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Autore: Ignis Ferroque    01/09/2012    3 recensioni

-Fèdor...fermo! Cosa vuoi fare?!-
-COME HAI POTUTO!!!- urlò una voce metallica, gracchiante come frammenti di meccanismi sferraglianti.

[Tratto dalla storia]
Si sono raccontate molte storie sui guerrieri di Dio, gli esorcisti, e le loro gesta riempiono ancora il silenzio stagnante di quei secoli bui. Si sono raccontate altrettante storie su chi combatte, bruciato dal peccato, per Conte del Millennio.
Qualcuno si è mai fermato a pensare cosa ci sia a metà? Semplici persone che fronteggiano i loro problemi, non dotati, non speciali...
Come può cambiare la semplice vita di qualcuno che abita il campo di battaglia su cui si fronteggiano gli opposti e abbraccia infine il peccato?
Qui comincia tutto con un incontro e un "c'era una volta...", finirà con un lieto fine?
Genere: Sentimentale, Sovrannaturale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Allen Walker, Altro personaggio , Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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NB: la storia si svolge dopo la 41° notte, quinto volume del manga D. Gray Man.

 



Ci eravamo incontrati perché doveva succedere. E anche se non fosse stato quel giorno, prima o poi ci saremmo sicuramente incontrati da qualche altra parte.
Haruki Murakami.

Londra, ancora una volta, lo accoglieva piangendo.

Le gocce di pioggia si infrangevano sui vetri del treno con un basso ticchettio che aveva cullato tutto il viaggio, sottofondo oscurato di tanto in tanto dal fischio allegro della locomotiva. Dormire sul treno era sempre stata una cosa che odiava fin dalla più tenera età, quando era stato costretto a viaggiare su quei sedili consunti e polverosi con suo padre. Quella però, era una vita prima.

Le scarpe di cuoio lucido dell'uomo sfiorarono i sanpietrini della stazione brulicante di gente, evitando una pozzanghera appena sotto la scaletta della locomotiva. Dietro di lui una madre di lamentò strattonando con forza il figlioletto che si tenteva verso l'esterno, catturando le gocce di pioggia con la lingua. L'uomo si calcò il cappello di feltro color sabbia in testa e si strinse nel cappotto già zuppo sollevando lo sguardo.

Fu lì la prima volta che la vide, appena sceso dal treno che finalmente aveva raggiunto Londra, mentre il profumo fresco della pioggia gli penetrava nei polmoni. Pioggia, l'odore migliore del mondo.

Lei rimaneva immobile, in bilico in mezzo alla gente che correva sotto le tettoie per ripararsi.

Lei guardava tutti ma nessuno in particolare, sondando visi con il suo sguardo immobile, con l'espressione di chi è vicino a perdersi per sempre ma non è certo di saperne il motivo.

Lei, seduta sulle panchine di legno scrostate della stazione, fissava con occhi stanchi i finestrini del treno avvolti dal vapore denso che si sollevava dalle rotaie.

Mentre la folla lo spintonava per passare oltre, l'uomo si fermò sulla banchina della stazione. L'acqua piovana che scivolava lungo le maniche del soprabito e gli allargava intorno una pozza trasparente e lui sentì un brivido scorrergli su per la schiena appena gli occhi della donna lo sfiorarono veloci come un battito di cuore. Sembrava che l'ansia e la smania di tutti i passeggeri non intaccassero minimamente la calma e la rigidità della ragazza, quasi fosse una bolla privata di immobilità, da cui era stato contagiato.

Non potè fare a meno di notare che era molto bella, il genere di bellezza che si riconosce solo quando una persona per strada ti ha già superato e devi girati per inseguire anche uno scorcio di immagine, da imprimere a fuoco negli occhi.

La bellezza di lei era delicata, anche se un po' rattappita, come se si fosse richiusa fra quelle spalle incurvate sotto un peso invisibile, un fiore privato di acqua quando è ancora in boccio: nonostante i capelli neri e lucidi fossero tirati austeramente in una crocchia stretta dietro la nuca, anche da lontano sembravano morbidi come sete; la pelle levigata delle guance avrebbe potuto risplendere ancora illuminata di un sorriso.

