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Autore: Stars_Daughter    29/09/2012    2 recensioni
John è a Londra. Irene è a Parigi. Sherlock è morto.
Ancora cinque minuti, pensa John. Solo cinque minuti, davvero, poi prenderà la Circle, o un autobus, o un taxi, prenderà qualcosa e andrà da Harry. Accetterà un bicchiere d’acqua e farà finta di non sapere che c’è del sonnifero sciolto dentro, ignorerà il riflesso lattiginoso contro il vetro e il sapore amaro sulla lingua. Si metterà a letto e non sognerà telefonate d’addio o sangue sul marciapiede. Dormirà e basta, dormirà per ore, dormirà finché non sarà l’ora del funerale. Non piangerà.
Gli bastano cinque minuti. Si perderà dentro Londra ancora qualche attimo, e non penserà a niente.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Irene Adler, John Watson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The dust has only just begun to fall

 

 

Ancora cinque minuti, pensa John. Solo cinque minuti, davvero, poi prenderà la Circle, o un autobus, o un taxi, prenderà qualcosa e andrà da Harry. Accetterà un bicchiere d’acqua e farà finta di non sapere che c’è del sonnifero sciolto dentro, ignorerà il riflesso lattiginoso contro il vetro e il sapore amaro sulla lingua. Si metterà a letto e non sognerà telefonate d’addio o sangue sul marciapiede. Dormirà e basta, dormirà per ore, dormirà finché non sarà l’ora del funerale. Non piangerà.

Gli bastano cinque minuti. Si perderà dentro Londra ancora qualche attimo, e non penserà a niente.

 

Forse può amare Parigi, questa notte. Irene lo decide ora, dopo mesi, esattamente nel momento in cui spegne il cellulare. “Suicidio di un falso genio”, diceva il cellulare. Irene sa che Sherlock non è un falso genio quasi quanto sa che non è stato un suicidio, ma questo non cambia il cadavere sul marciapiede, non cambia praticamente nulla. E’ solo quello che pensa una donna che nessuno conosce, in una città che non è la sua e che forse può amare, solo per questa notte, solo perché ha bisogno di amare qualcosa. Ha anche bisogno di stare in mezzo alla gente. Decide che andrà a una festa, c’è sempre una festa, da qualche parte, e lei sa sempre come entrare. Ballerà con un paio di uomini che la ameranno per sempre. Si circonderà di voci, e di luci, e di vita. Starà bene.

 

La mezzanotte rotola pesante dal Big Ben, rintocchi che John sente addosso come sente addosso i sette messaggi e le nove chiamate perse di Harry. Il mondo incespica nella notte, intorno a lui, e lui incespica nel mondo. E’ qualcosa da cui non può fuggire, si dice. E’ questo che sarà il resto della sua vita: mettere insieme i secondi finché non saranno ore, finché non saranno anni, finché non sarà tutto finito. Non è sicuro di poterlo fare. Non è sicuro di niente, questa notte.

Però può aggrapparsi a qualcosa. Può aggrapparsi alle due ragazze che si baciano contro un lampione, al ciuffo verde di quella più alta o al pizzo del vestito dell’altra, alla luce riflessa nei suoi occhiali o al terrier al guinzaglio che annusa uno scontrino accartocciato sul bordo del marciapiede. Può aggrapparsi agli uomini che ridono in un pub, alle gocce di birra che rotolano lungo i boccali, ai disegni macchiati dei sottobicchieri. Può aggrapparsi alla vita degli altri, ora che la sua non ha più senso.

 

Si chiama Dominic. Non è né brutto né bello, né stupido né intelligente, non è niente. Però è un niente che sa ballare e che ora è andato a prenderle un drink senza fare domande, ed è quello di cui ha bisogno.

Irene chiude gli occhi e respira le luci e la musica e il profumo spruzzato sulle decorazioni floreali di seta. Fiori finti che sembrano davvero fiori. Sorrisi finti che sembrano davvero sorrisi. Suicidi finti che sembrano davvero suicidi. Si chiede se anche la sua vita sembri davvero una vita, vista da fuori. Lei non se l’è mai immaginata come una vita. Non di quelle vere, con un lavoro vero e una famiglia vera. La sua è più uno spettacolo teatrale in cui l’ambientazione e i personaggi secondari cambiano a ogni atto: in quello prima c’era Londra e c’era Sherlock Holmes; in quello di adesso c’è Parigi e c’è un uomo né brutto né bello, né stupido né intelligente, un uomo che non è niente ma di cui ha bisogno come ha bisogno delle luci e della musica e del profumo spruzzato sulle decorazioni floreali di seta. Solo per stanotte. Solo finché non starà meglio.

