Videogiochi > Final Fantasy VII
Ricorda la storia  |      
Autore: The Light Wolf    06/10/2012    4 recensioni
"Memorie lontane, ma ancora così vivide ...
ricordi di una notte, di una infanzia strappata. Ciò che è stato non si
può cambiare, ma solo ricordare, perché il passato è scritto nelle
cicatrici, in quelle mezzelune intorno a quei splendidi occhi smeraldini
violati da troppe lacrime ..."
(Questa Fic la dedico a Reno_Dedè_Turks, per dirle grazie per tutte le
recensioni che mi lascia e per la sua sfrenata allegria ;D )
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Reno
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Fucking memories

Fucking memories

 

Un bambino correva a perdifiato, attraversando velocemente le strade della città. La fredda pioggia cadeva battente, insinuandosi tra i suoi occhi smeraldini e bagnando i morbidi capelli rossi e le tenere labbra rosee, violate da grida, da imprecazioni e lacrime salate.

Correva, fregandosene di tutto ciò che c’era intorno a lui. Non vedeva i palazzi grigi, le nere strade rovinate dal tempo e le solite puttane che aspettavano i loro “clienti” sotto ad un ombrello scassato. Davanti ai suoi occhi comparvero sprazzi di immagini confuse, il ricordo di qualche minuto prima: urla … disperazione … sangue …

Incapace di continuare la corsa, svoltò l’angolo ritrovandosi in un tetro e buio vicolo. Si accasciò contro l’uscio di una porta mezza rotta, riparandosi così dalla pioggia. Tremava dal freddo, il vecchio pigiama era fradicio e sporco. Di sangue.

Gli pizzicavano gli occhi, ma il vero dolore che provava era intorno ad essi: due tagli a forma di mezzelune, da cui piccole gocce di sangue scivolavano via, rigando le candide guance. I tagli bruciavano terribilmente e a stento si tratteneva dal piangere. Si toccò le ferite e gli venne in mente il ricordo del freddo metallo penetragli nella carne …

E da lì, migliaia di immagini scoppiarono di fronte ai suoi occhi: sangue … la lama, a qualche centimetro dai suoi occhi che sprofondava nella carne … le risate isteriche del fidanzato di sua madre … le sue urla di pietà …

Il piccolo chiuse gli occhi << No! Basta, basta! >> il suo spiritò urlo di dolore a quelle immagini, a quei ricordi e delle calde lacrime scivolarono via dai suoi occhi smeraldini, mischiandosi con il sangue e aumentando il dolore ai tagli.

BASTA!

 

Reno aprì gli occhi di soprassalto. Ansimava. Il suo cuore martellava nel petto. Il suo corpo muscoloso era madido di sudore.

Si sedette sul proprio letto, respirando profondamente e voltò il suo sguardo smeraldino verso la sveglia: le 3:23.

Sbuffando, si ributtò sul proprio cuscino. Ancora quel fottutissimo sogno. O meglio, quel fottutissimo ricordo. Il ricordo del suo passato, la rovina della sua infanzia. Si passò l’indice sulle sue cicatrici, tastandone la pelle, che aveva riassunto negli anni la sua morbidezza, ma il segno non se ne era andato.

Rimase nel buio della propria stanze per lunghi e silenziosi minuti, ascoltando il rumore delle auto che di tanto in tanto passavano sotto alla baracca in cui abitava. Per quella notte non si sarebbe più addormentato, così si alzò, vestendosi con il completo dei Turks. Uscì dalla vecchia topaia in cui abitava e salì in sella alla sua moto. Aveva bisogno di un bel giro, ecco cosa ci voleva.

Partì sgasando, fregandosene di aver destato dal sonno la gente del condominio e incominciò la sua corsa. La bella moto grigio argentata saettava tra le nere strade asfaltate, e Reno si divertiva: gli piaceva sentire il vento sferzarsi contro il suo volto, dando un lieve sollievo alle sue cicatrici, scompigliargli i morbidi capelli rossi e riempire i suoi polmoni di una dolce aria fresca.

