La reazione di Zac mi aveva stupito.
Non riuscivo a comprendere tanta compassione nei confronti di Lisa, quando fino a qualche mese fa ( i tempi in cui fingevo che tutto andasse bene, per intenderci) si ignoravano ,o peggio, c’era Lisa che adorava lanciargli pungenti frecciatine sul suo “mutismo da palcoscenico”: così lo definiva lei.
Ero sconvolto.
Mi passai la spugna insaponata sul collo e cercai di rilassarmi.
Stava iniziando un nuovo tour, e gli avvenimenti degli ultimi giorni mi avevano buttato a terra come un birillo.
-Hai fatto bene- Disse tranquillo Jack, mentre si strofinava i genitali con la saponetta.
-Cos…? Ma Che cazzo Jack te l’ho detto mille volte che non ti devi lavare le palle direttamente con la saponetta, mi attacchi tutti i peli.-
Gli strappai la saponetta di mano e iniziai a pulirla passandola sotto il getto d’acqua.
Jack scoppiò a ridere e così feci anche io. Non potevo evitarlo.
Scivolammo sul piatto doccia, piegati in due dalle risate.
Ma ad un certo punto calò il silenzio.
Si tirò su e dopo essersi schiarito la gola cominciò: -Comunque dicevo, prima che incominciassi a farmi la paternale su quanto sia abominevole vedere i miei simpatici peli sulla tua saponetta…che poi c’è gente che pagherebbe per vederli oh!
-Jaaaaack…-
-Si, Dicevo, che hai fatto bene ha tenere la testa alta nella discussione con Zac. Giuro, non so cosa gli è preso, di solito non si espone molto, perdipiù su questioni che non gli riguardano. Ecco.
Per un po’ lo guardai in silenzio mentre si sciacquava via il bagnoschiuma di dosso.
-Non ho idea di cosa gli sia preso. Sembrava alienato. Proverò a chiamare Rian e chiederli se hanno novità. Dopo la discussione sono andati a bersi una birra da qualche parte lui Zac e Jeff giusto per distrarsi un po’ non so se tornano in bus o van direttamente a casa. – continuò.
-Io ho voglia di andare a casa, dai miei cani. Guardarli e dire “cazzo, menomale che ci siete voi” e poi bere due o tre vodke giusto per dormire meglio.
-Non che bere ti possa aiutare molto Amico. Quando di mezzo c’è l’amore, l’alcol diventa solo un nemico bastardo.
Sfilò l’accapatoio dall’appendino, e mi passò anche il mio.
-Devi cercare di arrivare all’obbiettivo, o lasciare perdere.- Mi disse con una certa convinzione.
Inifilai l’accappatoio e iniziai a riflettere.
Come sarebbe stato possibile lasciar perdere tutto quello che aveva costituito un misero barlume di speranza nella mia vita super piena?
Uscimmo dalla stanza doccia e rincominciammo a vestirci.
-So a cosa stai pensando, quindi smettila. Se non vuoi che finisca qui sai cosa devi fare.
Così dicendo prese i miei pantaloni e li scosse.
Ecco il rumore metallico delle chiavi della macchina, le prese e le fece tintinnare.
Un sorriso mi si spalancò sul volto.
*
Quando tolsi le chiavi dalla macchina, una lacrima mi rigò il viso.
Sembrava tutto come sempre, come se nulla fosse cambiato: gli alberi, le case, i passanti perfino le foglie sembravano non essersi mai mossi di là.
Presi fiato, scesi dalla macchina e incominciai lentamente la mia camminata lungo quel vialetto che mi avrebbe portato alla vittoria o alla disfatta più totale.
La casa era sempre la stessa, perfetto.
Una classica villetta americana, bassa, pareti bianche, una piccola scaletta per accedere al tetto e le scalette tra il vialetto e la porta di ingresso.
Tre gradini mi separavano da le mie aspettative.
“Casa Sletcher” era riportato sulla targhetta attaccata alla porta.
Presi fiato, chiusi gli occhi e premetti l’indice sul campanello.
*DLIN DLON*