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Autore: TheFirstMrsHummel    13/10/2012    2 recensioni
Kurt riusciva a vedere le lacrime che si stavano formando negli occhi di lei. Oh, merda, in che cosa mi sono immischiato? pensò.
Dave continuò a parlare con la stessa freddezza, senza alcuna inflessione particolare. “Non ti voglio qui. Te l’ho detto migliaia di volte, non ti voglio vicino a me.”
“Questa volta è diverso, David,” spiegò, mentre una goccia salata le scivolava lungo la guancia. “Non sono qui solo per una visita. Ho lasciato L.A. e sono tornata a Lima. Voglio provare a riaggiustare le cose con te e so che ci vorrà del tempo. Sono tornata per restare, David. Non significa niente per te?”

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All'inizio dell'ultimo anno, compare una donna sconosciuta che chiede di David Karofsky. Kurt la aiuta a trovarlo e strada facendo scopre qualcosa sul passato dell'ex-bullo.
[Fic Kurtofsky tradotta da LaGrenouille | Traduzione rivista il 6/11/15]
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dave Karofsky, Kurt Hummel, Nuovo personaggio | Coppie: Dave/Kurt
Note: AU, Lime, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Allora, avevo detto che questo sarebbe stato l’ultimo aggiornamento di Mother’s Day, ma poi la musa ha detto: “Scusami? Cedo proprio che questa fic abbia bisogno di un epilogo, signorinella!” Quindi questo sarà l’ultimo capitolo vero e proprio, ma la storia non sarà finita. So che alcuni di voi (basandomi sulle recensioni) saranno tristi di vederla concludersi, ma come accade con tutte le fic, questa non è davvero una fine, bensì un inizio: potrò passare a una nuova storia, che spero vi piacerà altrettanto.

 

 

Dave stava camminando verso l’aula di musica, facendo passare oziosamente lo sguardo sul corridoio e ricambiando il paio di sorrisi che gli vennero rivolti. Era felice di vedere che nessuno gli stava lanciando occhiatacce e che solo una persona aveva scostato lo sguardo, a disagio. Si trattava di un giocatore di baseball che una volta l’aveva guardato pieno di disprezzo – e che si era trovato il muso sbattuto contro un armadietto, ricordandosi così che la sua omosessualità non lo rendeva affatto più piccolo o meno minaccioso, se aveva voglia di mostrarlo.

La notte in cui aveva detto la verità a suo padre, l’aveva invitato all’incontro successivo del PFLAG. Aveva bisogno del suo sostegno, perché durante quella riunione aveva finalmente detto a tutti quello che aveva tenuto nascosto per così tanto tempo. Non volendo menare il can per l’aia, l’aveva fatto proprio all’inizio delle presentazioni. “Io sono Dave Karofsky, l’altro co-fondatore di questo capitolo di PFLAG. E…” lasciò sfumare la voce, guardando Kurt e sorridendogli brevemente. Risollevò lo sguardo sul resto dei partecipanti. “Sono anche un figlio gay. E sono grato che mio papà sia qui oggi per sostenermi.” Inconsapevolmente, i suoi occhi si posarono di volata su Sandy mentre i mormorii e gli ansiti di sorpresa riempivano l’aria attorno a lui. Pensava che sarebbe stata sconvolta, invece lo stava guardando con un sorriso gentile e complice. Pensò che forse Kurt si fosse fatto sfuggire il suo segreto, ma quando glielo chiese, avvolto in un altro dei suoi abbracci pieni di gioia e orgoglio, quello giurò di non averle detto neanche una parola a riguardo.

