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Autore: nephylim88    17/09/2012    1 recensioni
La vendetta! A chi non è mai capitato di chiedersi che sapore ha? La protagonista di questo racconto lo scoprirà dopo un giro in macchina in piena notte. Frustrata, depressa, odia la sua vita. Paradossalmente ama il suo lavoro, dietro alla reception di un hotel, ma detesta profondamente i suoi colleghi. La “soluzione” le si presenterà in una notte di luna piena… soluzione che farà esplodere la sua follia!
Genere: Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Il mio turno di lavoro finalmente è finito. Sono in camera, semiaddormentata. Ultimamente mi capita spesso. Lavoro, chiudo l’ufficio, torno nella mia stanza e mi butto a letto. Non esco, non parlo con nessuno. A dire la verità, odio tutti, qui dentro. Ma proprio tutti! Lo so che probabilmente sbaglio, che dovrei essere più socievole. Ma non ci riesco. All’ora di pranzo, per esempio, quando entro nel ristorante dell’albergo, immediatamente mi prende una sensazione orrenda. Non so neanche come descriverla. Ecco, normalmente mi sento come se la mia testa fosse un teatro. La mia mente è l’attore principale, la star, che deve mettersi in ribalta per recitare.  Dunque, nel momento in cui entro nel ristorante, o comunque ho a che fare con uno qualsiasi dei miei colleghi, automaticamente l’attore principale va dietro le quinte, e mandano una controfigura, che recita in modo spaventoso, ma non può senz’altro dire le battute che vuole dire l’attore principale, che se ne sta dietro a sbraitare quelle battute, mettendo in difficoltà la controfigura. In pratica, io vorrei urlare tutto il mio disprezzo contro quella banda di idioti. Ma non posso. Rischierei il licenziamento. Perché ho usato quei termini così complicati per definire il mio stato mentale? Perché, ed è qui l’apice della pazzia più totale, la sensazione che mi prende quando mi guardo in giro è quella di essere in fondo a un tunnel. E io lo so, LO SO, che dietro ai loro sorrisi di circostanza, pensano che sono una povera pazza. Dio, un po’ mi spaventa, ammetterlo, ma a volte vorrei ucciderli tutti! Il bagnino, che siccome sono donna, dà per scontato che io sia felice di farmi palpeggiare. La capoanimazione, che ha 20 anni e si crede una gran dama, e che addirittura mi ha chiesto perché non ci sono stata, col bagnino! E la mia collega al ricevimento, che se adopero la sua penna per sbaglio, si incavola come una iena! E io non faccio storie a nessuno, non dico niente. Lascio che facciano. Motivo ufficiale? Con la rabbia non si conclude niente. Motivo reale? Sono una vigliacca! Ma prima o poi gliela farò pagare! Giuro che lo farò!
Ho una piccola fitta nel bel mezzo della schiena. A volte capita. Non so proprio perché, ho anche fatto i debiti controlli, ma nulla. Solo… capita. Quella fitta mi riporta alla realtà, e mi rendo conto che, cazzo!, odio stare qui dentro! Ma dove potrei andare? Mi alzo e mi fiondo in doccia. Una doccia bollente, come solo gli alberghi possono fornire. Talmente bollente che l’acqua sulla mia pelle sembra quasi fredda. Resto lì sotto finché la schiuma non va tutta nello scarico, e io mi ritrovo quasi senza fiato per il calore. Esco completamente arrossata. Mi asciugo, mi infilo il pigiama. Di solito la doccia mi rilassa e mi fa dormire. Ma stasera niente, continuo a rigirarmi come se fossi la principessa sul pisello… e di colpo, eccola lì, la soluzione! Mi alzo, mi metto la prima cosa che mi capita (vale a dire, mi tolgo i pantaloni e mi metto i jeans. E arraffo le ciabatte. La maglia del pigiama me la tengo.), prendo le chiavi della macchina ed esco.

