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Autore: Heart InRussia    26/09/2012    1 recensioni
C'é qualcosa in noi che non potrà mai spegnersi del tutto
C'é qualcosa in noi che dobbiamo tener sempre acceso perché ci accompagna avanti
Qualcosa che abbiamo nelle vene, nelle mani e negli occhi.
E'il desiderio di vivere, anche quando tutto ciò che é intorno muore.
You may not understand
You could think everything is as you said
If you still think this way
Baby you should see the underworld.
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kei Hiwatari, Takao Kinomiya, Yuri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Percorreva il corridoio principale del castello… Era bello tornare a casa dopo tanti mesi.

Chissà dov’erano i suoi, chissà se sapevano che era tornata. Si sentì a disagio: e se lui fosse arrivato prima di loro? No… Decise di andare più spedita, li cercò nella loro camera, ma niente.

Guardò l’orologio appesa al muro, sentendosi sempre meno bene… Mancava solo un’ora alle sei… entro poco avrebbe compiuto diciott’anni.

Lui doveva già essere lì vicino. Stava arrivando, lo sentiva. Presa dal panico, iniziò a nuotare sempre più veloce, cercando un luogo dove rifugiarsi: ma ogni stanza che vedeva era vulnerabile. Salì fino nella parte più alta del castello, arrivando nel lungo corridoio dove era conservata la profezia, dipinta sul muro.

Non la guardò, troppo presa dalla fuga. Ma quando sentì il portone d’ingresso dietro di lei chiudersi, capì che era troppo tardi. Si girò e lo vide.

Era come lo aveva sempre immaginato. Quasi disumano, traboccante bruttura e aridità da ogni parte.

Alto e grasso, calvo come un vecchio nonostante la sua giovane età, la guardava sicuro di sé e sorridente di un sorriso malvagio.

Erano diciotto anni che entrambi si aspettavano.

Diciotto anni che si conoscevano senza mai essersi visti.

“Scappi, forse?”

Era terrorizzata. Le apparve di fianco, mossosi così veloce da non essere quasi visto. “Ma dove, se ovunque vada io ti raggiungerò?”

Poi il giovane Kossig rivolse un’occhiata ai muri, al corridoio, soddisfatto. “Molto bene” disse infine, prima di rivolgersi a lei. “Non muoverti”. Come avrebbe potuto, paralizzata dalla paura com’era?

Due mani viscide le afferrarono il collo e una delle due le reclinò senza delicatezza la testa.

“Sapevi che sarebbe andata a finire così” le disse.

Non rispose. Lasciò vagare lo sguardo lungo il corridoio, vedendo attraverso i ricordi le altre aree del castello, le stanze e le camere oltre quella porta chiusa, le scale che aveva percorso così tante volte sin da bambina. Vide i suoi genitori. Vide il suo regno, il regno degli Agaart, quello che stava in superficie.

Vide tutto ciò che sarebbe passato ai Kossig, insomma.

Poi lo sentì, sentì il suo tocco. E mentre i denti del ragazzo attraversavano il sottile strato di pelle che ricopriva l’incavo del collo e le iniettavano il veleno nelle vene, vide tutta la dinastia crollare. E mentre le immagini iniziavano a farsi meno chiare e lui la lasciava cadere a terra morente, sentì soffocare in gola l’immenso urlo che voleva emettere, sentì le lacrime arrivate agli occhi spegnersi, rimanere lì senza vita.

La sorda risata di lui le giunse in lontananza mentre al fortissimo bruciore nelle vene causato dal veleno si aggiungeva il dolore per essere morta dopo diciott’anni passati a sperare.



La ragazza si svegliò di colpo, il cuore in gola, tremante. In preda all’angoscia si girò da ogni parte, guardò le pareti dell’appartamento, vide che aveva le gambe e non la coda di pesce che aveva quand’era sott’acqua. Lo aveva sognato ancora.

Non riuscì a rimanere a letto: presa da un momento di irrazionalità, si alzò di scatto e uscì sul balcone. Riprese a respirare. Scoppiò a piangere, sentendo sciogliersi la tensione che aveva dentro…

Era tutto così realistico, così vero! Così reale!

Occorse qualche minuto perché finalmente si calmasse. Non sarebbe tornata a letto, ne era certa. Guardò le case del paese che le stavano davanti, guardò il pendio collinare che si confondeva nel buio più avanti…

Mancavano due mesi, solo due mesi… e lei non era pronta a vivere quell’incubo. Era troppo presto…

Dopo chissà quanto tempo ( i primi mungitori uscivano dalle case e presto sarebbe sorto il sole) rientrò in camera lasciandosi alle spalle quella notte che stava finendo.

Ma quel sogno, lo sapeva e la profezia gliel’aveva già predetto, l’avrebbe vissuto comunque.


  
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