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Autore: ShadowMoonLady    10/09/2012    6 recensioni
Se il generale quella notte non avesse dormito male, se Falck non si fosse messa a pensare, arrivando in ritardo, se quel sayan non l’avesse guardata con insistenza, scambiandola per una prostituta del luogo, se l’aliena avesse già utilizzato una volta il teletrasporto, se al guardiano non fosse caduta la pistola, se i due innamorati fossero andati a destra, trovando la strada sbarrata, se avessero detto a re Cold più tardi dell’accaduto, se non si fosse arrabbiato, se Loveno non fosse stato il custode dell’uovo, spingendolo per voglia di vivere a quell’atto pazzo. Se li avessero presi, se in quel preciso istante non fosse nato quel bambino, sarebbe nato Freezer, che in soli tre anni avrebbe distrutto Vegeta sei. Ma non andò così, per questa volta. E per altri vent'anni il pianeta era salvo.
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Freezer, Goku, Nuovo personaggio, Re Vegeta, Vegeta | Coppie: Goku/Vegeta
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 40
 
 
Prima ancora di comprendere appieno la notizia e tutto ciò che comportava, Vegeta aveva già spiccato il volo, diretto a tutta velocità verso la Base. Con Goku alle calcagna, che non aveva alcuna intenzione di lasciarselo scappare.
“Quando hanno avuto la notizia? E’ già perfettamente funzionante? Si può mettere subito in atto il piano?” chiese il principe, l’urgenza di sapere tutto e subito nella voce.
“Ehm.” Goku ridacchiò nervosamente, grattandosi la nuca. “Non ho chiesto praticamente nulla” e percependo distintamente l’altro sul punto di andare in escandescenza, cercò di salvare il salvabile. “Però ho visto Bardack abbastanza agitato e febbricitante. Credo che lo abbiano saputo da poco. Ho anche percepito Veryin”.
Missione riuscita. Almeno in parte.
Vegeta borbottò qualcosa, molto probabilmente un insulto verso la sua scarsa utilità, ma era già perso in altri pensieri. Finalmente il momento stava per arrivare.
Nessuno pronunciò parola per dei lunghissimi momenti, quando infine videro la nicchia in cui si trovava l’entrata della Base. Iniziarono la discesa, e Goku non potè fare a meno di non trattenere la domanda che gli arrovellava il cervello da quella mattina.
“Vegeta ma… Sei sicuro di esserti allenato abbastanza? Sei sicuro di essere abbastanza forte per resistere così a lungo?” gli domandò, non cercando per nulla di nascondere l’apprensione nella sua voce.
Il principe, che stava già per aprire la porta della Base, si girò a guardarlo, il volto corrucciato. Gli occhi ridotti a due fessure, ardevano di rabbia. Verso le sue parole, e verso quella nota che aveva catturato nella sua voce, che gli ricordava sempre che c’era di più. E gli faceva balzare il cuore nel petto.
“Te lo dico e te lo ripeto, Kakaroth, visto che evidentemente sei più duro di comprendonio di quanto immaginassi. Non ho intenzione di cederti il mio posto. Il gusto di combattere con Freezer, lo avrò solo io” sibilò.
Goku sorrise. “Non ho intenzione di rubarti il posto” incespicò un attimo, in cerca delle parole giuste, che non lo avrebbero allontanato da lui e non lo avrebbero fatto chiudere in se stesso. Invano. “E’ solo che mi preoccupo per te. So che sei un guerriero forte e valoroso, ma Freezer è davvero, davvero potente”.
Potè vedere con chiarezza una porta sbattersi con violenza negli occhi di Vegeta, seguita da un leggero imporporarsi di guance e di emozioni confuse susseguirsi sul suo volto.
Alla fine, scelse quella più semplice per lui.
“Non sarà una fottuta lucertolona troppo cresciuta a battermi. Io sono il re dei sayan. Non ho bisogno delle tue inutili preoccupazioni” sbottò, quasi in un ringhio, prima di entrare dentro alla Base e percorrere il corridoio, senza guardarsi indietro.
Goku sospirò, scuotendo la testa. Che testone. Gli andò dietro.
 
