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Autore: MadAka    11/10/2012    4 recensioni
"..fu allora che la sua attenzione fu attratta dai rumori provenienti dall’interno del negozio. Conosceva quei suoni, uno per uno. Il rumore delle bacchette che colpiscono il charleston, per poi spostarsi sul rullante e su uno dei tom. Ecco il crash, poi il ride. Mentre sotto la grancassa batteva instancabilmente.
Lì dentro qualcuno stava suonando la batteria e lo stava facendo anche bene! "
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lo speaker radiofonico, con una serie di frasi d’effetto sentite e risentite, stava salutando gli ascoltatori invitandoli alla diretta del giorno successivo. Quello poteva significare solo una cosa: erano le quattro del pomeriggio. Ogni giorno, dalle tre alle quattro, Taylor si concedeva un’ora di assoluta libertà e si sdraiava sul suo letto per sentire l’unico programma che su quelle frequenze trasmetteva musica rock. Rimaneva fermo a pancia all’aria ad ascoltare ogni singola canzone e ad immaginare di suonare la batteria.
Si mise a sedere e spense la radio. Dopodiché si infilò un paio di jeans e si preparò per uscire. Prese il suo walkman, scese le scale rapidamente e uscì di casa di fretta dopo aver urlato un saluto a suo fratello che era in cucina. Si fissò il mangianastri alla cintura dei pantaloni e premendo play si mise le cuffie. Il nastro partì da “One vision”, aveva riavvolto la cassetta proprio per essere sicuro di iniziare con quella canzone.
Era “A kind of magic” dei Queen. L’ultimo lavoro della band non se lo erano filati in molti lì in America, invece in Inghilterra era andato alla grande. Ma non gli interessava, quello che per lui era importante era che amava quell’ audiocassetta e che sapeva a memoria ogni singola rullata eseguita da Roger Taylor, come poi del resto conosceva perfettamente anche tutti i suoi lavori precedenti.
Si diresse rapidamente verso il centro città, più precisamente verso il negozio di strumenti musicali di Jeremy. Grazie a dei lavoretti part-time in zona era riuscito a mettere da parte soldi a sufficienza per comprarsi un nuovo crash, e non un crash qualunque, ma un 20”della Zildjian.
Era intenzionato, un pezzo alla volta, a comprarsi una batteria nuova. Così avrebbe finito di suonare quella usata e semidistrutta che teneva nel garage del suo amico. Il primo pezzo per il suo progetto era proprio quel piatto e stava andando a prenderselo.
Arrivò al negozio all’incirca un quarto d’ora dopo, e mentre attraversava la strada non notò le occhiate interessate che due ragazze liceali gli stavano lanciando.
Difficilmente il quindicenne passava inosservato. Che fosse per i capelli biondi, sempre e inspiegabilmente spettinati, che fosse per gli occhi pieni di vita o per il fisico asciutto che aveva, Taylor Hawkins faceva sempre, irrimediabilmente, colpo.
Ma in quel momento non importava, perché era arrivato.
Spense il walkman, si tolse le cuffie e fu allora che la sua attenzione fu attratta dai rumori provenienti dall’interno del negozio. Conosceva quei suoni, uno per uno. Il rumore delle bacchette che colpiscono il charleston, per poi spostarsi sul rullante e su uno dei tom. Ecco il crash, poi il ride. Mentre sotto la grancassa batteva instancabilmente.
Lì dentro qualcuno stava suonando la batteria e lo stava facendo anche bene!
Entrò dannatamente incuriosito. Jeremy era in piedi, poco più avanti dell’ingresso, con le braccia incrociate e l’espressione divertita mentre il suo piede sinistro teneva il ritmo. Quando vide Taylor gli fece cenno di raggiungerlo e lui lo fece.
Alla batteria c’era un ragazzo che avrà avuto all’incirca 17-18 anni. Era esplosivo. Suonava con un’energia incredibile e i capelli, lunghi, gli finivano da tutte le parti.
Guardandolo, Taylor, si ritrovò a provare stima per lui, mentre il ritmo che quel tipo stava sostenendo parve dargli nuova vita.
Jeremy si voltò verso il giovane appena entrato:
-Vieni, mentre questo finisce di scorticarmi le pelli della batteria servo te.-
Taylor lo seguì guardandosi intorno. Adorava quel negozio.
Suo fratello glielo aveva fatto conoscere anni prima e a forza di andarci il proprietario li aveva presi in simpatia. Le pareti erano piene di chitarre, di bassi, ovunque c’erano amplificatori, piatti e pezzi di batteria. C’erano poster e annunci di band in cerca di musicisti, e i punti del muro visibili erano così colorati da far pensare che di lì fossero passati i Beatles di “Yellow submarine”. Rispecchiava proprio il suo proprietario. Jeremy era il classico tipo cresciuto con la musica nel cuore. Era sempre di buon umore e la cosa era sottolineata ancora di più dai suoi baffoni alla texana e dalle camice variopinte che indossava sempre e che per qualche strano motivo lo facevano apparire più magro di quanto già non fosse.