L’hotel dove lavoro è praticamente in mezzo ai boschi. I lampioni illuminano solo l’hotel e 100 metri della strada che porta alla valle. Il resto dei 10 km è un oscuro serpente di asfalto che sparisce in mezzo agli alberi, nero come la pece nonostante la luna piena. Normalmente ho molta paura del buio, ma stasera me ne frego. Ho BISOGNO di guidare. Sette anni fa, avevo 18 anni e la patente appena fatta, mi capitava molto spesso di fare lunghi giri in macchina. Guidare mi rilassa. E stasera non sarà il buio a fermarmi. Devo assolutamente andarmene da quell’inferno! Salgo in macchina, la accendo, e ci scommetto che, ad un occhio esterno, mentre me ne vado, do l’impressione di sparire nell’oscurità.
 
Sto rientrando in hotel. Sono ancora in valle, a dire il vero, e sto facendo di tutto per reggere al sonno che si è impossessato di me. Imbocco la strada che porta all’hotel. Mamma mia, non mi ero mai resa conto di quanto buio fosse! Mi ricorda tutti quei film dell’orrore in cui le persone guidano nel buio e si ritrovano a caricare psicopatici che li torturano. Oppure investono qualcosa che poi si rivela essere un licantropo…
“STU-TUMP”. Qualcosa mi taglia la strada. La mia macchina sobbalza e poi sbanda. Sono in prossimità del tornante che da su uno strapiombo. E si avvicina sempre di più! –AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHH!! – grido talmente tanto che la mia gola comincia a irritarsi. Fortuna che ho i riflessi pronti, così i miei freni si ritrovano praticamente a urlare, insieme a me e alle ruote che stridono sull’asfalto. Dopo un testacoda la macchina si ferma  a un soffio dal paracarro. Rimango ferma in macchina col respiro affannoso e il cuore che è molto indeciso se andare a farsi un giro o restare nel mio petto. Ho le lacrime agli occhi dal terrore, e sono alquanto stupita di non essermela fatta addosso, francamente. Il silenzio ora è praticamente assordante, le orecchie mi fischiano. E di colpo, un gemito rompe quel velo di calma. È un lungo gemito, come di un animale che soffre. Mi rigiro nell’auto tentando di vedere che cosa produce quel suono così penoso… e terrorizzante. Niente, non riesco a vedere nulla. – Dannazione! – strillo, sbattendole mani contro il volante. Urto il clacson, che strombazza come un matto nella notte. Come diavolo faccio a scendere a controllare? Qualsiasi scema sa che non è prudente scendere dall’auto in piena notte. Specie se si è sole. D’altra parte, qualsiasi scema non sarebbe andata in giro in macchina in piena notte e per di più da sola! E ora cosa faccio?
E va beh, amen! Ho fatto trenta, faccio anche trentuno! Accendo la macchina e punto i fari verso il punto dove suppongo sia la bestia che ho investito. Ed ecco lì un ammasso di pelo, che respira a fatica. Scendo dall’auto. Non so neanche il perché. Non ho il coraggio che sento dire di tanta gente, che quando vede una bestia morente è capace di darle il colpo di grazia! E ora cosa faccio?
Lo guardo attentamente, e mi avvicino. Vorrei tanto scappare, ma non sono fatta così, non posso lasciare lì quella povera bestia. Ma cos’è?
A fatica gira il muso verso di me. È un lupo! – ma da quando ci sono i lupi, in questa zona? – sbotto ad alta voce. E da quando i lupi hanno gli occhi così rossi? Incapace di pensare, mi accuccio vicino a lui. – mi dispiace – gli dico, tra le lacrime. Allungo una mano verso di lui, per accarezzarlo, e scusarmi ulteriormente. E arriva il dolore all’avambraccio, appena sopra il polso. Urlo. Ed è un urlo che esce dal più profondo della mia anima, dal lato oscuro dell’umanità presente in ognuno di noi. E sprofondo… sprofondo… sprofondo…
  
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