1. IL
LIBRO DELLE DISCENDENZE
“L'amore
può condurci all'Inferno o al Paradiso, comunque ci porta sempre in qualche
luogo. È necessario accettarlo, perché esso è ciò che alimenta la nostra
esistenza.”
(Paulo
Coelho)
Ero a Mystic Falls da due
ore scarse, già sistemata nella mia “nuova dimora” che mi avrebbe ospitata per
il tempo necessario, una piccola camera di un fatiscente Bad&Breakfast per
nulla pretenzioso trovata all’ultimo istante e già sobbarcata dalle mie
numerose valigie aperte e semi sfatte, e già la voglia di prendere il primo
volo per Parigi e fuggire come la peggiore delle codarde si faceva largo in me,
tentatrice e soffocante.
A trattenermi, oltre
all’amicizia e alla promessa stretta con Stefan, c’era quel malsano desiderio
masochistico di rivederlo, incurante del fatto che piombandogli gli tra capo e
collo senza preavviso, e soprattutto sfruttando il fatto che tecnicamente lui
mi credeva morta da quasi due secoli, forse con gioia pensai tristemente, avrebbe accresciuto le
probabilità di farmi strappare il cuore senza tante pretese in maniera
esponenziale.
Sospirai. Non era stata
una buona idea mettere piede in quella cittadina dimenticata da Dio che
sembrava fungere da punto di sfogo a tutte le peggiori catastrofi
soprannaturali di questo mondo e oltre. Per nulla.
Poi però ripensai alla
chiamata di Stefan, non lo risentivo dal lontano 1963 e francamente rimasi
stupita del fatto che mi avesse scovata con tanta facilità, ma mi diede poco
tempo per pensare a quello. Ciò che infatti mi raccontò in seguito bastò a
mettermi in allarme e precipitarmi lì esattamente due giorni dopo, con quello
che sembrava essere la risoluzione ad almeno una parte degli enormi problemi
che affliggevano i fratelli Salvatore, gli Originali e con loro praticamente
tutta la popolazione vampiresca del pianeta. Alla fine non avevo avuto poi
molta scelta.
Rabbrividii pensando a
tutta quella storia, e non tanto per l’enorme pericolo in cui tutti quelli
della mia razza stavano incorrendo, quanto più per chi l’aveva scatenato. Troppi anni erano passati da quando avevo
sentito parlare di loro per l’ultima volta, troppi decenni da quando avevo
potuto vederli, toccarli, parlarci. Ed ora eccoli lì, rispuntati nella mia vita
come un uragano a sconquassare la precaria pace appena ritrovata. Avevo forse
chiesto troppo, fuggendo e allontanandomi? Ero forse stata troppo codarda, nel
mio infinito tentativo di evitarli, o meglio evitarlo, incapace di affrontare nuovamente quegli occhi scuri,
collerici, e quel senso di colpa dettato da un tradimento puramente scaturito
dalla mera ingenuità? A quanto pare si,
perché adesso Dio, o il Fato o qualunque altra forza maggiore incombente sulle
nostre teste aveva deciso di riportarmi su quella via tortuosa e insormontabile
che anni addietro avevo abbandonato a forza, più per costrizione che per
volontà mia, deciso a farmi impazzire dai dubbi, dalle paure e dal lancinante
terrore di ciò che ne sarebbe conseguito.
Si, io, Nina Levefre,
vampiro dal 1824, tremavo come una foglia di fronte all’idea di ritrovarmi
faccia a faccia con l’amore della mia vita, che con ogni probabilità mi odiava
dal profondo di quel cuore che non batteva più da secoli.
Mi passai stanca una mano
sul volto, passando poi le dita tra le lunghe ciocche bionde tentando di
strappare a forza quei ricordi dalla mente. Era inutile rimuginarci tanto
sopra, oramai mi trovavo lì, la mia scelta l’avevo fatta e per una volta nella
vita non sarei fuggita, ma l’avrei affrontato, a costo di rimetterci
l’esistenza.
Il cellulare che vibrò sul
comodino mi fece sobbalzare, mentre mi allungavo ad afferrarlo.
