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Autore: Cla90    14/10/2012    2 recensioni
Nolan si precipitò sul letto accanto a lei, notando che le tremavano le mani e aveva il viso sudato.
«Emily…Ems! Va tutto bene, va tutto bene!» Nolan cercò di tranquillizzarla come poteva, scuotendola leggermente per le spalle, per farla tornare alla realtà.
«Io…io non sono arrivata in tempo!» continuava a ripetere Emily col fiato corto, in preda alla paura. « Mi dispiace, non sono arrivata in tempo!»

Prima classificata al Prompt Contest - Fandom Revenge indetto da deb e Ili91 sul forum di EFP.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ti ho trovata, persa e insicura.

 
Nolan Ross sospirò sconfortato e posò il tablet di fianco a lui, sul letto.
Se ne stava sdraiato lì da ore, con qualche cuscino dietro alla schiena a rendere più comodo il suo corpo in tensione.
Non ce la faceva proprio a dormire e si sentiva come un bambino di cinque anni che chiede alla madre di lasciare la luce accesa perché ha paura del buio e dei mostri che si nascondevano sotto al letto, in attesa di saltar fuori e spaventarlo, una volta spenta l’abatjour.
Il proprio mostro aveva i capelli bianchi e la sua presenza era ancora ben viva nei ricordi di Nolan, non appena accennava a chiudere gli occhi.
Era un codardo. L’aveva sempre saputo, fin dal liceo, quando il quarterback di football l’aveva preso di mira e si divertiva ad umiliarlo, senza che lui avesse il coraggio di ribellarsi.
Eppure, quando era andato da solo nella casa di quell’uomo e vi aveva messo una telecamera nascosta, si era sentito così fiero e coraggioso!
Poi Emily l’aveva chiamato e aveva sentito nella sua voce quella gratitudine per averla salvata dal commettere l’errore più grande di tutta la sua vita e gli si era gonfiato il cuore di inaspettata felicità. Certo, finché non aveva sentito quel braccio bloccargli la gola e impedirgli di respirare.
Ancora adesso che tutto era finito, sentiva ben viva la sensazione di puro terrore che l’aveva preso alla bocca dello stomaco quando quel criminale aveva portato il corpo incosciente di Emily in quel garage e l’aveva incatenata accanto a lui.
Aveva tenuto per la sua vita, più che per la propria, ed era un pensiero che non riusciva ad abbandonarlo.
Lei aveva avuto la forza di non uccidere quell’uomo, lo stesso che aveva messo fine alla vita di suo padre, ma chi diceva che lui l’avrebbe risparmiata, che non si sarebbe intrufolato in casa sua, per finire il lavoro?
Per un attimo pensò che avrebbe potuto chiamarla, giusto per assicurarsi che stesse bene, ma subito dopo abbandonò quel pensiero con un amaro sorriso, pensando che erano le tre e mezza del mattino e che se l’avesse svegliata con le sue paranoie, Emily l’avrebbe preso a calci.
Così cercò di tranquillizzarsi, ripetendosi come in un mantra che ormai quella storia era finita e che Emily finalmente avrebbe potuto gettarsi tutto alle spalle. Vivere una vita normale, come suo padre David aveva sempre desiderato per lei.
Afferrò di nuovo il tablet, controllando l’andamento delle azioni della NolCorp; poi, navigando nella rete, finì su un sito di gossip che parlava dell’imminente matrimonio che si sarebbe celebrato negli Hamptons.
Se Nolan non avesse avuto fin troppo rispetto per la tecnologia, non si sarebbe fatto scrupoli a lanciare il tablet contro il muro.
Contrasse la mascella verso quell’eccesso di rabbia inattesa avuta alla vista della foto di Emily e Daniel alla festa di fidanzamento.
