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Autore: luctrovato    14/09/2012    2 recensioni
Racconto-favola per un libro di beneficenza pro Fondazione Ospedale Pediatrico Meyer.
Ovviamente sono cristiano credente...
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il periodo di Natale era quello più bello.
La città, abbandonato il triste monocolore condito dalle piogge autunnali, si era vestita in allegria con festoni e luci lampeggianti che squarciavano il buio e che riuscivano a modificare il morale delle persone che vi abitavano.
Infatti dovunque si guardava si poteva trovare solo sorrisi e calorosi saluti.
Nei negozi i commessi impacchettavano con carta e nastri dorati mentre i bambini si appiattivano sui vetri delle vetrine aspirando ai giocattoli esposti.
Quel giorno, essendo la vigilia di Natale, tutti erano presi dalla frenesia di completare la lista dei regali per tornare a casa e godersi la cena della vigilia.
Dopo cena, con i bambini che scrutano il cielo speranzosi di scorgere Babbo Natale, molte famiglie si sarebbero recate nelle chiese per festeggiare il compleanno di Gesù.
Sembrava che tutto il mondo fosse senza problemi, tranquillo e rilassato, spensierato e euforico.
Ma su una panchina, in un giardino, vicino all’ospedale cittadino, un adolescente era seduto, noncurante del freddo pungente, e guardava il vuoto rimanendo concentrato su ciò che era accaduto.
Gianni, il ragazzo, aveva appena visto suo nonno stare male, l’ambulanza arrivare a sirene spiegate per portarlo in ospedale, in una folle corsa contro il tempo, cui aveva partecipato con i genitori seguendo l’auto medica con la loro utilitaria.
Si tirò su il bavero del giubbotto e si raggomitolò sulla panchina pensando agli ultimi istanti.
Stavano mangiando e ridendo come ogni giorno valutando se andare alla messa di mezzanotte o a quella del giorno dopo.
A Gianni non sarebbe piaciuto quella di mezzanotte ma sapeva che il nonno Alberto ci teneva e perciò aveva votato a suo favore. Il ragazzo aveva avuto un brivido di terrore appena sua mamma si convinse di dare ragione al nonno pensando che avrebbe dovuto sorbirsi la messa con i canti dei bambini vestiti da angioletti, la recita che il parroco metteva in scena per leggere il vangelo e la sfilata delle persone che andavano a messa due volte l’anno: Natale e Pasqua.
Poi la vita si era fermata, il mondo non gli era sembrato più allegro e felice perché era arrivato un velo negli occhi del nonno che era crollato davanti a lui, come un castello di carte spazzato dal vento, e, solo per fortuna, non aveva sbattuto per terra visto che il padre di Gianni lo aveva preso al volo.
Gianni era rimasto pietrificato. Aveva sentito le urla della mamma e visto l’agitazione del padre ma lui non riusciva a muoversi perché aveva visto gli occhi del nonno roteare e perdere i sensi.
Aveva paura di chiedere se fosse morto e si era spostato solo quando era arrivato il medico dell’autombulanza. Quanto era passato? Un minuto, un’ora o forse un’eternità?
Lo aveva destato la mamma chiedendogli se voleva venire con loro all’ospedale e così Gianni aveva preso il giubbotto e messo le scarpe senza pensare a pettinarsi o sistemarsi perché non stava uscendo con gli amici per andare in centro a fare le “vasche” per abbordare qualche bella ragazza. No, lui stava andando dal nonno. La delusione fu immensa quando il dottore lo aveva fermato dicendo che lui non sarebbe potuto entrare dentro e allora era scappato fuori e i genitori, capendo il suo dolore, lo avevano lasciato stare.
Ora Gianni era lì senza sapere se nonno Alberto fosse vivo o morto.
Si tastò le tasche e si accorse di non aver il cellulare. Sarebbe dovuto tornare dentro il nosocomio per scoprire la verità ma, in quel momento, gli venne voglia di fare il contrario e scappare più lontano possibile.
Guardò le luci cittadine che illuminavano la zona soffermandosi su degli angioletti che si illuminavano di giallo e azzurro a intervallo regolare.
La campana rintoccò le undici: tra un’ora sarebbe stata mezzanotte.
Gianni si sentì bagnare gli occhi e delle calde lacrime gli rigarono il viso seguendo la linea degli zigomi, magri ed appuntiti, finendo ai lati della sua bocca. Mosse la lingua per prendere la lacrima e la sentì amara e salata: non era un buon segno.
Preso dallo sconforto si inginocchiò e giunse le mani:
“Ehi, tu, lassù…” che avrebbe dovuto dire? Si fermò perché cercò di farsi un esame di coscienza scoprendosi un ragazzo disubbidiente e un po’ bugiardo che spesso, marinava la scuola o faceva delle scorribande con i suoi amici.
Quante volte aveva detto al nonno “Non mi va!” o “Non ho voglia!” o “Non ho tempo!”?
Avrebbe voluto fare tutto quanto con lui in quel momento, anche andare a quella noiosissima messa di mezzanotte ma, purtroppo, ormai, non poteva più.