-Pronto?-
-Nina? Sei arrivata?-
-Oh, Stefan- sorrisi,
sedendomi su di una poltrona accanto alla finestra –Si, da un paio d’ore. Ho
già trovato una sistemazione, basta che mi dici quando posso venire e sarò lì
da te-
-Anche subito, prima
vediamo di risolvere questa situazione e meglio è-
-Allora arrivo. E,
Stefan?-
-Si?-
-Cerca di procurarti una
strega, ci sarà utile- lo informai, gettando un’occhiata distratta alla
valigetta in cuoio che sbucava da sotto il letto.
-D’accordo, a dopo Nina-
-A dopo- e riattaccai,
abbassandomi a prenderla e mettendomi il cellulare nella tasca posteriore dei
jeans, prima di dirigermi verso la porta, lasciando tutto com’era e uscendo dal
B&B a passo svelto. Per quanto sapevo che pur essendo la cittadina un
piccolo centro in cui le voci si spargevano in ogni dove più dell’aria stessa,
avevo sperato che la notizia del mio arrivo giungesse alle orecchie degli Originali
con un ritardo tale da permettermi di muovermi almeno per quel momento con una
certa libertà, eppure il terrore che lui, o quel pazzo di suo fratello, mi
sbucassero davanti da un momento all’altro era capace di bloccarmi il respiro
nel petto. Ecco perché quasi corsi verso l’auto presa a noleggio appena
sbarcata in America, una Mercedes SLK rossa che mio malgrado sapevo avrebbe
attirato parecchi sguardi, ma alla quale non avevo saputo resistere in nessun
modo. Avrei sorriso per quel piccolo capriccio, per gli interni in pelle beige
confortevoli e lussuosi e per la grinta delle linee, se solo la serietà di
tutta quella faccenda non mi avesse gravato costantemente sulla spalle in modo
soffocante, tanto che quando aprii lo sportello e lanciai con poca grazia la
valigetta sul sedile del passeggero non pensai a nulla di quelle cose, ma solo
alla via più veloce per raggiungere casa Salvatore indenne e senza spiacevoli
incontri a sorpresa.
Viaggiai a tavoletta,
impiegando cinque minuti scarsi a raggiungere la villa dall’aria rustica e
antiquata, cambiando le marce con gesti secchi e affondando i tacchi sui pedali
, e quando finalmente parcheggiai tirai un sospiro di sollievo chiudendo per un
attimo gli occhi. Avevo realmente avuto il terrore che mi si parasse davanti
alla macchina in corsa, che mi vedesse di sfuggita e mi seguisse o qualsivoglia
altro terribile incontro che avrebbe preceduto la mia morte, conoscendolo e sapendolo
quanto il suo odio nei miei confronti sarebbe stato incontenibile. D’altronde
era così, per lui un tradimento era il peggiore dei crimini, e la condanna era
la morte. Me l’aveva fatta scampare secoli prima, forse ancora assuefatto
dall’amore che aveva provato per me, ma certamente ora, senza più la traccia di
quei sentimenti a placargli lo spirito, non c’avrebbe pensato due volte a
strapparmi il cuore sena tanti preamboli. Mi morsi un labbro scuotendo la
testa, quei pensieri non facevano altro che ferirmi, ed ora quello era l’ultimo
dei miei pensiero, ben altro mi aspettava.
Scesi portando con me la
valigetta e bussai alla porta del mio vecchio amico con una certa impazienza.
Questa si aprì proprio mentre mi guardavo attorno circospetta, ed un ragazzo
dai capelli neri e un sorrisetto ironico e malizioso sulle labbra mi squadrò da
capo a piedi.
-Tu devi essere Nina
Lefevre. L’ho sempre detto che le francesi hanno quel tocco in più che le
rende…uniche- constatò, guardandomi lascivo con un braccio appoggiato allo
stipite della porta e nessuna intenzione di smetterla di fissarmi.
Alzai gli occhi al cielo.