Veryin camminava a grandi passi per la Sala delle Riunioni, le mani intrecciate dietro la schiena e lo sguardo perso del vuoto.
“Allora? Cosa ci devi dire?” fece un sayan dai capelli lunghi, una specie di fratello di Turles, se non sbagliava.
La sayan lo fulminò con lo sguardo, e Turles le tolse le parole di bocca.
“Quante diamine di volte deve dirlo, Radish? Dobbiamo esserci tutti prima che Veryin ci spieghi il tutto”.
Gli rivolse un mezzo sguardo d’intesa, che non riuscì proprio a trattenere, prima di ricominciare a camminare a grandi passi per la Sala.
Non sapeva neanche perché fosse lì. Davvero non ne aveva idea.
Lei era sempre stata per il buon senso; l’autoconservazione. Se un qualcosa era insensato o controproducente, lei semplicemente non lo faceva.
In guerra si poteva morire? Lei non combatteva. Il marito che le volevano affibbiare la ripugnava? Scappava di casa. Un contrabbandiere di armi le proponeva almeno una decina di richieste a settimana –ben pagate-, a patto che lei costruisse tutto quello che le proponeva? Affare fatto.
Un pazzo megalomane con una potenza inimmaginabile complottava per lo sterminio dei sayan? Ah no, lei doveva mettersi contro di lui, accettando di lavorare con quel gruppo di sbandati, rinunciando a tutti i soldi che avrebbe potuto fare nel frattempo.
Al solo pensarci, era indecisa se imprecare o alzare gli occhi al cielo.
Davvero un genio. Il genio dell’incoerenza verso se stessi.
Anzi. Avrebbe potuto fare qualcosa di molto più produttivo nei confronti del proprio corpo che reclamava di essere usato. Era pur sempre una sayan, non poteva stare ferma per troppo tempo.
Avrebbe picchiato con tutta la forza repressa quell’idiota di Turles che l’aveva costretta ad accettare.
Costretta, forse, non era la parola giusta, si disse.
Dannato sayan. Un paio di occhiate maliziose, un bacio e una toccatina l’avevano fatta gemere quel “Va bene, sono con voi”, e in maniera anche abbastanza vergognosa. Avrebbe dovuto farsi pregare –come, in effetti, il restante di quei strani sayan aveva praticamente fatto. Tranne il principe, ovviamente.
Invece alla fine era stata lei a pregarlo di prenderla. In tutti i sensi.
Si fermò un attimo. Non serviva a niente pensare agli errori fatti. Quindi, di conseguenza, lei avrebbe scacciato quei ridicoli arrovellamenti. Era lì, ed era un dato di fatto. Doveva solamente svolgere il suo compito nel modo migliore possibile, e pregare che andasse tutto per il meglio. QW10 doveva essere l’arma definitiva. Altrimenti sarebbe stato tutto perduto.
 