Uscì dalle porte della città e prese una scorciatoia, che lo portò ai pressi di un boschetto. Proseguì tra la terra polverosa per circa una buona mezz’ora, finché non si ritrovò in cima ad una rupe. Parcheggiò la moto e si sedette sull’orlo della rupe e rimase ad osservare il cielo: nell’oscurità della notte, una scia argentata, simile ad un polvere finissima, risplendeva, come se si volesse ribellare alle tenebre.

Reno rimase incantato da tale spettacolo, anche se non era la prima volta che lo vedeva … lo aveva visto anche da piccolo, esattamente la notte in cui la sua infanzia era stata distrutta. Reno chiuse gli occhi, lasciandosi travolgere dai ricordi:

Il piccolo Reno aveva otto anni e stava dormendo nel suo lettino. Lo condivideva con la mamma, la sua adorata mamma. Era stretta a lei, mentre la dolce ninna nanna lo cullava, portandolo nel mondo dei sogni. Come si stava bene accanto a lei …

Ma un colpo secco lo destò dai sogni e, allarmato, il piccolo aprì di scatto gli occhi, la donna smise di cantare. << Donna, dove diavolo sei?! >> una voce bassa e severa giungeva dal salotto, seguita da imprecazioni.

<< Mamma … >> mormorò il piccolo Reno, stringendosi contro la donna. Una mano gli accarezzò i morbidi capelli rossi << Sta tranquillo. >> sussurrò la mamma. La donna si scostò delicatamente dal piccolo, avvicinandosi alla porta che conduceva al salotto.

<< No, mamma! >> il piccolo la strinse per una manica << Non andare via! Lui è cattivo! >> la donna sorrise e gli posò un bacio delicato sulla guancia << Non ti preoccupare … torno subito. >> e detto ciò uscì dalla porta. Il piccolo Reno si strinse nelle coperte. Aveva paura di Lui, il fidanzato della mamma. Era cattivo, sporco e … puzzava! Puzzava di un qualcosa di strano … e il piccolo Reno non sapeva bene come indentificarlo … era un odore pungente e inebriante. Un odore cattivo, perché al piccolo Reno veniva il mal di testa ogni volta che se lo sentiva sotto al naso.

Il fidanzato della mamma si arrabbiava facilmente ed era anche tanto antipatico! Aveva addirittura dato uno schiaffo alla mamma! E lui aveva provato a difenderla, perché gli voleva bene, tanto bene, ma si era beccato una gran spinta. Se la mamma non lo avesse portato via, gli sarebbe capitato di peggio. Però il fidanzato della mamma non voleva bene a lei. Il piccolo Reno se ne era accorto. Non faceva altro che dire alla mamma cose cattive e non gli diceva mai “ti voglio bene”.

Invece il piccolo Reno lo diceva tante volte alla mamma, perché le voleva tanto tanto bene.

<< Sei solo una fottutissima puttana! >> un urlo rabbioso si levò dal salotto e Reno sobbalzò. Respirò a fondo e dopo aver preso tutto il coraggio possibile, si alzò in punta di piedi e socchiuse la porta, sbirciando con il suo occhio smeraldino cosa stava succedendo.

E Reno trattenne il fiato: la mamma era seduta a terra, piangeva, mormorava parole così a bassa voce che il piccolo non riuscì a sentire e sopra di lei torreggiava il suo fidanzato. Era arrabbiato, aveva in mano una bottiglia vuota di vodka e urlava imprecazioni l’una dietro l’altra. Tirò un calcio allo stomaco alla donna, che si accasciò a terra, piegata in due dal dolore. L’uomo estrasse un coltello dalla tasca dei pantaloni e prese per i capelli la donna.

<< Le tue scuse mi hanno rotto! >> urlò l’uomo e poggiò la lama del coltello sulla gola della donna << È il momento di pagare i tuoi debiti! >> detto ciò, la donna non ebbe tempo di ribattere che l’uomo le aveva premuto il coltello contro e con un gesto deciso le recise la gola con un taglio netto. E cadde a terra, mentre fiottoli di sangue scivolavano via dalla sua pelle candida.

Reno sgranò gli occhi, fissando il corpo della donna da quello spiraglio. La mamma … l-la s-sua mamma … no … NO!