-E tu devi essere Damon
Salvatore. Tuo fratello mi ha parlato molto di te, e devo dire che tutto ciò
che mi ha detto è perfettamente veritiero- sorrisi ironica, prendendomi gioco
di lui e buttando un’occhiata alle sue spalle, nella speranza di veder
comparire il minore dei Salvatore.
-Ah quindi sono già
famoso. La cosa mi piace ma certo bisogna compensare, io non so nulla di te- il
suo sguardo malizioso non lasciò spazio ai dubbi, e mi ritrovai a trattenere le
risate davanti a quel suo tentativo di abbordarmi da sciupa femmine incallito.
-Che ne dici col
cominciare a farmi entrare, sai non vorrei che occhi o orecchie indiscrete
scoprissero il nostro piccolo segreto- mi adeguai al suo tono seducente,
sfottendolo, perché in qualche modo mi pareva di conoscerlo tanto Stefan mi
aveva parlato di lui anche l’ultima volta che ci eravamo sentiti, e allusi con
un’occhiata alla valigetta, buttando sul ridere quella che effettivamente era
una questione serissima.
-Ma certo, entra pure Nina- calcò sul mio nome facendo un
ampio gesto col braccio, seguito da un semi inchino in perfetto stile
ottocentesco, mentre io varcavo la soglia trattenendo una risata. Prima che il
nostro teatrino potesse continuare una voce alle mie spalle mi fece voltare di
scatto, il sorriso sulle labbra e lo sguardo puntato negli occhi verdi del mio
vecchio amico.
-Sefan!- lo abbracciai di
slancio, felice di rivederlo dopo tanti anni, e lui ricambiò.
-Nina, che piacere
rivederti-
-Anche per me lo è. Hai
quasi cinque decenni senza tue notizie da farti perdonare, sai?- lo minacciai, staccandomi
e puntandogli un dito accusatorio contro con un mezzo sorriso.
-Mi spiace, ma neanche tu
ti sei fatta viva in questi anni se non sbaglio- si passò una mano tra i
capelli, scompigliandoseli con uno sguardo che sembrava chiedermi scusa per
quel colpo basso.
-Touchè- inchinai appena
il capo sorridendoli, prima di sospirare guardandolo attentamente. Come era
giusto che fosse, in quegli anni non era cambiato di una virgola, il dolce
effetto dell’eternità, ma vedevo in quegli occhi verdi la sofferenza di una
realtà che non lo lasciava in pace. Erano diversi dagli anni in cui lo avevo
conosciuto, giovane vampiro americano i n viaggio verso mete sconosciute, più
malinconici, segnati da lotte continue e tormenti che glieli avevano sconvolti dal
profondo, rendendoli stanchi, consapevoli e addolorati. Mi rattristai per lui.
-Ragazzi, ragazzi! Abbiamo
tutti capito quanto la felicità di rivedervi sia grande e tutte queste
grandissime ed affettuosissime cose qua, ma a questo punto direi che potete
rimandare i tuffi nel passato a dopo, perché in questo momento abbiamo bel
altre cose a cui pensare, ad esempio capire chi è il nostro dannato capostipite
tra l’allegra famigliola originale così da evitare di condannarci tutti nel
tentativo di uccidere Klaus, che ne dite?- esclamò con sarcasmo, allargando le
braccia in maniera plateale e venendoci incontro. Vidi Stefan alzare gli occhi
al cielo, dandogli comunque ragione.
-Vieni, Nina. Gli altri ci
stanno aspettando-
Lo seguii attraverso
l’ingresso, fino ad arrivare nell’ampio salone dove altre due ragazze ci
attendevano. Quando vidi il volto di quella seduta sul divano, per poco non mi
bloccai in mezzo alla stanza, scioccata. Stefan mi aveva avvertita che Elena,
essendo la doppelganger, era la copia esatta di Katherine, ma rivedere comunque
quei lineamenti a pochi metri da me, gli
stessi che quasi duecento anni prima avevo visto, avevo compatito in preda ad
un moto caritatevole che mi aveva segnato l’esistenza per sempre, in modo
radicale e doloroso, fu comunque come ricevere un pugno allo stomaco. Dovetti
annaspare per riprendere aria e al tempo stesso evitare che la mia reazione,
esagerata che chi non sapeva, potesse attrarre i dubbi dei più curiosi.
