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Autore: Rose_s Knight    12/09/2012    5 recensioni
[The Bourne Legacy]
Spoiler "The Bourne Legacy"!!
In quella stanza del motel, mentre Aaron sta male, succede qualcosa.
"Gli faccio cenno di sedersi su un lettino, e prendo le siringhe. Mi avvicino al piccolo contenitore che contiene il virus, e lo aspiro, facendo attenzione a prendere meno aria possibile e ad aspirarlo tutto. Mi avvicino ad Aaron, e posiziono l'ago sulla vena. Non c'è bisogno del laccio emostatico, tanto la vedo perfettamente. Mi fermo un momento, e alzo la testa guardandolo negli occhi.
-Cosa c'è, doc? Sei preoccupata?- domanda, un sorriso sornione sul viso. Ma in fondo, vedo che anche lui è un po' preoccupato. E fa bene ad esserlo.
-Qualsiasi dottore, è preoccupato per il suo paziente- spiego, sorridendo.
-Aaron, sicuro di volerlo fare?- domando.
-Non ho altra scelta. E poi sono coperto: ho un medico dalla mia parte-
annuisco, e finalmente, inietto il liquido nel braccio. Mentre spingo lo stantuffo, lui mi prende la mano. È calda al contatto con la mia.
-Grazie- mormora."
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Whatever happens, I'll always be by your side. Forever.

 

 

-Sei sicuro di quello che stiamo facendo?- domando perplessa. Aaron mi sorride.
-A meno che tu non conosca un modo alternativo per somministrarmi le blu, questa è l'unica soluzione- ammette, togliendosi la giacca. Mi mordo le labbra, e prendo a torturarmi le nocche delle mani. Un conto è fargli ingoiare delle pastiglie, un'altro è somministrargli un virus che sostiturrà le suddette paticche, ma che lo metterà KO per almeno un paio di giorni. È un virus molto forte: tempo 10 minuti e Aaron Cross, diventerà innocuo come un bambino appena nato. Ma d'altronde, le possibilità sono soltanto 2: se non lo prende, impazzirà. Se lo prende sopravviverà, ma starà talmente male che non si potrà muovere. I miei pensieri vengono interrotti proprio dall'agente Outcome, che mi si avvicina e mi mostra il braccio. Le vene sono tremendamente in rilievo, e improvvisamente provo l'irrefrenabile desiderio, di baciarne la superficie, sentendo il sangue scorrere in esse. Ma mi contengo: sono un medico, e non sono certo qui per fare pensieri sconci su Aaron. Gli faccio cenno di sedersi su un lettino, e prendo le siringhe. Mi avvicino al piccolo contenitore che contiene il virus, e lo aspiro, facendo attenzione a prendere meno aria possibile e ad aspirarlo tutto. Mi avvicino ad Aaron, e posiziono l'ago sulla vena. Non c'è bisogno del laccio emostatico, tanto la vedo perfettamente. Mi fermo un momento, e alzo la testa guardandolo negli occhi.

-Cosa c'è, doc? Sei preoccupata?- domanda, un sorriso sornione sul viso. Ma in fondo, vedo che anche lui è un po' preoccupato. E fa bene ad esserlo.

-Qualsiasi dottore, è preoccupato per il suo paziente- spiego, sorridendo.

-Aaron, sicuro di volerlo fare?- domando.

-Non ho altra scelta. E poi sono coperto: ho un medico dalla mia parte-

annuisco, e finalmente, inietto il liquido nel braccio. Mentre spingo lo stantuffo, lui mi prende la mano. È calda al contatto con la mia.

-Grazie- mormora. Appena il liquido finisce, ci metto sopra un pezzo di cotone e lo fisso con del nastro adesivo. Lui muove il braccio un po' di volte, poi mi guarda soddisfatto.

-Ora...-

mi tolgo i guanti e butto via la siringa.

-... prima che tu perda le forze, che ne dici di andarcene?-

domando. Lui annuisce.

-Prendo la mia borsa-

dice, poi sparisce nel corridoio. Non posso fare a meno di essere preoccupata. D'altronde abbiamo solo una decina di minuti, prima che il virus lo metta KO. Mentre mi sto legando i capelli, vedo un paio di uomini arrivare e sento salire il panico.

-Aaron?- lo chiamo, ma non ricevo risposta. Non mi dire che è già a terra? Beh, è più che possibile, dato che non prende blu da 51 ore.

-Aaron!- grido di nuovo.