Dopo l’incontro, si era sparsa la voce a scuola che lui stesse ‘giocando per la Squadra Arcobaleno’ e lui non negò. Mancavano poco più di due mesi al diploma e Dave li avrebbe trascorsi tanto fiero e onesto quanto il ragazzo del quale aveva ammirato per così tanto tempo il coraggio. E per il quale, come aveva recentemente ammesso a se stesso, aveva molto più di una cotta. Era innamorato di Kurt, a prescindere da quanto la cosa fosse patetica e non corrisposta. Aveva dovuto sopportare diverse rogne da un certo numero di persone, da allora, ma era riuscito a superarne la maggior parte mantenendo la sua reputazione di tipo duro. Aveva perfino raggiunto un compromesso con Azimio. C’erano state spinte e toni aspri verso l’inizio del confronto, ma avevano più a che fare con il loro atteggiamento da uomini virili che con una vera e propria espressione di rabbia; finalmente Az gli aveva detto: “Non lo capisco, e non penso di volerlo capire. Ma se è quello che sei, non ci puoi fare niente, no? Non ti romperò le palle per questo, amico.” Lui aveva apprezzato la sua onestà, capito i suoi sentimenti, ed era stato felice che il loro rapporto si fosse già indebolito molto prima di quel momento. Non ci sarebbe stato alcun disagio da cercare di ignorare mentre mangiavano da McDonald’s o giocavano con l’Xbox, perché né l’una né l’altra cosa accadevano da mesi, ormai.

Avvicinandosi all’aula di musica, riuscì a sentire una ben nota voce acuta alzarsi, carica di rabbia. Non gli era accaduto spesso di udirla, quest’anno, quindi sussultò per la sorpresa. “Come hai potuto farlo, Blaine?” urlava. Si accostò alla porta, ma non entrò. Non riusciva a vedere nulla, ma poteva sentire tutto alla perfezione.

“Si tratta di quello che è meglio per me, Kurt,” ribatté l’altro, evidentemente altrettanto furioso. “E devo pensare io a tenere gli occhi aperti per un’occasione, perché non è che a te importi, di questi tempi.”

Sentì Kurt inspirare bruscamente. “Non so di cosa tu stia parlando!” urlò.

“Oh, andiamo, Kurt!” fece l’altro, stizzoso. “Viene tutto prima di me ed è così da settimane. Il PFLAG, Sandy, le prove del Glee… e, certamente, non dimentichiamoci del tuo amico del cuore, Dave.”

“Non ti avevo mai preso per uno che si aspettasse che mettessi da parte tutti i miei interessi solo perché usciamo insieme,” disse Kurt, sulla difensiva.

“Infatti non è così e tu lo sai bene. Ma ci siamo allontanati, Kurt. Stiamo insieme solo di nome ed è così da molto tempo. Ceniamo fuori, andiamo al cinema, limoniamo sul tuo divano…” fece una pausa, e Dave fece una smorfia all’immagine dei due che si baciavano. “Ma lo facciamo meccanicamente. All’inizio eri solo tu, ma ora lo faccio anche io.”

“Blaine…” chiamò l’altro, e lui riconobbe all’istante quel tono di voce: lo chiamava il Sto-cercando-di-non-scoppiare-a-piangere-ma-non-sto-facendo-un-gran-bel-lavoro di Kurt Hummel. Sapeva per certo che le iridi verdi si stessero riempiendo di lacrime e strinse le grandi mani, combattendo l’impulso di entrare e mettere al tappeto Blaine per averlo fatto piangere.

“Esserti accanto è diventato sempre più difficile. O amarti. Perché è come cercare di convincere un muro a spostarsi. Tu sei… assente, Kurt. Dici di amarmi, ma non c’è niente nei tuoi occhi che mi dica che tu stia dicendo la verità, neanche lontanamente. Non posso semplicemente continuare a dare senza ricevere niente in cambio. Ho troppo rispetto per me stesso per permettermelo.”

“Stai rompendo con me?” esclamò quello. “Oltre a lasciare il McKinley mi vuoi anche mollare?” Dave era stupefatto. Un attimo, cosa?! Blaine stava lasciando la scuola, con solo un paio di mesi rimasti alla fine? E con le Nazionali a Las Vegas proprio dietro l’angolo?!