Entrarono altri tre sayan, di cui non aveva avuto né il tempo né la voglia di memorizzare i nomi. Sapeva però che mancava ancora il principe Vegeta.
Un brusio impaziente si levò per la sala, e alcuni di loro iniziarono a scalpitare o a cercare di fulminarla con lo sguardo, forse il suo antistress personalizzato dava fastidio. Peggio per loro, commentò mentalmente la sayan. Per ripicca aumentò il passo, sembrando probabilmente una trottola impazzita.
Quando, dopo altri dieci minuti di attesa, il principe e un altro sayan –l’altro sottospecie di fratello di Turles?- fecero la loro entrata. O almeno, il principe fece un entrata degna del nome che portava, con conseguente mezzo inchino da parte di tutti, l’altro si limitò ad entrare e a prenderlo per mano… Prenderlo per mano? Aveva visto bene?
Ma quando rialzò la testa dall’inchino, entrambi si erano già posizionati nella prima fila del piccolo raduno che si era raccolto intorno a lei. Forse se l’era solo immaginato.
“Allora, Veryin, non farci aspettare ancora. Parla.” La voce chiara e forte di Bardack la raggiunse dai suoi pensieri e la fece anche inchiodare al posto. Da dove iniziare?
Con la coda dell’occhio guardò il principe. Si era aspettata che lui le chiedesse di cominciare, e sospettava comunque in una qualche reazione da parte sua. Il suo volto, invece, era imperturbabile.
Se il volto di Vegeta era una maschera di ghiaccio, dentro era un turbinio di sensazioni. Sensazioni piacevoli. Un suo solo tocco lo sconvolgeva, e non poco. Continuava a domandarsi che cosa doveva fare con se stesso.
Goku doveva trattenersi dal sorridere. Quando gli aveva preso la mano, aveva visto il suo sguardo lampeggiare, ma vi aveva scorto dietro una punta dolce che poteva intravedere solo nei loro momenti più intimi. Ed era curioso vedere come in quegli occhi le emozioni contrastanti collidevano tra loro, in uno stridio famigliare come il mondo per Goku. Se da una parte lo odiava per ricordargli sempre che c’era di più, tra loro, e non sopportava quelle delicatezze che avrebbe definito ‘inopportune’ e ‘da voltastomaco’, dall’altra lo ringraziava di rammentargli quell’intesa unica che gli legava. Sapeva, sapeva bene che odiava se stesso anche per questo. Ma Goku era ottimista: un giorno lo avrebbe accettato. Si amavano, e questo era quanto. Anche il solo fatto che con un sorriso riusciva a farsi perdonare, lo riconfermava. E il sorriso nasceva spontaneo.
“Va bene. Credo che, visto che siete tutti, posso cominciare a parlare. Senza inutili giri di parole, la grande notizia è questa: GW10 è pronta. So che alcuni lo sapevano e ringrazio di aver assecondato la mia strana richiesta di segretezza”.
La voce della scienziata riscosse i due dai propri pensieri.
“Il problema è che GW10 è un’arma instabile e sperimentale, quindi non avevo ancora la certezza che fosse completamente pronta. Ora, però, le probabilità di riuscita di questa missione sono alte” Veryin evitò accuratamente di spiegare che il 91,2 % era una probabilità sì, alta, ma c’era sempre un margine di 8.8 % in cui poteva succedere di tutto. E in una missione di quell’importanza, con ormai tre quarti di mondo sfollate, poteva essere fatale.
Alcuni sayan rimasero semplicemente zitti, altri si esibirono in lunghi fischi, altri si misero istintivamente in posizione di combattimento, come per dimostrare che erano pronti.
“Dov’è, questa macchina?” proruppe Vegeta, mettendo fine ai fischi.
Lei lo guardò in volto, ma non osò fissarlo negli occhi.
“E’ qui” disse, sotto lo sguardo sbalordito di tutti, e tirandolo fuori dalla tasca dei pantaloni.
GW10 non era niente di così spettacolare. Molti per arma definitiva si aspettavano forse un ammasso di ferraglie, grande almeno la metà dell’importanza del suo nome, non un oggettino così apparentemente insignificante. Veryin sapeva che i giorni e le notti passati senza dormire né mangiare per lavorarci su, la rendevano tutto tranne che insignificante.
Era una piccola pallina argentata, che poteva benissimo essere stretta in un palmo, se non fosse stato per la punta acuminata –lunga più o meno come un dito- che fuoriusciva dal punto perfettamente parallelo dal bottone rosso incuneato in esso.
La sala trattenne il respiro, alla sua vista.
La guardavano con desiderio, paura, ammirazione, gioia. Tutti, però, in quel piccolo oggetto, vedevano la fine di Freezer.
“Funziona?” domandò una voce femminile dal fondo della sala.
“Non so, Cauliflower, vuoi provare?” domandò ironico Chard, ricevendo come tutta risposta un’occhiataccia.
“Come funziona, precisamente?” Vegeta si fece avanti tra tutti, avvicinandosi a Veryin e studiando l’arma con occhio critico, come se volesse carpirne i più insignificanti segreti con una sola occhiata.
“Per quanto sia stata complicata la macchinazione, è semplicissimo, in realtà. Come vedete tutti, ha una punta alla sua base” e fece una pausa, mostrando la parte acuminata in questione. “Basta conficcarla in un qualsiasi punto del corpo del soggetto da cui si vuole assorbire energia fino ad arrivare alla carne viva e al sangue. Quando si imbeve del sangue del soggetto, il tasto”, sfiorò appena lo sgargiante bottone rosso che svettava sul marchingegno. “S’illuminerà. A quel punto si deve premere, e l’energia verrà risucchiata automaticamente.”
Si fermò di nuovo, per far assimilare a tutti le istruzioni appena impartite. Anche se sapeva che l’unico a cui sarebbero realmente servite era il principe, che la scrutava con occhio critico e impaziente. Poteva scommetterci tutto quello che aveva che non vedeva l’ora di strapparle GW10 dalle mani e volare verso il Castello.
“Il procedimento di trasferimento di energia è pressoché identico. Tranne per il fatto che bisogna premere due volte il bottone, dopo aver inserito il congegno in un qualsiasi lembo di carne” finì, rigirandosi tra le mani l’oggetto.
Silenzio. Cadde nella sala, in attesa che succedesse qualcosa. Qualcosa che avrebbe ribaltato le sorti di tutto, le sorti di quel pianeta che stava andando inevitabilmente in rovine, le sorti della stirpe dei sayan, di cui ormai giorno dopo giorno andava diminuendo drasticamente. Tutti sembravano aspettare che, una volta rivelata l’arma vincente, la vittoria piombasse dal cielo. Oh, non c’era niente di più sbagliato, pensò Vegeta.
Prese posto al centro della sala, lasciando da parte Veryin, che si tirò indietro senza batter ciglio.
“Ora che abbiamo l’arma, non c’è tempo da perdere. Partiremo subito alla volta del Castello, mettendo in atto il piano. Vi do fino a domattina alle prime luci del sole per preparare tutto l’occorrente di cui avete bisogno. Non ammetto alcun tipo di contrordine. O ne pagherete con la vita.”
Finito il suo breve discorso – se così si può definire -, uscì a passo di marcia dalla sala, ben saldo in mano GW10, i pensieri già altrove e l’ultima frase che echeggiava come elettricità statica tra lui e a chi era chiaramente rivolto il messaggio: Bardack. Al quale, con quelle brevi e concise parole, erano state troncate sul nascere qualsiasi possibili idee contro l’ordine del Re. Sostituite da un conflitto interiore decisamente non indifferente: il suo orgoglio da comandante e la sua fedeltà come guerriero alla corona.
La Sala, nel frattempo, attorno a lui, si era improvvisamente rianimata. Concitati mormorii creavano un’intricata e indistinta matassa di eccitazione, prospettiva, attesa. Tutti i sayan erano pervasi da quel misto di voglia e repulsione antichi più di loro. La certezza s’infiltrava sotto pelle, dando al corpo segnali inconfutabili, che la loro razza riconosceva da sempre. Stava per succedere.
Stavano per entrare in battaglia.
 