                                                                                      

C’è una donna che piange, in metropolitana. E’ seduta accanto al vetro e porta le lacrime come porterebbe una collana o un paio di orecchini. A John piacerebbe, per un attimo, essere così. Gli piacerebbe smettere di nascondersi dietro alla vita degli altri e affrontare la propria, e quella di Sherlock, e come sono finite entrambe, in modi più o meno letterali. Magari riuscirebbe a rialzarsi, se trovasse la forza di lasciarsi cadere. Per ora rimane appeso a fili invisibili, cose minuscole, lacrime che non sono le sue, e nel frattempo le fermate corrono oltre il vetro e può andare così lontano in questo mondo così grande che forse non c’è davvero bisogno di fermarsi a pensare, non questa notte, non domani, mai, mai, mai.

Poi la donna prende la sua borsa e tutta la sua dignità, il suo contegno da regina decaduta di un popolo in schiavitù, prende tutto quello che ha e tutto quello che è ed esce dalle porte scorrevoli. Per un attimo, solo un istante, è un niente, ma John è solo, lui e tutto quello che non riesce ad affrontare, lui e tutta la vita che dovrà vivere d’ora in avanti, le luci del supermercato e le serate davanti alla tv, le mattinate in ambulatorio e i pomeriggi dalla terapista, lui e il fatto che Sherlock è morto e che non tornerà indietro, non può tornare indietro, è morto e il suo corpo marcirà sotto una lapide mentre il suo cervello, il suo cervello che è la cosa più bella che John abbia mai conosciuto, il suo cervello lo mangeranno i vermi, pezzo dopo pezzo, e di lui non rimarrà che una traccia sbiadita, graffi sui mobili e impronte sulle poltrone e capelli nella doccia, tutte quelle cose che fanno male e ti impediscono di dimenticare una persona anche quando dimenticarla è tutto ciò che puoi fare per salvarti.

Respira. Respira, si dice. Lo ripete un paio di volte, piegato su se stesso, accartocciato in uno scarabocchio. Respira. Va tutto bene. Respira e basta. Va tutto bene.

-Va tutto bene?-

John si volta e non importa se è soltanto un gruppo di ubriachi, quello che importa è che ci sia qualcuno. Quello che importa è che un uomo abbia un occhio nero e gli ricordi di quando il suo migliore amico del liceo gli ha dato un pugno per una ragazza, quello che importa è che ci sia questo mondo vecchissimo, dentro di lui, in cui può ancora essere al sicuro.

-Certo. Tutto bene.-

Piano piano, mordendo forte l’aria, riprende a respirare.

 

Irene apre il rubinetto e lascia che il rumore dell’acqua copra la musica e le voci. Ha più o meno cinque minuti prima che Dominic inizi a chiedersi cosa stia facendo, dieci prima che la venga a cercare. E’ così prevedibile che può leggerlo con quel tipo di superiorità con cui si leggono le riviste dal parrucchiere.

Nel frattempo l’acqua scorre, e Irene si appoggia al bordo del lavandino. Ha resistito fino alle due, ha sorriso e ballato e bevuto champagne, un paio di uomini si sono innamorati di lei, è stata brava. Però non può andare avanti tutta la notte, se non butta tutto fuori, tutto insieme, tutto ora, adesso, preferibilmente entro dieci minuti, se possibile anche cinque. E’ come una sbronza premeditata, è scientifico. Respira un paio di volte, poi l’aria le si spezza in gola, le si spezza tutto, si spezza contro il rumore dell’acqua e inizia a piangere, a singhiozzare davanti allo specchio mentre l’ombretto le rotola sulle guance in arabeschi colorati.

Dovrà rifarsi il trucco, pensa. Questo le toglierà del tempo.

Ci mette nove minuti a calmarsi, conta ogni secondo sull’orologio, le lacrime che si trasformano in singhiozzi che si trasformano in respiri profondi, finché non va quasi tutto bene. Un quasi un po’ grande, ma è abbastanza perché trovi la forza di rimettere insieme i pezzi di se stessa e di lavarsi la faccia, prendere la trousse e passare di nuovo ombretto, fondotinta e rossetto. Quella che vede nello specchio è di nuovo se stessa. L’acqua ha lavato via le lacrime e nascosto il suo dolore là dove nessuno potrà mai trovarlo. Può farcela.