Non era mai riuscito a capacitarsi di quanto fosse disposta a sopportare Emily pur di raggiungere il suo scopo. Ma ora che il piano di vendetta si era finalmente compiuto, non avrebbe dovuto obbligatoriamente andare avanti con quella farsa di amare il giovane Grayson, dal momento che, come gli aveva apertamente confessato quel giorno, il suo cuore apparteneva a Jack.
Finalmente sarebbero potuti stare insieme ed avere la felicità che agognavano e meritavano entrambi.
Nolan sarebbe dovuto essere contento, dopotutto li aveva spinti l’uno verso l’altro, fin dall’inizio, senza ascoltare i rimproveri di Emily, sul perché Jack sarebbe dovuto rimanere fuori da quella storia pericolosa.
Eppure non era esaltato, non riusciva a festeggiare per la felicità che i due suoi amici avrebbero presto condiviso, ma non dette troppo peso alla cosa, imputandola alla giornata devastante appena trascorsa.
Sentì le proprie membra rilassarsi e, finalmente, riuscì a chiudere gli occhi e a lasciarsi andare al tanto desiderato riposo, quando il suono del suo cellulare lo ridestò bruscamente, facendolo saltare sul letto.
Dopo aver mormorato qualche insulto verso quel telefono, allungò la mano sul comodino per afferrarlo, notando che il mittente del messaggio che gli era appena arrivato era Emily.
Col cuore in gola, aprì l’sms, che così recitava.
“Sto venendo a casa tua.”
Nolan aggrottò le sopracciglia. Era assurdo che Emily stesse arrivando lì a quell’ora della notte, quando si supponeva che entrambi dormissero.
Ma convenne che quello non era stato un giorno come tutti gli altri; perciò, seppur con studiata calma, si alzò e scese al piano di sotto.
Sapeva che entro una decina di minuti Emily si sarebbe presentata a casa sua, ed era meglio avvisare Big Ed del suo arrivo, visto che gli aveva espressamente detto di sorvegliare l’ingresso tutta la notte.
*
Stava preparando due drink alcolici, quando sentì dei passi leggeri attraversare il salone e nel momento in cui alzò lo sguardo dal bancone, si ritrovò la giovane bionda davanti.
Fissò in silenzio i graffi arrossati sul viso e il labbro rotto, ma distolse immediatamente lo sguardo, sentendo un familiare dolore al centro del petto.
Si riscosse da quella sensazione e la osservò con cipiglio divertito.
«Allora, a cosa devo questo randevouz notturno?»
La vide alzare gli occhi al cielo, e ridacchiò, mentre si portava alla bocca il bicchiere e ne saggiava il liquido ambrato.
Emily afferrò il bicchiere, lo tenne in mano qualche secondo, facendolo oscillare lentamente, per poi poggiarlo di nuovo sul bancone.
Nolan continuava a non comprendere il motivo di quella visita, ma si trattenne dal chiederlo apertamente, con la paura che la giovane finisse per chiudersi ancora più del solito.
«Volevo assicurarmi che tu stessi bene.»
Nolan gelò, sentendo quelle parole. Era davvero la sua Ems, quella che aveva davanti?
«Avanti Ems, sono grande abbastanza per sopportare un rapimento e qualche livido.»
Alzò un sopracciglio e riuscì quasi a strapparle un sorriso.
Nolan appoggiò i gomiti sul bancone, avvicinandosi a lei, e scrutando quell’espressione che mai le aveva visto in volto, da quando la conosceva.
Sembrava smarrita, con quello sguardo perso nel vuoto.
Poi finalmente Nolan capì. Era paura, quell’ombra che aveva scorto nei suoi occhi.
Probabilmente il non avere più la vedetta a cui aggrapparsi e dietro cui nascondersi, la faceva sentire completamente disorientata. In fondo, da quando era uscita dal riformatorio e lui stesso le aveva messo in mano quella scatola di legno con inciso il doppio infinito, lei era vissuta solamente in funzione di fare giustizia a suo padre e riabilitare il suo nome agli occhi del mondo.
«Io e Daniel abbiamo rotto.»