Vegeta capì che era lui ancora prima di riuscire a percepire la sua aura, ancora prima che il proprio cervello comprendesse e assimilasse i dati utili emettendo una sentenza. Era lui, lo sapeva e basta.
Continuò comunque a fare flessioni, il masso che aveva in schiena che lo graffiava, il sudore che bruciava come acido e i muscoli del braccio che gemevano di piacere e dolore ad ogni movimento.
Passò al braccio sinistro con un piccolo saltello che minò per qualche istante il precario equilibrio in cui si trovava il masso. Senza aspettare che si ristabilizzasse, continuò a fare flessioni.
Però, per quanto provasse a concentrarsi sui piegamenti, sul corpo che pregava di lasciarlo morire lì a terra, sul numero di flessioni – duemilaseicentoquarantadue col destro; col sinistro duemilacinquecentotrentuno, duemilaseicentotrentadue… - non riusciva a non sentire indistintamente lo sguardo dell’altro sulla propria nuca, che lo perforava come uno spillo.
Lo percepì distintamente spostarsi alla sua sinistra, il terreno che scricchiolava appena al suo passaggio, per poi fermarsi. A questo punto, non riuscì più a trattenersi. Con un colpo di reni si rimise in piedi, lasciando cadere l’enorme masso, o meglio, la piccola montagna, per terra con un tonfo.
“Kakaroth, mi puoi gentilmente spiegare che diavolo stai facendo?” sbottò, guardandolo trucemente, le mani ancorate ai fianchi.
Lui gli sorrise, grattandosi appena la nuca. “Ehm, scusa, non volevo disturbarti… Stavo aspettando che finissi di fare le flessioni così magari potevamo fare un bel combattimento”
Vegeta gli offrì uno dei suoi migliori sguardi di sufficienza, come se stesse davvero pensando se accettare o no. Goku sapeva benissimo che non vedeva l’ora, e il solo pensarlo gli illuminò maggiormente le già brillanti iridi nere. Cosa che non sfuggì all’occhio attento dell’altro.
“Credo che bastino le flessioni. Vedi di dare il meglio di te, Kakaroth. Non ho intenzione di perdere tempo, soprattutto oggi. Abbiamo ancora…” guardò il cielo “… circa quattro ore.”
Goku sgranò gli occhi, sbalordito. Mancava così poco? Allora era il caso di darsi una mossa.
“Non c’è tempo da perdere!” esclamò.
Ovviamente, non intendeva il combattimento. Intendeva tutta quella sequela di azioni – dal combattimento in aria, a quello in terra, alla lotta per raggiungere le sue labbra e a quella per non farsi brutalmente strappare un arto per aver provato a spogliarlo – che costruivano uno dei momenti più belli che avrebbe mai potuto desiderare di passare nella propria vita.
Alla fine, insanguinati, pieni di terra e sudore, accasciati per terra e stretti ancora in un abbraccio, avevano visto sorgere l’alba, e l’inizio di quella che poteva essere la loro ultima giornata.
 