-Madamoiselle, si sente bene?-

Irene chiude la trousse e apre la porta, e fa meno fatica a sorridere, ora, anche se è Dominic, anche se è un uomo noioso che si tormenta i polsini della camicia, anche se non è Sherlock perché Sherlock non ci sarà mai più.

-Naturalmente. Andiamo. Ho voglia di ballare.-

 

John ordina un caffè. E’ uno di quei bar aperti ventiquattr'ore su ventiquattro, quelli in cui il caffè può permettersi di fare schifo. Fa schifo, infatti, ma John ha bisogno di caffeina perché sta iniziando a cedere e se cedesse arriverebbero gli incubi e tutto quello che sta cercando di tenere fuori da quasi una notte intera.

La verità è che sta solo guadagnando tempo, sempre meno, sempre non abbastanza. Tra poco i lampioni si spegneranno e non potrà più fingere che non sia il giorno del funerale o che Harry non lo stia aspettando alzata. Dovrà rientrare nella propria vita e tenerla addosso anche se farà male. Farà male, lo sa. Fa male anche adesso. Potrebbe non smettere mai di far male, a dirla tutta, ma è qualcosa da cui non può tirarsi indietro.

Vorranno che dica qualcosa al funerale, pensa. Riesce a vederlo, il se stesso che sarà tra qualche ora, in piedi davanti alla fossa che si mangerà la bara e la porterà dove nessuno potrà più vederla, dove Sherlock potrà marcire lontano da sguardi indiscreti. C’è qualcosa di elegante, in tutto questo, e anche un po’ malato. Questo però non lo dirà. Quello che dirà è che Sherlock era un uomo incredibile, lo era davvero, e non ci può essere nulla di finto in ciò che ha conosciuto. Non gli crederanno, ma non importa. Lascerà che tutti vadano via e si siederà sulla lapide. Aspetterà. E’ tutto così reale, nella sua mente, che è quasi come se fosse già successo, e per un attimo, mentre beve qualcosa che pretende di essere caffè e la cameriera mormora una canzone che esiste soltanto dentro le cuffie del suo i-pod, per un attimo pensa che forse ce la può fare. Il funerale, la sua vita. La sua vita senza Sherlock. Sherlock.

Il sole sorge, e gli brucia negli occhi. Ce la può fare.

 

Le feste hanno questo di brutto, che finiscono. Sono bolle di sapone sospese a qualche metro dalla realtà, ma prima o poi scoppiano, e la realtà è sempre lì sotto che ti aspetta. E’ come il coccodrillo di quel cartone animato, quello con la sveglia nella pancia, non importa quanto lontano navighi il pirata con una mano sola, quando starà per cadere in mare sentirà sempre il ticchettio che si avvicina.

Irene pensa a tutto questo e intanto non pensa a niente. Si è stancata di Dominic più di un’ora fa, ma ora che è sola sta iniziando a stancarsi anche di se stessa. Forse non c’è una via d’uscita. Non è abituata, a non avere una via d’uscita.

Chiude gli occhi nel vento e nella notte che è quasi giorno, e pensa che in fondo non è davvero come se avesse perso qualcosa, prima sapeva che da qualche parte nel mondo c’era anche lui, ora no. L’universo è ancora lo stesso, lei è ancora la stessa, più o meno, quasi, ci può provare. Non lascerà che questo la distrugga. Nulla è mai riuscito a distruggerla. Si sente un po’ più forte, mentre aspetta un taxi dritta ed elegante nel sole che sorge e nei filamenti stracciati di luce che la festa si è lasciata alle spalle. Si sente un po’ più forte, e bella, e per un istante questo basta. Aspetta che l’istante finisca. Non succede.

 

 

 

 

 

Angolino

Tecnicamente il mio beta mi avrebbe anche fatto un disegno, per questa storia, ma non so come mettere le immagini quindi sappiate solo che è bello. E che lui è un beta meraviglioso e lo ringrazio tanto.

Per il resto niente, questa cosa ce l’ho in testa da mesi, avrebbe potuto venire meglio, avrebbe potuto venire peggio – spero -, non so. Il titolo è preso da Hide and Seek e i personaggi non mi appartengono – so che non lo sapevate, lo so. E basta, ho creditato il creditabile, posso tornare nel mio anfratto buio <3

 

   
 
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