-Dottoressa, lei non può stare qui, deve venire con noi- dice uno dei tre. Li guardo spaventata. Si, adesso è ufficiale: sono fregata.

-AARON!- grido con tutto il fiato che ho in gola. Uno mi si avvicina, ma in quel momento sento la voce di Aaron che ci raggiunge. Sia ringraziato il cielo. Torna lungo il corridoio, e un'altro lo segue, e prima che io possa dire qualcosa, i tre della sicurezza sono già tutti a terra, sicuramente morti. Mi si avvicina, col fiato corto.

-Stai bene?- mi chiede.

-Io si. Tu?-

-Tutto ok- mi rassicura.

-Per ora- ribatto io. Lui alza gli occhi al cielo e sbuffa, poi mi prende per un polso, conducendomi all'uscita. Vediamo il capo della sicurezza che da ordini a destra e a manca. Improvvisamente, il mio compagno estrae una pistola e spara ad un paio di tubi, che cominciano a fumare, provocando un'ondata di panico. Tutti gli operai si dirigono verso l'uscita, rendendo per la sicurezza molto difficile localizzarci. Intanto l'uomo di prima, che mi sembra si chiami Mackie, continua a gridare di non far uscire nessuno, così Aaron prende il calcio della pistola e glielo da in testa. Mackie cade per terra, e tutti si avvicinano per vedere cos'è successo.

-Via, indietro. Lasciatelo respirare!- esclama Aaron, chinandosi a prendere l'orologio d'oro al polso di Mackie. Poi si rialza, e mentre arriva la sicurezza, lui mi prende per mano e mi porta via. Usciamo e percorriamo velocemente il marciapiede per una buona decina di minuti. Lui è davanti a me e continua a correre, sempre tenendomi per mano. Poi improvvisamente, lo vedo accasciarsi contro il muro della strada.

-Hey!- esclamo andandogli di fianco. Ha già il viso ricoperto di sudore e gli occhi velati. Ha resistito 15 minuti, ed ora lo sta prendendo di petto.

-Come ti senti?- domando passandogli una mano sulla schiena.

-Non è niente. Sto... sto bene- mormora lui. Scuoto la testa.

-No, non è vero. Il virus ha cominciato a fare effetto. Devo sapere esattamente cosa senti.- Ecco, ora sono molto professionale.

-Ho solo un po' freddo...- ammette lui. Effettivamente comincio a notare i birivdi che lo scuotono.

-Ti gira la testa?- lui si limita ad annuire, facendo un debolissimo cenno di assenso. Gli passo una mano sul viso: ha le guance in fiamme. Mi guardo in giro cercando di scorgere un motel. Dopo un paio di minuti, in cui le condizioni di Aaron peggiorano inesorabilmente, ne avvisto uno a un isolato da dove siamo noi ora.

-Aaron ne ho visto uno. Riesci a muoverti?- domando, mettendo un suo braccio intorno alle mie spalle, e cingendogli la vita col mio. Non ricevo risposta. Gli do un paio di schiaffetti leggeri sul volto, e lui riapre gli occhi guardandosi intorno, spaesato.

-Ci sei?- chiedo preocupata. Fa un cenno con la testa, che interpreto come un "no", anche dal fatto che comincia di nuovo a perdere i sensi.

-Hey!- esclamo di nuovo schiaffeggiandolo, stavolta un po' più forte.

-Rimani sveglio! Ok?-

-Hm... che succede?- mi chiede, con la voce ridotta poco più di un soffio.

Oh, perfetto! Ora non si rende nemmeno conto di quello che succede! Ma quando mai mi è venuta la malsana idea di iniettargli quel dannato virus? Prendo un respiro profondo.

-Dobbiamo trovare un posto per passare la notte. Ne ho visto uno, ma è a un isolato da qui. Ora, ti rifaccio la domanda di prima: riesci a muoverti?- domando di nuovo, con calma. Stavolta riesce ad annuire, e anche se lentamente ci muoviamo verso il motel. Quando siamo vicini all'entrata lo faccio appoggiare ad un muro.

-Ora vado dentro a prendere una stanza. Tu rimani qui.-

ci manca solo che lo perdo, e poi sono fregata davvero. Lui, comunque, sembra ancora disposto a collaborare, e annuisce, segno che ha capito. Speriamo. Entro nell'edificio e subito una donna mi si avvicina.

-Posso aiutarla?- domanda cortese.

-Si, avrei bisogno di una stanza per stanotte- rispondo.

