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Autore: Nancy91    06/04/2007    14 recensioni
La libererò da questo peso, la libererò da tutte le sue catene. E allora ci saremo solo noi due... (FF sul secondo libro de "Le guerre del Mondo Emerso)
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Solo noi due


C’era solo il Maestro, con lei. Le teneva una mano, le accarezzava la fronte. Le mormorava parole di conforto.
“Sono contenta che tu sia tornato…” gli disse guardandolo in faccia.
Ora che ne vedeva di nuovo i lineamenti, si rendeva conto di quanto disperatamente le fossero mancati.
“Non sono qui per restare, e lo sai.”
“Allora resterò io.”
Il Maestro sospirò, fissandola con affetto. “Non credi sia tempo di dimenticare e ricominciare daccapo?”
Lei gli strinse con forza la mano. “Non desidero altro che te.”
“Ma io sono andato via, e non ha senso che tu continui a cercarmi. “La guardò intensamente, in quel modo che lei adorava, e aggiunse: “Lui non è me.”
Dubhe avrebbe voluto piangere. “Lo so” rispose con un filo di voce.
Poi il buio in cui erano immersi si dissolse in una nuvola di luce, portando via il Maestro.


Uscirono nell’aria fresca della notte, che profumava di erbe e di rugiada.
“Ti accompagno” disse Lonerin.
Dubhe si lasciò guidare dolcemente, la mente piena di pensieri. La maledizione, la pozione, la scarpata e quello che lì era accaduto. Tutti i nodi venivano al pettine. Sennar l’avrebbe davvero guarita?
Davanti alla porta del suo alloggio, Lonerin si mise di fronte a lei. Lo vide tormentasi le mani, i segni dei graffi ancora più evidenti alla luce della luna.
“Partiremo tra tre giorni, sei d’accordo? Devi rimetterti per bene.”
Dubhe annuì. “Buonanotte, allora” tagliò corto.
Ma, mentre si voltava, lui le afferrò un braccio. “Voglio stare con te, stanotte.”
Il cuore di Dubhe si arrestò per un secondo. “Non possiamo.”
Cerò di dare durezza al proprio sguardo, ma non de la faceva. Lonerin era pur sempre il suo compagno di viaggio, e la persona che innumerevoli volte l’aveva salvata, da ultimo procurandole la pozione a prezzo di notti insonni e di quei graffi sulle mani.
Lui rimase interdetto per un istante. “Voglio solo dormire con te, nient’altro…”
“Non è questo.” La voce le tremava.
Lo trascinò dentro, si chiuse la porta alle spalle, appoggiandoci la schiena.
“C’è qualcosa che non va?” chiese Lonerin.
Sembrava non aspettarsi nulla.
Dubhe alzò gli occhi, li fissò nei suoi. “Abbiamo fatto un errore.”
Lui parve non capire. “Io…”
“Non possiamo stare assieme.”
Quelle parole le uscirono di bocca con difficoltà indicibile. Pesavano come macigni.
Lonerin rimase di sasso, poi sorrise benevolo. “Che altra storia ti sei inventata, ora, per negarti la felicità, eh? Siamo vicini a Sennar, ricordi? Lui ti libererà, e porteremo anche a termine la nostra missione. Sta andando tutto bene, finalmente sarai libera…”
Lei scosse la testa fissando il pavimento. “Non è questo. È che io non credo di amarti.”
Lo guardò. Era incredulo.
“E sono certa che se guardassi a fondo nel tuo cuore, ti accorgeresti che neppure tu mi ami.”
“Ti sbagli, e di grosso. Stai solo cercando scuse per allontanarmi perché hai paura. Sei stata abituata così a lungo a non avere speranza che adesso ami la tua sofferenza e non vuoi staccartene. Ed è normale, credimi. Ma devi superare questo momento.”
Si avvicinò per abbracciarla, ma lei premette la schiena contro la porta, sottraendosi. Sentiva gli occhi pizzicarle.
“È stato bello, non posso negarlo. E ho provato ad abbandonarmi, a prendere semplicemente tutto quello che mi davi, senza starci a pensare. Ma non è possibile. Non ci riesco. Non riesco a sciogliermi nei tuoi abbracci, e non riesco a scaldarmi ai tuoi baci. E lo vorrei, davvero, lo vorrei… Per me resti solo un amico, il migliore, probabilmente l’unico. Ma nulla di più.”