“Avrei dovuto farlo prima,” ammise allora. “Continuavo a pensare che qualcosa sarebbe cambiato, che quello che avevamo prima sarebbe tornato… Mi dispiace di doverlo fare tutto in una volta, che tu mi creda o no.”

“Bene!” ribatté quello, piuttosto malevolmente. “Capisco che tu non mi voglia più. Chi se ne frega, Blaine. Ma non puoi fare questo alle Nuove Direzioni: abbiamo le Nazionali tra meno di cinque settimane!”

“Dio, Kurt!” urlò – e Dave ancora una volta lottò duramente per costringersi a non varcare la soglia. “Devi sempre essere così egocentrico? Questo è più grande delle Nazionali, non capisci? Quanto spesso succede che un vecchio video di un coro di canto coreografato finisca in rete e attiri l’attenzione di un vero agente dell’industria musicale?  Hai visto quante hit ha la versione degli Usignoli di Raise Your Glass su YouTube? Sono più di Friday! Abbiamo le fangirl, Cristo! Legioni di fangirl!”

Abbiamo?” gli fece eco l’altro. “Sei già tornato a dire ‘noi’ quando parli degli Usignoli? Gran bella lealtà, Blaine, complimenti.”

“Te l’ho spiegato, l’agente ha detto che il contratto sarebbe dipeso dal mio ritorno come cantante solista. Vuole organizzarci un tour nei centri commerciali del Midwest, quest’estate. Sta parlando di un possibile accordo discografico e di registrare pezzi originali: potremmo essere il prossimo Justin Bieber! E tu vuoi che me lo lasci scappare, Kurt? Davvero?!”

Ci fu un lungo, freddo silenzio, quindi Kurt parlò. “Fa’ quello che devi fare, Blaine. Lasciaci pure nella merda, lascia me nella merda, se devi rincorrere la fama. Ma non sorprenderti se ti chiederanno di far finta di essere etero: scommetto che non vorranno che tu deluda le tue fangirl.”

Improvvisamente Dave sentì rumore di passi, ma prima che riuscisse ad allontanarsi Blaine uscì a passo di marcia dall’aula e per poco non gli finì addosso. Lo guardò dall’alto in basso, fulminandolo con lo sguardo: “Ma bene, ecco qui l’altra metà,” sputò, conciso. “È tutto tuo, ragazzone. Spero che tu sappia a cosa stai andando incontro.”

Dave non gli aveva mai detto niente di maleducato. Era sempre stato civile e cortese, a prescindere da quanto mal sopportasse la sua relazione con Kurt, perché non voleva causare tensioni. Ma sembrava che ora avessero rotto, quindi non c’era più alcun motivo di trattenersi. “Va’ a farti fottere, Anderson,” mormorò.

“Oooh, che arguzia,” ribatté l’altro con fare sarcastico. “Non c’è da stupirsi che Kurt sia così preso da te.” Gli diede le spalle e si allontanò.

Lui aspettò circa un minuto, quindi entrò. L’altro sedeva sullo sgabello del pianoforte, con il volto nascosto tra le mani. “Kurt?” lo chiamò dolcemente. “Stai bene?”

Quello rise amaramente, spostando i palmi dalla faccia. “Non direi,” ammise, ripetendo involontariamente le stesse parole che aveva detto Dave così tanto tempo prima in quella stessa classe. “Hai sentito tutto, suppongo?” e indicò con un gesto l’uscio.

“Una parte, sì,” affermò, sedendoglisi di fianco. “Mi dispiace. Per come ha lasciato te e il club.” Gli prese una mano e la strinse nella propria, grato di essere in grado, per una volta, di essere lui a dargli conforto, invece del contrario. “È uno stronzo.”

“Ha ragione su una cosa,” confessò Kurt, sfregandosi il viso con la mano libera. “Era da molto che le cose non andavano bene tra di noi. Ma è difficile lasciare andare il tuo primo amore, sai?”

“Lo so,” rispose. Dio, se lo so. Di certo non ho idea di come farò a lasciare andare te, Kurt.