-Singola o doppia?- domanda, guardo i pesos nella tasca della giacca.

-Quanto costa una doppia?-

-200 pesos- risponde. Conto i miei: ne ho solo 150.

-Una singola- rispondo. Pazienza. Vuol dire che se dormirò lo farò su una sedia.

-Nome?- sto per rispondere Marta Shearing , ma poi mi ricordo che Aaron mi aveva dato un nome falso.

-June Monroe- rispondo e quando pago, lei mi da una chiave. Ringrazio ed esco. Aaron, grazie al cielo è ancora lì. Lo porto dentro, anche se all'inizio oppone una debole resistenza, dovuta a qualche allucinazione suppongo. Ma poi, dopo aver chiarito che sono io, si lascia aiutare. Una volta nella stanza, lo aiuto a sedersi nel letto. Gli tolgo la giacca e la maglia, oramai bagnata fradicia. Alzo le coperte e lo aiuto a distendersi. Poi prendo un paio di bottigliette d'acqua dallo zaino e guardo in giro, sperando di trovare degli asciugamani. Li trovo su una mensola, e ne prendo un paio piccoli. Vado nel piccolo bagno e riempio un catino d'acqua fredda. Mentre chiudo il rubinetto, sento un cigolio e mi affaccio alla stanza, poi prendo il catino e i due asciugamani e mi dirigo verso il letto. Li appoggio per terra e vado vicino ad Aaron che sta cercando di alzarsi.

-No, no. Stai fermo, devi riposarti- dico mettendogli una mano sulla spalla. Brucia come l'Inferno.

-Dobbiamo andare via... non c'è tempo per...-

-No, rimani giù. Rischi di peggiorare la situazione- insisto. Alla fine cede, e si rimette sdraiato, con gli occhi chiusi e le labbra leggermente aperte, per far passare l'aria. Prendo un paio di sedie che stanno sotto ad un tavolino e le porto vicino al letto. Su una metto l'acqua con dentro gli asciugamani, e sull'altra mi siedo io.

-Dobbiamo rimanere qui, per ora- mormoro. Lui fa uno scatto in avanti, ma prontamente, stavolta lo tengo io giù.

-Qui? Dove siamo?- domanda, improvvisamente agitato.

-Sei al sicuro. Sei al sicuro- sussurro con voce rassicurante, spingendolo sul materasso.

-Sono stanco di fuggire- mormora con voce rotta. Non sono abituata a vederlo così. Di solito è uno sbruffone da quattro soldi, che mi fa innervosire. Mi ricordo ancora, una volta che, per alcuni esami dovevo addormentarlo. Continuava a fare domande sul programma. Voleva sapere un sacco di cose che io non sapevo. Poi quando gli avevo chiesto di contare da 100 all'indietro, alla fine l'aveva fatto. In russo.

-Vuole mettermi a dormire, Doc?-. Ricordo benissimo quella frase. È stata l'ultima che mi ha detto, poi era crollato. Era un'esibizionista sbruffone. Ma forse era per quello che mi era rimasto così... dentro. L'acqua fredda a contatto con le mie mani, mi distoglie dai miei pensieri. Strizzo leggermente il panno e lo passo sulla fronte di Aaron. L'ultima volta che l'avevo fatto, continuava a fare storie, dicendo che poteva fare benissimo da solo. Ora invece si fa coccolare, anche con piacere. Tolgo la coperta dal petto, e passo il panno anche lì. Stavolta, sento una nota di disapprovazione e sorrido, nel vedere il suo patetico tentativo di togliere il freddo dal suo petto. Con la mano non occupata, allontano la sua e lui mugugna qualcosa che sicuramente non è carina. Sciaquo il panno, che oramai è diventato caldo, e lo passo sugli avambracci e sul collo. Fa un sospiro di sollievo, segno che posso andare avanti senza interruzioni. Piego il panno e glielo appoggio sulla fronte, mentre con l'altro asciugo il petto e le braccia, poi lo copro di nuovo. Mi alzo e mi dirigo in bagno, dove mi pettino i capelli e mi rifaccio la coda. Quando torno, noto che sta respirando pesantemente, e a parte le poche goccioline d'acqua del panno, il viso è già di nuovo sudato. Gli asciugo il viso , e cambio nuovamente il panno, poi estraggo un termometro dalla mia borsa. Glielo infilo sotto la lingua e aspetto quei pochi minuti che servono per captare la temperatura. Poi lo estraggo e sgrano gli occhi. 40,5°. È alta. Troppo alta. Cambio l'acqua e la metto molto più fredda. Poi cambio nuovamente il panno. Devo andare a prendere qualcosa da mangiare ma con lui in queste condizioni, non mi passa neanche per la testa di andare via. Aspetterò che stia meglio, anche se ci vorrà un bel po', e ne sono perfettamente consapevole. Gli passo una mano sulla guancia e lui apre di scatto gli occhi, afferrandomi il polso,e guardandomi stralunato.