Il volto di Lonerin era ancora più bianco alla luce della luna che filtrava nella stanza. Sembrava come paralizzato, le sue mani erano tese verso di lei. “Non è stato così, nella grotta. Tu rispondevi alle mie carezze, le volevi quanto me” obiettò.
Dubhe chiuse gli occhi, appoggiando la testa alla porta. Pensò alla lettera nascosta tra i suoi vestiti, e al suo sogno che aveva fatto prima di svegliarsi in quel luogo.
“Io ho amato una sola volta, e quella persona era il mio Maestro. Lui era la mia ragione di vita, la mia forza, mi ha salvato e mi ha insegnato tutto. Quando lui è morto, in me si è aperto un vuoto che finora non ho saputo colmare. Per tutti questi anni non ho fatto altro che cercare lui, ovunque. Qualsiasi cosa facessi, era per lui e in sua memoria. in te, Lonerin, ho cercato di nuovo la sua immagine.”
Lui rimase con le braccia abbandonate lungo il corpo, lo sguardo attonito. “Non stai dicendo sul serio…”
“Per un po’ ho creduto che tu potessi essere la persona che volevo. Ho creduto di potermi aggrappare a te e salvarmi, ma non è così. Nonostante quel che è accaduto nella grotta, continuo a ragionare come fossi sola, e mi sento sola. Tu credi che per salvarmi basti sconfiggere la maledizione, e tutti i tuoi sforzi ruotano attorno a quello. L’amore che pensi di provare per me non è altro che pietà per la mia condizione, te lo leggo negli occhi ogni volta che mi guardi. Per te non sono altro che una vittima della Gilda, qualcuno da strappare ai tuoi eterni nemici.”
“Non ci provare!”
Dubhe trasalì. L’ira di Lonerin era scoppiata all’improvviso, spaventandola.
“Non ti azzardare a cercare di convincermi che è per il nostro bene!” gridò. “Sei tu che non mi vuoi, tu ce non vuoi capire che io potrei salvarti davvero semplicemente amandoti.”
“Dubhe scivolò piano lungo la porta cui era appoggiata. Si ritrovò seduta, incapace di sostenere oltre quella conversazione. Lo stava colpendo a morte, ma non c’era altro modo. Pensò al male che aveva fatto a Jenna, a quanto le fosse impossibile muoversi senza danneggiare gli altri, anche quando non ne aveva alcuna intenzione.
Lui si chinò alla sua altezza, le prese le mani tra le sue. “Dimmi che è solo un momento, ti prego. Dormici su, vedrai che domattina sarà tutto come prima.”
Dubhe scosse la testa. Ma lui si avvicino comunque e protese le labbra. Lei cercò di sottrarsi.
“Non voglio…”
Si girò di fianco, ma Lonerin le prese il volto tra le mani e la baciò lo stesso a forza. Solo quando la sentì singhiozzare si staccò. Aveva lo sguardo allucinato. Dubhe allora pianse senza alcun ritegno, portandosi le mani agli occhi. Udì lo scricchiolio del legno mentre lui si sedeva davanti a lei.
“Scusami…” mormorò. “Io non so… anzi, lo so. Non posso stare senza di te.”
Dubhe si scoprì la faccia e lo guardò. “Vorrei poterti amare, lo vorrei davvero. credi che mi piacciano questa solitudine e questa desolazione? Credi che mi piaccia la mia vita? Ma non ci riesco, non ci riesco!”
Le lacrime le soffocarono la voce. Lui provò a prenderle la mano, ma lei la ritrasse.
“Stai sbagliando, e non stai facendo male solo a me, lo stai facendo soprattutto a te stessa” disse Lonerin con una voce che sembrava non appartenergli.
Poi si alzò, e lei si scostò quel tanto che bastava per permettergli di aprire la porta e andarsene. Quando sentì l’uscio chiudersi dietro la sua schiena, pianse tutto il dolore che le restava.

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“Non può finire così, non può e basta!” Lonerin sfogò la sua rabbia sul tavolino ricoperto di erbe e ampolle di vetro, rompendole e rovesciando il loro contenuto a terra.