“Non so che cosa faremo, adesso,” continuò. “Siamo fottuti, Dave. Il suo assolo era così forte. Non penso che ci sia qualcuno che possa prendere il suo posto o fare qualcosa di anche lontanamente altrettanto buono. Stronzo o no.” Dalle labbra gli uscì una risata strozzata dalla disperazione.

Rimasero seduti in silenzio per qualche minuto, mano nella mano. Poi Dave inspirò profondamente e si alzò in piedi. L’altro l’aveva visto ballare, ma non l’aveva mai sentito cantare. Come nessun’altro, d’altronde, non da solo; ma lui riusciva a sentire la propria voce, quando cantava nella doccia o in macchina, e sapeva di essere bravo. Anzi, pensò, sono fenomenale. Molto meglio di Finn o di Sam o di uno qualsiasi degli altri ragazzi. Potrei perfino essere migliore di Blaine.

Kurt lo guardava con aria interrogativa. “Dave?”

Lui aprì la bocca per dire qualcosa, ma quelle che uscirono non furono mere parole. Cantò per lui, completamente a cappella.1

You, you got me
Thinking it'll be alright.
You, you told me,
“Come and take a look inside.”
You believed me,
In every single lie.
But I, I failed you this time.

And it feels like tonight.
I can't believe I'm broken inside.
Can't you see that there's nothing that I wanna do,
But try to make it up to you?
And it feels like tonight,
Tonight.

Kurt lo stava fissando; gli angoli della sua bocca sembravano sull’orlo di piegarsi in un sorriso meravigliato. Proseguì, con la voce che si fortificava sempre di più, arrivando al massimo quando raggiunse il ponte.

I never felt like this before.
Just when I leave, I'm back for more.
Nothing else here seems to matter.
In these ever-changing days,
You're the one thing that remains.
I could stay like this forever…

Anche l’altro si alzò mentre lui cantava l’ultimo ritornello. Prese le mani di Dave mentre lui passava agli ultimi versi, guardandolo profondamente negli occhi.

There's nothing that I wanna do,
But try to make it up to you.
And it feels like tonight.
Tonight…

Smise di cantare. Si schiarì nervosamente la gola. “Forse è troppo tardi, ma se non lo è… Mi unirò al Glee Club. Penso di potervi aiutare.”

Kurt gli rivolse un ampio sorriso sincero e lo abbracciò di slancio. “Direi!” rise, stringendolo forte. Allentò la presa, ma continuò a tenere le braccia allacciate attorno al suo collo. “Come hai fatto a far passare tutto l’anno senza darmi neanche un indizio di quanto fosse incredibile la tua voce?”

Lui fece spallucce, arrossendo. “È quello che fanno i ninja come me.”

“Di certo avevi un bell’asso nella manica,” ribatté, guardandolo affettuosamente.

Rimasero così per un po’ di tempo, mentre l’intensità del momento aumentava. Aveva la sensazione di essere attirato completamente verso Kurt. Si sporse in avanti, portando il viso a un soffio da quello dell’altro. Ma si fermò. E se stesse interpretando male i segnali? Non voleva turbarlo, non voleva fare niente che lo mettesse a disagio.

Kurt lo guardò e vide l’esitazione negli occhi nocciola. Gli sembrava che le proprie vene fossero attraversate da scintille ardenti: era un tipo di emozione e di eccitazione che non aveva mai sperimentato prima. Si leccò le labbra, fissando la sua piccola bocca a forma di cuore. “Fallo,” lo incitò, senza fiato. “È tutto okay, voglio che tu lo faccia.”

Non lo dovette ripetere. Dave tolse le mani dalla sua vita, usandole per incorniciargli il volto. Fece incontrare le loro labbra e fu come il Bacio Nello Spogliatoio 2.0. Un reboot, in un certo senso: la stessa scena, ma infinitamente migliore, con entrambi i partecipanti del tutto consenzienti e senza alcun cattivo sentimento a macchiare il momento. Si baciarono appassionatamente, anche in un modo un po’ aggressivo. Dave lo fece voltare e lo premette contro la fiancata del pianoforte, spingendo disperatamente i fianchi contro il suo bacino; Kurt gemette piano, sollevando un piede e intrecciando il polpaccio al suo. Schiuse la bocca e le loro lingue scivolarono l’una contro l’altra, calde e bagnate.