La campana rintoccò la mezz’ora: erano le undici e mezza.
Gli venne in mente una favola che sua nonna, salita al cielo alcuni anni prima, gli raccontava ogni vigilia di Natale e, come avesse letto nella sua mente, una voce di bambina parlò alle sue spalle:
“Si racconta che ogni notte di Natale gli animali riacquistavano il potere di parlare e che gli alberi delle foreste, malgrado i loro rami fossero neri e spogli, si caricavano di fiori, frutti e foglie…Succede per poco, mezz’ora al massimo, e serve loro per glorificare e ringraziare il Signore nella commemorazione della venuta di suo Figlio…e in quella mezz’ora possono succedere dei miracoli…”
Gianni si girò in direzione della voce e notò, con estrema meraviglia, una bambina su un’altalena legata ad un albero enorme che dominava tutto il parco.
“Da quanto sei qui?” chiese il ragazzo disorientato.
La bambina sorrise dolcemente mostrando delle graziose fossettine nelle guance e, senza scendere al suo gioco, si sistemò gli elastici colorati che tenevano fermi i suoi codini:
“Sono qui da un po’ –rispose guardandolo con gli occhioni azzurri cielo- e aspetto mamma e papà che sono in ospedale…”
Gianni ebbe un tuffo di vergogna al cuore: aveva pensato alla sua disgrazia pensando che fosse l’unico ad aver rovinato il Santo Natale, invece…
Iniziò a nevicare fitto e, in poco tempo, il ragazzo e la bambina si trovarono accerchiati da un manto immacolato di neve. Gianni si accorse, con meraviglia, che non passavano auto o persone. Eppure sarebbero dovuti andare alla messa, ormai era prossima.
La bambina lo chiamò:
“Ehi, tu, ragazzo! Mi spingi per favore?”
Gianni le sorrise e obbedì a quanto richiesto.
“Lo sai che questo albero è magico?” urlò la bambina mentre tagliava l’aria piena di fiocchi di neve
“E cosa avrebbe di magico?” chiese incuriosito Gianni.
“Guarda tu stesso…” rispose la bambina invitandolo, con la testa, a guardare la chioma di quell’albero immenso a cui era legata l’altalena.
Il ragazzo rimase stranito per lo spettacolo che si presentò.
L’albero non era spoglio e triste come quelli intorno ma verde e fiorito quasi fosse primavera.
In mezzo ai suoi rami, fitti e rigogliosi, vedeva spuntare qualche frutto rosso e alcuni scoiattoli che saltavano inseguendosi finché uno di loro, piccolo con gli occhi vispi e neri, si avvicinò al ragazzo e lo squadrò:
“Approfittane –disse lo scoiattolo rivolto a Gianni- stanotte puoi ottenere un miracolo!” e scappò veloce ad inseguire un suo amico che gli aveva lanciato una piccola ghianda sulla testa.
Il ragazzo guardò l’animale sparire tra le fronde per poi rivolgersi alla bambina che, con suo estremo sbigottimento, non c’era più avendo lasciato il posto ad una sua coetanea.
“Ma tu chi sei? -chiese Gianni- Non sei di questo quartiere…”
La ragazza, anch’essa con gli occhi azzurri, si lisciò i capelli biondo scuro ondeggiando sull’altalena sulla quale era seduta.
“Sono qui per te –rispose sorridendo- hai chiesto l’aiuto e stanotte te lo possiamo dare…”
“Cosa devo fare?” chiese il ragazzo mentre la neve invadeva tutta la città tranne quel luogo dove sembrava non essere arrivato nemmeno l’inverno visto che dei fiori erano sbocciati ai piedi dell’albero.
 “Niente di che –rispose la bella ragazza- solo portare qualcosa a Gesù… è il suo compleanno oggi... regalagli qualcosa che lui non potrà mai avere senza il tuo consenso…”
“Che posso regalargli che lui non ha?”
“Che sciocco che sei –rise la ragazza- guarda dentro il tuo cuore e capirai…Adesso spingi per favore”
Gianni obbedì senza fiatare rimanendo concentrato su quanto detto da quella ragazza finché qualcuno richiamò la sua attenzione.
“Ehi, Gianni!” ai suoi piedi c’era il suo cane Rocky. Il ragazzo fu contento di vedere il suo fedele amico e ancor più felice di sentirlo parlare.
“Hai capito cosa vuole?” chiese il cane dopo essersi grattato abbondantemente sulla schiena.
Non spinse più l’altalena e si accorse che la ragazza non c’era più.
Una signora cinquantenne urlava dalla gioia sfruttando le ultime oscillazioni e Gianni fu preso da una gioia infinita nel notare che quella donna era la sua nonna defunta.
“Nonna!” urlò cercando di abbracciarla ma lei lo fermò con la mano.
Si ricordava quel gesto. Lo faceva quando lui, sporco di fango, rientrava in casa e si voleva buttare tra le braccia della sua cara nonna. Lei lo fermava con tono severo spaventandolo, poi gli sorrideva aprendogli le braccia per accoglierlo. Anche se era sporco.