-Nina, lei è Elena- il mio
amico fece un cenno verso la doppelganger, che si alzò salutandomi gentilmente
–E lei è Bonnie, una nostra amica, e una strega- anche lei mi salutò, più
fredda e scostante, dalla sua postazione vicino al caminetto acceso.
-Ora che le presentazioni
sono state fatte, passiamo al dunque. Il libro-
Alle parole di Damon
annuii, avvicinandomi ad un tavolo e poggiandovi sopra la valigetta che per
tutto il tempo avevo tenuto tra le mani. Sentii tutti avvicinarsi a me,
mettendosi alle mie spalle in un silenzio che sapeva d’attesa, mentre facevo
scattare le serrature e svelavo il vecchio volume ingiallito al suo interno.
Era voluminoso, antico, e soprattutto stregato.
-E’ una mia impressione o
si è…ingrandito dall’ultima volta che l’ho visto?- disse Stefan stranito,
fissandolo attentamente senza capacitarsi della cosa. Sorrisi.
-Non sbagli. Alla nascita
di ogni nuovo vampiro il suo nome, oltre a quello di chi l’ha generato, viene
inciso sulle pagine. Negli ultimi cinquant’anni ne sono stati creati a
sufficienza da costringerlo ad aggiungere nuove pagine. Ecco perché si chiama
“Il Libro delle Dinastie”- spiegai a tutti, tirandolo fuori e poggiandolo sul
tavolo, alla portata di tutti.
-Ma come…- Elena aggottò
la fronte, sfiorando incerta la pelle scura e macchiata della copertina rigida
–…come può essere?- domandò confusa.
-E’ stregato. Qualche
mago, o strega, nel passato vi ha lanciato un incantesimo. Diciamo che ha un
aggiornamento costante e perenne- sorrisi, nel tentativo di far loro capire
come funzionasse quel cimelio prezioso –E qui c’è un problema- sospirai.
-Quale?- si informò subito
Stefan, preoccupato.
Senza dir niente mi
allungai ad aprirlo, svelando l’intoppo di quell’intricato meccanismo di
incantesimi.
-Ma che diavolo…?!- Sbottò
Damon, aggrottando la fronte ed avvicinandosi maggiormente.
Mi strinsi nelle spalle,
sospirando, e guadai come loro quelle pagine completamente piene di lettere
messe l’una di seguito all’altra in un ordine sconclusionato e senza senso.
-Questo è il problema: chi
ha gettato l’incantesimo per far sì che il libro funzionasse nei secoli, si è
anche premurato di proteggerne il prezioso contenuto. Solo un incantesimo può
sbloccare questo scudo, e non so né quale sia né quanto sia potente. Per questo
vi ho detto che vi sarebbe servita una strega-
-Bene. Fantastico-
proruppe Damon seccato, mettendosi le mani in tasca e sbuffando palesemente
irritato –Streghetta ho la netta sensazione che tu abbia una bella bega da
risolvere, ed al più presto- la diretta interessata gli lanciò un’occhiata di
fuoco, probabilmente non amava ricevere ordini da lui, ma quest’ultimo la
guardo ghignando –So quanto l’idea che noi vampiri brutti e cattivi sparissimo
dalla terra ti attrae in maniera sublime, ma vedi se non sbagli alcuni tuoi amichetti sono esattamente
come e…ops! Pure la tua dolce mammina
ora che mi ricordo bene- sgranai gli occhi nel vedere Elena trattenere la
ragazza, infuriata, mentre scalpitava per lanciarsi addosso a Damon, il quale
dal canto suo rimase impassibile, se non divertito, persino sotto i richiami
seccati del fratello.
-Damon finiscila!- gli
sibilò all’orecchio.
-Su fratello, stavo
scherzando-
-Piantala- Elena lo guardò
male, frustrata ed arrabbiata, prima di voltarsi verso l’amica per dirle
qualcosa all’orecchio che volli evitare di ascoltare.