“Io ti amo Dubhe, ti prego, torna da me! Non farmi questo, non ora! Perché non accetti il mio amore? Maledetta Gilda, maledetti coloro che ti hanno fatto perdere la speranza. Ma io ti libererò, ti sottrarrò alla Bestia e alla Gilda, e poi ti farò capire quanto tengo a te, ti curerò col mio amore, curerò le tue ferite”
Voleva soltanto capirla, ma lei non si apriva; un velo le copriva costantemente gli occhi, un velo che non riusciva ad oltrepassare. Si accovacciò in un angolo della stanza, lasciando finalmente libero sfogo alle sue lacrime. Si addormentò in quella posizione, mormorando, prima di cadere in un sonno senza sogni, il nome di Dubhe.

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Il maestro le stava di fronte, avvolto come al solito nel suo mantello nero, il volto coperto.
“Maestro…” Dubhe mormorò il suo nome, allungando una mano, cercando di toccarlo; il Maestro, tuttavia, si scansò, scoprendosi il capo. Il suo sguardo era triste, malinconico.
“Perché l’hai fatto Dubhe?”
“È la cosa migliore per entrambi Maestro, io non lo amo. Io ho amato solo te…”
“Non è vero. Tu hai voluto amare solo me. Però hai sofferto, perché non sei riuscita a trattenermi con te, ti sei addossata delle colpe inutili. Hai vissuto cinque anni cercando me, cercando un morto, credendo di poterti svegliare la mattina e vedermi in piedi, accanto a te, con parole d’amore in bocca. Le cose non sono andate né mai andranno così, Dubhe. Cerca di capirlo, io sono morto, ora ho trovato la pace, non posso tornare indietro”
“Allora ti raggiungerò io…”
“No, non puoi farlo. Hai Lonerin, lui combatte, lui soffre per te. Ti ama, soffre perché non riesce a capirti, perché non riesce a farti capire quanto tiene a te. Non indurire il cuore Dubhe, soffriresti solo, come me. L’omicidio mi ha consumato l’anima, è stato un morire poco a poco. Io non ho avuto alcuna possibilità di cambiare vita. Ma a te è stata offerta, perché non vuoi accettarla? Ti piace così tanto soffrire? Finita la storia, cosa hai intenzione di fare? Tornare a rubare, a fare il sicario, continuare a sentirti sporca dentro? Hai intenzione di morire come me, per mano magari di una persona amata?”
“Maestro, io…” Dubhe non sapeva cosa dire. Il Maestro aveva dannatamente ragione.
“No Dubhe, te lo leggo negli occhi. Per quanto la Bestia ti stia logorando l’animo, per quanto io ti manchi, per quanto tu abbia sofferto e soffrirai ancora, non vuoi fare la mia fine, non vuoi continuare ad uccidere per il resto dei tuoi giorni. Però ti tarpi da sola le ali; sei convinta che sia questo il destino, che la Gilda prima o poi ti avrà in pugno, che farà della tua vita ciò che vuole. No, ciò accadrà solo se tu lo lascerai accadere. Non farlo Dubhe, non far sì che loro vincano. L’unico modo per non farli vincere, però, è cercare forza in qualcosa di diverso dal sangue e dalla morte. Devi cercare forza nell’amore. Non devi temerlo, non devi temere la dolcezza dei suoi gesti, la dolcezza del suo manifestarsi.”
“Maestro, ma io amo solo te…”
“Io sono morto, e lo sai bene. Lonerin invece è una realtà. Se chiudi gli occhi lo sentirai piangere. Chi ha mai pianto per te? Lo sai perché piange?”
Dubhe non rispose, incapace di proferir parola.
“Piange perché ti ama, perché non può venir qui e stringerti forte a sé. Tu non vuoi questo, però l’hai fatto accadere. Sta solo in tuo potere ripararlo. Ma non sarà facile. Tu ora ti senti incompresa. Raccontagli la tua storia. Raccontagli di me. Se ti capirà, allora non avrai più dubbi”
Il Maestro si coprì il capo, la sua immagine iniziò a farsi sbiadita.
“Maestro, non mi lasciare ancora!”
