo per gli esseri umani, creature perfette e da esso direttamente discendenti. Tutti Titani, tutti divinità, fatti di 4 elementi e non decine e decine, semplici e perfetti. Fatti della stessa sostanza del Cosmo: acqua, dolce e cristallina, aria, trasparente e profumata, terra, pesante e forte, e fuoco, come lo spirito che brillava in ogni essere. Ed il loro mondo era al centro di esso, ed apparteneva a loro, e loro ne erano amanti e responsabili. C'era poesia, non solitudine. La Terra era da loro, da quegli uomini antichi, togati, e sapienti, amata, amatissima; ed essa li amava e proteggeva. Avrebbe voluto Aristotele avesse avuto ragione, per baciare quel suolo che non aveva mai visto e dire che lo amava, che qualunque luogo di quel piccolissimo punto blu era la sua casa, e mai poi mai sarebbe stato solo, perché avrebbe avuto un cinguettio d'uccello, il fruscio di un ruscello, il gracidare di una rana, il chiasso di una metropoli, o il ruggito di un leone, a tenergli compagnia. Ma la Terra, la loro Madre, la loro Sorella, che li aveva cullati e allevati da quando la Stella era solo un ammasso di polveri inerti, li aveva abbandonati. Li aveva traditi.
E quando lui giungeva a quel pensiero, l'assolutezza, la certezza straziante, dell'eterna solitudine dell'esiliato lo colpiva. Ramingo nel cosmo, vittima dell'incerto e dell'infinito, sentiva la lacerante mancanza di qualcosa che mai aveva avuto. Una casa.
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantascienza / Vai alla pagina dell'autore: lubitina