-Quindi…- mi intromisi
esitante –Ve lo lascio?- chiesi, riferendomi al libro che giaceva sul tavolo
scuro.
Bonnie, se non ricordavo
male era questo il nome della strega, si voltò ora più calma verso di me, senza
però accennare un sorriso.
-Si, devo studiarlo e
provare vari incantesimi. Appena ho novità vi avverto-
-Aspetta- Stefan la fermò
–Preferirei che tu facessi gli incantesimi qui, è più sicuro- alla faccia tra
lo scocciato ed il diffidente della ragazza continuò –Quel libro è importante, se
finisse in mani sbagliate…non è che non mi fido di te, ma abbiamo tutti capito
quanto a volte le cose non vadano come previsto, e non ho intenzione di
rischiare anche questa volta. Per favore Bonnie, è per non correre ulteriori
pericoli. Starai con Elena- aggiunse, guardando un attimo quest’ultima, che
annuì convinta.
Bonnie scosse la testa,
alzando gli occhi al cielo in maniera arrendevole e afferrando il libro.
-E va bene, mi metto
subito all’opera- e con queste ultime parole si diresse al piano superiore,
senza salutare nessuno. Rimasi un po’ stupita da quel suo modo seccato di
trattarci, ma avevo capito che non provava molta simpatia verso i vampiri,
quindi lasciai stare.
-Io vado con lei, ci
vediamo dopo- Elena salutò i due fratelli, prima di voltarsi verso di me –E’
stato un piacere conoscerti, e grazie per tutto quello che fai per noi. Grazie
per essere venuta- mi sorrise sincera, e non potei fare altro che ricambiarla,
ancora un po’ a disagio per quella sconcertante somiglianza, mentre la guardavo
sparire su per le scale.
-Fratellino, io devo
sbrigare degli affari, ci si vede- fece un gesto di saluto, poi mi sfilò
accanto, fermandosi ad un passo da me e facendomi rimanere interdetta. Mi prese
con delicatezza da sotto il palmo, imitando un baciamano perfetto, prima di
sorridermi suadente –Mademoiselle, a presto- soffio con le labbra ancora vicine
al dorso della mano, guardandomi dal basso verso l’alto e facendomi più che
altro sorridere divertita e un po’ scombussolata da quella sua personalità così
carica di sbalzi d’umore. Poi sparì in un lampo, fischiettando, lasciando
dietro di sé solo l’eco della porta che sbatteva. Mi voltai verso Stefan.
-Scusalo, è fatto così…-
Risi.
-Ma no, alla fine non è
tanto male. Ha una personalità molto…eccentrica ecco-
-Di pure egocentrica, è la
pura verità- risi nuovamente di fronte a tutta quella critica esasperata.
-Comunque grazie davvero
Nina, per essere venuta fin qui, per non averci abbandonato, per…-
-Stefan- lo bloccai
scuotendo la testa –Anche se non fossimo stati amici, anche se non ti avessi
mai conosciuto e tu fossi stato un completo estraneo, ti avrei aiutato lo
stesso, perché è un mio dovere innanzitutto, non un favore che ti faccio in
quanto amica. In questa situazione stiamo rischiando tutti, non solo voi,
perché se quello che mi hai detto è vero, e non dubito lo sia, allora ogni
vampiro su questa terra è a rischio. E a tal proposito volevo informarti che
non me ne starò certo in disparte, aspettando che una pazza strega originaria
cerchi di rimediare ai suoi errori sterminando la razza che lei stessa ha
creato più di un millennio fa, o che tu ti faccia ammazzare nel tentativo di
salvarci tutti-
-E con questo cosa
vorresti dire?-
-Sono qui, e resto qui.
