Ricordava solo brandelli della loro ultima frase. Del loro ultimo dialogo in generale. Mi dispiace.
Aveva detto perlomeno qualcosa di sensato ad Anton, quindi. Mi dispiace. Ma neanche tanto: un mi dispiace era solo un mi dispiace, effettivamente non era proprio nulla, effettivamente non- È giusto così. È giusto così. È giusto così. Ormai ripeterselo era diventato l’unico modo per andare avanti.
Si soffiò il naso su un fazzoletto candido, rivedendosi ancora su quel treno.
Il letto sul quale non ancora moriva si trovò su delle immaginarie rotaie mentre lei scriveva quelle lettere, due sole parole in mente. Anton, ritorno.