Nessuno dei due fu sicuro di quanto rimasero lì a baciarsi e a strusciarsi deliziosamente l’uno contro l’altro. Ma, senza alcun avvertimento, udirono un urletto a malapena smorzato e si bloccarono all’istante. “Oh porca la vacca!” esclamò una voce femminile. Separarono le labbra e voltarono la testa, solo per vedere Sandy che li guardava con la mandibola penzoloni dalla porta. Una mano le copriva la bocca. Rimasero tutti immobili per un momento, poi lei spostò il palmo. “Scusate- oddio, scusatemi tanto! Non volevo interrompere. Io, ehm…” fece dei vaghi gesti verso l’uscio, “ora me ne vado. Tipo- lontano…”

Dave sentì le braccia di Kurt sciogliere la presa sul suo collo, allontanandosi. Lo guardò, facendo una breve smorfia di dolore alla sua espressione confusa e imbarazzata. “No,” iniziò quest’ultimo, con voce tremula. “Tu non ci hai- Noi non…” sollevò lo sguardo su Dave, ma distolse quasi immediatamente gli occhi. “Devo andare.” Afferrò la sua tracolla, appoggiata a una gamba dello sgabello, e corse fuori dalla stanza, evitando per un soffio di far cadere la donna, preso com’era dal panico. L’altro fissò inflessibile la soglia, espirò e si risedette. Si osservò i piedi, udendo infine un lieve rumore di passi avvicinarsi.

“Stai bene, David?” le sentì chiedere con fare incerto.

Scrollò le spalle, tenendo gli occhi fissi sul pavimento.

“Mi dispiace davvero,” continuò sua madre. “Ero solo così sorpresa che mi è sfuggito di bocca. Praticamente non ho filtro, in questi casi. Sapevo che tu e Kurt foste buoni amici, ma non sapevo che steste insieme. Lui non ha mai accennato a nulla…”

Avvertì il bruciore delle prime lacrime. Dio, perché aveva baciato Kurt? Aveva rovinato tutto. “Non stiamo insieme,” mugugnò.

“Potresti dirlo di nuovo? Scusami, non sono riuscita a sentirti con la testa abbassata così,” chiese lei.

Lui sollevò il capo, sapendo di avere gli occhi lucidi, ma non gliene importava poi molto. “Noi non stiamo insieme, Sandy,” spiegò tristemente.

Lei sembrò completamente perplessa. “Ma- e il modo in cui voi due vi stavate… ehm, impegnando? Se non siete una coppia, allora cos’era quello?”

“Non chiederlo a me! Un mio enorme fottutissimo errore, immagino.” Non sapeva perché le stesse parlando. Si sentiva semplicemente del tutto insensibile e scoraggiato, come se andarsene e lasciarla lì da sola o ignorarla freddamente fosse uno sforzo eccessivo, in quel momento.

“Lui ti piace,” affermò lei. Non era una domanda.

Rise sguaiatamente. “Seh,” disse, “solo un pochino.” Si asciugò le lacrime strizzando gli occhi e passandovi sopra le nocche. “Sono innamorato di lui. Sono un tale idiota…”

“Essere innamorato di lui ti rende in idiota?” domandò l’altra; sembrava stesse facendo fatica a seguire la conversazione.

“No. Ma aspettarsi che lui provi lo stesso, quello sì.” Guardò Sandy, accogliendo quasi con sollievo la comprensione nei suoi occhi. Chi se ne fotte, pensò. Se è quello che passa il convento… “Blaine ha appena mollato Kurt e gli ha detto che avrebbe lasciato il McKinley per riunirsi al suo vecchio gruppo.” Lei spalancò gli occhi alla notizia, ma rimase in silenzio. “Volevo farlo sentire meglio. Ho cantato per lui e gli ho detto che mi sarei unito alle Nuove Direzioni, se la cosa li avesse aiutati alle Nazionali.”