Combatterò con voi se sarà necessario, e vi darò una mano. Un vampiro in più fa
sempre comodo, no?- sorrisi –E poi sono anni che non faccio qualcosa di
eccitante e diverso dal solito, l’eternità comincia ad annoiarmi, almeno mi
tengo in allenamento- risi, più che altro per mascherare la piccola omissione
che mi ero permessa di fare: non gli avrei mai rivelato che un altro grosso
motivo per il quale ero reticente a lasciare quella cittadina era lui, l’amore
folle della mia vita, il fratello del
suo peggior nemico. Stefan non sapeva la mia storia, e semmai gliel’avessi
voluta raccontare, non l’avrei fatto in quel momento, né in quel contesto. E poi non avrei voluto che provasse
compassione per me, me che come una folle mi stavo sacrificando per rivederlo
un’ultima volta, sapendo che l’odio che avrei letto nel suo sguardo mi avrebbe
uccisa molto più di uno stiletto nel cuore.
-Sei sicura? Non devi
farlo per forza, hai già fatto tanto venendo qui e portandoci il libro, non
voglio chiederti di restare a combattere, è pericoloso-
-Stefan, non me lo stai
chiedendo tu, è una mia scelta. E poi sono più vecchia di te e del tuo
fratellino, credi non sappia badare a me stessa?- inclinai la testa di lato, sfidandolo a
contraddirmi e facendolo ridere.
-E va bene, se è questo
che vuoi…-
Annuii convinta –E’ questo
che voglio. Voglio dare una mano- ed ero convinta delle mie parole.
-Allora d’accordo,
benvenuta in famiglia e congratulazioni, hai appena firmato il contratto per la
tua condanna a morte- scherzò lugubre, e Dio quanto aveva ragione non lo sapeva
neanche lui!
Mi morsi un labbro
–Mh…promette bene-
-Già ti tiri indietro?-
-Mai detto questo-
affermai convinta, sorridendo, poi gettai un’occhiata all’orologio a pendola
che segnava le sei del pomeriggio –Sarà bene che vada, ci sentiamo domani
perché ora che mi sono messa in gioco, voglio sapere tutto delle regole-
-Certamente. Vieni domani
mattina, verso le dieci, così ti faccio conoscere anche gli altri-
-D’accordo- sorrisi,
avviandomi verso l’ingresso, poi arrivata sulla porta mi voltai a salutarlo –A
domani-
-A domani Nina, e grazie
ancora- mi sorrise riconoscente, mentre mi chiudevo la porta alle spalle e mi avviavo
a passo lento verso la macchina, sentendo i tacchi affondare nel terriccio
umido del giardino. Se una parte di me
si sentiva più leggera per aver preso quella scelta, per essermi messa in gioco
non fuggendo più come una vigliacca, l’altra tremava di fronte alla pazzia che
avevo deciso di compiere. Un conto era arrivare lì, consegnare un libro ed
andarmene, l’altro era decidere di rimanere, schierandomi da un lato del campo
e segnando il mio futuro. Ero folle, folle e sciocca. Avevo deciso di aiutarlo
perché era la cosa giusta da fare, perché lui avrebbe fatto lo stesso con me e
perché diciamocelo, nella barca c’eravamo tutti, ma proprio tutti, ed era inutile
mettersi in un angolo ad aspettare la fine, pregando di non affondare, mentre
altri sudavano nel tentativo di farla rimanere a galla. Ma facendo così, mi ero
condannata ad incontrarlo. 188 anni a sfuggirgli, timorosa alla sola idea di
incrociare la sua ombra, ed ora eccomi lì, a fermarmi a tempo indeterminato
nella stessa piccola cittadina dove si era stabilito lui, per di più
combattendo a fianco dei suoi stessi nemici. Avevo davvero firmato la mia
condanna a morte.
Scrollai la testa, salendo
al posto del guidatore e mettendo in moto. Quel che era fatto era fatto. Niente
più ripensamenti, dissi a me stessa.
Partii sgommando, avvolta
dalla luce calda del sole al tramonto, e mi abbassai ad accendere la radio,
cambiando stazione fin quando una canzone, Come Home degli OneRepublic, non
attirò la mia attenzione. Sorrisi, distraendomi, quando una figura in
controluce non si stagliò a una ventina di metri dalla macchina, posizionata a
gambe larghe e braccia teste lungo i fianchi nel mezzo della strada. Sgranai gli
occhi, affondando il piede sul pedale del freno ed inchiodai raggelata prima di
investirlo. Se avessi avuto un cuore
funzionante, ero certa che mi sarebbe esploso nel petto. Fissai quella figura
dal volto oscurato avvicinarsi lentamente, e Dio solo sa quanto desiderai che
non fosse lui. Non era così che avrei
voluto trovarmi davanti a lui, non senza prepararmi, non senza un preavviso, un
segno, qualsiasi cosa che mi permettesse di rimanere calma e lucida, l’esatto
opposto di come mi sentivo in quel momento.