<< M-mamma … >> mormorò. No. Non era possibile! La sua mamma non poteva essere morta! Come avrebbe fatto lui, il piccolo Reno?! Era in preda ai singhiozzi, lacrime calde gli rigarono le guance e si mise una mano tremante davanti alla bocca, mordendosela nel tentativo di stare zitto e non piangere.

L’uomo guardò per un istante il corpo privo d’anima della donna e senza tante cerimonie ci sputò sopra. Poi il suo sguardo si spostò alla porta della camera di Reno e il piccolo trattenne i singhiozzi. Intravide i suoi occhi, occhi da cattivo, occhi da pazzo, come se fossero privi di anima ma colmi d’odio.

Reno sgattaiolò via dalla porta e si ributtò nel suo letto, coprendosi al più presto con le coperte. Sentì dei passi incerti avvicinarsi alla sua camera e la porta si aprì di scatto, sbattendo contro il muro. Il piccolo rimase immobile, trattenendo il fiato, lasciando solo che due lacrime solitarie si insinuassero tra le sua ciglia. Poi gli vennero tolte vie le coperte e vide sopra di sé il volto dell’uomo. Sorrideva, ma non era uno di quei sorrisi dolci come quelli della mamma, era inquietante e Reno sentì un brivido corrergli lungo la schiena.

<< Ciao piccolo bastardo. >> disse l’uomo appoggiandosi il coltello sulla spalla, come se fosse un normale bastone e buttando sul lettino la bottiglia vuota di vodka. Reno non rispose, aveva paura troppo paura, tanto che il suo cervello parve bloccarsi e il corpo non reagire più. L’uomo notò due lacrime ai lati degli occhi del piccolo.

<< Perché piangi? >> chiese, puntandogli contro il coltello.

<< D-dov’è la mia mamma? >> chiese con un fil di voce il piccolo.

<< Rispondi alla mia domanda. >> ordinò minaccioso l’uomo, ma Reno parve non sentire le parole e chiese, questa volta più deciso << Dov’è la mia mamma?! >>

L’uomo si fece scuro in volto e lo prese per il colletto del pigiama << Va bene, piccolo bastardo … dato che tu non mi vuoi rispondere, dobbiamo fare in modo di cancellare queste lacrime, non credi? >> disse, avvicinando pericolosamente la lama al volto di Reno. Il piccolo si paralizzò all’istante e vide riflesso nella lama argentea il suo occhio smeraldino.

<< No, ti prego … >> mormorò il piccolo, ma l’uomo non si fermò, anzi, posò la punta del coltello sotto l’occhio del bambino.

<< Tu e tua madre non sapete fare altro che chiedere “per favore” o “ti prego” … beh, adesso basta! >> detto ciò sprofondò la punta della lama nella carne di Reno, che urlò di dolore. La lama ghiacciata si muoveva nella carne, formando due tagli profonde a forma si mezzelune. Più il coltello tagliava la pelle candida di Reno più si sentiva che gli stessero portando via l’anima.

<< Lasciami! >> urlò il piccolo, ma l’uomo spostò il coltello sotto l’altro occhio e lasciò un altro taglio profondo, cancellando così anche l’altra lacrima. Reno era sul punto di morire, morire di paura, di esasperazione, di rabbia… ma lui non voleva! Non voleva fare la stessa fine della sua mamma…

… mamma …

Quella parola, risuonò dolce, come la ninna nanna che gli cantava ogni sera, delicata e inoffensiva, come una piuma che si lascia cullare dal vento... colei che non era più, che si era spenta, privata della vita, appassita come un fiore …

<< … mamma … >> ripeté Reno, tra i singhiozzi. E non sentì più nulla. Il dolore parve dissiparsi, scivolare via come le sue lacrime, la risata isterica di quello stronzo non c’era più. C’era solo Reno. E quel silenzio, dentro di lui, si svegliò una rabbia cieca, amara, dove non si ragionava più, ma aumentava ogni istante di più, mescolandosi con il sangue e correndo nelle vene: la vendetta.

Non sapeva bene cos’era quella sensazione, ma se ne fregò e seguì la voglia di zittire quell’uomo, ma mano che il dolore attorno agli occhi ritornava a farsi sentire e la risata isterica divenne insopportabile.