“Tu sai cantare?” chiese con tono sorpreso.

“Come un dannatissimo usignolo, non che si sappia in giro. Lo sa solo papà, perché mi ha sentito in casa. E Kurt.” Le rivolse uno sguardo sarcastico. “E tu, ora.”

“Oh,” rispose lei, decidendo di tenere la lingua a freno prima di dire la cosa sbagliata.

“Lui era di nuovo felice. Grato. Mi ha abbracciato, ma poi io, come il coglione che sono, l’ho trasformato in qualcosa che non c’entrava nulla.”

“Non voleva che tu lo baciassi?”

“Lui ha detto… ha detto che voleva che lo facessi.”

“Sono confusa,” affermò sua madre, scuotendo la testa e cercando di trovare il senso delle sue parole. “Ha detto di volere che tu lo baciassi e tu in qualche modo hai incasinato tutto facendo esattamente quello che ti chiedeva?”

“Non stava pensando chiaramente. Aveva appena provato mille emozioni diverse e io me ne sono approfittato. Avrei dovuto sapere che non poteva davvero provare per me quello che io provo per lui.”

“Io penso che lui sia pazzo di te,” dichiarò Sandy. “Proprio quanto tu lo sei di lui.”

La guardò, incredulo, e sbuffò. “Come no… Hai già detto di esserti sorpresa, quando ci hai visto.”

“Parla di te senza tregua alle prove e quando usciamo insieme. ‘Dave qui’ e ‘Dave là’… è tutto quello che sento, da lui. ‘Dave è stato così coraggioso a fare coming out alle superiori, avrebbe potuto aspettare di essere al college o anche più in là nella vita.’ ‘Dave verrà da me a guardare All That Jazz, stasera. Riesci a credere che non l’abbia mai visto?’ ‘Ti ho detto che Dave ha davvero acconsentito ad andare a fare shopping con me? Non vedo l’ora di fargli mettere qualcosa che non sia una magliettona da rugby logora.’ Pensa che il sole sorga e tramonti per te. Non ero stupefatta all’idea che vi steste baciando. Ero solo stupita che aveste finalmente smesso di perdere tempo e vi foste decisi ad agire.”

Dave la fissò. Dapprima aveva pensato che stesse dicendo quelle cose tanto per dire, forse per entrare nelle sue grazie; ma il suo tono era così pratico che si ritrovò a crederle. O perlomeno a credere che pensasse quelle cose. “Davvero?” chiese, con voce piuttosto titubante.

“Sai come facevo a sapere che sei gay, David?” cominciò. “Prima che tu facessi outing all’incontro e sebbene io e te ci vedessimo pochissimo?” Aspettò finché lui non ebbe scosso la testa. “Per via del modo in cui guardavi Kurt, ogni volta che lui era vicino a te. Lo guardi come se fosse personalmente responsabile di tutta la luce nella stanza o dell’aria che respiri. Lo guardi come se la sua sola esistenza ti completasse.” Fece una pausa, poi allungò con cautela una mano verso la spalla del figlio. Quando lui non fece alcuna smorfia né si allontanò, vi posò solo i polpastrelli. “E David… Lui guarda te nello stesso modo. Non so come tu faccia a non vederlo, probabilmente non sei obiettivo abbastanza, immagino. Non me ne ha mai parlato, bada – e, anche se lo avesse fatto, io non tradirei la nostra amicizia spifferandolo a te – ma penso che vada bene se ti faccio solo sapere quello che vedo coi miei stessi occhi e sento con le mie orecchie. Sono piuttosto sicura che anche lui sia innamorato di te.”

Dave fece di nuovo un cenno negativo. “È impossibile. È scappato via come se avesse avuto il diavolo alle calcagna, prima. Perché l’avrebbe fatto, se provava quelle cose?”