“Dubhe, non hai più bisogno di me. Io sono stato la tua salvezza per tanti anni, ma ora non siamo più legati. Ora la tua salvezza è quel ragazzo. Abbi cura di te ragazza mia. Addio”

La figura del Maestro scomparì, lasciando il posto nuovamente alla sua camera, lievemente illuminata dai raggi lunari.
Dubhe si portò una mano al volto rigato dalle lacrime, si toccò le labbra, screpolate e arrossate. Trovò la forza di alzarsi in piedi e si diresse verso la cassapanca. Prese con dolcezza la lettera del maestro.
Chiuse gli occhi.
Se chiudi gli occhi lo sentirai piangere. Piange perché ti ama.
Sentì solo allora un sommesso singhiozzo, il mormorio di un ragazzo ferito, di un ragazzo impotente. Poi anche Lonerin tacque, e il silenzio si fece avanti; Dubhe lo trovò assordante. No, non era quella la sua strada, non era quello che voleva. Aveva ragione il Maestro. Voleva morire lentamente, logorata dalla sua stessa lama? Voleva continuare ad uccidere? Un No forte e imperioso le uscì dal cuore.
Chiuse gli occhi nuovamente.
Sei tu che non mi vuoi, tu che non vuoi capire che io potrei salvarti davvero semplicemente amandoti.
Non ne era convinta, sentiva che nulla l’avrebbe mai salvata, né dalla Bestia, né dalla Gilda e il suo destino. Ma forse valeva la pena tentare.
Proprio come dopo la morte del Maestro, trovò la forza per andare avanti, la forza per stringere forte la lettera del Maestro ed aprire la porta.
Sicuramente ci sarà altro dolore, forse neanche l’amore di Lonerin la salverà mai da quel male che covava, ma valeva la pena provarci.
Uscì fuori e si diresse decisa verso l’alloggio di Lonerin. Aprì piano la porta e lo vide subito. Era accucciato in un angolo, avvolto in un mantello, le guance umide; era scosso da leggeri brividi.
“Sono stata io a fargli questo. Non volevo…” Dubhe sentì le lacrime premere per uscire.
Cercò di ricacciarle dentro e si chinò verso il ragazzo. Le mise quasi tenerezza quella scena, trovò anche la forza per sorridere.
“Ultimamente, ho trovato la forza per sorridere, ho ritrovato la voglia di sorridere solo grazie a te”. Non voleva svegliarlo, ma non poteva aspettare l’indomani. Aveva paura di perderlo, mai come in quel momento aveva capito quanto tenesse a lui. Allungò una mano verso il suo viso; si accorse di tremare.
Gli carezzò dolcemente una guancia e lui si svegliò immediatamente; mise la propria mano su quella di Dubhe, che notò subito gli occhi rossi e gonfi per il pianto. Lei si alzò di scatto, dandogli le spalle, le lacrime che iniziavano a scendere.
“Cosa ho fatto, cosa ti ho fatto… Non mi meriti, non meriti questo…”
Lonerin si alzò anche lui, avvicinandosi a Dubhe “Scusami tu, non dovevo dirti quelle cose, non dovevo baciarti con forza…”
Lei si girò di scatto, stava ancora piangendo, e Lonerin sentì una stretta al cuore.
“Non piangere, ti prego, non piangere. Fa male vederti così. È che non riesco ad accettarlo, non riesco a vederti così povera di speranza. Io vorrei fare tanto per te, ma non ci riesco. Non ci riesco. Non è soltanto per la Gilda, tu non sei solo una delle sue tante vittime, tu sei qualcosa di più. Sei la mia compagna di viaggio, sei una ragazza che ha rischiato la vita assieme a me… Io non ti amo perché devi essere salvata. Io ti amo perché ti voglio salvare, perché voglio, finito tutto questo, costruirmi una vita di pace, e voglio che tu ne faccia parte. Non mi importa se sei un assassina, se hai quella Bestia in corpo o quant’altro. Tu per me sei solo Dubhe…” le ultime parole si limitò a mormorarle; Dubhe, davanti a sé, continuava a piangere.
“Ti prego, non piangere… Scusami, ma io…”
“Shh… è ora di chiarirci” Dubhe parlò con voce decisa; Lonerin non capì subito ma, quando la ragazza uscì, si limitò a seguirla.
Dubhe si fermò solo in prossimità di un fiumiciattolo. Lonerin la guardò incuriosito quando lei gli porse una lettera, la lettera del Maestro.