Il quindicenne raggiunse il bancone e il negoziante gli sorrise:
-Allora, sei venuto per comprarlo alla fine?-
L’altro annuì e Jeremy scomparve nel retrobottega per poi riemergerne con un piatto dorato lucidissimo.  Lo appoggiò sul piano e diede a Taylor il tempo di ammirarlo. Il giovane rimase a guardare per un po’ la scritta nera “Zildjian” dicendo semplicemente: -È fantastico..-.
Non si era accorto che nel mentre l’altro ragazzo aveva finito di suonare la batteria ed aveva raggiunto Jeremy.
-Quella roba è una figata!- disse ridendo di gusto, per poi continuare: -Quanto verrebbe a costarmi una cosa del genere?-.
Fu Jeremy, poi, a ridere di gusto, mentre simpaticamente rispose:
-Forse troppo per le tue tasche ragazzo…-
L’altro non fece una piega e ribatté:
-Staremo a vedere, quando la mia band sarà famosa e avrò un sacco di soldi verrò da te a rinfacciartelo!-
Jeremy rise nuovamente, lo divertiva quel tipo: -In tal caso, mi farebbe davvero piacere!-.
Taylor si voltò per guardare il ragazzo che prima era alla batteria, mentre quest’ultimo si avvicinò al piatto posto sopra il bancone, i capelli gli ricaddero sugli occhi e li spostò con un paio di manate:
-Hei, wow.- poi guardò Taylor in faccia: -Ottima scelta.- disse sorridendo.
Finalmente il biondo riuscì a vederlo in viso. In totale onesta trovò che avesse un po’ una faccia da scemo, ma forse era solo colpa dell’espressione divertita che aveva. I capelli bruni erano lunghi fino alle spalle, né lisci né ricci e neanche tanto curati. I suoi occhi erano di un marrone molto scuro, ma dannatamente vivaci. La cosa che però colpì molto Taylor fu il suo sorriso. Era contagioso. Talmente contagioso che mentre lo ringraziava per il complimento non poté fare a meno di sorridergli a sua volta. 
-Quindi hai una band?- si ritrovò a chiedere a quel tipo esagitato senza sapere esattamente perché.
L’altro annuì energicamente:
-Eccome! Stasera abbiamo anche un concerto, in un locale qui vicino…non ricordo assolutamente il nome ma so che è circa sulla quinta strada. Se ti va di passare ci beviamo una birra!- poi senza aspettare una risposta si rivolse a Jeremy:
-Hei, non è che per caso hai una sigaretta?-
L’uomo estrasse un pacchetto dagli angoli smussati e glielo allungò. Il moro prese una sigaretta e ringraziò, poi si mise a fare un ultimo giro per il negozio.
Intanto Taylor rimase a guardare il negoziante che riponeva il piatto nuovo e luccicante in una borsa apposita mentre gli diceva: -Questa te la regalo io.-
Il ragazzo lo pagò, lo ringraziò e afferrò la sua borsa.
Gli sembrava un nuovo inizio. Sentiva dentro di sé che entro qualche anno la sua vita sarebbe cambiata, che un giorno sarebbe diventato anche lui un grande batterista come Roger Taylor o Stewart Copeland.
Dopo aver salutato Jeremy si diresse verso l’uscita notando che il ragazzo agitatissimo lo aveva preceduto. Una volta fuori si guardarono.
Taylor non sapeva se dirgli o no qualcosa ma l’altro lo precedette:
-Be, se ti capitasse di passare in zona stasera, vieni a sentirmi- disse con un nuovo, gigantesco, sorriso contagioso.
L’altro sorrise di rimando:
-Vedrò.-
Il primo allora lo salutò e si allontanò accendendosi la sigaretta.
Lui rimase a guardarlo un momento con il suo nuovo crash sottobraccio. Sapeva che quella sera non sarebbe potuto andare a sentirlo, e sapeva anche che non avrebbe mai più rivisto quel ragazzo tanto strano. Quelli come lui li incontri una volta sola e poi mai più.
Se in quel momento qualcuno fosse andato a dire a Taylor che un giorno quel tipo sarebbe diventato il suo migliore amico, non ci avrebbe mai creduto.
 
 
Ok, eccomi con la mia ennesima fantasia sui Foo Fighters.
Volevo scrivere questo commento prima della storia ma poi ho pensato che avrei fatto uno spoiler, quindi l’ho scritto dopo…
Dave Grohl e Taylor Hawkins si sono conosciuti il 17 dicembre 1995, ad un concerto in cui si esibirono sia i Foo Fighters che Alanis Morrissette.
Per qualche strano motivo però mi sono trovata a chiedermi: e se loro due si fossero già incontrati prima di quell’occasione?
Ed ecco cosa mi sono inventata: uno di quegli incontri casuali che un po’ ti cambiano la giornata, ma che tuttavia  finisci per dimenticare…
-MadAka-
  
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