“Forse era spaventato o confuso. O semplicemente era sopraffatto da tutto l’accaduto. Le persone scappano per infinite ragioni diverse, David. Perfino da quelli che amano.” I loro occhi s’incontrarono e all’improvviso Sandy non fu più sicura di chi fosse la persona di cui stava parlando. Tolse le dita dalla sua spalla e si voltò un attimo dall’altra parte per raccogliere i pensieri. Ora doveva occuparsi di suo figlio e del ragazzo che amava. Non aveva nulla a che fare con lei e, per una volta nella sua vita, si sarebbe assicurata che i bisogni di David fossero al primo posto. Si schiarì la gola, girandosi. “Ti unirai davvero alle Nuove Direzioni?” chiese.

Lui la guardò stranito per via dell’improvviso cambio d’argomento. “Sì, certamente. Ho detto a Kurt che l’avrei fatto, quindi così sarà.”

“Questo significa…” disse, scegliendo le parole con cura, “che dovrò smettere di curare le coreografie del Glee Club? Perché siamo vicinissimi alle Nazionali e abbiamo ancora un sacco di lavoro da fare. Penso che i ragazzi ci rimarrebbero piuttosto male, se li lasciassi di punto in bianco, soprattutto dopo che Blaine ci ha fregati tutti decidendo di partire per Giacche-Atroci-landia all’ultimo momento.”

Lui corrugò al fronte. “Perché dovresti…” lasciò la frase in sospeso, ma poi ci arrivò. “Oh. Per via di me e te e… tutto il resto?”

Sandy annuì con fare solenne.

“Non ci avevo pensato affatto, a essere onesto,” ammise quello. “Immagino che sarebbe imbarazzante. Ma, non so… penso di poterlo superare. Sono solo cinque settimane. E, come per il PFLAG, è abbastanza importante da rendermi in grado di affrontarlo.” Sospirò.

“È… È una cosa incredibile, David,” affermò lei, deglutendo. “Ti prometto di non farti pressioni, di non aspettarmi nulla. Lo giuro.”

L’altro chiuse gli occhi e all’improvviso tutto gli sembrò troppo. Il litigio di Blaine e Kurt, la sua audizione improvvisata, la sensazione delle sue labbra sulle proprie, Sandy che li scopriva, Kurt che scappava, come aveva fatto così tante volte quando lui ancora lo tormentava… gli sembrava che il peso del mondo intero gravasse di nuovo sulle sue spalle e l’unica cosa che desiderava era trovare il sollievo di lasciare andare. Tossicchiò, quindi sollevò le palpebre per incrociare lo sguardo di lei. “Quando entrerò nel club, voglio dire loro che tu sei mia madre.”

“Cosa?” esclamò Sandy, premendosi una mano contro lo sterno. Gli occhi erano così spalancati che pensava le sarebbero usciti dalle orbite.

“Come ho detto, probabilmente sarà imbarazzante e strano,” spiegò. “Non penso di riuscire a far finta per tutto quel tempo che tu sia solo un’estranea, un’amica di un amico che mi capita di vedere alle riunioni del PFLAG. Se glielo dirò, sapranno perché è imbarazzante e strano, e non mi daranno fastidio facendomi il terzo grado.” Si passò le dita tra i capelli, sospirando di nuovo. “Sono così stanco di avere segreti. È snervante. Sono gay dichiarato e Kurt sa che lo voglio ora, quindi… tu rimani il mio ultimo grande segreto. E non voglio più che lo sia. Preferirei che fosse tutto allo scoperto e quello che deve succedere, succeda.”

“Okay,” concordò lei. “E grazie, David, per lasciarmi continuare ad allenare il Glee. Penso che…” s’interruppe, ammiccando per tenere a bada il più possibile le lacrime. “Penso che significhi tanto per me quanto significa per loro. So che non potrò mai redimere quello che ho fatto a te. So che sarebbe chiedere troppo.” I loro sguardi s’incontrarono. Non c’era né diniego né accettazione in quelli del figlio: si stava solo limitando a guardarla, ascoltando silenziosamente. “Ma se questa volta potrò rimanere con loro e aiutare a guidare alcuni di quei ragazzi verso il successo, allora forse riuscirò a ripagare una goccia di quell’oceano che è il mio debito karmico.”