“Leggila. Me la scrisse il mio maestro prima di morire”
Lonerin ubbidì, leggendo veloce quelle parole sbiadite dal tempo.
“Io…”
“Non dire niente, dammela” Dubhe prese la lettera e, lentamente, la strappò in tante piccole parti e le buttò nel fiume. Osservò la corrente portar via e deturpare quei pezzettini di carta ormai privi di significato.
“Perché l’hai fatto?” Lonerin non capiva appieno.
“Il Maestro ha sempre voluto che tagliassi i ponti col passato, con lui, ma non l’ho mai fatto. È giunta l’ora però di cancellare il suo ricordo, è giunta l’ora che mi renda conto che lui è morto, che nulla me lo potrà riportare.”
“Lo amavi?”
“Lo amavo, sì, ma ora non più. Sai, ho sempre creduto che tu non mi ami veramente. Lo sai perché? Perché non capisci la mia parte assassina, da sicario. Non ti ho mai raccontato interamente la mia storia, ma ora sento la necessità di farlo. È l’unico modo che ho per sapere se qualcuno in questo mondo può capirmi.”
“Dubhe, io ti amo…” Lonerin le prese una mano, e Dubhe iniziò a raccontargli la sua vita, partendo da Gornar e da Selva, gli raccontò del maestro, del primo omicidio, delle lacrime, della promessa. Gli parlò poi della Gilda, di come l’avessero costretta a seguire i loro fanatici riti, delle lacrime, di Rekla e del suo primo omicidio per la Casa. Poi smise di parlare, abbassando lo sguardo. Lonerin allora trovò la forza per stringerle la mano.
“Guardami” Dubhe ubbidì e Lonerin guardò quegli occhi neri che così tanto amava; li vide per la prima volta privi di un velo. Ora la capiva, e anche Dubhe se ne rese conto. Non lesse più nelle pozze verdi del ragazzo pietà e compassione misti ad amore; per la prima volta lesse nei suoi occhi amore puro, vide uno sguardo comprensivo e caldo.
“Mi ama davvero…” Dubhe mormorò a se stessa queste parole, e chiuse gli occhi.
Sentì un formicolio all’altezza del cuore; il cuore le batteva forte, non ci aveva mai fatto caso… L’ultima volta che c’aveva fatto caso era assieme al Maestro, alla prima missione cui aveva partecipato. Era cambiata molto da allora, ma stavolta il cuore non le batteva forte perché stava per morire qualcuno.
Io non ho avuto alcuna possibilità di cambiare vita. Ma a te è stata offerta.
Dubhe ripensò alle parole del Maestro; davanti a lei c’era Lonerin, colui che le aveva offerto una scelta, anche a costo della vita.
“Guardami Dubhe” la ragazza uscì dal torpore dei suoi pensieri, e sorrise al mago, un sorriso sincero, caldo.
“Dubhe… Ora ti capisco, so che è difficile… Ma lotteremo assieme, lotterò accanto a te, per te, per me. Per noi…” non poté finire la frase che Dubhe gli si buttò al collo.
“Ho avuto paura di perderti, tanta…”
“Ora sono qui, ci siamo solo noi due”
Lonerin asciugò le ultime lacrime della ragazza e, timidamente, leggermente impacciato, la baciò. Il loro primo vero bacio. Dubhe sospirò, respirando a lungo l’odore del ragazzo, abbracciandolo forte. Lui le carezzò la schiena, mentre ormai il sole stava sorgendo ad est.
Allora le scansò i capelli da davanti il volto, sorridendole dolcemente, baciandola ancora, stavolta con più passione, più sicuro di sé.
“Guarda l’alba” le sussurrò dolcemente a un centimetro dall’orecchio.
Lei allora si tirò su e, abbracciata ancora a Lonerin, ammirò, come se fosse la prima volta, il sole che sorgeva.
La libererò da questo peso, la libererò da tutte le sue catene. E allora ci saremo solo noi due.



Piccola Fic sul secondo libro di “Le guerre del Mondo Emerso”… come avrei voluto fossero andate le cose fra Dubhe e Lonerin… la parte iniziale è tratta direttamente dal libro...
Recensite!!!
Nancy
  
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