“Non mi puoi abbracciare caro e io non posso scendere dall’altalena… questa è la promessa che ho fatto…”
Gianni scosse la testa disperato: avere di nuovo la nonna vicino e non poterla salutare.
“Nonna cara –chiese tra le lacrime- che regalo devo portare al Signore?”
“Amore mio –disse la signora che si trasformò lentamente in quell’anziana che Gianni ricordava bene- tu hai la cosa più importante da donare a Gesù…il tuo amore!”
“Il mio amore?” Gianni crollò per terra in ginocchio sentendo il calore del terreno pur constatando che, intorno a lui, la neve aveva fatto molti strati.
“Certo –disse lei sorridendo- porta questo in Chiesa e mettilo ai piedi di Gesù bambino… e il tuo desiderio si avverrà…” e gli dette un ramo secco che il ragazzo prese in mano.
“Ricorda –disse la nonna prima di congedarlo- se il tuo amore non sarà sincero rimarrà un ramo secco…”
Gianni corse verso la chiesa trovandosi improvvisamente sprofondato nella neve che gli arrivava al ginocchio. Il freddo tornò pungente ad arrossare il viso mentre le mani infreddolite stringevano quel ramo secco. Dopo pochi metri si fermò guardandosi indietro e non vide più né l’albero pieno di frutti tantomeno la nonna sull’altalena.
Non poteva essere un sogno.
La città si animò improvvisamente e le macchine tornarono a violare il silenzio, le luci ad illuminare ritmicamente la notte e le voci allegre a dirigersi verso le chiese.
Non era un sogno e quella era sua nonna.
Incontrò i suoi amici e li guardò in modo diverso: erano brutte compagnie e lui lo aveva sempre saputo. Che fine avrebbe fatto insieme a loro? Si vergognò per aver provato a fumare o di quando avevano rubato al market per dimostrare il loro coraggio. Rabbrividì al pensiero di quando si erano ubriacati con gli alcolici rubati.
Non rispose al loro saluto e continuò la sua corsa verso la chiesa che vide all’orizzonte.
Entrò trafelato e, davanti agli sguardi dei presenti, raggiunse a grandi passi la statua di Gesù bambino che accoglieva i fedeli, in bella mostra, davanti all’altare.
Il parroco gli sorrise venendogli incontro:
“Gianni hai bisogno di qualcosa?” chiese incuriosito.
“Si padre –rispose il ragazzo- vorrei mettere questo sotto la statua del bambin Gesù…”
Sentì la sua mano che non reggeva più un bastone secco ma qualcosa di più grande e si rese conto di avere in mano un fascio di agrifoglio dove brillavano le piccole bacche rosse e lucide mischiate al verde intenso delle foglie.
“È bellissimo! –esclamò il parroco- Mettilo pure qui… poi raggiungi i tuoi parenti che iniziamo la messa…”
Gianni si voltò e vide, tra lo stupore e la commozione, i suoi genitori e suo nonno seduti su una panca mentre parlavano allegramente tra loro. Il nonno gli fece segno di sedersi vicino a lui e Gianni non ci pensò su due volte abbracciandolo con vigore.
“Ehi –protestò simpaticamente il nonno- sembra che non mi vedi da un sacco di tempo….diciamo dal panettone di dieci minuti fa?” risero tutti e due per venire sgridati dalla madre di Gianni.
La messa iniziò e Gianni ringraziò più volte, nella sua anima, il Signore.
Finita la messa tornarono a piedi.
La nevicata era finita ed era persino piacevole camminare facendo scricchiolare quel manto immacolato che, grazie alle luci notturne, brillava al buio.
Il nonno si fermò davanti al giardino vicino all’ospedale e Gianni chiese cosa c’era che non andava:
“Pensavo a tua nonna –rispose il nonno guardando un punto non definito- e all’albero che c’era lì, in mezzo…. Quando l’ho conosciuta aveva 7-8 anni…era su una altalena…”
“…e sull’albero c’erano tanti scoiattoli…e frutti rossi…e nonna andava su quell’altalena finché non hanno abbattuto l’albero…vero?” continuò Gianni sentendo le lacrime riempiere i suoi occhi.
Il nonno lo guardò stupito, poi si rattristì scuotendo la testa e continuò a camminare:
“A quanto pare te l’ho già raccontata questa storia…scusami ragazzo…”
“Nonno! -Gianni lo raggiunse con due balzi e lo abbracciò- raccontamela quante volte vorrai…”
Il vecchio sorrise e cominciò a raccontare le storie che rapirono il ragazzo.
Non vista dai due una bambina bionda, con gli occhi azzurri, si dondolava allegramente sull’altalena legata ad un albero rigoglioso che nessuno poteva vedere.
“Mi mancano tanto –mormorò la bambina- ma spero che venga a trovarmi più tardi possibile…”
E ridendo e urlando si dette una spinta così vigorosa da raggiungere il cielo e sparire tra le stelle.
  
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