Ma gli occhi della ragazza erano così marcati da occhiaie scure, pieni di lacrime che non si decidevano a scendere che apparivano liquidi, come gocce di rugiada incerti su un petalo di un fiore.

Stringeva convulsamente fra le mani una borsa da viaggio di stoffa color vinaccia con i manici spessi di pelle chiara, come se il suo bagaglio fosse la sua unica ancora di salvezza prima di andare alla deriva. I muscoli delle braccia erano contratti sotto il velluto del suo abito viola, braccia pronte a scattare appena i suoi occhi arrossati avessero riconosciuto cosa stavano aspettando.

L'uomo si sistemò la borsa leggera a tracolla, l'unico bagaglio, e le si fermò davanti, accennando ad un saluto con il capo.

-Milady, da quando vi ho vista poc'anzi non posso evitare di pormi questa domanda: cosa state aspettando, se mi è permesso domandarvelo?- le chiese l'uomo con un delicato accento provenzale sollevando la tesa del cappello. Lei non lo guardò ma lui ebbe tutto il tempo di notare qualcosa in più di lei: un piccolo neo scuro sotto l'occhio che assomigliava una lacrima, la piega netta del naso, la forma delicata delle labbra...

-Aspetto qualcuno che tarda così tanto da farmi credere che sia fuggito. Aspetto il tempo. Che quello passato torni nelle mie mani o che quello futuro riprenda a scorrere.- mormorò lei con un filo di voce studiando i passanti dietro l'uomo, ansiosa di scorgere qualcuno.

-Le dispiace se mi fermo un po' con voi?- all'uomo parve di cogliere un guizzo nella pustura della ragazza che si raddrizzò un po'.

Le persone intorno a loro erano quasi tutte sparite, alcuni fra le strette degli amici, altri sfuggendo solamente alla ressa sulla banchina. Lei non si mosse ma abbassò la testa delusa.

-Sono un pittore, potrei chiedervi il permesso di potervi dipingere?- insistette l'uomo puntando i suoi occhi neri in quelli della ragazza che, alla fine, lo ricambiarono dubbiosi.

-Temo non ve ne sia il tempo.- rispose con voce monocorde mentre l'uomo le sedeva accanto.

-Temo che il tempo sia una delle cose che non sono mai abbastanza. Ma finchè ne avete voglia, permettetemi di rubarne un po' del vostro.-

-Non deve esserne rimasto molto.-

-È abbastanza per me.-

Per la prima volta lei si girò spontaneamente a guardarlo.

Non aveva sbagliato, era davvero bella.

Lo studiò dietro degli occhi offuscati, occhi scuri densi di disperazione e di rassegnazione, gli occhi di chi ha un cuore spezzato.

-Non deve esserne rimasto molto.- ripetè la ragazza come un monito mentre l'uomo faceva uscire un foglio di carta spessa dalla borsa e avvicinava un mozzicone di sanguigna alla superficie irregolare.

-Me lo farò bastare.-.

 

 

Ciao a tutti! Un grazie sincero a coloro che sono arrivati a leggere fino a qui!
Tengo a precisare che questa è la mia prima fanfiction quindi se qualcuno trova degli errori, ha dei consigli per me, non esiti a contattarmi/aiutarmi!
Riguardo alla storia:
1) i miei protagonisti sono umani e non possiederanno/possiedono Innocence.
2) per qualche oscuro motivo (soprattutto ad una novellina come me) non compare Crowley nella lista dei personaggi... Non sarà abbastanza figo? Bah. Sta di fatto che sarà insieme ad Allen nella storia (
peraltro sarà piuttosto corta), anche se gli esorcisti non avranno un ruolo centrale.
Beh, prima di spoilerare cose inutili su una fiction già di per se abbastanza banale, vi aspetto al prossimo capitolo!

 

  
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