-Shh, Aaron, sono io- mormoro accarezzandogli la guancia. Mi guarda per un po'. Alla fine rilascia cadere la mano sul materasso. Dopo un paio di minuti o giù di lì, riapre gli occhi e mi fissa. Gli sorrido dolcemente, e lui tenta di mettersi seduto.

-Aaron, no.- tento inutilmente di dissuaderlo, ma niente. È più cocciuto di prima. Si siede davanti a me.

-Cosa c'è?- domando.

-Nella fodera della giacca ci sono 4.000 dollari e nello zaino ci sono i passaporti. Tre trasparenti e due bianchi. Ce la puoi fare.-

-Aaron...-

-Puoi farcela. Rimani piccola, rimani nascosta. Nessun aereoporto. Devi asconderti, puoi farlo. So che puoi. Vai, lasciami qui.-
-Non dire sciocchezze!- esclamo, portando la sua testa nell'incavo della mia spalla. Mi sentii stringere il cuore, al solo pensiero di lasciarlo.

-Hai fatto abbastanza per me...- mormora. Blocco le lacrime.

-Shhh- sussurro. Gli accarezzo i capelli e prendo a cullarlo un po' avanti e indietro.

-Hai fatto abbastanza per me...- ripete Aaron, più debolmente di prima. -Basta-

Gli bacio la fronte, alla base dei capelli umidi. Rimaniamo in silenzio: io senza qualcosa di particolare da dire, lui troppo debole per parlare, o anche solo per pensare. Ma sono io quella che pensa, ora. Sono anche abbastanza spaventata. Non l'avevo mai visto in quello stato.

-Devo andare a prendere qualcosa da mangiare- mormoro.

-Riesci a stare 10 minuti da solo?- domando. In circostanze normali, avrei preso un calmante e gliel'avrei rifilato senza pensarci due volte, ma in questo momento di calmanti non ne ho, purtroppo. Lui annuisce ed io, sollevata lo aiuto a stendersi di nuovo, ma appena accenno a andarmene, lui mi prende il polso, e mi guarda negli occhi.

-Marta...-

mi avvicino: faccio una gran fatica a sentirlo, così mi siedo di nuovo sul letto. Deglutisce.

-Tu però... non te ne vai,vero? Poi torni qui...-

mi chino su di lui.

-E dove altro potrei andare?- domando in un sussurro, stampandogli un bacio sulla fronte rovente. Però a pensarci bene, io non ho fame, e sicuramente l'ultimo pensiero di Aaron è proprio il cibo. Così mi tolgo gli stivaletti, ma non la giacca, e, alzando la coperta mi sdraio accanto a lui. Aaron alza gli occhi e mi guarda,interrogativo.

-Ma non dovevi...-

-Posso farlo più tardi- lo blocco io. Sorride e si acoccola sul mio petto. Prende un respiro profondo, poi espira e io rabbrividisco al contatto del suo fiato caldo contro la mia pelle. A quel punto, non riesco più a trattenermi: gli alzo il viso con la mano, e gli poso le mie labbra sulle sue. Non mi aspetto che reagisca, nemmeno che domani ricordi ciò che sta succedendo. Ma io lo ricorderò per sempre. Perchè quello è stato l'attimo in cui ho scelto il mio destino, e anche il suo. Mi scosto e lui lascia ricadere la testa sul mio petto.

-Ora cerca di dormire un po'- annuisce e gli permetto di stringermi un po'.

-Un'ultima cosa- mormoro.

-Voglio che tu sappia che qualunque cosa accada, io sarò sempre al tuo fianco. Per sempre-

Gli massaggio le tempie, facendo dei movimenti circolari. Dopo un paio di minuti, sento il peso del suo capo sulla mia spalla e ascoltando il suo respiro rilassato, capisco che si è addormentato. Ma colgo un'ultima parola, che mi sfiora i timpani, prima di addormentarmi anche io:

-Grazie...-

   
 
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