Reno strinse i denti e afferrò la bottiglia di vodka accanto a lui, mentre l’uomo non fece affondare completamente la punta del coltello dentro la carne e Reno scoppiò: con un urlo agghiacciante sollevò la bottiglia a mezz’aria e con tutta la sua forza, la fracassò con il cranio del uomo, che stramazzò a terra. Reno cadde contro il gelido pavimento. Quando si rialzò vide che l’uomo non si muoveva più.

Reno rimase immobile, e dentro di lui crebbe la paura. Lo stronzo era morto. Lui l’aveva ucciso.

Terrorizzato e tremantesi accasciò a terra e diede sfogo a tutto il suo dolore con un urlo carico di tutte le sue emozioni: rabbia, tristezza, paura, disperazione!

In preda al panico, non gli venne in mente niente se non una cosa sola: scappare. Aprì la porta di casa e si tuffò sotto la pioggia in una fuga sfrenata.

Vagò per la città sporco, bagnato fradicio, disperato, finché non trovò un boschetto dove vi rimase per giorni e giorni. Arrivò ad una rupe e per poco non cadde giù da essa. Esausto si stese sull’erba soffice e lasciò vagare lo sguardo smeraldino tra le tenebre: una scia argentea risplendeva nella notte, simile a polvere finissima. E il piccolo ne rimase talmente affascinato che parve dimenticarsi di ciò che era accaduto quella notte, rimase ad osservare quella meraviglia finché le sue palpebre non si erano fatte pesanti e Reno si lasci andare alle braccia del sonno.

Reno aprì gli occhi. Sentì un incredibile senso di tristezza impossessarsi di lui… quelle memorie lo avevano colpito, rivivere tutto ciò era come ricevere una pugnalata in pieno petto. I suoi occhi incominciarono a pizzicare e il ragazzo trattenne le lacrime. Scosse la testa come per allontanare qualcosa, poi accese la moto e ripartì rombando nella notte, lasciando che il fresco vento gli accarezzasse il volto, ritornando in città.

Dopo quella notte, Reno aveva avuto il coraggio di ritornare in città, dove crebbe tra i vicoli più bui, sopravvivendo lottando contro ogni singolo criminale e guadagnandosi il rispetto di molti. Finché, giovane e sedicenne, i Turks lo trovarono e riuscì a diventare uno di loro. Ma il ricordo di quella notte era rimasto vivido negli anni e quelle mezzelune intorno agli occhi ne erano la prova.  

Per quanto odiasse quelle maledette memorie, ormai quelle cicatrici erano diventati parte di lui, non avrebbe mai potuto separarsene. Erano diventati il suo marchio di riconoscimento, lui non era semplicemente ragazzo di strada: era un ragazzo che aveva avuto la forza di continuare e di non fermarsi davanti a nessun pericolo, non si era mai messo a rimuginare sul passato e aveva sempre guardato avanti.

Lui era Reno.

   E nessuno l’avrebbe mai fermato.

 

AlloVa, buonsalve a tutti :3

Questa è la prima volta che scrivo uno scritto su Final Fantasy VII, un gioco che purtroppo non ho avuto la fortuna di giocare D: ma vabbè …

Questa shot parla di Reno, un personaggio che sinceramente ammiro per il suo carattere determinato, anche se un po’ strafottente e sfacciato e davvero affascinante (cazz..piterina se è figo!) … insomma un cosiddetto tipo sculaccianguille (WTF?! O_o) C:

Comunque sia, questa shot la dedico a Reno_Dedè_Turks, la Cacciatrice di Stelle :’), dove casualmente c’è il suo futuro marit… ehm! Personaggio preferito! ^.^’

Grazie di tutto amica mia! Ti voglio bene! ;)

Sarei molto felice che lasciaste un commento, anche piiiiiccolo piccolo, giusto per sapere se questa schifezza vi è piaciuta.

Sapete, mi sono divertita a scrivere questa storiellina e se a voi fa piacere, potrei scriverne altre sempre su Final Fantasy VII! Ok, adesso vado e mi raccomando, evitate cavoli bolliti, non mangiate moccio e godetevi la vita!

Ciaoooooo!

The light wolf

  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Final Fantasy VII / Vai alla pagina dell'autore: The Light Wolf