Quando era ormai ad un
metro dal muso della macchina, la mia memoria scavò nel passato confrontando i
miei ricordi con quella figura, e constatando che no, non era lui, non erano le
sue spalle, i suoi capelli, le sue braccia…quell’uomo non era Elijah. Il
sollievo che ne derivò fu tale che quasi sorrisi, nonostante la situazione non
fosse certo delle più normali e rassicuranti.
Poi però, al suo ultimo
passo, quel sorriso mi morì sulle labbra ancor prima di nascere. Raggelai,
immobilizzandomi ancora di più se questo era possibile, e trattenni il fiato
sgranando gli occhi. Le mani si strinsero sul volante in una presa spasmodica,
mentre l’uomo si chinava in avanti, poggiando le sue sul cruscotto e
guardandomi dritta negli occhi, il viso contorto in una smorfia inquietante.
-Chi non muore si rivede,
vero piccola traditrice?- quel sibilo, quella voce all’apparenza dolce e
casuale, ma traboccante di rabbia repressa, mi scivolò addosso quasi fosse
un’impalpabile carezza gelida, facendomi rabbrividire fin nelle ossa.
Ingoiai a vuoto, alzando
il mento e ostentando una sicurezza che non mi apparteneva, prima di schiudere
le labbra.
-Ciao Klaus-
- - -
Angolino dell’autrice - - -
Ok, devo
davvero essere pazza per aver cominciato questa storia ma ormai è fatta, e non
si torna più indietro :)
Allora, tanto per cominciare questa follia è nata dal mio assurdo amore per
Elijah, perché sì gente, sono follemente innamorata di lui! Ehm…scusate,
momento di sclero…Ritorniamo a noi :) So che è il primo capitolo e so che non ci avete
praticamente capito una ceppa, ma vi prometto che col tempo si spiegheranno
molte cose, tipo la reazione strana di Nina di fronte alla somiglianza di Elena
con Katherine, cosa diamine è successo tra lei ed Elijah e cosa c’entra
Klaus….si ok vi sto già svelando troppo
eccheccavoli.
Riguardo
all’ambientazione temporale, possiamo dire che si svolge dopo la 3x18, quando
cioè il legame tra i fratelli Originali viene spezzato ma si scopre che
uccidendone uno, muore tutta la sua stirpe. Da lì in poi quindi non tiene
assolutamente conto dei fatti della serie, se non per brevi spunti magari, e
anche prima se trovate delle incoerenze beh ci stanno, perché x ragioni di
trama potrei aver modificato qualcosa, mi scuso da subito se questo è un problema.
Come coppie…la
mia coppia principale in assoluto è ovviamente Elijah e Nina, ma amando alla follia
anche Klaus/Caroline potrebbero esserci degli accenni, però non garantisco, lo stesso
vale per Damon/Elena, anche se in caso lì sarà del tutto casuale, è il mio inconscio
che mi spinge a metterli vicini vicini :P
Ora, mi sembra
di aver detto tutto quindi….lapidatemi, insultatemi, criticatemi, denigratemi oppure
che so, se vi va magari fate qualche apprezzamento, anche piccolo piccolo mi accontento
di poco, ma vi supplico recensite! Perché sì, sono una di quelle che soffre di autostima
bassa o chiamatela come vi pare, fatto sta che il mio morale crolla a picco se non
vedo nulla di nulla (nooooo questo non è un modo per prendervi per i sensi di colpa,
assolutamente, che vi salta mai in mente?!)
Bene, ho finito
di dire pazzie per oggi, vi capisco se vi ho spaventate, giuro, spavento già me
stessa quindi….
A presto (spero) :)
Deademia