Nolan riuscì a malapena a reprimere un sorriso, e gioì internamente, solo per poi rendersi conto che cosa avrebbe comportato quel fatto.
«Quindi rimane…Jack?» mormorò Nolan, fingendo indifferenza. «Parlerai con lui?»
Emily lo fissò per un attimo con aria stanca e si passo una mano tra i capelli, prendendosi un momento prima di rispondere.
«No, non ho intenzione di farlo.»
Nolan aggrottò le sopracciglia per la sorpresa, non comprendendo dove volesse andare a parare con quelle affermazioni laconiche. Possibile che ogni volta dovesse tirarle fuori le parole di bocca?
«Ems, ma quello che mi hai detto oggi…»esclamò Nolan, riferendosi al momento in cui Emily gli aveva chiesto di dire a Jack che lo amava, se non fosse uscita viva da quel garage.
«Nolan, oggi pensavo che sarei morta!» la giovane gridò quasi, ricomponendosi e tornando la fredda e calma Emily qualche attimo dopo.
«Se gli parlassi e gli dicessi tutta la verità, resterebbe disgustato dalla persona che credeva di amare.» parlò col dolore nella voce, senza guardarlo negli occhi. «Lui ama soltanto il ricordo che aveva di me, della bambina di dieci anni che giocava con lui sulla spiaggia. Quella bambina non esiste più, ormai.»
Per qualche minuto calò il silenzio, e neanche una delle solite battute uscì dalla bocca di Nolan, sempre più preoccupato dalle parole della giovane Thorne.
«Avevi ragione quando mi dicesti che era un bene che mio padre fosse morto.» continuò Emily con lo sguardo fisso sul bancone, mentre Nolan, scuotendo la testa, si stava avvicinando a lei per sederle accanto. «Cosicché non potesse vedere cosa sono diventata.»
A quel punto Nolan si sporse verso di lei e la abbracciò di slancio, avendo il sentore che in quel momento lei non si sarebbe ritratta con stizza a quel contatto, perché era certo che quella giovane donna che gli era piombata in casa nel bel mezzo della notte non fosse la stessa Emily a cui era abituato.
«Non dire così, Ems.» le mormorò tra i capelli, mentre la giovane rimaneva immobile, col capo poggiato sulla sua spalla. «Hai fatto quello che dovevi, ed io ho cercato di fare di tutto per aiutarti.»
Emily si sciolse lentamente dall’abbraccio e restò in piedi di fronte a lui.
«Lo so, l’avevi promesso a mio padre.»
Nolan annuì silenziosamente, rendendosi improvvisamente conto che non era solo per quello che l’aveva aiutata. Inizialmente sì, era stato per la promessa fatta a David Clarke, l’unico che aveva creduto in lui fin dall’inizio e che considerava come una sorta di figura paterna. Poi, da quando Emily era arrivata negli Hamptons, era entrata nella sua vita, sconvolgendola completamente e facendosi involontariamente spazio dentro di lui.
Adesso ne era completamente cosciente, avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei.
«Ti ho disturbato abbastanza, adesso me ne vado.»
Emily abbozzò un sorriso, e gli voltò le spalle, dirigendosi verso la porta vetrata.
Il biondo pensò in fretta, non avrebbe potuto lasciarla andare via in quelle condizioni, da sola.
«Aspetta!» esclamò di getto, affrettandosi per raggiungerla.
Emily si voltò e lo guardò in attesa.
«Pensavo…che potresti restare qui, almeno fino a domattina.» azzardò Nolan, grattandosi la nuca con imbarazzo. «Ci sono tante camere per gli ospiti mai usate e…sarebbe solo per sicurezza, non si sa mai, quel pazzo è ancora in giro, e qua c’è Big Ed di pattuglia…»
Parlò a raffica e dall’espressione fissa di Emily non riuscì a capire se stesse per prenderlo a calci per quell’offerta che le aveva appena fatto oppure no.