“Non c’è di che,” rispose. Le labbra gli s’incurvarono involontariamente in un minuscolo sorriso. Lei schiuse le proprie per dire qualcosa, ma non fu la sua voce che sentirono.

“Dave?” chiamò Kurt dall’uscio con un tono incerto. Madre e figlio si voltarono all’unisono, a bocca aperta. Kurt stava lì, afferrando con una mano lo stipite, come se ne avesse bisogno per rimanere in piedi. Era pallido; i capelli vicino al viso erano bagnati, come se si fosse sciacquato con dell’acqua. Dave a malapena notò quelle cose, però, perché tutto quello che riusciva a fare era guardare i bellissimi occhi verdi, lucidi e pieni di così tanto rimorso da colpirlo come un pungo al petto.

“Mi sa che è ora di andare,” mormorò Sandy. Gli sfiorò il braccio, poi fece lo stesso con l’altro mentre lo superava, uscendo e sgusciando in corridoio.

“Mi dispiace così tanto, Dave,” disse. “Mi dispiace di aver perso il controllo in quel modo.”

“È tutto okay,” borbottò l’altro, incassando le spalle e distogliendo lo sguardo.

“No, non è vero,” affermò, camminando verso di lui. “Non era giusto lasciarti qui in quel modo. E comportarmi come se non mi fosse piaciuto ogni secondo di quel bacio tanto quanto a te.” Lo sguardo di Dave scattò a incontrare il suo, esterrefatto. “Lo volevo, proprio come ho detto. Volevo te.” Gli si avvicinò, prendendogli le mani. “L’ho voluto da molto tempo, credo. E quando è finalmente successo, per poi essere interrotto in modo talmente brusco, io… ho avuto un ripensamento per un secondo. È stata una sensazione travolgente ed è successo subito dopo il fiasco con Blaine, per di più. Avevo bisogno di un po’ di tempo per digerire il tutto, ma non avrei dovuto correre via in quella maniera.” Si portò le sue dita alle labbra e le baciò teneramente. “Mi dispiace,” ripeté. “Mi perdonerai? Mi darai un’altra possibilità?”

Dave sentì il cuore gonfiarsi d’amore così intensamente che per un attimo temette che gli sarebbe scoppiato in petto. Poggiò il palmo sulla nuca dell’altro e lo baciò sulle labbra, lasciandosi scappare un piccolo gemito. Kurt gli lasciò andare le mani e usò le proprie per avvolgergli le guance, rispondendo al bacio con un brivido e un silenzioso singhiozzo di sollievo. Dopo qualche dolce secondo, Dave interruppe il contatto, ma posò la fronte sulla sua, mentre entrambi ansimavano.

Infine rispose alla sua domanda. “Sempre,” affermò, mentre le labbra s’incurvavano in un sorriso felice.

 

 

Feels Like Tonight è di Chris Daughtry, dal CD con lo stesso nome.

Presto arriverà l’epilogo! Avrà luogo a Las Vegas, per le Nazionali, e non vedo l’ora di scriverlo. XD

 

 

*N.d.T.

1 – Se la volete ascoltare: click!

 

V.d.T.

Aaaw! *__* Non sono carini?

Spero che nessuno abbia avuto problemi con Blaine, in questo capitolo; TFMH non indulge mai nel bashing, ma è sempre meglio affrontare una fic Kurtofsky tenendo in mente che Kurt e Blaine si dovranno pur lasciare, per far aver il lieto fine all’altro pairing. Ma mi siete tutte sembrate persone assennate, quindi non ho nulla da temere. ù__ù

A settimana prossima con l’epilogo, allora!

   
 
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