 
 
 
 
 
 
IL MIO ANGOLINO
 
ECCO. IL. CAPITOLO. WAAAA.
Ce l’ho fatta ancora una volta. Per miracolo, ma ce l’ho fatta. Non ci credo. Sì, lo so che non ci credo mai, ma sono dettagli secondari. Concedetemi questo momento di gioia e appagamento assoluto (?).
Allora allora allora. Che cosa devo dire? Ah, già. Ho iniziato la ricorrezione dei capitoli precedenti, quindi coming soon (che poi tanto soon non proprio T_T) la versione corretta di Destiny! Yeeeee
*silenzio*
Ehm, comunque. Volevo farvi presente una cosa minuscola. Ma proprio, invisibile.
Sentite, miei cari ragazzi. Volete sapere quante visite ci sono state al capitolo precedente? No? Ve lo dico lo stesso: 286
E quante recensioni?3
Ok che non si ha tempo, ok che non si ha voglia, ok che fa caldo. Ma, ragazzi. 3 recensioni in un mese, con 286 visite? Vuol dire che solo tre anime sono state talmente impietosite dai miei lamenti che hanno voluto scrivermi qualcosina per farmi contenta.Io scrivo anche per sapere cosa ne pensate e migliorarmi.
E… basta. Anzi, NO.
Dedico questo capitolo a margio, Sitter e Reby chan che hanno recensito!
Ora, basta.
Shadow

 

  
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