«No, hai ragione, è una pessima idea…» riprese Nolan, interpretando il silenzio di Emily come un secco rifiuto.
«Va bene.» affermò Emily, interrompendo il fiume di parole del giovane.
Nolan la fissò sconcertato. Di certo aveva udito male.
«Cosa?»
Emily fece una faccia scocciata ed incrociò le braccia sotto il seno, tornando per un attimo la solita ragazza che lui conosceva così bene.
«Avanti, fammi strada.» lo incoraggiò, mentre il sorriso di Nolan si allargava attimo dopo attimo. «Prima che cambi idea.»
*
Nolan Ross ancora non riusciva a dormire.
Ma stavolta non era per la paura di ritrovarsi faccia a faccia con il proprio rapitore, bensì il fatto che la giovane Thorne dormisse a due sole camere di distanza dalla propria.
Si rigirò ancora una volta tra le coperte, dandosi mentalmente dello stupido.
Diamine, si stava comportando come un dodicenne alla prima cotta ma l’epifania che l’aveva colpito quella notte, mentre l’aveva trovata così persa ed insicura, come mai l’aveva vista, e lì aveva veramente capito quanto Emily fosse fondamentale per la sua vita. Non era per il fatto che si sentisse tremendamente solo, no, non era per quello. E neanche perché era diventato il suo fidatopartner in crime.
Lui la conosceva come le sue tasche ormai, ogni sfaccettatura del suo complicato carattere, ogni paura nascosta, ogni sguardo sprezzante che evidenziava quanto odiasse il mondo in cui viveva.
Teneva sia alla piccola Amanda, quella parte così umana che la giovane si sforzava tanto di non far emergere, sia la fredda Emily, alla quale importava solo di distruggere i Grayson, non importava quale sarebbe stato il prezzo da pagare.
Nonostante fosse perso in quei pensieri, Nolan udì dei rumori sommessi provenienti dal corridoio, molto probabilmente dalla camera dove stava dormendo Emily.
Scostò da sè le coperte e si alzò, camminando piano in direzione della camera, quando improvvisamente sentì la giovane gridare il suo nome.
Spaventato, spalancò la porta della camera, catapultandosi all’interno, dove una spaventata Emily se ne stava seduta sul letto, piangendo.
Nolan si precipitò sul letto accanto a lei, notando che le tremavano le mani e aveva il viso sudato.
«Emily…Ems! Va tutto bene, va tutto bene!» Nolan cercò di tranquillizzarla come poteva, scuotendola leggermente per le spalle, per farla tornare alla realtà.
«Io…io non sono arrivata in tempo!» continuava a ripetere Emily col fiato corto, in preda alla paura. « Mi dispiace, non sono arrivata in tempo!»
Nolan le prese il viso tra le mani, costringendola a guardarlo negli occhi.
«Ems, guardami, cosa hai sognato?»
Gli occhi della ragazza, così spauriti, continuavano a vagare senza sosta per la stanza. Poi si fermarono sul volto di Nolan e finalmente Emily parve riconoscere la persona che aveva davanti.
«Tu eri morto! L’uomo dai capelli bianchi…» gemette la ragazza, senza riuscire a finire la frase. «Nolan, non te ne andare. Non…»
Non ebbe il tempo di replicare, che le labbra di Emily si schiacciarono contro le sue, cogliendolo di sorpresa.
Sentiva ancora le lacrime rigare le guance della ragazza, mentre rispondeva lentamente a quel bacio, carezzandole i capelli.
Sentiva come se il proprio cuore fosse in procinto di scoppiare, quando si staccò da lei e la fece sdraiare accanto a sé.
«Non temere, Ems. Non vado da nessuna parte.»

***
Nota dell’autore: La One-Shot è ambientata alla fine della 1x22, subito dopo che Emily e Daniel si sono lasciati. La vendetta di Emily si è compiuta, Amanda non è tornata e sua madre è veramente morta.
  
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